lunedì 24 giugno 2013

Per colpire la Chiesa di Pio XII. Giovanni Palatucci da Giusto delle Nazioni è stato trasformato in persecutore degli ebrei (Foa)

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Giovanni Palatucci da Giusto delle Nazioni è stato trasformato in persecutore degli ebrei

Per colpire la Chiesa di Pio XII

Testimonianze taciute e documentazione mancante: così l'ideologia si sostituisce alla storia

di Anna Foa

Giovanni Palatucci, questore reggente di Fiume nel 1944, arrestato dai tedeschi e morto a Dachau nel febbraio 1945, dichiarato nel 1990 Giusto delle Nazioni per l'opera di soccorso prestata agli ebrei nella sua attività presso la questura di Fiume, riconosciuto dalla Chiesa servo di Dio, è stato improvvisamente trasformato in un persecutore di ebrei, in uno zelante esecutore degli ordini di Salò e dei nazisti. All'origine di questo rivolgimento, una ricerca condotta a cura del Centro Primo Levi di New York da un comitato internazionale di storici che hanno analizzato la documentazione esistente negli archivi tanto italiani che croati.
Mi auguro che il Museo di Washington, che ha immediatamente cancellato dai suoi siti e dalle mostre il nome di Palatucci, abbia avuto accesso alla documentazione e non solo alla lunga analisi che ne fa il Centro Primo Levi e che, a un'attenta lettura, può al massimo ridimensionare il numero degli ebrei salvati da Palatucci riducendoli a qualche decina dagli originari cinquemila che gli erano attribuiti, e restringere il ruolo da lui avuto in alcuni episodi, ma non certo trasformarlo da salvatore in persecutore degli ebrei. Ugualmente mi auguro che si possa avere rapidamente accesso alle fonti come si è avuto accesso alla loro interpretazione a opera del Centro.
In attesa di controllare sui documenti la realtà dei fatti, vorrei richiamare alcuni elementi della questione come emergono dal dossier del Primo Levi. Il dossier demolisce, in sostanza, sulla base dei numeri degli ebrei presenti a Fiume e sulla base dei numeri di quelli effettivamente internati da Fiume nel campo di Campagna, dove lo zio di Palatucci era vescovo, la tesi che il funzionario di polizia sia stato all'origine di salvataggi di massa degli ebrei fiumani compiuti in collegamento tra Fiume e Campagna. Attendiamo anche qui di avere maggiori informazioni, per esempio sui percorsi effettivi di ebrei trasferiti da Fiume a Campagna, per esprimere una valutazione fondata.
Ma il dossier nulla ci dice dei salvataggi individuali, compiuti secondo le testimonianze degli stessi ebrei salvati da Palatucci negli anni dopo il 1940 e in quelli dell'occupazione nazista. Così come tace sulle testimonianze che li documentano. Il dossier ci dice inoltre che il vescovo di Campagna si è prodigato per migliorare la situazione degli internati nel campo, ma ne sottolinea, come a sminuirli, gli intenti proselitistici. Il vescovo avrebbe cioè sperato di convertire i suoi internati. Non dimentichiamoci però che stiamo parlando di una Chiesa, soprattutto quella locale, ancora molto segnata tanto dall'antigiudaismo che da un'attiva spinta alla conversione degli ebrei. Attendersi altro sarebbe utopistico. Ricordo di averne parlato proprio in questi termini con il compianto padre Piersandro Vanzan, autore di una biografia di Palatucci (Giovanni Palatucci. Il questore giusto, Roma, Edizioni Pro Sanctitate, 2009) e assiduo propagatore della sua storia.
E ancora: il dossier sottolinea l'adesione alla Repubblica di Salò del funzionario di polizia Giovanni Palatucci, ma nulla ci dice della possibilità, sostenuta da almeno una fonte, che egli abbia agito come membro del Comitato di liberazione nazionale sotto il falso nome di Danieli, che pure è un elemento che andrebbe valutato o almeno menzionato. Ci dice che i documenti sul suo arresto non menzionano il salvataggio di ebrei ma solo la sua attività a favore “del nemico”, cioè l'aver avuto contatti con gli Alleati a proposito di un piano per rendere autonoma la zona fiumana. Vorrei sapere però se all'epoca in Italia il salvataggio degli ebrei sarebbe stato nominato esplicitamente oppure compreso entro le attività a favore del nemico.
Siamo in sostanza di fronte al problema della mancanza di documentazione. Ma la stessa mancanza di documentazione troviamo nell'attività di salvataggio degli ebrei messa in atto nei conventi di Roma. Vogliamo negarla in base alla mancanza di documenti scritti che la comprovino? L'attività di Palatucci, come tutte le attività di questo genere, non poteva che svolgersi nel segreto. Poteva svolgersi senza legami con quella della Delegazione per l'assistenza degli emigranti ebrei, su iniziativa individuale? Questa è una risposta che ci attendiamo dai documenti, dal confronto con altre situazioni, non dalle interpretazioni.
Un'ultima questione, quella della cosiddetta denuncia da parte di Palatucci di un gruppo di ebrei di Fiume. La documentazione riferita dal dossier non prova null'altro che Palatucci rispose a una richiesta di informazioni fattagli dalla questura di Ravenna (avrebbe potuto non rispondere?) facendo il nome di questi ebrei ma dicendo che non sapeva dove si trovassero. Cioè, essi erano già uccel di bosco. È evidente che anche questo va valutato sui percorsi individuali, ma così come lo leggiamo non prova nulla. Lo sottolinea in un'intervista anche uno degli storici che avrebbero partecipato alle ricerche organizzate dal Centro Primo Levi, il direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea Michele Sarfatti: «Resto perplesso su una frase della giornalista del “New York Times”, secondo la quale Palatucci avrebbe “aiutato i tedeschi a identificare gli ebrei da rastrellare”. Frase che attribuisce ai “ricercatori”, senza specificare chi. Ma di questo non esiste prova alcuna». Ma allora, perché questi grandi titoli della stampa sul poliziotto persecutore di ebrei?
In conclusione: l'iniziativa del Primo Levi afferma di essere volta a demolire il mito del “buon italiano”, di cui il caso Palatucci sarebbe espressione. Ma perché mai lo sarebbe? Semmai, il caso Palatucci parla di un “buon Palatucci”, non di “buoni italiani”. Il mito del buon italiano è già stato demolito, almeno a livello storiografico, da molti studi e in primo luogo dalle ricerche di Sarfatti che hanno dimostrato senza possibilità di dubbio che la Repubblica di Salò, con la normativa del novembre 1943, si assunse in prima persona il compito di dare la caccia agli ebrei italiani, un compito che i nazisti non erano in grado, dopo l'ottobre di quell'anno, di eseguire perché impegnati sul fronte militare e nella guerra contro i partigiani.
L'impressione è che in realtà la questione sia un'altra, quella della Chiesa di Pio XII, e che in Palatucci si voglia colpire essenzialmente un cattolico impegnato in un'opera di salvataggio degli ebrei, un supporto all'idea che la Chiesa si sia prodigata a favore degli ebrei, un personaggio sottoposto a una causa di beatificazione. Ma questa è ideologia, non storia.
È vero che sul caso Palatucci le ricerche storiche di prima mano sono state poche, che numeri e fatti sono stati sottoposti ad interpretazioni agiografiche. Ed è anche probabile che in seguito alle ricerche in corso i numeri andranno ridimensionati, che alcuni eventi andranno riletti. Ma ora come ora, in presenza di condanne infondate tanto definitive, ciò che è fondamentale è rispondere attraverso la documentazione a queste semplici domande: Palatucci ha o no salvato degli ebrei? Palatucci ha o no denunciato degli ebrei? Solo a queste domande ci aspettiamo che i documenti diano una risposta. Tutto il resto è commento.

(©L'Osservatore Romano 23 giugno 2013)

4 commenti:

Dante Pastorelli ha detto...

Gli untori posson dire e scriver quel che vogliono. La loro damnatio memoriae ormai è un gioco scoperto e vergognoso. Chinino piuttosto la testa dinnanzi a chi ha salvato centinaia di migliaia di ebrei, come testimoniato a suo tempo da rabbini, politici come la Golda Meir, da diplomatici come Pinchas Lapide che a Pio XII attribuisce la salvezza di 800.000 giudei.

Anonimo ha detto...

E' allucinante quello che stanno facendo, ormai da anni, e contro tutte le testimonianze opportunamente citate, sulla figura di Pio XII. Ripeto: allucinante. Basterebbe un'analisi storica libera (ma sono sempre troppo pochi coloro i quali sono capaci e/o vogliono farla) per appurare una volta per tutte che Pacelli nulla ebbe a che fare con il nazismo o il fascismo, anzi. E per capire che i suoi "presunti" silenzi erano accompagnati da un'attività concreta di salvezza e protezione della popolazione ebraica difficilmente riscontrabile allora. Non per caso il nazismo cercò di farlo fuori.
Paola

Bregolin don Adriano ha detto...

comunque a Cavaglià (Biella) fu ospitata una famiglia di ebrei per intervento di Palatucci

Anonimo ha detto...

La Società di Studi Fiumani interviene su Palatucci - 24giu13
Sulla «questione Palatucci», che in questi giorni rimbalza sulle principali testate italiane ed estere, in particolare statunitensi e sui siti d’informazione, ovvero in relazione alle indagini storiografiche che stanno aprendo in queste settimane nuovi interrogativi sull’effettivo ruolo del questore facente funzione di Fiume nei drammatici anni dell’occupazione nazista della Venezia Giulia e della crescente minaccia jugoslava su quei territori, interviene oggi la Società di Studi Fiumani, con una nota a firma del suo Segretario generale Marino Micich.


«Sulla questione Palatucci – esordisce – la nostra Società di Studi Fiumani ha svolto nel tempo studi accurati e pubblicato anche il libro di Silva Bon Le Comunità ebraiche della Provincia italiana del Carnaro Fiume e Abbazia (1924-1945). Questo volume è stato presentato alla Biblioteca Nazionale di Roma, alla Biblioteca Isontina di Gorizia e al Museo Ebraico di Trieste anni fa. Silva Bon è molto cauta ad attribuire a Palatucci migliaia di salvataggi come lo è anche Amleto Ballarini o diversi ricercatori croati».


«Per quello che ho potuto leggere e indagare anch’io – prosegue Micich, che è anche Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume in Roma – devo dire che Palatucci è una nobile figura di italiano che mal tollerava lo strapotere nazista (abbiamo trovato alcune sue relazioni del 1944 da dove fuoriesce un chiaro sentimento antitedesco) e che volle rimanere a Fiume per difendere ad ogni costo l’italianità della città. Palatucci non si comportò come il generale Robotti che subito dopo l’8 settembre abbandonò praticamente la città al suo destino, ci volle poi l’intervento del generale Gambara per evitare a Fiume il primo bagno di sangue nelle foibe che si verificò in Istria».


E a suffragare l’onestà del funzionario di polizia, «Palatucci – ne è certo Micich – si prodigò sicuramente per salvare un certo numero di ebrei, ma il numero dei salvataggi può solo essere molto esiguo, ciò non toglie che deve essere giustamente ricordato con tutti gli onori del caso. Assolutamente falso è ipotizzare Palatucci quale collaboratore dei nazisti, questa posizione va assolutamente contrastata: anzì, Palatucci si preccupò del futuro della città e prese contatti con la Resistenza, probabilmente per questo fatto fu arrestato e deportato a Dachau dove trovò la morte». «Per quanto riguarda la sua beatificazione – conclude –sono questioni teologiche e che riguardano la Chiesa».

(fonte Società di Studi Fiumani 24 giugno 2013
Saluti, Eufemia