giovedì 11 luglio 2013

San Benedetto nell'inno di Paul Claudel (Biffi)

San Benedetto nell'inno di Paul Claudel

Quando al poeta mancò il cuore

di Inos Biffi

«All'uscita dall'infanzia»: è il tempo in cui Paul Claudel vede affacciarsi Benedetto, che si sente rivolte le gravi parole di Gesù: «Se l'uomo perde la sua anima, tutti i beni di questo mondo sono cose di nessun valore»; se lo dissipano e lo dominano «i suoi sogni a caso, le sue passioni, i suoi pensieri, come capre che vanno al pascolo, di qua, di là, in alto, in basso, ribelli e sparpagliate, e lasciano che l'anima si laceri e si frantumi, forse che ne abbiamo un'altra di ricambio?». Benedetto, rifiutando le acque inquinate, la coppa dell'amarezza e il fango che ha in noi la sua sorgente, «si mette in cammino, con il suo bastone in mano» e spinge «le sue pecore indocili sulla strada invisibile e sicura, la via stretta, che è la più facile», e che il poeta vede tracciata, «minuscola e unica», mentre tutt'intorno si estende un gran deserto, e una palude immensa, e a destra e a sinistra una monotonia di sabbia dopo sabbia. Ma è poi così duro rinunciare? Si tratta di dire di no «alla fame, alla sete, alla morte, all'inferno». In un mondo instabile e malfermo, è tanto dolce sentirsi sicuro: «Sicuro del proprio piede, sicuro del cammino e di ciò che si trova al suo traguardo, sicuro dei fratelli e di tutta la Chiesa in marcia attorno a noi, sicuro del Padre che ci guida!». Felice colui «che al centro del suo crocevia ha piantato la sua croce», colui «che alloggia Dio nel proprio cuore» e i cui pensieri «si volgono unicamente a Lui sette volte al giorno, come i monaci in coro»; felice «colui che ha mutato il carcere in clausura».
È stata la prima e ferma scelta di Benedetto, dal quale provengono molteplici ammonimenti e consigli salutari: «Piuttosto che ritornare a Dio, è più semplice non lasciarlo»; «Si è più sicuri del perdono, quando si cerca di meritarlo»; «Si va più in fretta quando si cammina diritto»; «Perché tormentarsi tanto a causa delle cose della terra, quando è semplice non avere nulla? Saremo tutti morti questa sera»; «Perché discutere tanto e parlare, quando è così facile tacere?»; «Piuttosto che vincere Satana, è più semplice guardarsene. L'atto vale di più del discorso. Piuttosto che lottare contro il mondo, è più semplice non guardarlo, e chiudere il cappuccio».
Dio personalmente ce lo assicura: basta nutrirsi di Lui nel silenzio, camminare, lavorare e obbedire sotto la custodia della sua grazia: «perché domandare altro?». E ancora: «Poiché Dio stesso vi dimora, perché noi dovremmo uscire dal suo tempio? Perché rimpiangere il Caos? E poiché la nostra beatitudine nel Cielo sarà di cantare insieme, perché non incominciare subito? E se la beatitudine in Cielo è quella di amare, perché, ora, la guerra? Perché fratelli separarci? Portiamo l'uno all'altro le nostre voci, vicendevolmente necessarie per un pieno accordo».
Ed ecco due ultime beatitudini: «Felici i figli di san Benedetto che sono tutti insieme con lui!»; e «Felice il discepolo segreto, dal quale senza parole emana, come qualcuno che dice sì, il consenso alla pace!».
Attraverso il sonoro e frondoso linguaggio dell'Inno di san Benedetto, Claudel ha così tracciato con chiarezza il profilo di san Benedetto come di colui che non ha perso e sprecato tempo tergiversando ed esitando, ma imboccando senza indugio e ripensamenti la via dell'essenziale linearità evangelica, in cui tutto si trova raccolto e unificato.
Ma non è difficile avvertire che Paul Claudel sente particolarmente rivolti a sé quegli ammonimenti spirituali e quegli interrogativi che attraversano insistenti e quasi ossessionanti il suo poema. Egli, frequentando i monasteri di Solesmes e Ligugé, provò fortemente l'attrattiva alla vita monastica. Probabilmente non era la sua vocazione. O non ebbe il coraggio di seguirla. Egli l'aveva sognato. Confesserà che gliene «mancava il cuore»: «Quel sacrificio, che costituiva senza dubbio la mia vocazione principale era troppo grande per le mie forze». E, tuttavia, quella rinuncia lascerà in lui per tutto il resto della sua vita una ferita irrimarginabile. Egli non cessò mai di provarne rimpianto e nostalgia e di dichiarare il grave sbaglio fatto a non aver ceduto a quel «pungente desiderio mistico».

(©L'Osservatore Romano 11 luglio 2013)

6 commenti:

sonny ha detto...

Buongiorno a tutti. Pensa un po', FC si accorge che un Papa si può anche difendere. Ovviamente per Benedetto il ragionamento non era valido:

http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-vergognoso-silenzio-dei-politici-cattolici.aspx

Forse non vale più veramente la pena farsi il sangue marcio.

Anonimo ha detto...

FC poteva svegliarsi prima del 11 febbraio.
Alessia

Raffaella ha detto...

Amen!
R.

Anonimo ha detto...

Quante volte F.Cristiana è intervenuita in difesa di Benedetto? Teresa

mariateresa ha detto...

che faccia tosta ragazzi. Faccia o chiappe per noi pari sono.

maura ha detto...

Scusi Don Sciortino , ma dove li vede i politici cattolici !?! Come mai ne chiede e l'intervento ora ? E prima ?