lunedì 1 luglio 2013

Continuità e rinnovamento nel Primato di Pietro (Biffi)

Su segnalazione di Fabiola leggiamo:

CONTINUITÀ E RINNOVAMENTO NEL PRIMATO DI PIETRO


Amare e servire

INOS BIFFI

Gesù Cristo ha affidato il governo della sua Chiesa a tutto il Collegio degli Apostoli, costituendo in essa Pietro quale roccia e fondamento.
Non per volontà di Pietro la Chiesa è apostolica; allo stesso modo non per la decisione dei Dodici Pietro detiene il primato: esso, infatti, non consegue a un loro accordo di eleggere Simone come primo tra di loro e come loro rappresentante; deriva invece da una esclusiva e precisa determinazione di Gesù, che sempre singolarmente a Simone ha affidato l’ufficio di Pastore, con il mandato il pascere il suo gregge.
Una Chiesa che non fosse apostolica non sarebbe la Chiesa di Cristo, come non lo sarebbe una Chiesa dove non vi! gesse il primato di Pietro.
L’ha ricordato ancora ieri Papa Francesco, nella festa dei santi Pietro e Paolo, spiegando che il Vescovo di Roma deve «confermare nell’unità: il Sinodo dei Vescovi, in armonia con il primato» e con il suo «servizio». Per una chiara disposizione di Gesù Cristo la Chiesa è apostolica e petrina.
Ed esattamente con questa essenziale identità e configurazione la ritroviamo nella Tradizione. In virtù del sacramento dell’episcopato, al Collegio apostolico è succeduto il Collegio dei Vescovi, come a Pietro è succeduto il suo vicario, cioè il Vescovo di Roma.
Il Vaticano II ripropone la dottrina di fede del Vaticano I: rimane cioè intatto quanto dichiarava la costituzione Pastor Aeternus a proposito del Romano Pontefice, che ha «la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa», potestà «ordinaria e immediata», «sia su tutte e su ciascuna delle Chiese sia su tutti e su ciascuno de! i pastori» (Denzinger, 3064).
Con la conseguenza dell’infallibilità – la stessa «di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua Chiesa» –, nel caso in cui il Romano Pontefice parli «ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la Chiesa».
Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della Chiesa.
Lo stesso Vaticano I non mancava di ricordare il collegio dei Vescovi, e citava le parole di Gregorio Magno: «Mio onore è l’onore della Chiesa universale. Mio onore è il solido vigore dei miei fratelli. Allora io mi sento veramente onorato, quando ad ognuno di essi non si nega l’onore dovuto».
Il Vaticano II, tuttavia, con la dottrina relativa al Collegio dei Vescovi, completa ed esplicita ampiamente la dottrina del Vaticano I, in particolare rilevando che essi sono preposti al governo della Chiesa universale per isti! tuzione divina, quindi per la potestà ricevuta immediatamente da Cristo e con un «potere loro proprio» ( Lumen gentium , n.22). Riconosciuto questo, non è fuori luogo osservare, sulla scia della storia, che la maniera concreta di esercizio del primato può mutare, assumendo, per esempio, una forma maggiormente collegiale.
Già il Concilio di fatto ha istituito il Sinodo dei Vescovi; allo stesso modo può essere diverso, quasi meno 'giuridico', il linguaggio con cui tale primato viene espresso. Occorre, in ogni caso, che resti invariato e si riconosca imprescindibile il suo contenuto dogmatico, dovuto all’istituzione di Cristo, per la quale non esiste Collegio dei Vescovi in cui non sia presente e operante quale Capo il Vicario di Pietro ( cum Petro et sub Petro).
Ecco perché – di là dagli orientamenti o preferenze di scuole teologiche (se così si possono chiamare) o dalle simpatie e dalle buone intenzioni – non è affatto conforme con la dottrina di fede, riproposta dal Vaticano II, parlare, secondo un uso che si va diffondendo, del Sommo Pontefice semplicemente come di un «primo tra pari ( primus inter pares ) », proprio perché il Vicario di Pietro non è 'pari'. 
E, ugualmente, non è consono al dogma riconoscergli un primato solo d’onore, dovuto all’origine petrina e paolina della Sede romana, restando indubbio che la sostanza di quel presiedere e governare del successore di Pietro consiste nell’amare e nel servire.
D’altronde, la Chiesa è una realtà unica e originale; una realtà di grazia, che non ha modelli di paragone tra i vari generi di società umana, e che si può comprendere e accogliere unicamente per fede.

© Copyright Avvenire, 30 giugno 2013

12 commenti:

Luisa ha detto...

Ecco perchè certe parole dette da papa Bergoglio suscitano sconcerto, ad esempio quando, rivolgendosi alla folla di fedeli, dice:

" Qualcuno di voi potrebbe dire:'Senta Signor Papa, Lei non è uguale a noi'. SI', SONO COME OGNUNO DI VOI, TUTTI SIAMO UGUALI,siamo fratelli!..."

sembra non rendersi conto del rischio di banalizzazione e relativizzazione del Primato petrino, del mandato unico del Successore di Pietro, e dell`autorità che gli appartiene, che quelle sue parole possono indurre.

mic ha detto...

sembra non rendersi conto del rischio di banalizzazione e relativizzazione del Primato petrino, del mandato unico del Successore di Pietro, e dell`autorità che gli appartiene, che quelle sue parole possono indurre.

E' vero che davanti a Dio siamo tutti uguali. Ma è necessario anche sottolineare le diverse funzioni (apologo delle membra di Paolo) e la chiamata diversa che ognuno di noi riceve. E la diversa responsabilità che l'autorità, soprattutto la sua, comporta.
Glissare su questo, significa, al suo solito, banalizzare tutto. E così non è che rende più comprensibile il messaggio di fede. Con le sue frasi ad effetto, chiarisce un dato e ne oscura e vanifica mille altri che vi sono collegati.

Anonimo ha detto...


La formulazione del papa è certamente strana se la sinodalità e la comunione con Roma passano attraverso il sinodo dei vescovi secondo la concezione degli ortodossi, non cattolica.

Ricorda le sfrenate sperimentazioni degli anni '70. Ma qui non si vuole può sperimentare...

Daniele Fiorito ha detto...

Graze a questo articolo di Mons. Biffi tutti noi ci sentiamo ancora cattolici, spero che Inos Biffi venga fatto Cardinale se lo merita.

Anonimo ha detto...

Non penso che intenzione di Bergoglio fosse quella di banalizzare. Semplicemente sottolineava quanto sappiamo: davanti a Dio siamo uguali. E' il suo Ministero a portarlo a un livello diverso. Ma questo il giovanotto argentino lo sa, eccome. Anche per questo non temo riguardo al discorso "sinodale". Da bravo gesuita ascolta tutti, ma poi decide lui. E basta. Il primato del Pontefice non è a rischio. Solo che lui ama sentire tutti, da sempre. E, proprio in tale ottica, mi auguro vivamente che, in merito allo IOR, alla fine decida lui e solo lui. Perché, ripeto, quel consesso che ha messo su non mi convince...
Paola

Anonimo ha detto...

Dice Biffi:

"Ecco perché – di là dagli orientamenti o preferenze di scuole teologiche (se così si possono chiamare) o dalle simpatie e dalle buone intenzioni – non è affatto conforme con la dottrina di fede, riproposta dal Vaticano II, parlare, secondo un uso che si va diffondendo, del Sommo Pontefice semplicemente come di un «primo tra pari ( primus inter pares ) », proprio perché il Vicario di Pietro non è 'pari'.

Il Papa non è "Vicario di Pietro", è "Successore" di Pietro e "Vicario di Cristo"!

Dante Pastorelli ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Dante Pastorelli ha detto...

Biffi mi sembra confonda sinodo con collegio, e, pertanto funzioni e prerogative. Inoltre riveste il Vaticano II d'un'autorità infallibile che non ha: l'ultimo concilio non può - con la giustificazione di un aggiornamento interpretativo - contraddire la Pastor Aeternus del Vaticano I, indiscutibile ed immutabile.
Il Papa VICARIO DI PIETRO? Via, la solita solfa modernista: in una pagina la verità, se la giri trovi l'eresia. Pietro è il Vicario di Cristo e tutti i Papi, in quanto di Pietro successori, di Cristo son vicari.
Tragico che certe posizioni appaiano sull'organo della S. Sede.
Intanto da parte ortodossa si continua ad asserire - con continuità ammirevole - l'errore del solo primato d'onore.

01 luglio 2013 13:20

Luisa ha detto...

"E basta. Il primato del Pontefice non è a rischio."

Basta??
E che cosa ne sai Paola, sei forse nella testa e nella coscienza di Papa Bergoglio?
Sembra che anche la nozione di Primato petrino sia a geometria variabile, allora non è perchè tu, Paola, oggi alle 11:01 hai deciso che non è a rischio che così è .

Dante Pastorelli ha detto...

E' chiaro che la commissione costituita deve appurar fatti, circostanze, studiare strutture, programmare e poi riferire.
Che poi da buon gesuita Francesco ascolti tutti e decide lui, non so cosa significhi realmente. Sembra un carisma particolare dei gesuiti che non conoscevo.
Chiunque abbia un potere decisionale sente tutti - e per tutti dovrebbe significar quelli di cui ha fiducia - e poi decide.
I precedenti Papi, senz'esser gesuiti, hanno avuto sempre consiglieri - non sempre all'altezza - e poi han deciso, bene o male non importa.
I collaboratori servono a questo. I Papi quando scrivono un'enciclica studiano, si fanno preparare materiale da teologi che stimano e poi procedono. E così anche per la proclamazione dei dogmi. Pio XII promulgò il dogma dell'Assunzione dopo aver consultato non solo grandi teologi, ma persino tutt'i vescovi del mondo. Un rapido concilio e poi decise.

Anonimo ha detto...

Ottimo questo commento di Inos Biffi nella sua precisione e la messa in evidenza della congruenza con l'insegnamento magisteriale di questi questi ultimi secoli su questa materia.

In fin dei conti, dove Papa Francesco sta andando è nel senso di una vera riappropriazione del bimillenario Magistero della Chiesa che la Tradizione ci ha trasmesso e che lo Spirito Santo ci dà la grazia di comprendere nei nostri tempi.

Viviamo tempi di tangibile Grazia Divina: rendiamone lode a Dio.
In Pace

Dante Pastorelli ha detto...

Io di tangibile vedo solo la desertificazione della Chiesa, il suo sgretolarsi e parcellizzarsi, e l'impunità pei propalatori di eresie.
Ma, naturalmente, son certo che, la Chiesa, essendo di Cristo e poiché Cristo mantiene le sue promesse, sia pure ridotta di dimensioni (che Dio non voglia) continuerà la sua opera salvifica.