mercoledì 12 giugno 2013

Le opere sanitarie della Chiesa italiana alla celebrazione per l'anniversario dell'enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II

Le opere sanitarie della Chiesa italiana alla celebrazione per l'anniversario dell'enciclica di Giovanni Paolo II

Significato di una presenza

di Mario Ponzi

Non è una novità: la difesa della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale, è una priorità nella Chiesa. Domenica prossima, 16 giugno, nell'ambito della celebrazioni per l'Anno della fede, sarà ricordata l'enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium vitae. Papa Francesco ha chiesto che alla giornata partecipassero anche tutti quelli che, in forme diverse, si impegnano per tutelare la vita della persona. «Gli operatori della pastorale sanitaria si sentono convocati in prima persona» ci ha detto in questa intervista al nostro giornale don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio per la pastorale sanitaria della Conferenza episcopale italiana.

Quali iniziative sono state prese per rispondere all'invito del Papa?

È un evento molto importante: celebrare con lui la nostra fede nel Vangelo della vita. Dunque sia le diocesi che le associazioni italiane che operano nel mondo della salute hanno dimostrato sensibilità e interesse. Anche se, naturalmente, non potranno partecipare tutti, l'attesa dell'incontro con il successore di Pietro è grande. Facendo conoscere capillarmente il programma in tutte le diocesi, abbiamo invitato i luoghi di cura, soprattutto quelli di ispirazione cristiana, a disporre punti di ritrovo comune per seguire insieme, soprattutto con i malati, sia la veglia di preghiera che la messa con Papa Francesco. Sarà anche occasione per una rilettura dell'enciclica. Viviamo tempi nei quali è urgente promuovere a ogni livello una cultura della vita e affermare con forza il valore della vita umana dal suo concepimento -- in questo senso va anche l'impegno dei vescovi italiani alla raccolta di firme promossa dal Movimento della vita per tutelare, con statuto giuridico, l'embrione umano, così come il Pontefice ha chiesto a tutti i cristiani d'Europa -- fino al termine naturale. Se manca la convinzione che la vita, comunque si presenti o diventi a causa di devastanti malattie o disabilità gravi, conserva una sua dignità intrinseca e che l'“essere” precede il “come”, una cultura mortifera di cui purtroppo l'umanità ha già fatto esperienza troverà un buon terreno.

In questo periodo lei ha incontrato le realtà sociosanitarie della Chiesa in Italia. Quale rispondenza ha avuto da parte loro l'invito di Papa Francesco a basare ogni attività della Chiesa su tre pietre miliari del cristianesimo quali povertà, carità, solidarietà?

L'invito del Papa a essere una Chiesa povera e per i poveri, così come quello a una rinnovata e intraprendente carità e misericordia, unito al mandato di andare alle periferie esistenziali degli uomini del nostro tempo, sono stati accolti dalle istituzioni sanitarie cattoliche e di ispirazione cristiana come verifica essenziale della propria missione. Cosa può significare questo concretamente? Avere orecchie attente ad ascoltare il grido dei poveri e avere cuore e braccia pronte per amare concretamente i nostri fratelli in difficoltà. E questo in un tempo di forte evoluzione sociale e di nuove povertà. Penso in particolare al crescente numero di anziani che hanno bisogno di assistenza di tipo socio-sanitario; penso al crescente aumento delle malattie neurodegenerative e quelle di carattere più strettamente psichiatrico, che colpiscono anziani ma non solo; penso anche all'aumento di cittadini che non possono pagare le cure sanitarie necessarie. Oggi si fa fatica a rispondere al bisogno crescente di cura e noi siamo chiamati a garantire, in modo particolare, la cura delle persone delle fasce più deboli. L'invito di Papa Francesco lo si deve considerare come un appello a non perdere di vista questo obiettivo fondamentale.

Papa Francesco ha recentemente parlato di due tentazioni che assalgono anche gli uomini e le donne di Chiesa: l'attaccamento al denaro e la vanità. Si corre questo rischio nelle istituzioni sanitarie religiose?

Non nego che ci siano stati o che ci sono situazioni che possono indurre a pensare questo. Su tali situazioni occorre che le autorità competenti vigilino, come ci ha invitato a fare nel novembre scorso, con coraggio e decisione, il motuproprio Intima Ecclesiae natura di Benedetto XVI. Il danno che può ricevere e che, ahimè, qualche volta ha ricevuto la comunità cristiana e umana da scandali di vario genere o da gestioni poco attente di opere di carità della Chiesa è notevole. Generalmente però, possiamo constatare che, pur in mezzo a fatiche non indifferenti, abbiamo esempi virtuosi. Anzi talvolta, pur di mantenere aperto un servizio, ci sono stati enti e istituti religiosi disposti a sacrifici notevoli, che non possiamo ignorare o non apprezzare, oltre al valore inestimabile del dono gratuito della vita stessa per annunciare il vangelo e curare i malati. Non mancano santi che tali sono diventati perché hanno toccato “la carne del Cristo”, come Papa Francesco definisce i poveri e i malati. Dobbiamo tener presente però che la cura sanitaria ha un costo notevole e questo costringe a gestire beni che, a seconda della grandezza della struttura, possono essere più o meno ingenti. È assolutamente necessario avere una grande oculatezza nella scelta dei primi collaboratori laici nella gestione delle opere, perché competenza e onestà siano garantiti. Ma questo, a mio parere non basta. Oltre alla competenza e alla corretta gestione occorre anche una rinnovata fedeltà al carisma dei fondatori.

Pare proprio che le istituzioni sanitarie religiose stiano attraversando un periodo roseo.

Il momento di crisi che stiamo vivendo si ripercuote in ogni ambito della vita sociale delle persone. Non possiamo pensare quindi che la cosiddetta sanità cattolica possa essere fuori dalle difficoltà. Detto questo, va comunque ricordato che le numerose opere sanitarie ecclesiali, che svolgono un servizio totalmente equiparato a quello pubblico, sono molto apprezzate da cittadini e spesso spendono meno degli ospedali statali; ma a differenza degli ospedali statali, in molte regioni non vengono adeguatamente rimborsate per il loro servizio e sono comunque pagate in ritardo e costrette a indebitarsi con le banche, che fanno sempre più fatica a fare credito. Se i rimborsi pattuiti ad hoc e attesi non arrivano, o arrivano molto tardi, per andare avanti il disavanzo deve essere ripianato dalle congregazioni o enti proprietari, che talvolta devono già affrontare spese per le ristrutturazioni indispensabili. Eppure è dimostrato che il risparmio statale annuo nel settore, ottenuto grazie all'esistenza della sanità cattolica, si può situare attorno a un miliardo e duecento milioni di euro. Ma molte strutture, anche di qualità, sono costrette a chiudere.

Quali soluzioni state cercando?

La Chiesa ha a cuore la situazione, spesso difficile, delle istituzione sanitarie cattoliche «espressione della carità della Chiesa». Per questo motivo, il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata, mi ha mandato a incontrare i responsabili di queste istituzioni regione per regione: anzitutto per ascoltare le diverse situazioni e le gravi difficoltà che stanno attraversando, poi per esortare a una rinnovata sinergia tra le varie istituzioni interagendo insieme con le competenti autorità, quindi per far presente alcune attenzioni richiamate dal motuproprio di cui parlavamo prima. Il percorso ha avuto una tappa significativa lo scorso 1° giugno, quando a Roma monsignor Crociata ha incontrato i responsabili delle istituzioni sanitarie cattoliche, presente anche il nuovo ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il quale ha mostrato cordiale attenzione, apprezzamento per la qualità del servizio che offrono le strutture sanitarie cattoliche e per la loro capacità di attenzione al territorio. È stato importante aver sentito dal ministro una volontà di azione sinergica per rispondere alla domanda di salute coerente con i bisogni emergenti nel territorio, che talvolta chiedono una evoluzione dei servizi esistenti. Ma è stato anche importante aver potuto far presente al ministro la difficile situazione del momento, esprimendo il desiderio di uno spazio nel quale insieme, come sarà possibile, si ricerchino soluzioni percorribili. Una cosa è certa: ciò che orienta le nostre scelte non è la legge del mercato o del profitto ma il bisogno dei malati e la loro cura necessaria offerta con amore e competenza.

(©L'Osservatore Romano 12 giugno 2013)

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