martedì 16 aprile 2013

Un esempio di dialogo. Nel trittico cristologico di Joseph Ratzinger (Maurizio Gronchi)


Nel trittico cristologico di Joseph Ratzinger

Un esempio di dialogo

di Maurizio Gronchi

Vita pubblica, evento pasquale ed infanzia di Gesù sono i tre pannelli del polittico cristologico che ci viene offerto [da Joseph Ratzinger - Benedetto XVI] in maniera tradizionale e, al tempo stesso, inconsueta. Tradizionale, in quanto attinge al «trattato teologico sui misteri della vita di Gesù, al quale Tommaso d'Aquino ha dato forma classica nella sua Somma di teologia; inconsueta, perché l'Autore mette in atto la congiunzione di ragione storica ed ermeneutica della fede, ovvero in quanto «guidato dall'ermeneutica della fede, ma al contempo tenendo conto responsabilmente della ragione storica, necessariamente contenuta in questa stessa fede» (Gesù di Nazaret, Seconda parte, p. 8). 
Quindi, siamo di fronte ad una profonda meditazione cristologica, che attinge ai Vangeli, compresi in base al loro retroterra anticotestamentario, alla luce della grande tradizione ecclesiale.
Con queste premesse si chiarisce l'intento dell'Autore, che si rivolge ad un duplice destinatario-interlocutore, lo studioso e il lettore comune: al primo rende conto mediante il confronto con la letteratura esegetica e storica; al secondo offre, in modo semplice e chiaro, il contenuto della fede in Gesù Signore. Senza venir meno al rigore scientifico, il teologo-Papa porge ad ogni lettore il frutto della propria ricerca del volto del Signore, senza alcuna pretesa cattedratica o magisteriale. 
Non si può, dunque, che apprezzare l'esercizio umile e faticoso di colui che, investito primariamente del sommo servizio di guida della Chiesa universale, accetta la sfida del confronto e della mediazione culturale sui testi più cari al cristianesimo intorno alla figura del suo Fondatore. Per tali ragioni, quella che abbiamo dinanzi è, al tempo stesso, un'operazione culturale e di fede, in quanto mette a disposizione di tutti, sia dei credenti (più o meno colti) che di coloro che non condividono la fede cristiana, il messaggio e la figura di Gesù di Nazaret.
Dal personale lavoro di ricerca sulla figura e il messaggio di Gesù è scaturita la necessità di confrontarsi con l'esegesi storico-critica e di stabilirvi un dialogo costruttivo, per contribuire alla sua evoluzione teologica. Tale lavoro il Papa lo ha proposto come servizio e come esempio di una possibilità d'indagine. Dal punto di vista dei contenuti, è emerso con chiarezza e senza forzature il continuo dialogo tra Antico e Nuovo Testamento, tra il Gesù dei Vangeli e quello professato dalla Chiesa, tra il rigore della ricerca storica e l'illuminazione teologica delle fonti evangeliche. Nell'orizzonte di questo “processo di novità nella continuità”, la Chiesa del futuro potrà orientarsi, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, Colui che dà inizio e compimento alla fede (cfr. Ebrei, 12, 2).
Se un teologo-Papa riesce a raccogliere il frutto di una lunga vita di studio e di riflessione sul mistero di Gesù Cristo, questa è una grazia a lui donata, di cui siamo riconoscenti a Dio. Ma ciò che ne segue per la Chiesa di oggi forse è proprio l'esempio in atto del dialogo tra esegeti, teologi e pastori. In altre parole, ciò che avviene, in modo singolare nel medesimo Autore, rappresenta un modello per le varie componenti che nella Chiesa studiano e annunciano Gesù Cristo.
Da quanto si legge ancora nella Verbum Domini, questo dovrebbe essere non solo un tema da mettere in agenda, ma un esercizio da praticare senza timore, seppur consapevoli di tutte le difficoltà che comporta.
«L'autentica ermeneutica della fede porta con sé alcune conseguenze importanti nell'ambito dell'attività pastorale della Chiesa. Proprio i padri sinodali a questo proposito hanno raccomandato, ad esempio, un rapporto più assiduo tra pastori, esegeti e teologi. È bene che le conferenze episcopali favoriscano questi incontri allo “scopo di promuovere una maggiore comunione nel servizio alla Parola di Dio” (Propositio 28).
Una tale cooperazione aiuterà tutti a svolgere meglio il proprio lavoro a beneficio di tutta la Chiesa. Infatti, porsi nell'orizzonte del lavoro pastorale vuol dire, anche per gli studiosi, stare di fronte al testo sacro nella sua natura di comunicazione che il Signore fa agli uomini per la salvezza. Pertanto, come ha affermato la Costituzione dogmatica Dei Verbum, si raccomanda che “gli esegeti cattolici poi, e gli altri cultori di Sacra Teologia, collaborando insieme con zelo, si adoperino affinché, sotto la vigilanza del Sacro Magistero, studino e spieghino con gli opportuni sussidi le divine Lettere, in modo che il più gran numero possibile di ministri della divina parola siano in grado di offrire con frutto al popolo di Dio l'alimento delle Scritture, che illumina la mente, corrobora le volontà e accende i cuori degli uomini all'amore di Dio” [Dei Verbum, 23]» (Benedetto XVI, esortazione apostolica post sinodale Verbum Domini, 45).
Con l'immagine delle mani benedicenti di Gesù, sollevate in alto, il Santo Padre Joseph Ratzinger - Benedetto XVI ha concluso le 876 pagine del suo trittico cristologico, ultimo atto d'amore per la Chiesa e il mondo. Con il medesimo gesto, egli aveva dato inizio al suo sommo pontificato, il 19 aprile 2005, affacciandosi alla Loggia delle Benedizioni della basilica di San Pietro.
Con questo gesto di speranza ha salutato l'umanità, nella sua ultima udienza generale, il 27 febbraio 2013, dopo aver liberamente deciso la sua rinuncia al ministero petrino. 
A lui siamo grati non per aver scelto di ritirarsi, ma perché ci è stato buon padre e sicuro maestro, e tale rimarrà anche dalla cattedra del silenzio e della preghiera.

(©L'Osservatore Romano 17 aprile 2013)

1 commento:

laura ha detto...

Le mani levate verso il Cielo per portarci tutti in Cielo con la Sua preghiera. Ha sempre salutato così, anche come arcivescovo di Monaco. Chi più Pastore di Lui?