mercoledì 19 giugno 2013

La grazia della gioia e della magnanimità

Messa del Papa a Santa Marta

La grazia della gioia e della magnanimità

«Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo»: sono queste le categorie di «ipocriti che Gesù rimprovera tanto». Le ha indicate Papa Francesco nella messa di mercoledì mattina, 19 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, soffermandosi sull’ipocrisia che c’è anche nella Chiesa e sul male che essa produce. Con lui hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che accompagnavano due gruppi di officiali e collaboratori dei rispettivi dicasteri.
All’omelia il Pontefice ha ricordato che «il Signore parecchie volte nel vangelo parla dell’ipocrisia» e «contro gli ipocriti», elencandone i tre episodi più significativi. Il primo quando i farisei vogliono mettere Gesù alla prova, chiedendo se fosse lecito pagare le tasse a Cesare (Matteo 22, 15-22); il secondo, quando i sadducei gli sottopongono il caso della donna vedova sette volte (Matteo 22, 24-30). Da questi primi episodi emerge per il Papa una categoria specifica di ipocriti; quelli che «andavano sulla strada della casistica» e in questo modo «volevano fare cadere Gesù in una trappola».
La terza volta in cui si fa riferimento agli ipocriti — in modo «più forte ancora» ha fatto notare il Santo Padre — è nel capitolo 23 del vangelo di Matteo, quando Cristo si rivolge agli scribi e ai farisei con un richiamo che il Pontefice ha riassunto così: «Ipocriti, voi che non entrate nel regno dei cieli, non lasciate entrare gli altri; ipocriti voi che allargate i filattèri e allungate le frange». Questa tipologia di ipocriti rientra per Papa Francesco in una seconda casistica: quella di coloro che vanno per la strada dei precetti, attraverso «tanti precetti a causa dei quali la parola di Dio non sembra feconda»; e «anche per la strada della vanità», quella dei filattèri e delle frange. «Si fanno vanitosi e finiscono per rendersi ridicoli», ha commentato.
Insomma — ha riassunto i propri pensieri il Santo Padre — «i primi sono gli ipocriti della casistica, sono intellettuali della casistica», che «non hanno l’intelligenza di trovare, di spiegare Dio»; restano solo nella «casistica: fino qui si può, fino qui non si può». Sono, ha detto attualizzando il discorso, «cristiani intellettuali senza talento». I secondi sono invece quelli dei precetti, che «portano il popolo di Dio su una strada senza uscita. Sono eticisti senza bontà. Non sanno cosa sia la bontà. Sono eticisti: si deve far questo, questo, questo... Riempiono di precetti» ma «senza bontà». Si adornano con «drappi, tante cose per fare finta di essere maestosi, perfetti»; e tuttavia «non hanno senso della bellezza. Arrivano soltanto a una bellezza da museo».
Ma — ha avvertito Papa Francesco — «la storia non finisce». E nel vangelo del giorno (Matteo 6, 1-6. 16-18) «il Signore parla di un’altra classe di ipocriti, quelli che vanno sul sacro». Questo caso, ha avvertito, è il più grave, perché sfiora il peccato contro lo Spirito Santo. «Il Signore — ha detto — parla del digiuno, della preghiera e dell’elemosina: i tre pilastri della pietà cristiana, della conversione interiore che la Chiesa propone a noi tutti nella Quaresima. E in questa strada ci sono gli ipocriti, che si pavoneggiano nel fare digiuno, nel fare elemosine, nel pregare. Io penso che quando l’ipocrisia arriva a quel punto, nella relazione con Dio noi stiamo abbastanza vicini al peccato contro lo Spirito Santo. Questi non sanno di bellezza, questi non sanno d’amore, questi non sanno di verità; sono piccoli, vili».
Eppure non tutto è perduto. Un aiuto per intraprendere «la strada contraria» viene da quello che dice Paolo nella prima lettura (2 Corinzi 9, 6-11). L’apostolo infatti, ha proseguito il Santo Padre, «ci parla di larghezza, di gioia. Tutti noi abbiamo la tentazione dell’ipocrisia. Tutti. Tutti i cristiani. Ma tutti abbiamo pure la grazia, la grazia che viene da Gesù Cristo, la grazia della gioia, la grazia della magnanimità, della larghezza». Ebbene, se «l’ipocrita non sa cosa sia gioia, non sa cosa sia larghezza, non sa cosa sia magnanimità», Paolo ci indica una strada alternativa fatta proprio «di gioia, di larghezza, di magnanimità».
Da qui il richiamo di Papa Francesco «all’ipocrisia nella Chiesa». «Quanto male ci fa a tutti!» ha esclamato. Anche perché «tutti noi abbiamo la possibilità di diventare ipocriti». Perciò il Pontefice ha invitato a pensare a Gesù, «che ci parla di pregare nel nascondimento, di profumarci la testa nel giorno del digiuno e di non far suonare la tromba quando facciamo un’opera buona». In questo, ha assicurato citando la parabola di Gesù riportata nel vangelo di Luca (18, 9-14), nella preghiera «ci farà bene quell’icona tanto bella del pubblicano: abbi pietà di me Signore, io sono un peccatore. E questa — ha esortato — è la preghiera che noi dobbiamo fare tutti i giorni, nella consapevolezza che noi siamo peccatori, ma con peccati concreti, non teorici».
Nella stessa parabola, del resto, c’è un altro atteggiamento da evitare, quello del fariseo, che il Papa ha stigmatizzato così: «Ma Signore, io faccio questo, sono in questa associazione... Non va». Al contrario — ha concluso — «chiediamo al Signore che ci salvi da ogni ipocrisia e ci dia la grazia dell’amore, della larghezza, della magnanimità e della gioia».

(©L'Osservatore Romano 20 giugno 2013)

25 commenti:

mariateresa ha detto...

e adesso tutti a strapparsi i capelli a mazzetti dalla testa per capire chi sono gli eticisti senza bontà.

Raffaella ha detto...

:-))
Infatti la domanda e': chi sono?
R.

Anonimo ha detto...

Io, piuttosto, vorrei sapere chi sono "quelli che si vantano e finiscono per rendersi ridicoli".
No, così, perché io qualche nome l'avrei, ma sono curiosa di sapere se il Papa è d'accordo... :-p

Ester. (pettegolina) :-)

PS: eticisti senza bontà? E si vede che Sua Santità avrà letto l'Osservatore Romano ieri e oggi!

Anonimo ha detto...

Un'altra domanda è a chi allude quando parla di filatteri e di tute le altre cose. Pare si riferisca a categorie precise. E pare anche che lo Spirito Santo ce l'abbiano in tasca solo i carismatici come lui...
Più che omelie mi sembrano giochi a quiz.

Luisa ha detto...

Papa Bergoglio parla spesso di Misericordia, personalmente trovo che molto spesso lui stesso emette dei giudizi molto poco misericordiosi, i buoni qui e i cattivi là.
" I secondi sono invece quelli dei precetti, che «portano il popolo di Dio su una strada senza uscita. Sono eticisti senza bontà. Non sanno cosa sia la bontà. Sono eticisti: si deve far questo, questo, questo... Riempiono di precetti» ma «senza bontà»

Di che precetti parla?
E chi sono questi eticisti senza bontà?
Mah, ancora uno.

Anonimo ha detto...

Che confusione!

carmelina ha detto...

Tra gli ipocriti ci metterei pure i poveri di professione e le masse con lo sturbo rivoluzionario, ispirate alla nobile massima filosofica "alla 'ndo cojio, cojo", che fanno le barricate con lo spirito di un flash mob, nella convinzione di essere rappresentanti autorizzati della voce del "popolo". In breve ci metterei tutti quelli che ripropongono ancora oggi, in salsa social network, trans-nazionali e socialmente trasversali, vecchie solfe populiste che, malgrado le sanguinolente tranvate sulle gengive del passato, continuano a riproporsi come i peperoni, mangiati a cena, durante la notte.

Anonimo ha detto...

C`è un`altra soluzione, ignorare queste omelie private che non sono magistero.
P.

mariateresa ha detto...

ignorare le omelie è un po' difficile. Non saranno magistero ma sono considerate uno dei punti forti di questi 100 giorni.
Sono pur parole pronunciate, non gargarismi.

Anonimo ha detto...

C`è un`altra soluzione, ignorare queste omelie private che non sono magistero

In effetti dovremo cominciare a non dare alcun peso a questi che, finché non vedremo atti di governo concreto, le omelie quotidiane e esternazioni di questo genere sono e restano un flatus vocis. Magistero non è, in profondità non va più di tanto, spesso e volentieri risultano enigmatiche perché solo lui sa a chi si riferisce sia in negativo che in positivo, perché, anche in positivo, non è che arrivino ulteriori spiegazioni oltre la battuta sommaria.

Dunque dovremmo essere noi i primi a prenderli per quelli che sono: esercizi ignaziani sui generis che lasciano il tempo che trovano. E non dare loro nessuna importanza. Tranne quando proprio la dice grossa, tipo "il Vangelo sono i poveri": anche come battuta non è accettabile, da un papa...

sam ha detto...

ahahaha, siete fantastiche :-)

Per rispondere alla prima domanda, concordo con l'ipotesi di Ester ;-)

Anonimo ha detto...

ma come si fa a dire che Francesco non è misericordioso e da giudizi? A me sembra invece di una bontà infinita ed aperto ad accogliere tutti senza condannare .
Se voi trovate le sue omelie inutili, io invece ormai non riesco a starne senza, anzi come voi vi siete riavvicinati grazie a Benedetto, io lo sto facendo grazie a Francesco, solo che io non mi permetto di giudicare Benedetto o di dire in continuazione "che confusione" ma confusione di cosa?

Stiletto ha detto...

Ecco che arriva il consolatore anonimo di vedove ;-)
Le omelie di Benedetto XVI non potevano creare confusione nella loro limpidezza e intelligenza.
Il problema delle omelie mattutine di Francesco sta nel fatto di dividere il mondo in categorie.
Chi sono gli eticisti senza bontà?
Gli intellettuali senza talento?
I cristiani da museo?
Quelli da salotto?
Chi sono quelli che hanno la faccia da peperoni sott'aceto?
Sono espressioni a alto tasso di mediaticità infusa ma che significano in verità?

Luisa ha detto...

La chiacchierata mattutina odierna è zeppa di etichettaggi poco misericordiosi, colpevolizzanti, si aggiungono a quelli che papa Bergoglio già ci ha "proposto", te ne stai in parrocchia e sei contento di poter vivere e condividere la tua Fede con gli altri parrocchiani, senza rinchiuderti in gruppo spesso autoreferenziale, ma nooo DEVI uscire, da te e dalla parrocchia, se non lo fai hai....una fede stanca e abitudinaria(giudizio), sei un cristiano da salotto, da museo, in poche parole non servi a niente.

gemma ha detto...

Se ho capito bene, in questa chiesa non c'è posto per : eticisti senza bontà, intellettuali senza talento, cristiani da museo, cristiani da salotto, peperoni sott'aceto, forse anche le zitelle non stanno messe bene....
È' divertente però immaginare tutti che si guardano attorno pensando: chissà se si riferiva a me? No, no, a te...chi io? Forse a quelli la'.... Fossi una che non ci crede, mi starei facendo un sacco di risate, solo nell'immaginare la scena, come sta facendo l'amico passante, ma siccome ci credo, penso che nessun cristiano vada cestinato, da ciascuno andrebbe preso il meglio, senza figli perfetti prediletti da mettere sul piedistallo. Continuo a sentirmi figliastra, e finchè dura questo sentimento, difficile ricevere il dono di cui parla spesso Guido

Anonimo ha detto...

"...a chi allude quando parla...Pare si riferisca a categorie precise."

Si riferisce a me e a te... a tutti.
Come sono bravo e buono, quanto è ingiusto 'sto Pope Francis se ce l'ha con me! Ah! se tutti facessero come dico io, se tutti - anche lui - seguissero i miei precetti...
Non si riferisce a categorie precise, sta parlando a tutti e a ciascuno; chiede che tutti ci convertiamo.
gianni

Efrem ha detto...

@Gemma: io penso che eticisti senza bontà, intellettuali senza talento, cristiani da museo, cristiani da salotto, ecc... lo possiamo essere tutti in varia misura, chi più chi meno, ma che queste parole ognuno sia chiamato ad applicarle a se stesso (e non a quello seduto vicino...). Mi pare infatti, che PF non stia semplicemente parlando di persone, ma di attitudini (esemplificate), che dobbiamo imparare a riconoscere in noi (quella del fariseo, ad esempio), per togliercele...!

Non è un giudizio, ma una chiamata alla conversione. Il fatto che tutti siamo amati da Dio e che Dio sia infinitamente misericordioso, non significa che allora tutti i nostri atteggiamenti, pensieri e modi di fare sono giusti e da prendere così, ma possono richiedere una serio e talvolta doloroso processo di conversione: non si "butta" la persona, ma si possono "buttare" certe idee e certi atteggiamenti che scopriamo sbagliati in noi... con l'aiuto della Grazia, naturalmente.

sam ha detto...

Quando il Papa voleva rivolgersi a tutti lo fa chiaramente e usa la prima persona plurale, "tutti noi abbiamo la tentazione...".
Negli altri casi ha usato in maniera molto forte la terza evidenziando un "loro" e molteplici condanne: questi non sanno, questi non sanno, (loro)sono: piccoli, vili, vanitosi, ridicoli, senza intelligenza, senza talento, senza bontà ecc. ecc.
Faccio notare che qui si fa esattamente l'opposto di quel che ha sempre insegnato la Chiesa Cattolica, si parte cioè dall'accennare vagamente ad alcuni comportamenti per etichettare con giudizi implacabili gli autori di quei comportamenti.
Un inedito assoluto! Una vera rivoluzione quella di bollare i peccatori con aggettivi sulle persone, invece che scagliarsi sul peccato e spiegarne bene il contenuto, aiutando a motivare e capire quali sono le cose da fare o non fare.
Tra l'altro secondo me con quei giudizi si riferiva a categorie particolari, in particolare una verso cui ha già più volte manifestato apertamente le sue antipatie, di cui non faccio parte ma che rispetto e per la quale, in nome dell'unità dei Cristiani, Benedetto ha patito tanto dolore e persecuzioni da parte dell'episcopato mondiale.
Per quanto mi sforzi mi è totalmente impossibile scorgere in questo Papa quell'umiltà, quella limpidezza, quella misericordia e quella santità mite e ferma che in Benedetto traspariva dalle parole e dall'esempio.
Anzi se devo essere onesta, mi pare che un clima così inquisitorio e persino persecutorio dei riguardi del dissenso non si sia mai visto nell'ultimo secolo.
Lo stile "pastiche" di Santa Marta non mi piace e forse ha ragione P., basterebbe evitarlo visto che non è nemmeno Magistero.
Tuttavia giova approfittare di un Papa così censore e inclemente nei suoi giudizi per fare ogni giorno l'esame di coscienza, ma certo non per imitarlo.

sam ha detto...

... e aggiungo che proprio perchè nel mio modo di giudicare somiglio molto più a Papa Francesco, che guardo con ammirazione e tremore all'esempio di Benedetto.

Anonimo ha detto...

L'immagine che Bergoglio dà di se stesso, e che pare far impazzire di giubilo un sacco di persone, forse altro non è che un atteggiamento esteriore che potrebbe avere pochissima attinenza con quello interiore.
Alessia

Anonimo ha detto...

@Sam
In linea di massima condivido il tuo intervento, anche perché l'esame di coscienza quotidiano è un'ottima pratica.

"Faccio notare che qui si fa esattamente l'opposto di quel che ha sempre insegnato la Chiesa Cattolica, si parte cioè dall'accennare vagamente ad alcuni comportamenti per etichettare con giudizi implacabili gli autori di quei comportamenti."
Molto interessante questa notazione che mi lascia, invece, un po' perplesso.
La distinzione netta tra peccato e peccatore come principio cardine di ogni "giudizio", se non sbaglio, è stata inaugurata da G23, insieme all'idea della "medicina della misericordia" come nuovo criterio di base cui ispirare la pastorale, usando a tal fine anche il Concilio Ecumenico.
Sappiamo che si tratta di concetti e ispirazioni strumentalizzabili, che di fatto sono state largamente srumentalizzate lungo tutta la "crisi post-conciliare" e fino ai nostri giorni. Se non ricordo male è stato Biffi a farne una "critica" piuttosto acuta, evidenziando per esempio che quando pecchiamo e non ci rialziamo diventiamo in qualche modo il nostro peccato. Un po' l'idea di "corruzione" cui si è riferito anche Papa Francesco.

Ci sono spunti e attitudini "pre-conciliari" piuttosto evidenti in questo nuovo Papa. Non è un Papa europeo.
gianni

Fabiola ha detto...

Gianni e Efrem, avete ragione.
Le parole del Papa riguardano me.

La questione però sta a monte, almeno per quel che mi riguarda. Non mi con-vince, non mi "lega", non mi attrae la casistica dei tipi di atteggiamento che certo contraddistinguono anche me e che dovrei evitare. Se non come metafore "curiose" che rimandano a una ricerca psicologica, in fondo.
Sono stata educata diversamente. Mi hanno sempre indicato il positivo, la convenienza, la corrispondenza di Cristo al mio cuore. Mi hanno insegnato a riconoscere il bello, il vero, il buono come realizzazione della profondità del mio desiderio. Cioè come Cristo, rispondendo a quel bisogno, muti la natura stessa della domanda che siamo. Mai troppa attenzione sull'analisi (esame) del peccato piuttosto il richiamo ad alzare la testa da sé per guardare a Lui. Egli solo è. Da questo positivo emerge naturalmente, quasi, la consapevolezza cioè il dolore per il proprio peccato che sfigura la bellezza di Cristo, la mia stessa “bellezza”.
Non sarà certo il sentirmi dare della “cristiana inamidata”, “da salotto”,” pettegola e/o ipocrita”, “eticista”, “intellettuale senza bellezza e senza bontà” ecc. a farmi innamorare di più di Gesù Cristo.
Tra l’altro sembra quasi che il Papa cerchi una sorta di complicità con chi lo ascolta in quel momento per additare altri alla riprovazione comune.
Nel discorso alla diocesi di Roma ha sollecitato i presenti a confermare se anche loro conoscessero cristiani più devoti alla “dea lamentela “ che a Gesù Cristo: ecco, faccio un’enorme fatica a capire a chi e a che giovi un atteggiamento di questo tipo.

sam ha detto...

@ gianni

Non sarà un Papa europeo, ma è un Papa cattolico e poi la divisione tra peccato e peccatore, spesso richiamata da Giovanni XXIII, deriva dal Vangelo e nella sua esplicitazione risale a Sant'Agostino.

CCC 1861 - Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal Regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili. Tuttavia, anche se noi possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio.


1458 .....

"Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d'accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L'uomo e il peccatore sono due cose distinte: l'uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce." [Sant'Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 12, 13.]

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Aggiungo io da Sant'Agostino:

“Non amare l’errore nell’uomo, ma l’uomo. Dio fece l’uomo, l’uomo fece l’errore. Ama ciò che fece Dio, non amare ciò che fece l’uomo. Amare quello significa distruggere questo: quando ami l’uno, correggi l’altro”.
Tract. in Jo. ep. VII,11

"Trattando la tua Benevolenza con me sul modo di accogliere nella Chiesa i chierici provenienti dalla setta di Donato, qualora volessero diventare cattolici, mi è piaciuto ripeterti, anche con la presente, la risposta che allora ti diedi, affinché, se qualcuno t'interrogherà su questo argomento, tu possa mostrare, pure con questa lettera scritta di mia mano, che cosa pensiamo o come ci comportiamo a tal riguardo. Sappi dunque che nei Donatisti noi detestiamo solamente la loro discordia per cui son diventati scismatici o eretici, poiché non conservano né l'unità né la verità della Chiesa Cattolica...
Quando pertanto vengono da noi gli scismatici Donatisti, noi non accogliamo i loro difetti, cioè la discordia e l'errore, ma questi son tolti di mezzo quali impedimenti della concordia e abbracciamo i fratelli;.."
Lettera 61 - 401 DC

sam ha detto...

E visto che il Papa non vuole pettinare le pecore, ma cercare quelle perdute (e riportarle all'ovile si spera) giova capire quale sia l'atteggiamento giusto, che è quello non di insultarle, ma di amarle, pur nell'intransigenza sull'errore... potrebbe prendere qualche esempio dal suo Predecessore, seguendo quanto spiegava il preconciliarissimo Sant'Agostino:

"Quelle che erano fuorviate, voi non richiamaste [all'ovile]. Ecco il pericolo che ci sovrasta in mezzo agli eretici. Quelle che erano fuorviate non richiamaste [all'ovile]; quelle che si erano perdute non le ricercaste. Noi, si voglia o no, ci troviamo in balia di predoni e come fra i denti di lupi feroci. In mezzo a tali nostri pericoli, vi scongiuriamo di pregare per noi. Si tratta di pecore riottose, le quali, quando si vedono ricercate nella via dove si sono smarrite, si proclamano estranee a noi per un loro errore e con loro perdizione. Perché vi interessate di noi - dicono -, perché ci ricercate? Quasi che la ragione per cui ce le prendiamo a cuore e le ricerchiamo non sia l'essere loro nella falsità e sulla via della perdizione! E insistono: Se sono nell'errore e nella perdizione, perché mi vieni appresso? perché mi cerchi? Proprio perché sei nell'errore, te ne voglio cavar fuori; proprio perché sei perduto ti voglio ritrovare! Ma io voglio errare così, e così magari perdermi! Vuoi errare e perderti così? Quanto più saggiamente io voglio impedirtelo! Ve lo dico francamente: Sarò un importuno, ma conosco le parole dell'Apostolo: Annunzia la parola, insisti e quando è opportuno e quando è importuno. A chi si predica opportunamente e a chi importunamente? Opportunamente a chi vuol ascoltare, importunamente a chi non lo vuole. Ebbene, sarò importuno quanto vi pare, ma con coraggio debbo dirvi: Tu vuoi camminare nell'errore e andare alla perdizione? Io non lo voglio. Del resto, non lo vuole nemmeno colui che mi infonde timore. Sì, anche se io lo volessi, osserva cosa mi dice lui, cosa mi fa risuonare agli orecchi: Le pecore fuorviate voi non avete richiamate [all'ovile] né avete ricercato le pecore perdute. Dovrò io temere te più che non lui? Tutti infatti dovremo presentarci al tribunale di Cristo. Non ho quindi timore di te, in quanto tu non riuscirai di certo a rovesciare il tribunale di Cristo, magari sostituendolo con quello di Donato. Pertanto ti richiamerò se sei una pecora sbandata, ti cercherò se sei perduta. Vuoi o non vuoi, farò così. E se nel ricercarti mi feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso mi caccerò nelle loro strettoie, frugherò per tutte le siepi e con tutte le forze che mi darà il Signore, autore della mia paura, mi spingerò per tutto il mondo, richiamando all'ovile chi si era sbandato, ricercando chi s'era perduto. Se tutto questo ti riesce insopportabile, non andare fuori strada, non metterti sulla via della perdizione."

Discorsi, 46,14

Anonimo ha detto...

Non ti do torto Fabiola, tutt'altro!
La platea degli uditori del convegno diocesano ha sentito risuonare quelle parole, ha risposto ed ha applaudito a lungo. Non si può pensare - non è realistico - che non le abbia riferite a sé... e ha esultato: è stato un moto di "liberazione". Molto carismatico.

Del resto lo stesso Francesco aveva parlato in precedenza della rilevanza che per lui rivestono gli aspetti "psichiatrici"; secondo me non si tratta di una battuta.
Questo è il Vescovo di Roma, il nostro Papa. Non ci meravigliamo, non ci lamentiamo e non ci sconvolgiamo.
gianni