sabato 20 maggio 2017

L'eccessivo nervosismo non è mai buon consigliere...

Clicca qui per leggere il commento di Riccardo Cascioli su Grillo e Maradiaga.
Il nervosismo è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo per gli araldi del nuovo corso non è buon consigliere...
R.

Benedetto XVI a Fumone, Burke a Campo dei Fiori. A qualcuno stanno saltando i nervi (Tosatti)

Clicca qui per leggere il commento da sottoscrivere dall'inizio alla fine.

Cari "avvocati" del nuovo corso, Ratzinger potrebbe chiamarsi "Pinco" e abitare in "Siberia" ma nulla cambierebbe...(Raffaella)

Carissimi Amici,
in questi giorni aleggia un palpabile e non più contenibile nervosismo fra gli "avvocati in servizio permanente armato" nella difesa della "primavera ecclesiale", sorta magicamente nel 2013, e del nuovo corso vaticano.
Sono mesi che questa inquietudine di pochi "illuminati" serpeggia sul web. Perché sul web? Per un motivo molto semplice: i media tradizionali hanno fatto (e stanno facendo) di tutto per far credere all'ingenuo lettore che tutto proceda per il meglio quando, invece, la situazione è ben diversa.
Dopo la prima fase di "accecamento collettivo", al quale molti hanno comunque resistito, a poco a poco gli interrogativi hanno cominciato a farsi strada e non solo sul web e non solo presso quei cattivoni dei cattolici tradizionalisti. Anche il fedele comune ha iniziato a porsi qualche domanda. Peccato che non abbia mai trovato una risposta :-)
E' però da qualche mese che gli "avvocati" percepiscono che nemmeno la grande benevolenza dei media riesce più a imporre una certa visione idilliaca dei fatti.
Ci sono stati poi tre episodi recentissimi che hanno, per così dire, fatto saltare il "tappo" e dato libero sfogo a certe dichiarazioni poco "misericordiose".
Innanzitutto le parole "al volo" sulle apparizioni di Medjugorje.
Comunque la si pensi su ciò che è accaduto e accade in quel luogo così amato da tanti cattolici, non si può negare che certe espressioni abbiano ferito molte persone. Nonostante l'opera dei "pompieri", la durezza di certi giudizi (misericordiosi?) ha colpito molti cattolici. Nonostante l'azione di "sorvolamento" di tanti media, il messaggio è arrivato chiaro ai più. E lo stupore unito all'incredulità scava nella roccia.
C'è poi stato il saggio di Germano Dottori pubblicato dalla rivista Limes a proposito della rinuncia di Benedetto XVI.
Sorprendentemente in alcuni punti il commento riprende posizioni e riflessioni avanzate da tempo da alcuni settori della chiesa. Stavolta però non si tratta di "visioni fantasiose" di quei cattivoni dei tradizionalisti.
E se lo dice "Limes"...
Infine la postfazione di Benedetto XVI al libro-intervista del card. Sarah.
Ovviamente gli "avvocati" non sono più riusciti a contenere il loro disappunto. Il testo ha dato l'occasione per sfogare il proprio disappunto. Non solo: è stato possibile prendersela con Ratzinger e Sarah in un colpo solo.
Espressione massima del malcontento è questa intervista a Grillo (non Beppe...) che però è solo il punto di arrivo di tutta una serie di "detti e non detti" circolanti nei social da mesi ormai. Non commenterò l'intervista perché, come si usa dire, si commenta da sola.
In sostanza molti teorici della misericordia (per tutti tranne che per Benedetto e per chi gli vuole bene...e sono sempre di più) auspicano da tempo che Joseph Ratzinger taccia per sempre. Non solo: criticano il fatto che egli, quando era ancora Papa (e questo particolare va sottolineato!), abbia deciso di rimanere in Vaticano e di non trasferirsi nel punto più inaccessibile della Terra. La circostanza che Marte non sia ancora abitabile sembra essere un ostacolo insormontabile :-)
Potrebbero sempre chiedere all'agente Mulder di "X Files" se gli alieni hanno qualche astronave a disposizione per un viaggio intergalattico.
Altro motivo di critica è la scelta, fatta sempre quanto Benedetto era ancora Pontefice, di farsi chiamare Papa Emerito e di conservare il suo nome da Papa.
Ciò che i teorici della misericordia non hanno ancora capito è che Joseph Ratzinger può farsi chiamare vescovo emerito di Roma, padre Joseph, padre Benedetto, Ignazio o anche Pinco e può anche trasferirsi in Siberia o in "Papuasia" ma nulla cambierebbe.
Potrebbe anche smettere di scrivere e di parlare (come se scrivesse e parlasse tanto...) ma nulla cambierebbe.
E' comodo prendersela con Benedetto XVI, scaricare su di lui la delusione per il fatto che non tutti sono entusiasti dei nuovi corsi primaverili.
Addirittura si è arrivati a "benedire" il ritorno dei Lefebvriani in chiave "antiratzingeriana".
La verità è che Papa Benedetto non c'entra nulla con quanto sta accadendo nella chiesa. Le cause della crisi non sono da ricercarsi certamente nella presenza del Papa Emerito in Vaticano, nel fatto che si chiami ancora Benedetto XVI e, tanto meno, nel fatto che ogni tanto parli o scriva.
Sono da cercare altrove i motivi del progressivo allontanamento di tanti cattolici. Certo! E' più comodo attaccare Ratzinger (come sempre!) piuttosto che guardare in faccia i veri problemi. Come mai le critiche sono sempre più accese nonostante la cortina fumogena mediatica? Come mai l'otto per mille mostra clamorosi cedimenti quando tutti erano convinti di una ripresa a partire dal 2013? Come mai si giunge addirittura a pubblicizzare l'Obolo di San Pietro sui social? Come mai la voce della chiesa è sempre più irrilevante nonostante il consenso e l'appoggio di stampa e televisione? Come mai la frequenza alla Messa domenicale e l'accostamento ai Sacramenti stanno subendo cali mai visti prima? E soprattutto: come mai tanti cattolici sentono il bisogno costante di riscoprire la bellezza del Magistero di Pontefici come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?
Ci ricordiamo quante volte Benedetto ha citato il suo predecessore? Non perdeva mai occasione di ricordarlo con affetto e di additarlo come esempio. 
Non mi pare che Ratzinger sia altrettanto citato eppure i cattolici vanno alla ricerca delle perle del suo Pontificato e anche dei testi da teologo e cardinale. Non dimentichiamo che come "grande teologo" fu citato da subito Kasper e non certo il Papa Emerito.
Tutto ciò per dire che è inutile stracciarsi le vesti: anche se Benedetto scomparisse dalla faccia della Terra nulla cambierebbe! I problemi resterebbero lì. Dirò di più: forse sarebbero anche più gravi.
Comunque i cultori della misericordia a senso unico possono sempre sperare e/o chiedere alla più alta autorità di privare Ratzinger del titolo di Papa Emerito, di inviarlo in Alaska o di imporgli il silenzio. Sappiano però che non cambierebbe nulla...anzi!
Raffaella

venerdì 19 maggio 2017

Il testo della postfazione di Benedetto XVI al libro-intervista del card. Sarah

Clicca qui per leggere la traduzione del testo di Papa Benedetto da parte di Marco Respinti.

Benedetto XVI: Troppa verbosità nella Chiesa minaccia la grandezza della Parola

Clicca qui per leggere il commento.
Buona giornata, cari amici!
In un mondo (e in una chiesa) che parla di tutto tranne di ciò che è veramente importante, suonano come ventata di ossigeno e fresca brezza di primavera le parole di Benedetto XVI.
Non aspettiamoci che ad esse venga dato il giusto rilievo dai mezzi di comunicazione, anche cattolici. Ormai, nel nome della "pax mediatica", stampa e televisione hanno preso l'abitudine di nascondere ciò che è scomodo (tanto per non fare esempi...Medjugorje. Vi immaginate che cosa sarebbe successo se il Papa fosse ancora Ratzinger?).
La Liturgia così come la Teologia non sono materie da lasciare alla libera interpretazione di chiunque. La crisi della Chiesa è prima di tutto crisi della Sacra Liturgia, come giustamente osservava il Papa Emerito.
Molto bello e significativo l'omaggio di Benedetto al card. Sarah. Chissà che un giorno...
R.

venerdì 12 maggio 2017

Tributo a Joseph Ratzinger i cui insegnamenti sono sempre più importanti nella Chiesa (Doino Jr)

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Alessia. Qui una traduzione sommaria.
In effetti quei "gufi" che, dopo la rinuncia, profetizzarono che Joseph Ratzinger sarebbe stato ricordato solo per quel gesto (che io, per esempio, preferisco non ricordare...eehhee), vivono mesi particolarmente difficili perchè non riescono a capire come sia possibile che per tanti Benedetto sia una guida, un faro nella nebbia.
Nonostante gli articoli denigratori, persino le calunnie, Ratzinger è sempre più presente e centrale nella vita nella chiesa.
Francamente mi fa sorridere in modo beffardo che quegli stessi commentatori che facevano a gara per dimostrare la discontinuità e che contrapponevamo presunte primavere a improbabili inverni, ora, tentino capriole per affermare una continuità che, francamente, si fatica ormai a riconoscere dietro la montagna di pietre.

Il mistero di Fatima. Un commento di Aldo Maria Valli

Clicca qui per leggere il commento (molto interessante).

lunedì 8 maggio 2017

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI: NOVITA' IN LIBRERIA

Angela Ambrogetti, Andrea Gagliarducci, Marco Mancini, "Cronache dal monte - Due anni con Benedetto, notizie e approfondimenti su ACI STAMPA", Tau Editrice

Maria Giuseppina Buonanno, Luca Caruso, "Joseph Ratzinger Benedetto XVI - Immagini di una vita", San Paolo 2017

Mimmo Muolo, "Il Papa del coraggio - Un profilo di Benedetto XVI", Ancora 2017

"Cooperatores veritatis - Scritti in onore del Papa emerito Benedetto XVI per il 90° compleanno", Libreria Editrice Vaticana 2017

Giovan Battista Brunori, "Benedetto XVI - Fede e profezia del primo Papa emerito nella storia", Paoline 2017

Benedetto XVI, "Io credo - Le pagine più belle", San Paolo 2017

Card. Raymond Leo Burke, Card. Gerhard Ludwig Müller, "Il Motu proprio «Summorum Pontificum» di S.S. Benedetto XVI. Volume 4 - Una speranza per tutta la Chiesa", Fede & Cultura 2017

Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Opera Omnia "L'insegnamento del Concilio Vaticano II", Libreria Editrice Vaticana 2016

Benedetto XVI, "Ultime conversazioni", a cura di Peter Seewald, Garzanti

domenica 7 maggio 2017

“Vieni e vedi”. Benedetto XVI delinea la figura dell'apostolo Filippo (06.09.2006)



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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo e riascoltiamo una bellissima catechesi di Benedetto XVI. Molto suggestive le immagini dell'ingresso del Papa in una Piazza San Pietro affollatissima e festosa.
In occasione dell'udienza generale del 6 settembre 2006 Benedetto XVI dedicò la catechesi all'apostolo Filippo. Il testo integrale è consultabile qui.

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 6 settembre 2006

Filippo

Cari fratelli e sorelle,

proseguendo nel tratteggiare le fisionomie dei vari Apostoli, come facciamo da alcune settimane, incontriamo oggi Filippo. Nelle liste dei Dodici, egli è sempre collocato al quinto posto (così in Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,14; At 1,13), quindi sostanzialmente tra i primi. 
Benché Filippo fosse di origine ebraica, il suo nome è greco, come quello di Andrea, e questo è un piccolo segno di apertura culturale da non sottovalutare. Le notizie che abbiamo di lui ci vengono fornite dal Vangelo di Giovanni. Egli proveniva dallo stesso luogo d’origine di Pietro e di Andrea, cioè Betsaida (cfr Gv 1,44), una cittadina appartenente alla tetrarchìa di uno dei figli di Erode il Grande, anch’egli chiamato Filippo (cfr Lc 3,1).

Il Quarto Vangelo racconta che, dopo essere stato chiamato da Gesù, Filippo incontra Natanaele e gli dice: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe, di Nazaret” (Gv 1,45). Alla risposta piuttosto scettica di Natanaele (“Da Nazaret può forse venire qualcosa di buono?”), Filippo non si arrende e controbatte con decisione: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46). In questa risposta, asciutta ma chiara, Filippo manifesta le caratteristiche del vero testimone: non si accontenta di proporre l’annuncio, come una teoria, ma interpella direttamente l’interlocutore suggerendogli di fare lui stesso un’esperienza personale di quanto annunciato. I medesimi due verbi sono usati da Gesù stesso quando due discepoli di Giovanni Battista lo avvicinano per chiedergli dove abita. Gesù rispose: “Venite e vedrete” (cfr Gv 1,38-39).

Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. Anche a noi dice quanto disse a Natanaele: “Vieni e vedi”.
L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l’amicizia, il vero conoscere l’altro, ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. Del resto, non bisogna dimenticare che, secondo quanto scrive Marco, Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che “stessero con lui” (Mc 3,14), cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero Lui fosse. 
Solo così infatti, partecipando alla sua vita, essi potevano conoscerlo e poi annunciarlo. Più tardi, nella Lettera di Paolo agli Efesini, si leggerà che l’importante è “imparare il Cristo” (4,20), quindi non solo e non tanto ascoltare i suoi insegnamenti, le sue parole, quanto ancor più conoscere Lui in persona, cioè la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza. Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo. Ecco: è proprio questo che ci ricorda l’apostolo Filippo. E così ci invita a “venire”, a “vedere”, cioè ad entrare in un contatto di ascolto, di risposta e di comunione di vita con Gesù giorno per giorno.

Egli, poi, in occasione della moltiplicazione dei pani, ricevette da Gesù una precisa richiesta, alquanto sorprendente: dove, cioè, fosse possibile comprare il pane per sfamare tutta la gente che lo seguiva (cfr Gv 6,5). Allora Filippo rispose con molto realismo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno di loro possa riceverne anche solo un pezzo” (Gv 6,7). Si vedono qui la concretezza e il realismo dell’Apostolo, che sa giudicare gli effettivi risvolti di una situazione. Come poi siano andate le cose, lo sappiamo. Sappiamo che Gesù prese i pani e, dopo aver pregato, li distribuì. Così si realizzò la moltiplicazione dei pani. Ma è interessante che Gesù si sia rivolto proprio a Filippo per avere una prima indicazione su come risolvere il problema: segno evidente che egli faceva parte del gruppo ristretto che lo circondava. In un altro momento, molto importante per la storia futura, prima della Passione, alcuni Greci che si trovavano a Gerusalemme per la Pasqua “si avvicinarono a Filippo ... e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù” (Gv 12,20-22).
Ancora una volta, abbiamo l’indizio di un suo particolare prestigio all’interno del collegio apostolico. Soprattutto, in questo caso, egli fa da intermediario tra la richiesta di alcuni Greci – probabilmente parlava il greco e potè prestarsi come interprete – e Gesù; anche se egli si unisce ad Andrea, l’altro Apostolo con un nome greco, è comunque a lui che quegli estranei si rivolgono. Questo ci insegna ad essere anche noi sempre pronti, sia ad accogliere domande e invocazioni da qualunque parte giungano, sia a orientarle verso il Signore, l'unico che le può soddisfare in pienezza. E’ importante, infatti, sapere che non siamo noi i destinatari ultimi delle preghiere di chi ci avvicina, ma è il Signore: a lui dobbiamo indirizzare chiunque si trovi nella necessità. Ecco: ciascuno di noi dev'essere una strada aperta verso di lui!

C'è poi un'altra occasione tutta particolare, in cui entra in scena Filippo. Durante l’Ultima Cena, avendo Gesù affermato che conoscere Lui significava anche conoscere il Padre (cfr Gv 14,7), Filippo quasi ingenuamente gli chiese: “Signore, mostraci il Padre, e ci basta» (Gv 14,8). Gesù gli rispose con un tono di benevolo rimprovero: “Filippo, da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conosci? Colui che vede me, vede il Padre! Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? ... Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,9-11). Queste parole sono tra le più alte del Vangelo di Giovanni. Esse contengono una rivelazione vera e propria. Al termine del Prologo del suo Vangelo, Giovanni afferma: “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Ebbene, quella dichiarazione, che è dell’evangelista, è ripresa e confermata da Gesù stesso. Ma con una nuova sfumatura. Infatti, mentre il Prologo giovanneo parla di un intervento esplicativo di Gesù mediante le parole del suo insegnamento, nella risposta a Filippo Gesù fa riferimento alla propria persona come tale, lasciando intendere che è possibile comprenderlo non solo mediante ciò che dice, ma ancora di più mediante ciò che egli semplicemente è.
Per esprimerci secondo il paradosso dell’Incarnazione, possiamo ben dire che Dio si è dato un volto umano, quello di Gesù, e per conseguenza d’ora in poi, se davvero vogliamo conoscere il volto di Dio, non abbiamo che da contemplare il volto di Gesù! Nel suo volto vediamo realmente chi è Dio e come è Dio!

L’evangelista non ci dice se Filippo capì pienamente la frase di Gesù. Certo è che egli dedicò interamente a lui la propria vita. Secondo alcuni racconti posteriori (Atti di Filippo e altri), il nostro Apostolo avrebbe evangelizzato prima la Grecia e poi la Frigia e là avrebbe affrontato la morte, a Gerapoli, con un supplizio variamente descritto come crocifissione o lapidazione. Vogliamo concludere la nostra riflessione richiamando lo scopo cui deve tendere la nostra vita: incontrare Gesù come lo incontrò Filippo, cercando di vedere in lui Dio stesso, il Padre celeste. Se questo impegno mancasse, verremmo rimandati sempre solo a noi come in uno specchio, e saremmo sempre più soli! Filippo invece ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con lui, e a invitare anche altri a condividere questa indispensabile compagnia. E vedendo, trovando Dio, trovare la vera vita.
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al Congresso internazionale dei laici carmelitani; le Figlie di Nostra Signora della Misericordia; i fedeli della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, accompagnati dal loro Pastore Mons. Eugenio Binini e i fedeli di Roccacasale e di Sulmona accompagnati dal Vescovo Mons. Giuseppe Di Falco; i numerosi gruppi sportivi del Sannio, qui convenuti con l'Arcivescovo di Benevento Mons. Andrea Mugione. Cari amici, auguro che la vostra visita alle tombe degli Apostoli vi rinsaldi nell'adesione a Cristo e vi renda suoi testimoni nelle famiglie e nelle comunità ecclesiali.

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani, tornando dopo le vacanze alle consuete attività, riprendete anche il ritmo regolare del vostro dialogo con Dio, diffondendo attorno a voi la sua luce e la sua pace. Voi, cari malati, trovate conforto nel Signore Gesù, che continua la sua opera di redenzione nella vita di ogni uomo. E voi, cari sposi novelli, sforzatevi di mantenere un costante contatto con Dio, affinché il vostro amore sia sempre più vero, fecondo e duraturo.

Alla preghiera di tutti voi vorrei, infine, affidare il Viaggio Apostolico che compirò in Germania a partire da sabato prossimo. Ringrazio il Signore per l'opportunità che mi offre di recarmi, per la prima volta dopo la mia elezione a Vescovo di Roma, in Baviera mia terra di origine. Accompagnatemi, cari amici, in questa mia visita, che affido alla Vergine Santa. Sia Lei a guidare i miei passi: sia Lei a ottenere per il popolo tedesco una rinnovata primavera di fede e di civile progresso.

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