domenica 31 gennaio 2016

Benedetto XVI: Il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona (YouTube)



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Su segnalazione della nostra Gemma riascoltiamo l'Angelus del 3 febbraio 2013 (uno degli ultimi di Benedetto XVI) in cui il Santo Padre commentava il brano del Vangelo di oggi con la sapienza e la grazia che tutti abbiamo apprezzato nel corso degli anni.
Da segnalare anche l'appello ad investire sulla vita e sulla famiglia, anche come risposta efficace alla crisi attuale.
Rileggiamo il testo dell'intervento:

"Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di oggi – tratto dal capitolo quarto di san Luca – è la prosecuzione di quello di domenica scorsa. 
Ci troviamo ancora nella sinagoga di Nazaret, il paese dove Gesù è cresciuto e dove tutti conoscono lui e la sua famiglia. Ora, dopo un periodo di assenza, Egli è ritornato in un modo nuovo: durante la liturgia del sabato legge una profezia di Isaia sul Messia e ne annuncia il compimento, lasciando intendere che quella parola si riferisce a Lui, che Isaia ha parlato di Lui. 
Questo fatto suscita lo sconcerto dei nazaretani: da una parte, «tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22); san Marco riferisce che molti dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?» (6,2). D’altra parte, però, i suoi compaesani lo conoscono troppo bene: E’ uno come noi – dicono –. La sua pretesa non può essere che una presunzione » (cfr L’infanzia di Gesù, 11). «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22), come dire: un carpentiere di Nazaret, quali aspirazioni può avere?
Proprio conoscendo questa chiusura, che conferma il proverbio «nessun profeta è bene accetto nella sua patria», Gesù rivolge alla gente, nella sinagoga, parole che suonano come una provocazione. 
Cita due miracoli compiuti dai grandi profeti Elia ed Eliseo in favore di persone non israelite, per dimostrare che a volte c’è più fede al di fuori d’Israele. A quel punto la reazione è unanime: tutti si alzano e lo cacciano fuori, e cercano persino di buttarlo giù da un precipizio, ma Egli, con calma sovrana, passa in mezzo alla gente inferocita e se ne va. 
A questo punto viene spontaneo chiedersi: come mai Gesù ha voluto provocare questa rottura? All’inizio la gente era ammirata di lui, e forse avrebbe potuto ottenere un certo consenso… Ma proprio questo è il punto: Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini, ma – come dirà alla fine a Pilato – per «dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). 

Il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona. E’ vero che Gesù è il profeta dell’amore, ma l’amore ha la sua verità. Anzi, amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio. 

Nella liturgia odierna risuonano anche queste parole di san Paolo: «La carità …non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità» (1 Cor 13,4-6). Credere in Dio significa rinunciare ai propri pregiudizi e accogliere il volto concreto in cui Lui si è rivelato: l’uomo Gesù di Nazaret. E questa via conduce anche a riconoscerlo e a servirlo negli altri.

In questo è illuminante l’atteggiamento di Maria. Chi più di lei ebbe familiarità con l’umanità di Gesù? Ma non ne fu mai scandalizzata come i compaesani di Nazaret. Ella custodiva nel suo cuore il mistero e seppe accoglierlo sempre di più e sempre di nuovo, nel cammino della fede, fino alla notte della Croce e alla piena luce della Risurrezione. Maria aiuti anche noi a percorrere con fedeltà e con gioia questo cammino.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

nella prima domenica di febbraio ricorre in Italia la “Giornata per la vita”. Mi associo ai Vescovi italiani che nel loro messaggio invitano ad investire sulla vita e sulla famiglia, anche come risposta efficace alla crisi attuale. 
Saluto il Movimento per la Vita ed auguro successo all’iniziativa denominata “Uno di noi”, affinché l’Europa sia sempre luogo dove ogni essere umano sia tutelato nella sua dignità. Saluto i rappresentanti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università di Roma, specialmente i docenti di Ostetricia e Ginecologia, accompagnati dal Cardinale Vicario, e li incoraggio a formare gli operatori sanitari alla cultura della vita.

..."

giovedì 28 gennaio 2016

Benedetto XVI parla di San Tommaso d'Aquino e del rapporto fra fede e ragione. La liberazione delle colombe della pace (YouTube)



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Carissimi Amici, oggi la Chiesa ricorda San Tommaso d'Aquino e Gemma ci fa un grande regalo riportandoci a nove anni fa.
In occasione dell'Angelus del 28 gennaio 2007, Benedetto XVI si soffermò sulla figura di San Tommaso d'Aquino ed in particolare sul rapporto fra fede e ragione. Il testo completo dell'intervento è consultabile qui.
Da sottolineare anche l'appello per il Medio Oriente.

Al termine, come da tradizione interrotta solo recentemente, il Papa e due bimbi liberarono le colombe della pace.

"Il calendario liturgico ricorda oggi san Tommaso d'Aquino, grande dottore della Chiesa. Con il suo carisma di filosofo e di teologo, egli offre un valido modello di armonia tra ragione e fede, dimensioni dello spirito umano, che si realizzano pienamente nell'incontro e nel dialogo tra loro. Secondo il pensiero di san Tommaso, la ragione umana, per così dire, "respira": si muove, cioè, in un orizzonte ampio, aperto, dove può esprimere il meglio di sé. Quando invece l'uomo si riduce a pensare soltanto ad oggetti materiali e sperimentabili e si chiude ai grandi interrogativi sulla vita, su se stesso e su Dio, si impoverisce. Il rapporto tra fede e ragione costituisce una seria sfida per la cultura attualmente dominante nel mondo occidentale e, proprio per questo, l'amato Giovanni Paolo II ha voluto dedicarvi un'Enciclica, intitolata appunto Fides et ratio - Fede e ragione. Ho ripreso anch'io quest'argomento recentemente, nel discorso all’Università di Regensburg.

In realtà, lo sviluppo moderno delle scienze reca innumerevoli effetti positivi, come noi tutti vediamo; essi vanno sempre riconosciuti. Al tempo stesso, però, occorre ammettere che la tendenza a considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione della ragione umana e produce una terribile schizofrenia, ormai conclamata, per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia e istintività sfrenata. È urgente, pertanto, riscoprire in modo nuovo la razionalità umana aperta alla luce del Logos divino e alla sua perfetta rivelazione che è Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. Quando è autentica la fede cristiana non mortifica la libertà e la ragione umana; ed allora, perché fede e ragione devono avere paura l'una dell'altra, se incontrandosi e dialogando possono esprimersi al meglio? La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. La ragione umana non perde nulla aprendosi ai contenuti di fede, anzi, questi richiedono la sua libera e consapevole adesione.

Con lungimirante saggezza, san Tommaso d'Aquino riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso con il pensiero arabo ed ebraico del suo tempo, sì da essere considerato un maestro sempre attuale di dialogo con altre culture e religioni. Egli seppe presentare quella mirabile sintesi cristiana tra ragione e fede che per la civiltà occidentale rappresenta un patrimonio prezioso, a cui attingere anche oggi per dialogare efficacemente con le grandi tradizioni culturali e religiose dell'est e del sud del mondo. Preghiamo affinché i cristiani, specialmente quanti operano in ambito accademico e culturale, sappiano esprimere la ragionevolezza della loro fede e testimoniarla in un dialogo ispirato dall'amore. Chiediamo questo dono al Signore per intercessione di san Tommaso d'Aquino e soprattutto di Maria, Sede della Sapienza".

"Nei giorni scorsi, la violenza è tornata ad insanguinare il Libano. È  inaccettabile che si percorra questa strada per sostenere le proprie ragioni politiche. Provo una pena immensa per quella cara popolazione..."

"Auspico, inoltre, che cessino al più presto le violenze nella striscia di Gaza. All’intera popolazione desidero esprimere la mia spirituale vicinanza ed assicurare la mia preghiera, affinché prevalga in tutti la volontà di lavorare insieme per il bene comune, intraprendendo vie pacifiche per comporre le differenze e le tensioni".


Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in modo speciale l'Azione Cattolica Ragazzi della Diocesi di Roma. Benvenuti! Cari ragazzi, insieme con tanti amici delle parrocchie e delle scuole cattoliche della città, siete venuti per la conclusione del "Mese della Pace", accompagnati dal Cardinale Vicario, da alcuni Sacerdoti, da genitori, educatori e insegnanti. Due vostri rappresentanti sono qui accanto a me, e tra poco mi aiuteranno a far volare due colombe, simbolo di pace. Ma i veri messaggeri di pace siete voi! Avete anche voi "ali", le ali della bontà e della fede, e con queste ali portate dappertutto la gioia di essere figli dello stesso Padre che è nei Cieli e di vivere da fratelli.


Saluto inoltre gli operatori dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, i fedeli provenienti da Scandicci, da Turano presso Massa Carrara e da Valenzano, come pure i due gruppi di giovani "sbandieratori" venuti da Paternò e da Catania.


Ora ascolteremo un messaggio letto da uno di voi e dopo libereremo le colombe portate dai ragazzi. Che siano un auspicio di pace per il mondo intero!


Le colombe sono messaggere della pace. Vogliamo essere come le colombe, messaggeri della pace. E preghiamo il Signore che ci sia pace dappertutto, in Libano, nella striscia di Gaza, in tutte le parti del mondo. Grazie per le vostre parole, per il vostro pensiero e per il vostro affetto. Una buona domenica a voi tutti!

mercoledì 27 gennaio 2016

Benedetto XVI visita Auschwitz: le straordinarie immagini dell'arcobaleno (YouTube)




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Il 28 maggio 2006 Benedetto XVI si recava in visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (Polonia).
Rivediamo alcune delle immagini più suggestive ed in particolare l'arcobaleno che sembra accogliere le parole di pace pronunciate da Papa Ratzinger.
Si tratta di un bellissimo regalo della nostra Gemma perché è praticamente impossibile reperire sul web il momento in cui spuntò l'arcobaleno in quel luogo di sofferenza.
R.

Benedetto XVI e l'arcobaleno comparso durante la sua visita a Auschwitz (YouTube)



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Cari Amici, oggi, 27 gennaio, si celebra il Giorno della Memoria. Grazie a Gemma riviviamo un momento particolare che non ha bisogno di molti aggettivi.
Il 22 dicembre 2006, in occasione degli auguri alla curia romana, Benedetto XVI ricordò un episodio straordinario: durante la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (Polonia), il 28 maggio 2006, comparve nel cielo un bellissimo arcobaleno che tutti interpretarono come un segno prodigioso.
Ecco come Benedetto XVI ricorda quei momenti:

"Nei miei spostamenti in Polonia non poteva mancare la visita ad Auschwitz-Birkenau nel luogo della barbarie più crudele – del tentativo di cancellare il popolo di Israele, di vanificare così anche l’elezione da parte di Dio, di bandire Dio stesso dalla storia. 

Fu per me motivo di grande conforto veder comparire nel cielo in quel momento l’arcobaleno, mentre io, davanti all’orrore di quel luogo, nell'atteggiamento di Giobbe gridavo verso Dio, scosso dallo spavento della sua apparente assenza e, al contempo, sorretto dalla certezza che Egli anche nel suo silenzio non cessa di essere e di rimanere con noi. L’arcobaleno era come una risposta: Sì, Io ci sono, e le parole della promessa, dell’Alleanza, che ho pronunciato dopo il diluvio, sono valide anche oggi (cfr Gn 9,12-17)".


lunedì 25 gennaio 2016

Benedetto XVI (2006): non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto (YouTube)



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Grazie al lavoro della nostra Gemma riascoltiamo le parole (come sempre) profetiche di Benedetto XVI. Sono passati più di nove anni e l'argomento è quanto mai attuale. Straordinario il coraggio del Papa incurante del giudizio dei media, dei salotti buoni e della parole che piacciono alla gente che piace :-)

Il 22 dicembre 2006, in occasione del suo discorso alla curia romana, Benedetto XVI parlò, fra l'altro, del suo viaggio a Valencia nel luglio precedente soffermandosi a lungo sul significato del matrimonio e sulla sua preoccupazione per l'approvazione delle leggi sulle unioni di fatto. Il testo integrale del discorso si trova qui.

In particolare:

"Il viaggio in Spagna – a Valencia – è stato tutto all'insegna del tema del matrimonio e della famiglia. È stato bello ascoltare, davanti all’assemblea di persone di tutti i continenti, la testimonianza di coniugi che – benedetti da una schiera numerosa di figli – si sono presentati davanti a noi e hanno parlato dei rispettivi cammini nel sacramento del matrimonio e all'interno delle loro famiglie numerose".

"Davanti a queste famiglie con i loro figli, davanti a queste famiglie in cui le generazioni si stringono la mano e il futuro è presente, il problema dell’Europa, che apparentemente quasi non vuol più avere figli, mi è penetrato nell’anima. Per l’estraneo, quest’Europa sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia. Perché le cose stanno così? Questa è la grande domanda. Le risposte sono sicuramente molto complesse. Prima di cercare tali risposte è doveroso un ringraziamento ai tanti coniugi che anche oggi, nella nostra Europa, dicono sì al figlio e accettano le fatiche che questo comporta: i problemi sociali e finanziari, come anche le preoccupazioni e fatiche giorno dopo giorno; la dedizione necessaria per aprire ai figli la strada verso il futuro".

"A questo punto non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto. Molte di queste coppie hanno scelto questa via, perché – almeno per il momento – non si sentono in grado di accettare la convivenza giuridicamente ordinata e vincolante del matrimonio. Così preferiscono rimanere nel semplice stato di fatto. Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l'altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C'è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso. Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo?  Non  è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio? Il viaggio a Valencia è diventato per me un viaggio alla ricerca di che cosa significhi l’essere uomo".

mercoledì 13 gennaio 2016

Il card. Joseph Ratzinger e l'Occidente che patologicamente odia se stesso, 13 maggio 2004 (YouTube)



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Grazie a Gemma riscopriamo oggi un testo dell'allora cardinale Ratzinger. Definirlo profetico è riduttivo. Oggi persino i media laicisti sottoscriverebbero molte delle considerazioni fatte dal futuro Benedetto XVI nel maggio 2004. Vediamo ed ascoltiamo il contenuto di questo video ma leggiamo anche il testo integrale.
Il 13 maggio 2004, un anno prima di diventare Papa, Benedetto XVI tenne una straordinaria lectio magistralis presso il Senato della Repubblica Italiana. Il testo integrale è consultabile qui.

Siamo di fronte ad un intervento profetico sotto tutti i punti di vista.
In particolare:

"Il mio ultimo punto è la questione religiosa. Non vorrei entrare qui nelle discussioni complesse degli ultimi anni, ma mettere in rilievo solo un aspetto fondamentale per tutte le culture: il rispetto nei confronti di ciò che per l'altro è sacro, e particolarmente il rispetto per il sacro nel senso più alto, per Dio, cosa che è lecito supporre di trovare anche in colui che non è disposto a credere in Dio. Laddove questo rispetto viene infranto, in una società qualcosa di essenziale va perduto. 
Nella nostra società attuale grazie a Dio viene multato chi disonora la fede di Israele, la sua immagine di Dio, le sue grandi figure. Viene multato anche chiunque vilipendia il Corano e le convinzioni di fondo dell'Islam. Laddove invece si tratta di Cristo e di ciò che è sacro per i cristiani, ecco che allora la libertà di opinione appare come il bene supremo, limitare il quale sarebbe un minacciare o addirittura distruggere la tolleranza e la libertà in generale. La libertà di opinione trova però il suo limite in questo, che essa non può distruggere l'onore e la dignità dell'altro; essa non è libertà di mentire o di distruggere i diritti umani.

C'è qui un odio di sé dell'Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l'Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L'Europa, per sopravvivere, ha bisogno di una nuova - certamente critica e umile - accettazione di se stessa, se essa vuole davvero sopravvivere. 

La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie. Ma la multiculturalità non può sussistere senza costanti in comune, senza punti di orientamento a partire dai valori propri. Essa sicuramente non può sussistere senza rispetto di ciò che è sacro. Di essa fa parte l'andare incontro con rispetto agli elementi sacri dell'altro, ma questo lo possiamo fare solamente se il sacro, Dio, non è estraneo a noi stessi. Certo, noi possiamo e dobbiamo imparare da ciò che è sacro per gli altri, ma proprio davanti agli altri e per gli altri è nostro dovere nutrire in noi stessi il rispetto davanti a ciò che è sacro e mostrare il volto di Dio che ci è apparso - del Dio che ha compassione dei poveri e dei deboli, delle vedove e degli orfani, dello straniero; del Dio che è talmente umano che egli stesso è diventato un uomo, un uomo sofferente, che soffrendo insieme a noi dà al dolore dignità e speranza.

Se non facciamo questo, non solo rinneghiamo l'identità dell'Europa, bensì veniamo meno anche ad un servizio agli altri che essi hanno diritto di avere. Per le culture del mondo la profanità assoluta che si è andata formando in Occidente è qualcosa di profondamente estraneo. Esse sono convinte che un mondo senza Dio non ha futuro. Pertanto proprio la multiculturalità ci chiama a rientrare nuovamente in noi stessi.

Come andranno le cose in Europa in futuro non lo sappiamo. La Carta dei diritti fondamentali può essere un primo passo, un segno che l'Europa cerca nuovamente in maniera cosciente la sua anima. In questo bisogna dare ragione a Toynbee, che il destino di una società dipende sempre da minoranze creative. I cristiani credenti dovrebbero concepire se stessi come una tale minoranza creativa e contribuire a che l'Europa riacquisti nuovamente il meglio della sua eredità e sia così a servizio dell'intera umanità".

martedì 12 gennaio 2016

Léonard, appello al Papa (Tosatti)

Clicca qui per leggere il commento.
Danneels sì, Léonard no...de gustibus, per non dire altro!
Immaginate che cosa sarebbe accaduto se Papa Benedetto avesse avuto consiglieri così discussi (conservatori ovviamente...).

lunedì 11 gennaio 2016

Benedetto XVI: c'è una stretta correlazione tra il Battesimo di Cristo ed il nostro Battesimo, 7 gennaio 2007 (YouTube)



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Buona settimana, Amici!
Grazie a Gemma riascoltiamo Papa Benedetto parlare del Battesimo del Signore.
Il 7 gennaio 2007, nell'intervento prima della recita dell'Angelus, Benedetto XVI parlò del Battesimo del Signore. Il testo integrale è consultabile qui.

In particolare:

"si celebra oggi la festa del Battesimo del Signore, che chiude il tempo del Natale. La liturgia ci propone il racconto del Battesimo di Gesù al Giordano nella redazione di san Luca (cfr 3,15–16.21–22). Narra l’evangelista che, mentre Gesù stava in preghiera, dopo aver ricevuto il Battesimo tra i tanti che erano attratti dalla predicazione del Precursore, si aprì il cielo e sotto forma di colomba scese su di Lui lo Spirito Santo. Risuonò in quel momento una voce dall’alto: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Lc 3,22).

Il Battesimo di Gesù al Giordano è ricordato e posto in evidenza, sia pure in grado diverso, da tutti gli Evangelisti. Faceva parte infatti della predicazione apostolica, giacché costituiva il punto di partenza dell’intero arco dei fatti e delle parole di cui gli Apostoli dovevano rendere testimonianza (cfr At 1,21-22;10,37-41). La comunità apostolica lo riteneva molto importante, non solo perché in quella circostanza, per la prima volta nella storia, c’era stata la manifestazione del mistero trinitario in maniera chiara e completa, ma anche perché da quell’evento aveva avuto inizio il ministero pubblico di Gesù sulle strade della Palestina. Il Battesimo di Gesù al Giordano è anticipazione del suo battesimo di sangue sulla Croce, ed è simbolo anche dell’intera attività sacramentale con cui il Redentore attuerà la salvezza dell’umanità. Ecco perché la tradizione patristica ha dedicato molto interesse a questa festa, che è la più antica dopo la Pasqua".

"C’è una stretta correlazione tra il Battesimo di Cristo ed il nostro Battesimo. Al Giordano si aprirono i cieli (cfr Lc 3,21) ad indicare che il Salvatore ci ha dischiuso la via della salvezza e noi possiamo percorrerla grazie proprio alla nuova nascita "da acqua e da Spirito" (Gv 3,5) che si realizza nel Battesimo. In esso noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, moriamo e risorgiamo con Lui, ci rivestiamo di Lui, come a più riprese sottolinea l’apostolo Paolo (cfr 1 Cor 12,13; Rm 6,3–5; Gal 3,27). L’impegno che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di "ascoltare" Gesù: credere cioè in Lui e seguirlo docilmente facendo la sua volontà, la volontà di Dio. E’ in questo modo che ciascuno può tendere alla santità, una meta che, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, costituisce la vocazione di tutti i battezzati. Ci aiuti Maria, la Madre del Figlio prediletto di Dio, ad essere sempre fedeli al nostro Battesimo".

domenica 10 gennaio 2016

Non si utilizzi Benedetto XVI per giustificare i flop o sminuire la preoccupazione per gli attuali dati deludenti (R.)

25 dicembre 2011
Cari amici, fino a questo momento avevo deciso di fare "fioretto" e di evitare di commentare i dati poco entusiasmanti del Giubileo o il calo vertiginoso di fedeli che assistono a udienze, Angelus etc.
Mi pare che tutto ciò sia sotto gli occhi di tutti anche se i vaticanisti sminuiscono e i pompieri in servizio permanente si affrettano a trovare ogni sorta di giustificazione come quella della paura di attentati. 
Peccato che il calo non riguardi solo novembre e dicembre ma si sia di fronte ad un trend preoccupante che dura da mesi. Inoltre mi risulta che il Colosseo si trovi a Roma e che nel 2015 abbia battuto il record di presenze ma tant'è...
Non sono entrata in polemica ma non pensiate che io non mi informi e non legga tutto :-)
Mi sembrava un gesto "elegante" sorvolare sui numeri anche perché, come è stato detto più volte, la fede non si misura (o non si dovrebbe misurare) con l'applausometro. 
Per questo mi dispiace molto leggere testi come questo che chiamano in causa direttamente Benedetto XVI.
Ha già risposto in modo pungente Socci il cui articolo potete leggere qui.
Mi pare ovvio che si debba analizzare il trend di presenze nell'attuale Pontificato anche perché c'é molto su cui interrogarsi. Benedetto XVI non ha mai avuto e NON HA "buona stampa" eppure la Piazza era sempre piena. Il giorno dell'Epifania, spesso, i Re Magi non potevano raggiungere il Presepe perché c'era troppa folla :-)
L'attuale Pontificato è esaltato da chiunque. Come è possibile questo calo? Questa è la domanda da porsi senza tirare in ballo chi non può nemmeno difendersi. Non è servito nemmeno dimettersi! Ratzinger deve sempre e comunque fare da parafulmine al prossimo. E basta!
Non vorrei essere costretta a fare paragoni...non sarebbe una cosa piacevole soprattutto per i mass media che oggi dimenticano ciò che hanno scritto (o avrebbero scritto sugli stessi temi) fino a tre anni fa.
Meglio non stuzzicarmi :-)
Non mi dilungo ma rimando al post in cui, anni fa, evidenziammo le incongruenze nei dati forniti circa la partecipazione dei fedeli agli incontri con Papa Benedetto. Gran bella (e fruttuosa) battaglia...ricordate? Ecco qui :-)
R.

Benedetto XVI battezza 13 neonati: Ogni bimbo che nasce ci reca il sorriso di Dio (YouTube)



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Buona domenica a tutti!!!
Il 7 gennaio 2007 Benedetto XVI battezzò, nella splendida cornice della Cappella Sistina, 13 neonati. Grazie, come sempre a Gemma, per il regalo :-) Il testo dell'omelia è consultabile qui.

In particolare:

"ci ritroviamo anche quest’anno per una celebrazione tanto familiare, il Battesimo di 13 bambini, in questa stupenda Cappella Sistina, dove la creatività di Michelangelo e di altri insigni artisti ha saputo realizzare capolavori che illustrano i prodigi della storia della salvezza".

"Il tempo di Natale, che proprio oggi finisce, ci ha fatto contemplare il Bambino Gesù nella povera grotta di Betlemme, amorevolmente accudito da Maria e Giuseppe. Ogni figlio che nasce, Dio lo affida ai suoi genitori: quanto è importante allora la famiglia fondata sul matrimonio, culla della vita e dell’amore! La casa di Nazaret, dove vive la Santa Famiglia, è modello e scuola di semplicità, di pazienza e di armonia per tutte le famiglie cristiane. Prego il Signore perché anche le vostre famiglie siano luoghi accoglienti, dove questi piccoli possano crescere non solo in buona salute, ma anche nella fede e nell’amore verso Dio, che oggi con il Battesimo li rende suoi figli. Il rito del Battesimo di questi bambini si svolge nel giorno in cui celebriamo la festa del Battesimo del Signore, ricorrenza che, come dicevo, chiude il tempo natalizio".

"Il Battesimo è adozione e assunzione nella famiglia di Dio, nella comunione con la Santissima Trinità, nella comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo. Proprio per questo il Battesimo va amministrato nel nome della Santissima Trinità. Queste parole non sono solo una formula;  sono realtà. Segnano il momento in cui i vostri bambini rinascono come figli di Dio. Da figli di genitori umani, diventano anche figli di Dio nel Figlio del Dio vivente".

"Ma dobbiamo adesso meditare una parola della seconda lettura di questa liturgia nella quale san Paolo ci dice: Siamo salvati “per la misericordia di Dio mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo” (Tt 3,5). Un lavacro di rigenerazione. Il Battesimo non è soltanto una parola; non è solamente una cosa spirituale, ma implica anche la materia. Tutta la realtà della terra viene coinvolta. Il Battesimo non concerne solo l’anima. La spiritualità dell’uomo investe l’uomo nella sua totalità, corpo e anima. L’azione di Dio in Gesù Cristo è un’azione ad efficacia universale. Cristo assume la carne e questo continua nei sacramenti nei quali la materia viene assunta ed entra a far parte dell’azione divina.

Adesso possiamo chiedere perché proprio l’acqua sia il segno di questa totalità. L’acqua è l’elemento della fecondità. Senza l’acqua non c’è vita. E così, in tutte le grandi religioni l’acqua è vista come il simbolo della maternità, della fecondità. Per i Padri della Chiesa, l’acqua diventa il simbolo del grembo materno della Chiesa".

"Nel Battesimo cristiano è presente il fuoco dello Spirito Santo. Dio agisce, non soltanto noi. Dio è presente qui, oggi. Egli assume e rende suoi figli i vostri bambini.

Ma, naturalmente, Dio non agisce in modo magico. Agisce solo con la nostra libertà. Non possiamo rinunciare alla nostra libertà. Dio interpella la nostra libertà, ci invita a cooperare col fuoco dello Spirito Santo. Queste due cose debbono andare insieme. Il Battesimo rimarrà per tutta la vita dono di Dio, il quale ha messo il suo sigillo nelle nostre anime. Ma sarà poi la nostra cooperazione, la disponibilità della nostra libertà a dire quel “si” che rende efficace l’azione divina".

"Questi bambini vostri, che ora battezzeremo, sono ancora incapaci di collaborare, di manifestare la loro fede. Per questo assume valore e significato particolare la vostra presenza, cari papà e mamme, e la vostra, cari padrini e madrine. Vegliate sempre su questi vostri piccoli, perché crescendo apprendano a conoscere Dio, ad amarlo con tutte le forze e a servirlo fedelmente. Siate per loro i primi educatori nella fede, offrendo insieme con gli insegnamenti anche gli esempi di una coerente vita cristiana. Insegnate loro a pregare e a sentirsi membri attivi della concreta famiglia di Dio, della comunità ecclesiale".

mercoledì 6 gennaio 2016

Benedetto XVI, i Magi e i Messaggi del Concilio Vaticano II nell'omelia del 6 gennaio 2007 (YouTube)



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Buongiorno e Buona Epifania a tutti, carissimi Amici!
Grazie a Gemma torniamo indietro di nove anni e riascoltiamo un'altra perla del Magistero di Papa Benedetto. Chi erano i Magi? E chi sono oggi?

Il 6 gennaio 2007, Solennità dell'Epifania del Signore, Benedetto XVI tenne una speciale omelia in cui parlò dei Magi interpretando il loro ruolo anche alla luce dei Messaggi del Concilio.
Il testo integrale è consultabile qui.

In particolare:

"Celebriamo con gioia la solennità dell’Epifania, "manifestazione" di Cristo alle genti, che sono rappresentate dai Magi, misteriosi personaggi venuti dall’Oriente. Celebriamo Cristo, meta del pellegrinaggio dei popoli in cerca della salvezza".

"Sorgono allora spontanee alcune domande: in che senso, oggi, Cristo è ancora lumen gentium, luce delle genti? A che punto sta – se così si può dire – questo itinerario universale dei popoli verso di Lui? E’ in una fase di progresso o di regresso? E ancora: chi sono oggi i Magi? Come possiamo interpretare, pensando al mondo attuale, queste misteriose figure evangeliche? Per rispondere a tali interrogativi, vorrei tornare a quanto i Padri del Concilio Vaticano II ebbero a dire al riguardo".

"In verità, tutto il Concilio Vaticano II fu mosso dall’anelito di annunciare all’umanità contemporanea Cristo, luce del mondo. Nel cuore della Chiesa, a partire dal vertice della sua gerarchia, emerse impellente, suscitato dallo Spirito Santo, il desiderio di una nuova epifania di Cristo al mondo, un mondo che l’epoca moderna aveva profondamente trasformato e che per la prima volta nella storia si trovava di fronte alla sfida di una civiltà globale, dove il centro non poteva più essere l’Europa e nemmeno quelli che chiamiamo l’Occidente e il Nord del mondo. Emergeva l’esigenza di elaborare un nuovo ordine mondiale politico ed economico, ma al tempo stesso e soprattutto spirituale e culturale, cioè un rinnovato umanesimo. Con crescente evidenza si imponeva questa constatazione. un nuovo ordine mondiale economico e politico non funziona se non c’è un rinnovamento spirituale, se non possiamo avvicinarci di nuovo a Dio e trovare Dio in mezzo a noi. Già prima del Concilio Vaticano II, coscienze illuminate di pensatori cristiani avevano intuito ed affrontato questa sfida epocale. Ebbene, all’inizio del terzo millennio ci troviamo nel vivo di questa fase della storia umana, che è stata ormai tematizzata intorno alla parola "globalizzazione". D’altra parte, oggi ci accorgiamo di quanto sia facile perdere di vista i termini di questa stessa sfida, proprio perché si è coinvolti in essa: un rischio fortemente rafforzato dall’immensa espansione dei mass-media, i quali, se da una parte moltiplicano indefinitamente le informazioni, dall’altra sembrano indebolire le nostre capacità di una sintesi critica".

Chi sono dunque i "Magi" di oggi, e a che punto sta il loro "viaggio" e il nostro "viaggio"? Torniamo, cari fratelli e sorelle, a quel momento di speciale grazia che fu la conclusione del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, quando i Padri conciliari indirizzarono all’umanità intera alcuni "Messaggi".

"Vorrei oggi fare miei quei Messaggi conciliari, che nulla hanno perso della loro attualità".

"Cari fratelli e sorelle, sostiamo idealmente anche noi dinanzi all’icona dell’adorazione dei Magi. Essa contiene un messaggio esigente e sempre attuale. Esigente e sempre attuale anzitutto per la Chiesa che, rispecchiandosi in Maria, è chiamata a mostrare agli uomini Gesù, nient’altro che Gesù"

Epifania. Magi, uomini dal cuore inquieto, uomini in attesa (Omelia di Benedetto XVI, 6 gennaio 2013)

Clicca qui per rileggere il testo.

domenica 3 gennaio 2016

Joseph Ratzinger: A Natale non celebriamo il giorno della nascita di un personaggio importante...è avvenuto qualcosa di più: il Verbo si è fatto carne (1977)

Buona domenica carissimi Amici!
Grazie a Gemma possiamo leggere un'altra perla della "collana" di omelie di Joseph Ratzinger. Essa risale al 1977 ma è così bella ed attuale da sembrare scritta oggi. Davvero un regalo prezioso per il nostro cuore e la nostra mente.
Raffaella


Abbiamo visto la sua gloria 

Nel Vangelo della terza messa di Natale che abbiamo or ora ascoltato, quello che di amabile  e di familiare si trova nella nascita di Gesù Cristo nella stalla di Betlemme sembra essersi allontanato nell'ignota dimensione del mistero. 
In questo Vangelo non si parla del bambino e della madre, dei pastori, delle loro pecore e del canto degli angeli che annuncia agli uomini la pace grazie alla gloria di Dio. Tuttavia esso ha delle cose in comune con gli altri vangeli: anche quello di oggi parla della luce che risplende nelle tenebre. 
Parla del gloria di Dio che possiamo vedere come grazia nel Verbo che si è fatto carne, e parla del Signore che non è stato accolto nella sua proprietà. Tra quelle espressioni grandi e misteriose compare a un tratto la stalla nella quale dovette nascere il figlio di Davide, poiché nella sua città non c'era posto per lui. 
Così un ascolto più attento può farci ben comprendere che il Vangelo di oggi dice le stesse cose dette da quello della Notte Santa e che tutti i vangeli annunciano soltanto un unico Vangelo. Solo che affrontano la questione da punti di vista differenti. 
Luca - così come Matteo - narra la storia terrena e a partire da essa apre la via che porta all'agire misterioso di Dio. 
Giovanni, l'Aquila, vede tutta la vicenda a partire dal mistero di Dio e dimostra come questo mistero arrivi fino alla stalla, fino alla carne e al sangue dell'uomo. 
Di che cosa dunque si tratta in realtà? Che cosa vuol dirci di importante la Chiesa per il giorno di Natale, e a partire da esso per tutto l'anno, anzi per la nostra vita, quando ci presenta questo testo solenne e severo, mentre noi ci saremmo aspettati le parole appassionate della storia della nascita? 
Questo Vangelo fa parte fin dai tempi più antichi della liturgia natalizia, perché contiene la frase che costituisce il fondamento della nostra gioia, l'autentico significato della festa: " Il Verbo si è fatto carne e ha preso dimora  fra noi". 
A Natale non celebriamo il giorno della nascita di un personaggio importante come ce ne sono molti. E neppure celebriamo semplicemente il mistero dell'essere bambini. Certo, quello che in un bambino c'è di fresco, puro e schietto ci lascia sperare. Ci dà il coraggio di fare affidamento su nuove possibilità dell'uomo. 
Ma se ci aggrappiamo troppo soltanto a questo, al nuovo inizio della vita nel bambino, alla fine potrebbe restarci in mano nient'altro che tristezza: anche questa novità verrà logorata. Anche il bambino entrerà nella competizione della vita, avrà parte nei compromessi e nelle umiliazioni che quella competizione impone e alla fine diventerà preda della morte come tutti noi. Se non avessimo da celebrare altro che il semplice idillio della nascita e dell'essere bambini, alla fine non ci rimarrà più nemmeno quell'idillio. Non ci resterà altro che l'eterno morire e divenire, e ci si potrebbe chiedere se lo stesso nascere non sia di per  sé qualcosa di triste, visto che porta soltanto alla morte. 
Per questo è tanto importante che con il Natale sia avvenuto qualcosa di più: il Verbo si è fatto carne. "Questo bambino è figlio di Dio", dice uno dei nostri più bei canti natalizi. 
Ciò che è inaudito, ciò che è impensabile e tuttavia sempre atteso, ciò che anzi è necessario è accaduto: Dio è venuto fra noi. Si è unito all'uomo in maniera così inseparabile da far sì che quest'uomo sia veramente Dio da Dio, luce da luce, vero uomo. Il significato eterno del mondo è giunto a noi in maniera così autentica che lo possiamo toccare e osservare. 
Perché ciò che Giovanni chiama "il Verbo" in greco significa anche "il senso". Quindi potremmo, senz'altro tradurre l'espressione di Giovanni dicendo: "Il senso si è fatto carne". Ma questo senso non è semplicemente un'idea generica che si introduce nel mondo. Il senso è rivolto a noi. Il senso è una parola, un appello destinato a noi. Il senso ci conosce, ci chiama, ci guida. Il senso non è una legge vaga nella quale noi abbiamo una parte purchessia. È riservato a ciascuno in modo del tutto personale. È esso stesso persona: il figlio del Dio vivente nato nella stalla di Betlemme. 
A molti, in qualche modo a noi tutti, queste cose sembrano troppo belle  per essere vere. Qui ci viene detto: si, c'è un senso. 
E il senso non è un ribellarsi impotente a ciò che è insensato. Il senso ha una sua forza. Esso è Dio. E Dio è buono. Dio non è un qualunque essere supremo, lontano da noi, che non riusciamo mai ad avvicinare. È vicinissimo, a portata di voce, sempre raggiungibile. 
Ha tempo per me, tanto tempo da essersi coricato nella mangiatoia e da essere rimasto per sempre uomo. Noi continuiamo a chiederci: è possibile una cosa del genere? È possibile che Dio sia un bambino? Non vogliamo credere che la verità è bella. In base alla nostra esperienza alla fine la verità il più delle volte è crudele e sporca. E quando per una volta non sembra essere così, allora ci mettiamo a scavare fino a che non vediamo confermati i nostri sospetti. Una volta è stato detto dell'arte che è al servizio del bello, e che il bello a sua volta è  splendor veritatis, splendore di verità , la sua luce interiore. Ma oggi l'arte il più delle volte ritiene che il suo compito più alto sia quello di smascherare l'uomo come essere immondo e disgustoso. 
Se pensiamo ai drammi di Bertolt Brecht, ci accorgiamo che anche in essi tutto il genio del poeta è teso a svelare la verità, ma non più per mostrarne la luce, bensì per dimostrare che la verità è sporca, che la sporcizia è la verità. L'incontro con la verità non nobilita più, anzi degrada. Da ciò il dileggio sul Natale, la derisione della nostra gioia. E in effetti, se Dio non esiste, non c'è alcuna luce, c'è solo terra sporca. In questo consiste la verità davvero tragica di una simile "poesia". 
"I suoi non lo accolsero": in fondo preferiamo la nostra caparbia disperazione alla bontà di Dio, che fin dai tempi di Betlemme vorrebbe toccare il nostro cuore. In fondo siamo troppo orgogliosi per lasciarci salvare.
"I suoi non lo accolsero": la tragedia rappresentata da questa frase non si esaurisce nella storia della ricerca di un ricovero, che le nostre recite natalizie continuano a richiamare alla memoria con tanta tenerezza. E neppure si esaurisce nell'appello a pensare ai senzatetto che ci sono nel mondo e qui a Monaco, per quanto importante questo richiamo possa essere. Ma questa frase tocca qualcosa di più profondo che c'è in noi, la ragione più vera per cui la terra non offre rifugio a tanta gente: la nostra superbia chiude le porte a Dio e quindi anche agli uomini. 
Siamo troppo superbi per vedere Dio. Ci succede la stessa cosa che è successa a Erode e ai suoi esperti in teologia: a quel livello non si sentono più cantare gli angeli. A quel livello ci si sente solo più minacciati o annoiati da Dio. A quel livello non si vuole più essere "la sua proprietà", la proprietà di Dio, ma si vuole appartenere esclusivamente a se stessi. È per questo che non possiamo accogliere colui che viene nella sua proprietà; per farlo dovremmo cambiare, dovremmo riconoscerlo come padrone. 
Egli è venuto come un bambino per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza. Ma egli non vuole la nostra resa, vuole il nostro amore. Vuole liberarci dalla nostra superbia e renderci così veramente liberi. Lasciamo dunque che la gioia di questo giorno pervada la nostra anima. Non è un'illusione. È la verità. 
Perché la verità - la più alta, la più autentica - è bella. Ed è buona. Incontrarla fa bene agli uomini. La verità parla con le parole del bambino che è il figlio di Dio. 
L'ultima frase del nostro Vangelo dice: "Abbiamo visto la sua gloria". Potrebbero essere le parole dei pastori che tornano a casa dalla stalla e riassumono quello che hanno vissuto. Potrebbero essere le parole con cui Maria e Giuseppe descrivono ciò che ricordano della notte di Betlemme. Nel nostro testo è lo sguardo retrospettivo dell'apostolo che dice quello che gli è successo nell'incontro con Gesù. E in effetti noi tutti in quanto cristiani dovremmo poter pronunciare quella frase: "Abbiamo visto la sua gloria". 
Si, partendo da questo, si potrebbe addirittura spiegare che cosa significhi credere di vedere la sua gloria in questo mondo. Colui che crede vede. Ma noi abbiamo visto? Non siamo forse rimasti ciechi? Non vediamo sempre soltanto noi stessi, la nostra immagine speculare? Al di fuori di sé,  ognuno di noi non vede soltanto ciò che in lui esiste già, qualcosa di conforme a sé. 
Lasciamoci aprire gli occhi dal mistero di questo giorno, lasciamo che esso ci renda capaci di vedere. Allora vivremo anche noi come persone che vedono. Come persone che non pensano soltanto a se stesse, che non conoscono soltanto se stesse. 
La colletta organizzata nell'Adveniat potrebbe essere una piccola risposta all'appello del Natale. Un segno che dimostra che abbiamo imparato ad ascoltare e vedere, che riconosciamo che Dio è il vero padrone anche della nostra proprietà. Così anche noi potremo diventare portatori della luce che viene da Betlemme, per poi pregare pieni di fiducia: Adveniat regnum tuum. Venga il tuo regno. Venga la tua luce. Venga la tua gloria. 
Amen. 

Omelia per il Natale del 1977

Da Joseph Ratzinger, "Sul Natale", Lindau 2005

venerdì 1 gennaio 2016

1° gennaio 2007: omelia di Benedetto XVI nella Solennità di Maria SS.ma Madre di Dio (YouTube)



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Cari Amici, anche nel 2016 la nostra Gemma ci regala delle pietre miliari da custodire gelosamente.
Il 1° gennaio 2007, Solennità di Maria SS.ma Madre di Dio e XL Giornata mondiale della Pace, Benedetto XVI tenne una bellissima omelia il cui testo è consultabile qui.

In particolare:

"L’odierna liturgia contempla, come in un mosaico, diversi fatti e realtà messianiche, ma l’attenzione si concentra particolarmente su Maria, Madre di Dio. Otto giorni dopo la nascita di Gesù, ricordiamo la Madre, la  Theotókos, colei che "ha dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno" (Antifona d’ingresso; cfr Sedulio). La liturgia medita oggi sul Verbo fatto uomo, e ripete che è nato dalla Vergine".

"Oltre alla maternità oggi viene messa in evidenza anche la verginità di Maria. Si tratta di due prerogative che vengono sempre proclamate insieme ed in maniera indissociabile, perché si integrano e si qualificano vicendevolmente. Maria è madre, ma madre vergine; Maria è vergine, ma vergine madre. Se si tralascia l’uno o l’altro aspetto non si comprende appieno il mistero di Maria, come i Vangeli ce lo presentano. Madre di Cristo, Maria è anche Madre della Chiesa, come il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI volle proclamare il 21 novembre del 1964, durante il Concilio Vaticano II. Maria è, infine, Madre spirituale dell’intera umanità, perché per tutti Gesù ha dato il suo sangue sulla croce, e tutti dalla croce ha affidato alle sue materne premure".

"Sono profondamente convinto che "rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale" (Messaggio, n. 1). È un impegno questo che compete in modo peculiare al cristiano, chiamato "ad essere infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignità della persona umana e dei suoi inalienabili diritti" (Messaggio, n. 16). Proprio perché creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), ogni individuo umano, senza distinzione di razza, cultura e religione, è rivestito della medesima dignità di persona. Per questo va rispettato, né alcuna ragione può mai giustificare che si disponga di lui a piacimento, quasi fosse un oggetto. Di fronte alle minacce alla pace, purtroppo sempre presenti, dinanzi alle situazioni di ingiustizia e di violenza, che continuano a persistere in diverse regioni della terra, davanti al permanere di conflitti armati, spesso dimenticati dalla vasta opinione pubblica, e al pericolo del terrorismo che turba la serenità dei popoli, diventa più che mai necessario operare insieme per la pace".

""Ti benedica il Signore e ti protegga… rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Nm 6,24.26). E’ questa la formula di benedizione che abbiamo ascoltato nella prima Lettura. E’ tratta dal libro dei Numeri: vi si ripete tre volte il nome del Signore. Ciò sta a significare l’intensità e la forza della benedizione, la cui ultima parola è "pace". Il termine biblico  shalom, che traduciamo "pace", indica quell’insieme di beni in cui consiste "la salvezza" portata da Cristo, il Messia annunciato dai profeti. Per questo noi cristiani riconosciamo in Lui il Principe della pace. Egli si è fatto uomo ed è nato in una grotta a Betlemme per portare la sua pace agli uomini di buona volontà, a coloro che lo accolgono con fede e amore. La pace è così veramente il dono e l’impegno del Natale: il dono, che va accolto con umile docilità e costantemente invocato con orante fiducia; l’impegno, che fa di ogni persona di buona volontà un "canale di pace".

Chiediamo a Maria, Madre di Dio, di aiutarci ad accogliere il Figlio suo e, in Lui, la vera pace. Domandiamole di illuminare i nostri occhi, perché sappiamo riconoscere il Volto di Cristo nel volto di ogni persona umana, cuore della pace!"

BUON 2016 A TUTTI

Carissimi Amici, con tutto il cuore auguro a tutti ed a ciascuno un sereno e felice Anno Nuovo.
Un abbraccio speciale :-)
Raffaella