martedì 18 giugno 2013

Ginevra. Documento sul dialogo cattolico-luterano "Dal Conflitto alla Comunione". Quid? (Chiesa e post concilio)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Mic.

9 commenti:

Caterina63 ha detto...

Io direi che resta palese una risposta, e più di una, che diede nel 1988 l'allora cardinale Ratzinger ad un documento che si voleva essere firmato in "comunione" con Roma, ma che Ratzinger appunto frenò....

si parlava proprio della Chiesa e della salvezza, qui trovate il testo integrale:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19881118_chiesa-salvezza_it.html

ritengo che alcune risposte dell'allora futuro Pontefice valgono ancora oggi, fino a quando queste riflessioni non troveranno, per l'appunto, quei cambiamenti all'epoca auspicati ma mai raggiunti ;-)

così rispondeva Ratzinger:

Il giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede è dunque sostanzialmente positivo. Non lo è però fino al punto da ratificare l’affermazione conclusiva (n. 32) secondo la quale la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana « si trovano d’accordo sugli aspetti essenziali della dottrina della salvezza e sul ruolo della Chiesa all’interno di essa ».

- Il documento è redatto in un linguaggio di natura prevalentemente simbolica che ne rende difficile un’interpretazione univoca, necessaria tuttavia là dove si intende arrivare a una dichiarazione definitiva di accordo.

A riguardo del capitolo « Chiesa e salvezza »:

– il ruolo della Chiesa nella salvezza non è solo quello di renderle testimonianza, ma anche e soprattutto di essere strumento efficace — in particolare per mezzo dei sette sacramenti — della giustificazione e della santificazione: questo punto essenziale dovrebbe essere meglio elaborato, a partire principalmente da « Lumen gentium »;

– è importante in particolare operare una più chiara distinzione tra la santità della Chiesa in quanto sacramento universale di salvezza, e i suoi membri i quali, in parte, cedono ancora al peccato (cf. n. 29).

Non mi sembra che da allora le cose siano cambiate io per il 2017 festeggerà i 100 anni dalle apparizioni di Fatima e regalerò, a Dio piacendo, Rosari a gogò....
il resto della gerarchia faccia quello che vuole, tanto oramai è chiaro, ognuno può fare quel che vuole...

Eugenia ha detto...

Purtroppo è proprio così ........ognuno può fare e dire quello che vuole. LA TORRE DI BABELE!

sam ha detto...

@caterina63
"io per il 2017 festeggerà i 100 anni dalle apparizioni di Fatima e regalerò, a Dio piacendo, Rosari a gogò...."

pelagiana!

;-D

Anonimo ha detto...

Li prenderò al volo,è la mia specialità...."con i protestanti ci possono essere solo rapporti di buon vicinato"card.Ratzinger dixit in un'intervista....tutto qui.

Anonimo ha detto...

Ah sì?
Uhm, mi dev'essere sfuggito: dov'è che si parla di presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nella Santissima Eucaristia?
Da nessuna parte.
Ergo, come arriviamo alla Comunione con la Chiesa di Roma? Mi pare che manchi la pietra angolare in tutto questo starnazzare che cerca di dettare l'agenda del Santo Padre.

Ah già, che scema: la presenza reale di Gesù nell'Eucaristia è un' "interpretazione teologica", un semplice malinteso...e io che volevo parlarne semplicemente prendendo il Santo Vangelo e facendo una chiacchieratina sul testo...

Ester. :-(

mic ha detto...

Infatti, Ester, per i cattolici non c'è Sola Scriptura ma anche la Tradizione che ha anch'essa origine apostolica e in ogni caso è l'approfondimento e l'esplicitazione del "quaecumque dixero vobis"...

In ogni caso anche nella Scrittura, i racconti dell'Eucaristia ce la 'dicono' chiaramente questa presenza reale del Signore, nella concretezza del "fate questo in memoria di me" (1 Cor), che nel linguaggio biblico significa non semplice ricordo, ma riattualizzazione: il Signore, ad ogni celebrazione ci porta con Sé sul Calvario dove ri-presenta al Padre il Sacrificio del suo Corpo (tutto Sé stesso) dato e del Suo Sangue (la vita) versato per noi in riscatto del peccato al nostro posto. Per poi portarci oltre una tomba vuota e farci comunicare al suo Corpo di Vittima (Hostia) ma ora glorioso... Ed è questo che crea la vera comunione.

Il termine "espiazione", invece sembra sia stato espunto dal lessico cattolico.

Molti novatori affermano che la “teologia del mistero pasquale” è l’anima della riforma liturgica postconciliare.
Ebbene, la “teologia del mistero pasquale” è l'anima della fede cattolica, non della riforma postconciliare. Infatti, il mistero Pasquale è la Passione-Morte-Risurrezione del Signore. La riforma post- conciliare tende a porre l'accento solo sulla Risurrezione, con il pretesto che la visione di Trento era troppo “doloristica” e si metteva troppo l'accento sulla Croce... Ma questo è un inganno: la Croce è una Realtà ineludibile, vera Pasqua=’passaggio’ verso la Risurrezione, perché rappresenta il fiat di Cristo Signore alla volontà del Padre, quell'obbedienza piena e libera che ha cancellato un primigenio terribile non serviam e la tragica disobbedienza del primo Adamo e ha permesso il ricongiungimento al Padre dell’umanità redenta.
E la S. Messa è la ri-presentazione incruenta al Padre del Sacrificio del Figlio, che si trasforma, alla comunione, in banchetto escatologico.
Quindi la liturgia non è né la festa della comunità né azione dell'assemblea, ma Azione teandrica (divino umana) di Cristo Signore che il sacerdote compie in persona Christi così come Lui ce l'ha consegnata nell'ultima Cena fino alla fine dei tempi. Certo che c'è anche la partecipazione del credente col suo “sacerdozio battesimale”, ben distinto tuttavia sia in grado che in essenza, da quello ordinato (Lumen Gentium, 10).

La Chiesa non ha mai messo l'accento solo sulla Croce, come sostengono i falsi profeti. Semmai possono averlo fatto alcune spiritualità che si sono soffermate su singoli momenti della Passione del Signore; ma è solo una accentuazione di qualche congregazione religiosa che ne rappresenta il carìsma, che per alcuni e in alcuni casi può essere diventata una devozione non equilibrata, che può scadere nel devozionismo, da cui tuttavia la Chiesa ha sempre insegnato a rifuggire.

Parlare di mistero pasquale, quindi, non è prerogativa del concilio, perché è il nucleo portante della nostra Fede. Prerogativa di un improprio e sviato e sviante “spirito del concilio”, invece, è parlare di mistero pasquale mettendo l’accento solo sulla Risurrezione e trasformando il Sacrificio-convivio in convivio-e-basta.

Anonimo ha detto...

Mic ti ringrazio per il contributo articolatissimo, ma io intendevo proprio ribattere alle affermazioni luterane con l'uso della Scrittura, secondo il loro modo. :-)

Se il Vangelo afferma: touto estin to soma mou - hoc est corpus meum
e touto estin to aima mou - hic est sanguis meus
e vogliamo seguire il filo logico dell'aderenza alle Scritture, mi si spieghi donde vengono le interpretazioni sulla "metafora" dell'Eucaristia. I testi sono chiarissimi: "questo è", e il verbo essere non dà adito a fraintendimenti. Alla luce dell'Io-Sono, la presenza reale espressa in quelle parole (tratte dal Vangelo di Marco), è di un'evidenza schiacciante.
E ci prendiamo lo sfizio di tirargli la stilettata con la loro stessa spada.
(lo dico mettendomi nell'ombra, perché sono la cattiiiiiiiivaaaaaa - cfr. Yotobi ;-D )

Ester. :-)

Dante Pastorelli ha detto...

1)
A proposito del “mistero pasquale” mi permetto di aggiungere qualche breve riflessione a quanto lucidamente argomentato da MIC.
Scrive S. Tommaso in S. Th , IIIª q. 56 a. 2 ad 4 4:
“Nella giustificazione delle anime concorrono due cose: la remissione del peccato e il rinnovamento della vita mediante la grazia. Ora, rispetto alla causalità dovuta alla virtù divina, sia la passione di Cristo che la sua resurrezione sono causa della giustificazione per l'una e per l'altra cosa. Invece rispetto alla causalità esemplare, la passione e la morte di Cristo sono causa della remissione della colpa, per cui moriamo al peccato: mentre la resurrezione è causa del rinnovamento della vita, dovuto alla grazia, ossia alla giustizia. L'Apostolo infatti scrive, che "Cristo fu dato alla morte per i nostri peccati", cioè per toglierli, "ed è risuscitato per la nostra giustificazione". La passione di Cristo però è anche causa meritoria, come sopra abbiamo notato”.
Commenta il p. Enrico Zoffoli, profondo conoscitore di S. Tommaso, che nella S. Messa la Chiesa non rinnova in modo sacramentale, ovviamente, un Sacrificio senza prospettiva di Resurrezione, così come la Resurrezione non può celebrarsi scissa dalla Passione e Morte perché essa di queste “è esclusivamente il frutto” Per questo grande teologo nell’economia della redenzione “[è la] morte [di Cristo] cui spetta il primato in quanto non solo causa efficiente ma anche essa sola ‘causa meritoria’, perché supremo atto di amore di Gesù al Padre e ai fratelli”. E continua: “Per questa ragione nella Chiesa cattolica il massimo atto di culto consiste nella ripetizione sacramentale del Sacrificio della Croce l’unico e infinitamente perfetto, fecondo di tutta la gloria della risurrezione” (Dizionario del Cristianesimo, Roma 1992 s.v. Mistero Pasquale). Dunque la Resurrezione è il frutto, la conseguenza fruttuosa della morte-causa meritoria oltre che efficiente.
Il Sacrificio di Cristo è redentivo nel senso che ci riscatta dal peccato e ci rende degni della Resurrezione che del Sacrificio è il frutto: per la Resurrezione abbiamo la certezza (altre volte ho scritto anche “il pegno”) della nostra resurrezione e la restituzione dei beni perduti con la colpa, la nascita a vita nuova. Tempo fa il card. Caffarra, non ricordo più dove l’ho letto, affermò, con espressione molto forte, che la Resurrezione è l’accesso alla divinizzazione dell’uomo: è redentiva in quanto coronamento necessario, compimento del precedente riscatto acquisito nel sangue dell’Agnello versato per passionem et crucem.

Dante Pastorelli ha detto...

2)
Quindi quando si definisce la Messa come memoriale della Morte e Resurrezione di Gesù bisogna distinguere e aggiungere senza sminuire, come osservano gli estensori del “Breve esame critico del NO”, qualcuno dei quali è ancora in vita, presentato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci, che ricordano come la definizione riprenda dal VO l’Unde et memores. Nell’antica preghiera non si fa un tutt’uno di passione-morte, resurrezione e ascensione, perché si legge: “tam beatae Passionis, nec non et …Resurrectionis… sed et… Ascensionis”.
Bisogna insomma star attenti all’errore che si commette spostando, come spesso oggi si tende con troppa faciloneria, l’opera redentiva del Sacrificio alla sola Resurrezione con svalutazione del primo. E soprattutto col rifiuto dell’aspetto satisfattorio dello stesso Sacrificio, della necessità della riparazione con un atto d’infinita giustizia ad una colpa ch’era stata infinita ingiustizia verso Dio. Ed occorre anche ricordarsi dell’Ascensione ch’è il compimento del mistero della Passione-Morte-Resurrezione.
Concludo con un’altra osservazione: la S. Messa come ri-presentazione del Sacrificio di Cristo. Ripresentazione, come l’inflazionata attualizzazione, utilizzata al posto del classico “rinnovamento incruento o sacramentale”, è un termine ambivalente che va ben compreso.
Con sicura padronanza teologica MIC ha scritto che è ri-presentazione al Padre, cioè una nuova offerta sacramentale, del Sacrificio del Figlio, perché sappiamo che la S. Messa è sacrificio di lode alla SS.ma Trinità, satisfattorio e propiziatorio. Tuttavia il termine può anche esser inteso altrettanto correttamente come rendere nuovamente “presente”, ripetere sull’altare il divino Sacrificio. Altre interpretazioni sono equivoche.