in questo momento di così grande difficoltà per tutti noi, non possiamo che affidarci alla preghiera, ma dedicare tempo anche a ciò che c'è di bello e interessante.
E' uscito in Italia il volume "Benedetto XVI. Una vita", la biografia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI scritta da Peter Seewald e pubblicata da Garzanti.
E' disponibile online e su tutti gli stores online in formato cartaceo e/o ebook.
Ecco la sinossi del libro:
"Peter Seewald ha accompagnato Josef Ratzinger per oltre venticinque anni: come giornalista, scrittore, confidente ha stabilito una relazione speciale con il papa emerito. Oggi può così raccontare, avendo avuto accesso a materiali esclusivi, gli anni dell'infanzia e della formazione del futuro pontefice, dell'insegnamento universitario e del Concilio Vaticano, fino ai momenti decisivi del conclave che lo ha eletto alla cattedra di Pietro e alla scelta senza precedenti delle dimissioni. Grazie a nuove ricerche, testimonianze e interviste inedite, con questa biografia Peter Seewald offre il ritratto definitivo di Benedetto XVI, e mostra l'immagine vivida e autentica dell'uomo che con il suo pensiero e le sue azioni ha profondamente mutato il rapporto tra la Chiesa e i suoi fedeli".
Cari amici, è di oggi la notizia di una malattia seria e molto dolorosa che affligge Benedetto XVI (clicca qui). Ancora una volta ci stringiamo a lui nella preghiera e in un abbraccio del tutto speciale. Le siamo vicini, Santità! Il blog
Si sono celebrati oggi i funerali di Mons. Georg Ratzinger. Viva e incessante deve essere la nostra preghiera per lui e per Benedetto. Qui un articolo di Luca Caruso sull'affetto che ha sempre legato i fratelli Ratzinger. R.
E' di poco fa la notizia della morte di Mons. Georg Ratzinger, fratello di Papa Benedetto XVI. Rivolgiamo al Cielo la nostra preghiera per la sua dolce anima. Un abbraccio sincero ed affettuoso a Papa Benedetto. Il blog
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Il nostro affettuoso ricordo e la nostra incessante preghiera. Il 29 giugno di 69 anni fa Benedetto XVI e suo fratello, Mons. Georg Ratzinger, venivano ordinati sacerdoti nel Duomo di Frisinga. R.
Grazie a Gemma riviviamo uno dei momenti più emozionanti e commoventi della visita di Benedetto XVI
nella sua amata Baviera. Rinnoviamo la nostra preghiera per Mons. Georg Ratzinger e la nostra vicinanza spirituale e filiale a Papa Benedetto.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Nel video troverete alcune delle immagini piu' suggestive della Processione Eucaristica del 2008 in occasione della Festività del Corpus Domini. Grazie come sempre a Gemma :-) R.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Il 22 maggio 2008, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, Benedetto XVI presiedette la Santa Messa sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Tenne una bellissima omelia sul significato della Festa del Corpus Domini. Buona Festa a tutti e grazie come sempre a Gemma :-) R.
SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA ALLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano Giovedì, 22 maggio 2008
Cari fratelli e sorelle!
Dopo il tempo forte dell’anno liturgico, che incentrandosi sulla Pasqua si distende nell’arco di tre mesi – prima i quaranta giorni della Quaresima, poi i cinquanta giorni del Tempo pasquale –, la liturgia ci fa celebrare tre feste che hanno invece un carattere “sintetico”: la Santissima Trinità, quindi il Corpus Domini, e infine il Sacro Cuore di Gesù.
Qual è il significato proprio della solennità odierna, del Corpo e Sangue di Cristo? Ce lo dice la celebrazione stessa che stiamo compiendo, nello svolgimento dei suoi gesti fondamentali: prima di tutto ci siamo radunati intorno all’altare del Signore, per stare insieme alla sua presenza; in secondo luogo ci sarà la processione, cioè il camminare con il Signore; e infine l’inginocchiarsi davanti al Signore, l’adorazione, che inizia già nella Messa e accompagna tutta la processione, ma culmina nel momento finale della benedizione eucaristica, quando tutti ci prostreremo davanti a Colui che si è chinato fino a noi e ha dato la vita per noi.
Soffermiamoci brevemente su questi tre atteggiamenti, perché siano veramente espressione della nostra fede e della nostra vita.
Il primo atto, dunque, è quello di radunarsi alla presenza del Signore. E’ ciò che anticamente si chiamava “statio”. Immaginiamo per un momento che in tutta Roma non vi sia che quest’unico altare, e che tutti i cristiani della città siano invitati a radunarsi qui, per celebrare il Salvatore morto e risorto. Questo ci dà l’idea di che cosa sia stata alle origini, a Roma e in tante altre città dove giungeva il messaggio evangelico, la celebrazione eucaristica: in ogni Chiesa particolare vi era un solo Vescovo e intorno a Lui, intorno all’Eucaristia da lui celebrata, si costituiva la Comunità, unica perché uno era il Calice benedetto e uno il Pane spezzato, come abbiamo ascoltato dalle parole dell’apostolo Paolo nella seconda Lettura (cfr 1 Cor 10,16-17). Viene alla mente quell’altra celebre espressione paolina: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). “Tutti voi siete uno”! In queste parole si sente la verità e la forza della rivoluzione cristiana, la rivoluzione più profonda della storia umana, che si sperimenta proprio intorno all’Eucaristia: qui si radunano alla presenza del Signore persone diverse per età, sesso, condizione sociale, idee politiche. L’Eucaristia non può mai essere un fatto privato, riservato a persone che si sono scelte per affinità o amicizia. L’Eucaristia è un culto pubblico, che non ha nulla di esoterico, di esclusivo. Anche qui, stasera, non abbiamo scelto noi con chi incontrarci, siamo venuti e ci troviamo gli uni accanto agli altri, accomunati dalla fede e chiamati a diventare un unico corpo condividendo l’unico Pane che è Cristo. Siamo uniti al di là delle nostre differenze di nazionalità, di professione, di ceto sociale, di idee politiche: ci apriamo gli uni agli altri per diventare una cosa sola a partire da Lui.
Questa fin dagli inizi è stata una caratteristica del cristianesimo realizzata visibilmente intorno all’Eucaristia, e occorre sempre vigilare perché le ricorrenti tentazioni di particolarismo, seppure in buona fede, non vadano di fatto in senso opposto. Pertanto, il Corpus Domini ci ricorda anzitutto questo: che essere cristiani vuol dire radunarsi da ogni parte per stare alla presenza dell’unico Signore e diventare in Lui una sola cosa.
Il secondo aspetto costitutivo è il camminare con il Signore. E’ la realtà manifestata dalla processione, che vivremo insieme dopo la Santa Messa, quasi come un suo naturale prolungamento, muovendoci dietro Colui che è la Via, il Cammino. Con il dono di Se stesso nell’Eucaristia, il Signore Gesù ci libera dalle nostre “paralisi”, ci fa rialzare e ci fa “pro-cedere”, ci fa fare cioè un passo avanti, e poi un altro passo, e così ci mette in cammino, con la forza di questo Pane della vita. Come accadde al profeta Elia, che si era rifugiato nel deserto per paura dei suoi nemici, e aveva deciso di lasciarsi morire (cfr 1 Re 19,1-4). Ma Dio lo svegliò dal sonno e gli fece trovare lì accanto una focaccia appena cotta: “Alzati e mangia – gli disse – perché troppo lungo per te è il cammino” (1 Re 19, 5.7).
La processione del Corpus Domini ci insegna che l’Eucaristia ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. E’ l’esperienza del popolo d’Israele nell’esodo dall’Egitto, la lunga peregrinazione attraverso il deserto, di cui ci ha parlato la prima Lettura.
Un’esperienza che per Israele è costitutiva, ma risulta esemplare per tutta l’umanità. Infatti l’espressione “l’uomo non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3) è un’affermazione universale, che si riferisce ad ogni uomo in quanto uomo. Ognuno può trovare la propria strada, se incontra Colui che è Parola e Pane di vita e si lascia guidare dalla sua amichevole presenza. Senza il Dio-con-noi, il Dio vicino, come possiamo sostenere il pellegrinaggio dell’esistenza, sia singolarmente che in quanto società e famiglia dei popoli? L’Eucaristia è il Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione. In effetti, non basta andare avanti, bisogna vedere verso dove si va! Non basta il “progresso”, se non ci sono dei criteri di riferimento. Anzi, se si corre fuori strada, si rischia di finire in un precipizio, o comunque di allontanarsi più rapidamente dalla meta. Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli: si è fatto Lui stesso “via” ed è venuto a camminare insieme con noi, perché la nostra libertà abbia anche il criterio per discernere la strada giusta e percorrerla.
E a questo punto non si può non pensare all’inizio del “decalogo”, i dieci comandamenti, dove sta scritto: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20,2-3).
Troviamo qui il senso del terzo elemento costitutivo del Corpus Domini: inginocchiarsi in adorazione di fronte al Signore. Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte.
Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (cfr Gv 3,16).
Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi: si nutre di amore, di verità, di pace; si nutre di speranza, perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci schiaccia, ma ci libera e ci trasforma.
Ecco perché radunarci, camminare, adorare ci riempie di gioia. Facendo nostro l’atteggiamento adorante di Maria, che in questo mese di maggio ricordiamo particolarmente, preghiamo per noi e per tutti; preghiamo per ogni persona che vive in questa città, perché possa conoscere Te, o Padre, e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo. E così avere la vita in abbondanza. Amen.
Cari amici, ricordiamo il motto del blog: mai fidarsi, soprattutto delle frasi estrapolate dal contesto. Mai fidarsi dei mass media senza prima farsi qualche domanda: 1) chi è l'autore di un articolo? 2) per chi lavora? 3) a quale parte politica/clericale appartiene il giornale/il sito di riferimento? 4) quali interessi ci sono in gioco? 5) siamo di fronte a capriole o voltafaccia? Invece di occuparsi della mafia di San Gallo (materia esplosiva viste le implicazioni) si cerca di sviare l'attezione su altro. Tanti ci sono cascati e ci cascheranno. Noi aspettiamo di leggere il libro. Un caro saluto a tutti Raffaella
Clicca qui per leggere il post. Sapevamo già della mafia di San Gallo ma ci si stupisce sempre nel leggere fino a che punto possono arrivare certuni...ecclesiastici. R.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Oggi, 19 aprile 2020, è il quindicesimo anniversario dell'elezione di Joseph Ratzinger divenuto Papa con il nome di Benedetto XVI. Lo omaggiamo con questo video tratto dall'ultima processione del Corpus Domini dalla Basilica di San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore. Grazie come sempre a Gemma :-) R.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Oggi, 16 aprile 2020, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI compie 93 anni. E' nato a Marktl am Inn (Baviera) nel 1927.
Auguri di vero cuore, Santità! Ad multos annos.
Nel video il Te Deum cantato al termine della Santa Messa a Monaco di Baviera nel 2016. Grazie a Gemma :-) Il blog
Carissimi amici,
oggi, 16 aprile, il nostro Papa Benedetto compie 93 anni :-)
Tanti carissimi e filiali auguri di buon compleanno!!!
Penso che il regalo più bello per il Santo Padre sia la nostra preghiera unita al nostro affetto e alla nostra più sincera gratitudine.
Buon compleanno, Santità!
Ad multos annos :-)
Il blog
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Il 17 aprile 2006, Lunedì dell'Angelo, Benedetto XVI recitò il Regina Caeli a Castelgandolfo spiegando ai pellegrini il significato della Festa e della preghiera mariana che, nel tempo pasquale, sostituisce l'Angelus. Grazie come sempre a Gemma. Buon Lunedì dell'Angelo a tutti :-) R.
REGINA CÆLI
Castel Gandolfo Lunedì dell'Angelo, 17 aprile 2006
Cari fratelli e sorelle,
nella luce del Mistero pasquale, che la liturgia ci fa celebrare in tutta questa settimana, sono felice di ritrovarmi con voi e di rinnovare l'annuncio cristiano più bello: Cristo è risorto, alleluia! Il tipico carattere mariano di questo nostro appuntamento ci induce a vivere il gaudio spirituale della Pasqua in comunione con Maria Santissima, pensando a quale debba essere stata la sua gioia per la risurrezione di Gesù. Nella preghiera del Regina caeli, che in questo tempo pasquale si recita al posto dell'Angelus, noi ci rivolgiamo alla Vergine invitandola a rallegrarsi perché Colui che ha portato nel grembo è risorto: "Quia quem meruisti portare, resurrexit, sicut dixit". Maria ha custodito nel suo cuore la "buona notizia" della risurrezione, fonte e segreto della vera gioia e dell'autentica pace, che Cristo morto e risorto ci ha conquistato con il sacrificio della Croce.
Chiediamo a Maria che, come ci ha accompagnato nei giorni della passione, continui a guidare i nostri passi in questo tempo di gioia pasquale e di gioia spirituale, perché possiamo crescere sempre più nella conoscenza e nell'amore del Signore e diventare testimoni e apostoli della sua pace.
Nel contesto pasquale, mi piace quest'oggi condividere con voi anche la gioia di un anniversario molto significativo: 500 anni or sono, precisamente il 18 aprile 1506, il Papa Giulio II poneva la prima pietra della nuova Basilica di San Pietro, che il mondo intero ammira nella possente armonia delle sue forme. Desidero ricordare con gratitudine i Sommi Pontefici che hanno voluto quest'opera straordinaria sulla tomba dell'Apostolo Pietro. Ricordo con ammirazione gli artisti che hanno contribuito con il loro genio a edificarla e decorarla, come pure sono grato al personale della Fabbrica di San Pietro che egregiamente provvede alla manutenzione e alla salvaguardia di un così singolare capolavoro d'arte e di fede. Possa la circostanza felice del cinquecentesimo anniversario risvegliare in tutti i cattolici il desiderio di essere "pietre vive" (1 Pt 2, 5) per la costruzione della Chiesa viva, santa, nella quale risplende la "luce di Cristo" (cfr Lumen gentium, 1), attraverso la carità vissuta e testimoniata davanti al mondo (cfr Gv 13, 34-35).
La Vergine Maria, che le litanie lauretane ci fanno invocare quale "Causa nostrae laetitiae - Causa della nostra gioia", ci ottenga di sperimentare sempre la gioia di essere parte dell'edificio spirituale della Chiesa, "comunità d'amore" nata dal Cuore di Cristo.
Dopo il Regina Cæli:
Je vous salue cordialement, chers pèlerins francophones. Nous sommes encore tout illuminés de la joie pascale. Je demande à Marie, Reine du Ciel, de vous aider à être témoins du Christ ressuscité, par toute votre vie, par vos actions et par vos paroles, rendant compte ainsi de la grâce de votre Baptême. Je vous souhaite un saint temps pascal.
I am happy to greet all the English-speaking visitors present here today. Commending ourselves to the intercession of Our Blessed Lady, the Queen of Heaven, let us rejoice in the new and holy life that the Risen Christ has given to us. Upon all of you I invoke God’s abundant blessings of peace and joy!
Sehr herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger hier in Castel Gandolfo und auf dem Petersplatz. Der Herr ist wirklich auferstanden! Die Begegnung mit Ihm erfüllt die Jünger mit Freude; die Furcht weicht der Hoffnung und der Gewißheit: Jesus lebt! Der Aufer $\standene wandle auch unser Herz und mache uns zu glaubwürdigen Zeugen seiner Botschaft und seines österlichen Sieges über Sünde und Tod. Euch allen wünsche ich einen frohen und gesegneten Ostermontag!
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española. Al recitar la oración del Regina Coeli, pidamos a la Virgen María que nos ayude a encontrar en Cristo resucitado la fuente de la verdadera alegría, y convertirnos así en testigos de su amor misericordioso. ¡Feliz Pascua de Resurrección!
Saluti in lingua polacca:
Pozdrawiam pielgrzymów z Polski. Chrystus zmartwychwstal! Niech Bóg wam blogoslawi.
[Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. Cristo è risorto! Dio vi benedica.]
Infine in questo Lunedì dell'Angelo, che prolunga la gioia della Pasqua, saluto i pellegrini italiani presenti a Castel Gandolfo. Vedo che Napoli mi aspetta e lo dicono in tedesco. Vedo e sento che la gioia pasquale non manca. Quindi saluto gli italiani qui presenti e quelli in Piazza San Pietro. Ho visto anche il nostro Vescovo di Albano. Ieri sono stato ricevuto con grande amicizia dai cittadini di Castel Gandolfo. Grazie a tutti. La Vergine Maria, Madre del Signore risorto, ottenga per ciascuno serenità e pace. Buona e santa Pasqua a tutti!
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Il 23 marzo 2008, Domenica di Pasqua, Benedetto XVI lesse eccezionalmente il Messaggio Urbi et Orbi dal sagrato della Basilica Vaticana a causa dell'intensa pioggia. di seguito la trascrizione del Messaggio.
Il Papa aggiunse delle parti "a braccio" non incluse nel testo ufficiale. Grazie come sempre a Gemma :-) Buona Pasqua a tutti voi e alle vostre famiglie... R.
MESSAGGIO URBI ET ORBI DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PASQUA 2008
“Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia! - Sono risorto, sono sempre con te. Alleluia!”. Cari fratelli e sorelle, Gesù crocifisso e risorto ci ripete oggi quest'annuncio di gioia: è l'annuncio pasquale. Accogliamolo con intimo stupore e gratitudine!
“Resurrexi et adhuc tecum sum - Sono risorto e sono ancora e sempre con te”. Queste parole, tratte da un'antica versione del Salmo 138 (v. 18b), risuonano all'inizio dell'odierna Santa Messa. In esse, al sorgere del sole di Pasqua, la Chiesa riconosce la voce stessa di Gesù che, risorgendo da morte, si rivolge al Padre colmo di felicità e d'amore ed esclama: Padre mio, eccomi! Sono risorto, sono ancora con te e lo sarò per sempre; il tuo Spirito non mi ha mai abbandonato. Possiamo così comprendere in modo nuovo anche altre espressioni del Salmo: “Se salgo in cielo, là tu sei, / se scendo negli inferi, eccoti. / ... / Nemmeno le tenebre per te sono oscure, / e la notte è chiara come il giorno; / per te le tenebre sono come luce” (Sal 138, 8.12). È vero: nella solenne veglia di Pasqua le tenebre diventano luce, la notte cede il passo al giorno che non conosce tramonto. La morte e risurrezione del Verbo di Dio incarnato è un evento di amore insuperabile, è la vittoria dell'Amore che ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e della morte. Ha cambiato il corso della storia, infondendo un indelebile e rinnovato senso e valore alla vita dell'uomo.
“Sono risorto e sono ancora e sempre con te”. Queste parole ci invitano a contemplare Cristo risorto, facendone risuonare nel nostro cuore la voce. Con il suo sacrificio redentore Gesù di Nazareth ci ha resi figli adottivi di Dio, così che ora possiamo inserirci anche noi nel dialogo misterioso tra Lui e il Padre. Ritorna alla mente quanto un giorno Egli ebbe a dire ai suoi ascoltatori: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). In questa prospettiva, avvertiamo che l'affermazione rivolta oggi da Gesù risorto al Padre, - “Sono ancora e sempre con te” - riguarda come di riflesso anche noi, “figli di Dio e coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare alla sua gloria” (cfr Rm 8,17).
Grazie alla morte e risurrezione di Cristo, pure noi quest'oggi risorgiamo a vita nuova, ed unendo la nostra alla sua voce proclamiamo di voler restare per sempre con Dio, Padre nostro infinitamente buono e misericordioso.
Entriamo così nella profondità del mistero pasquale. L'evento sorprendente della risurrezione di Gesù è essenzialmente un evento d'amore: amore del Padre che consegna il Figlio per la salvezza del mondo; amore del Figlio che si abbandona al volere del Padre per tutti noi; amore dello Spirito che risuscita Gesù dai morti nel suo corpo trasfigurato. Ed ancora: amore del Padre che “riabbraccia” il Figlio avvolgendolo nella sua gloria; amore del Figlio che con la forza dello Spirito ritorna al Padre rivestito della nostra umanità trasfigurata. Dall'odierna solennità, che ci fa rivivere l'esperienza assoluta e singolare della risurrezione di Gesù, ci viene dunque un appello a convertirci all'Amore; ci viene un invito a vivere rifiutando l'odio e l'egoismo e a seguire docilmente le orme dell'Agnello immolato per la nostra salvezza, a imitare il Redentore “mite e umile di cuore”, che è “ristoro per le nostre anime” (cfr Mt 11,29).
Fratelli e sorelle cristiani di ogni parte del mondo, uomini e donne di animo sinceramente aperto alla verità! Che nessuno chiuda il cuore all'onnipotenza di questo amore che redime! Gesù Cristo è morto e risorto per tutti: Egli è la nostra speranza! Speranza vera per ogni essere umano. Oggi, come fece con i suoi discepoli in Galilea prima di tornare al Padre, Gesù risorto invia anche noi dappertutto come testimoni della sua speranza e ci rassicura: Io sono con voi sempre, tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20).
Fissando lo sguardo dell'animo nelle piaghe gloriose del suo corpo trasfigurato, possiamo capire il senso e il valore della sofferenza, possiamo lenire le tante ferite che continuano ad insanguinare l'umanità anche ai nostri giorni. Nelle sue piaghe gloriose riconosciamo i segni indelebili della misericordia infinita del Dio di cui parla il profeta: Egli è colui che risana le ferite dei cuori spezzati, che difende i deboli e proclama la libertà degli schiavi, che consola tutti gli afflitti e dispensa loro olio di letizia invece dell'abito da lutto, un canto di lode invece di un cuore mesto (cfr Is 61,1.2.3).
Se con umile confidenza ci accostiamo a Lui, incontriamo nel suo sguardo la risposta all'anelito più profondo del nostro cuore: conoscere Dio e stringere con Lui una relazione vitale, che colmi del suo stesso amore la nostra esistenza e le nostre relazioni interpersonali e sociali. Per questo l'umanità ha bisogno di Cristo: in Lui, nostra speranza, “noi siamo stati salvati” (cfr Rm 8,24).
Quante volte le relazioni tra persona e persona, tra gruppo e gruppo, tra popolo e popolo, invece che dall'amore, sono segnate dall'egoismo, dall'ingiustizia, dall'odio, dalla violenza! Sono le piaghe dell'umanità, aperte e doloranti in ogni angolo del pianeta, anche se spesso ignorate e talvolta volutamente nascoste; piaghe che straziano anime e corpi di innumerevoli nostri fratelli e sorelle. Esse attendono di essere lenite e guarite dalle piaghe gloriose del Signore risorto (cfr 1 Pt 2,24-25) e dalla solidarietà di quanti, sulle sue orme e in suo nome, pongono gesti d'amore, si impegnano fattivamente per la giustizia e spargono intorno a sé segni luminosi di speranza nei luoghi insanguinati dai conflitti e dovunque la dignità della persona umana continua ad essere vilipesa e conculcata. L’auspicio è che proprio là si moltiplichino le testimonianze di mitezza e di perdono!
Cari fratelli e sorelle, lasciamoci illuminare dalla luce sfolgorante di questo Giorno solenne; apriamoci con sincera fiducia a Cristo risorto, perché la forza rinnovatrice del Mistero pasquale si manifesti in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nelle nostre Nazioni. Si manifesti in ogni parte del mondo. Come non pensare in questo momento, in particolare, ad alcune regioni africane, quali il Darfur e la Somalia, al martoriato Medioriente, e specialmente alla Terrasanta, all'Iraq, al Libano, e infine al Tibet, regioni per le quali incoraggio la ricerca di soluzioni che salvaguardino il bene e la pace! Invochiamo la pienezza dei doni pasquali, per intercessione di Maria che, dopo aver condiviso le sofferenze della passione e crocifissione del suo Figlio innocente, ha sperimentato anche la gioia inesprimibile della sua risurrezione. Associata alla gloria di Cristo, sia Lei a proteggerci e a guidarci sulla via della fraterna solidarietà e della pace. Sono questi i miei auguri pasquali, che rivolgo a voi qui presenti e agli uomini e alle donne di ogni nazione e continente a noi uniti attraverso la radio e la televisione. Buona Pasqua!
LINK DIRETTO SU YOUTUBE La meditazione di Papa Benedetto XVI davanti alla Sacra Sindone (2 maggio 2010). Oggi, Sabato Santo, ci sarà un'ostensione straordinaria della Sindone a partire dalle 17. Si tratta di un evento particolarmente significativo che ci permetterà di pregare davanti al Sacro Lino in questo momento così delicato per l'Italia e il mondo intero. Si tratterà naturalmente di un'ostensione "televisiva" ma non meno emozionante. Rileggiamo intanto la meditazione di Papa Benedetto. R.
VISITA PASTORALE A TORINO
VENERAZIONE DELLA SANTA SINDONE
MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Domenica, 2 maggio 2010
Cari amici,
questo è per me un momento molto atteso. In diverse altre occasioni mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto, perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l’umanità. Ringrazio Dio per il dono di questo pellegrinaggio, e anche per l’opportunità di condividere con voi una breve meditazione, che mi è stata suggerita dal sottotitolo di questa solenne Ostensione: “Il mistero del Sabato Santo”.
Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù, il quale, crocifisso verso mezzogiorno, spirò verso le tre del pomeriggio. Venuta la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato solenne di Pasqua, Giuseppe d’Arimatea, un ricco e autorevole membro del Sinedrio, chiese coraggiosamente a Ponzio Pilato di poter seppellire Gesù nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia a poca distanza dal Golgota. Ottenuto il permesso, comprò un lenzuolo e, deposto il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con quel lenzuolo e lo mise in quella tomba (cfr Mc 15,42-46). Così riferisce il Vangelo di san Marco, e con lui concordano gli altri Evangelisti. Da quel momento, Gesù rimase nel sepolcro fino all’alba del giorno dopo il sabato, e la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato.
Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”.
Cari fratelli e sorelle, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più.
Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.
E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: “Passio Christi. Passio hominis”. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale.
In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”.
Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.
Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passio hominis” -, da questo volto promana una solenne maestà, una signoria paradossale. Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio. Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il sangue è la vita!
La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.
Cari amici, lodiamo sempre il Signore per il suo amore fedele e misericordioso. Partendo da questo luogo santo, portiamo negli occhi l’immagine della Sindone, portiamo nel cuore questa parola d’amore, e lodiamo Dio con una vita piena di fede, di speranza e di carità. Grazie.
Il 16 marzo 2008, Domenica delle Palme, al termine della recita dell'Angelus, Benedetto XVI attraversa in papamobile Piazza San Pietro per benedire e salutare la folla di fedeli. Si tratta di un momento entusiasmante ma anche liturgico. Grazie come sempre a Gemma :-) R.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Rileggiamo e riascoltiamo l'omelia che Benedetto XVI tenne il 16 marzo 2008, Domenica delle Palme. Grazie come sempre alla nostra Gemma. Di seguito la trascrizione integrale dell'omelia. R.
CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
anno dopo anno il brano evangelico della Domenica delle Palme ci racconta l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Insieme ai suoi discepoli e ad una schiera crescente di pellegrini, Egli era salito dalla pianura della Galilea alla Città Santa. Come gradini di questa salita, gli evangelisti ci hanno trasmesso tre annunzi di Gesù relativi alla sua Passione, accennando con ciò allo stesso tempo all’ascesa interiore che si stava compiendo in questo pellegrinaggio. Gesù è in cammino verso il tempio – verso il luogo, dove Dio, come dice il Deuteronomio, aveva voluto "fissare la sede" del suo nome (cfr 12, 11; 14, 23). Il Dio che ha creato cielo e terra si è dato un nome, si è reso invocabile, anzi, si è reso quasi toccabile da parte degli uomini. Nessun luogo può contenerLo e tuttavia, o proprio per questo, Egli stesso si dà un luogo e un nome, affinché Lui personalmente, il vero Dio, possa esservi venerato come il Dio in mezzo a noi. Dal racconto su Gesù dodicenne sappiamo che Egli ha amato il tempio come la casa del Padre suo, come la sua casa paterna. Ora viene di nuovo a questo tempio, ma il suo percorso va oltre: l’ultima meta della sua salita è la Croce. È la salita che la Lettera agli Ebrei descrive come la salita verso la tenda non fatta da mani d’uomo, fino al cospetto di Dio. L’ascesa fino al cospetto di Dio passa attraverso la Croce. È l’ascesa verso "l’amore sino alla fine" (cfr Gv 13, 1), che è il vero monte di Dio, il definitivo luogo del contatto tra Dio e l’uomo.
Durante l’ingresso a Gerusalemme, la gente rende omaggio a Gesù come figlio di Davide con le parole del Salmo 118 [117] dei pellegrini: "Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!" (Mt 21, 9). Poi Egli arriva al tempio. Ma là dove doveva esservi lo spazio dell’incontro tra Dio e l’uomo, Egli trova commercianti di bestiame e cambiavalute che occupano con i loro affari il luogo di preghiera. Certo, il bestiame lì in vendita era destinato ai sacrifici da immolare nel tempio. E poiché nel tempio non si potevano usare le monete su cui erano rappresentati gli imperatori romani che stavano in contrasto col Dio vero, bisognava cambiarle in monete che non portassero immagini idolatriche. Ma tutto ciò poteva essere svolto altrove: lo spazio dove ora ciò avveniva doveva essere, secondo la sua destinazione, l’atrio dei pagani. Il Dio d’Israele, infatti, era appunto l’unico Dio di tutti i popoli. E anche se i pagani non entravano, per così dire, nell’interno della Rivelazione, potevano tuttavia, nell’atrio della fede, associarsi alla preghiera all’unico Dio. Il Dio d’Israele, il Dio di tutti gli uomini, era in attesa sempre anche della loro preghiera, della loro ricerca, della loro invocazione. Ora, invece, vi dominavano gli affari – affari legalizzati dall’autorità competente che, a sua volta, era partecipe del guadagno dei mercanti. I mercanti agivano in modo corretto secondo l’ordinamento vigente, ma l’ordinamento stesso era corrotto. "L’avidità è idolatria", dice la Lettera ai Colossesi (cfr 3, 5). È questa l’idolatria che Gesù incontra e di fronte alla quale cita Isaia: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera" (Mt 21, 13; cfr Is 56, 7) e Geremia: "Ma voi ne fate una spelonca di ladri" (Mt 21, 13; cfr Ger 7, 11). Contro l’ordine interpretato male Gesù, con il suo gesto profetico, difende l’ordine vero che si trova nella Legge e nei Profeti.
Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i "pagani", le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevolezza che l’avidità è idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostra prassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario?
Nella purificazione del tempio, però, si tratta di più che della lotta agli abusi. È preconizzata una nuova ora della storia. Adesso sta cominciando ciò che Gesù aveva annunciato alla Samaritana riguardo alla sua domanda circa la vera adorazione: "È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori" (Gv 4, 23). È finito il tempo in cui venivano immolati a Dio degli animali. Già da sempre i sacrifici di animali erano stati una miserevole sostituzione, un gesto di nostalgia del vero modo di adorare Dio. La Lettera agli Ebrei, sulla vita e sull’operare di Gesù ha posto come motto una frase del Salmo 40 [39]: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato" (Ebr 10, 5). Al posto dei sacrifici cruenti e delle offerte di vivande subentra il corpo di Cristo, subentra Lui stesso. Solo "l’amore sino alla fine", solo l’amore che per gli uomini si dona totalmente a Dio, è il vero culto, il vero sacrificio. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità; adorare nella comunione col suo Corpo, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce.
Gli evangelisti ci raccontano che, nel processo contro Gesù, si presentarono falsi testimoni e affermarono che Gesù aveva detto: "Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni" (Mt 26, 61). Davanti a Cristo pendente dalla Croce alcuni schernitori fanno riferimento alla stessa parola, gridando: "Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!" (Mt 27, 40). La giusta versione della parola, come uscì dalla bocca di Gesù stesso, ce l’ha tramandata Giovanni nel suo racconto della purificazione del tempio. Di fronte alla richiesta di un segno con cui Gesù doveva legittimarsi per una tale azione, il Signore rispose: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2, 18s). Giovanni aggiunge che, ripensando a quell’evento dopo la Risurrezione, i discepoli capirono che Gesù aveva parlato del Tempio del suo Corpo (cfr 2, 21s). Non è Gesù che distrugge il tempio; esso viene abbandonato alla distruzione dall’atteggiamento di coloro che, da luogo d’incontro di tutti i popoli con Dio, l’hanno trasformato in una "spelonca di ladri", in un luogo dei loro affari. Ma, come sempre a partire dalla caduta di Adamo, il fallimento degli uomini diventa l’occasione per un impegno ancora più grande dell’amore di Dio nei nostri confronti. L’ora del tempio di pietra, l’ora dei sacrifici di animali era superata: il fatto che ora il Signore scacci fuori i mercanti non solo impedisce un abuso, ma indica il nuovo agire di Dio. Si forma il nuovo Tempio: Gesù Cristo stesso, nel quale l’amore di Dio si china sugli uomini. Egli, nella sua vita, è il Tempio nuovo e vivente. Egli, che è passato attraverso la Croce ed è risorto, è lo spazio vivente di spirito e vita, nel quale si realizza la giusta adorazione. Così la purificazione del tempio, come culmine dell’ingresso solenne di Gesù in Gerusalemme, è insieme il segno della incombente rovina dell’edificio e della promessa del nuovo Tempio; promessa del regno della riconciliazione e dell’amore che, nella comunione con Cristo, viene instaurato oltre ogni frontiera.
San Matteo, il cui Vangelo ascoltiamo in questo anno, riferisce alla fine del racconto della Domenica delle Palme, dopo la purificazione del tempio, ancora due piccoli avvenimenti che, di nuovo, hanno un carattere profetico e ancora una volta rendono a noi chiara la vera volontà di Gesù. Immediatamente dopo la parola di Gesù sulla casa di preghiera di tutti i popoli, l’evangelista continua così: "Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed Egli li guarì". Inoltre, Matteo ci dice che dei fanciulli ripeterono nel tempio l’acclamazione che i pellegrini avevano fatto all’ingresso della città: "Osanna al figlio di Davide" (Mt 21, 14s). Al commercio di animali e agli affari col denaro Gesù contrappone la sua bontà risanatrice. Essa è la vera purificazione del tempio. Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana.
E ci sono poi i fanciulli che rendono omaggio a Gesù come figlio di Davide ed acclamano l’Osanna. Gesù aveva detto ai suoi discepoli che, per entrare nel Regno di Dio, avrebbero dovuto ridiventare come i bambini. Egli stesso, che abbraccia il mondo intero, si è fatto piccolo per venirci incontro, per avviarci verso Dio. Per riconoscere Dio dobbiamo abbandonare la superbia che ci abbaglia, che vuole spingerci lontani da Dio, come se Dio fosse nostro concorrente. Per incontrare Dio bisogna divenire capaci di vedere col cuore. Dobbiamo imparare a vedere con un cuore giovane, che non è ostacolato da pregiudizi e non è abbagliato da interessi. Così, nei piccoli che con un simile cuore libero ed aperto riconoscono Lui, la Chiesa ha visto l’immagine dei credenti di tutti i tempi, la propria immagine.
Cari amici, in questa ora ci associamo alla processione dei giovani di allora – una processione che attraversa l’intera storia. Insieme ai giovani di tutto il mondo andiamo incontro a Gesù. Da Lui lasciamoci guidare verso Dio, per imparare da Dio stesso il retto modo di essere uomini. Con Lui ringraziamo Dio, perché con Gesù, il Figlio di Davide, ci ha donato uno spazio di pace e di riconciliazione che abbraccia il mondo. PreghiamoLo, affinché diventiamo anche noi con Lui e a partire da Lui messaggeri della sua pace, affinché in noi ed intorno a noi cresca il suo Regno. Amen.
LINK DIRETTO SU YOUTUBE Cari amici, grazie a Gemma rivediamo la processione delle Palme del 2008. In questo giornata così particolare, così piena di sofferenza per molti esseri umani, rivediamo quei momenti intensi. Preghiamo incessantemente affinché presto si possa uscire da questo dramma. Preghiamo per il lavoro incessante dei medici, dei ricercatori e di tutto il personale sanitario. Preghiamo per chi è in ospedale e per chi è in quarantena. Preghiamo per i tanti defunti. Raffaella
Cari amici, auguri di buon onomastico a tutti i Giuseppe, le Giuseppine, i Beppe, le Pine, i Punicci e le Pinucce. Un augurio speciale a Papa Benedetto, il cui nome di battesimo è Joseph :-) E auguri a tutti i nostri papà e nonni, quelli che sono ancora con noi e quelli che ci guardano dal Cielo. In queste settimane di apprensione e di angoscia per il mondo intero, invochiamo la celeste protezione di San Giuseppe, che da sempre veglia sul piccolo Gesù. Lo improriamo di aiutarci, di confortarci e di sostenere l'Italia, in particolare le regioni che attualmente sono più colpite dal "coronavirus": il Veneto, l'Emilia Romagna, il Piemonte, le Marche, la mia Lombardia. Siamo certi che anche Papa Benedetto prega per noi e con noi. Aderiamo all'iniziativa della Cei di recitare tutti insieme il Rosario alle 21 di questa sera. Un abbraccio virtuale a tutti. Seguiamo le regole, siamo uniti e tutto andrà bene. Raffaella Preghiera a San Giuseppe A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, insieme con quello della
tua santissima Sposa. Deh!
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di
Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne
preghiamo, con occhio benigno, la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo
sangue, e col tuo potere ed aiuto soccorri ai nostri bisogni. Proteggi,
o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo;
allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba
il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle
tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la
minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle
ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo
patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso possiamo
virtuosamente vivere, piamente morire, e conseguire l’eterna beatitudine in
cielo. Amen.
Cari amici, dopo avere letto il post di Magister non mi sento per niente misericordiosa. Che cosa sentono le mie orecchie? E' solo una ricostruzione? Ma finitela! Magister ha in mano un testo originale di Papa Benedetto e quando mai ha ricostruito senza prove? Comunque non servono molte parole. In realtà ne basta una: vergogna! Vergogna per chi nelle settimane scorse ha dipinto Benedetto come un vecchietto che può essere manovrato per chissà quali scopi! Vergogna per chi non si è fatto scrupoli ad attaccare un anziano, il più grande teologo vivente, solo perché ha osato ribadire la dottrina cattolica. E vergogna perché lo si è offeso solo perché non si è capaci di rispondere ad argomentazioni ragionevoli con altrettante argomentazioni fondate. Si insulta perché è più comodo. Come si chiama questo atteggiamento? Ah sì...bullismo. O forse semplicemente stupidità condita con ignoranza (il peggio del peggio). Vergogna per chi spera che Benedetto sia ridotto al silenzio solo perché dice cose che non piacciono alla gente che piace (che poi è tutto da vedere se davvero questa gente piace!). E vergogna per chi ha fatto sparire la dichiarazione di Papa Benedetto e del card. Sarah. A questo proposito vorrei esprimere ancora una volta tutta la mia solidarietà al cardinale, oggetto di attacchi e offese inaccettabili. Ma qual è il lato "divertente" di tutto ciò? Oggi è uscita l'Esortazione apostolica tanto attesa, quella che doveva essere la chiave di volta, la rivoluzione, la crema della crema della realizzazione di ogni desiderio ma che, ahimè, lascia l'amaro in bocca a tanti giornalisti e a moltissimi sedicenti teologi. Si registrano, almeno per ora, nasi arricciati e qualche bocca aperta ma sicuramente non gli attacchi che abbiamo visto nelle settimane scorse. Eppure quella esortazione non fa che confermare i testi di Benedetto e di Sarah. Come mai nessuno, o quasi, fiata? Il cantante supera la canzone anche in questo caso? Ma che novità! Cari giornalisti, eh cari, come siete prevedibili. Non vi vergognate nemmeno un po' di ciò che avete scritto su Ratzinger? Non vi ponete qualche dubbio? Perplessità? Le scuse sarebbero un obbligo (in un mondo normale). Ma ora vi lascio in pace, vi abbandono alle vostre "riflessioni" con il pugno di mosche in mano. Per pietà tralascio di commentare l'atteggiamento vaticano. Non vale nemmeno la pena di spendere mezza parola. Ah...dimenticavo...vergogna! R.
Clicca qui per leggere il resoconto di fatti gravissimi. Venga immediatamente pubblicata la dichiarazione di Papa Benedetto di cui, peraltro, Magister è in possesso! Ovviamente non mancherà un mio commento. Per adesso una sola parola: vergognatevi! R.
Carissimi Amici, come è ormai tradizione "La Vigna del Signore" organizza una Giornata di preghiera per Benedetto, con Benedetto. Segnalo quindi il bellissimo testo della preghiera e il video preparato da Gemma. Un caro saluto in questa giornata che tutti dedichiamo alla preghiera per Benedetto :-) Raffaella LA PREGHIERA IL VIDEO
Clicca qui per leggere i due testi. Sposo parola per parole le considerazioni di Marco Tosatti sui commenti vomitati in questi giorni dal fior fiore dei misericordiosi e dei tolleranti. Comunque consoliamoci con il fatto che il libro è già campione di vendite e che a noi che vogliamo bene a Benedetto e al card. Sarah restano nero su bianco le parole scritte da entrambi, cioè il contenuto del libro. Ad altri restano il rancore, la cattiveria e la consapevolezza di avere, ancora una volta, denigrato e offeso un uomo buono la cui unica colpa è quella di amare Cristo e la sua Sposa. R.
Clicca qui per leggere l'articolo in inglese. E' assolutamente vero ciò che scrive Schmitz e che ho riprodotto nel titolo del post. Tale considerazione è chiara a tutti come è altrettanto chiaro che essa non costituisce di certo un problema per Papa Benedetto o per il card. Sarah o per noi fedeli. E' l'odierna chiesa che dovrebbe domandarsi come mai qualsiasi richiamo alla teologia, al diritto canonico, alla liturgia e alla dottrina viene visto come un attacco all'autorità. In ogni caso ci sono due modi per reagire a concetti espressi così chiaramente: si può rispondere pacatamente e con argomenti solidi oppure si può offendere e screditare. Il primo metodo è quello di Papa Benedetto, il secondo non è nemmeno degno di essere preso in considerazione. R.
Clicca qui per leggere l'articolo. Mi si è stretto il cuore leggendo questa brutta notizia. Mi domando che bisogno ci fosse di sradicare una vigna così bella. In nome di cosa si è dato il via libera a questa devastazione? Benedetto si presentò al mondo come "umile lavoratore nella Vigna del Signore" e quell'angolo nella residenza da lui tanto amata era sicuramente un simbolo. Viviamo tempi bui in cui il "nuovo" che avanza pensa di sradicare impunemente ciò che considera sorpassato. Ricordiamo però le parole di Benedetto XVI durante una memorabile udienza generale: "Tutto ciò che oggi è attualissimo, domani sarà passatissimo". Complimenti a chi ha voluto distruggere la vigna sicuramente in modo misericordioso, tenero, tollerante e ovviamente nel nome del rispetto del Creato. Bravi! R.