Don Puglisi domani Beato. Il card. De Giorgi: la sua voce necessaria come non mai
Domani, sabato 25 maggio, don Giuseppe Puglisi sarà proclamato Beato. La messa con il Rito di Beatificazione si terrà alle 10.30 al Foro Italico Umberto I di Palermo. Presiederà la celebrazione l’arcivescovo della diocesi palermitana, il cardinale Paolo Romeo, mentre rappresentante del Papa sarà il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, che il 15 settembre 1999 diede avvio al suo processo di Beatificazione. Don Giuseppe, o meglio padre Pino Puglisi, è stato un sacerdote diocesano noto per il suo impegno di contrasto alla criminalità organizzata, in particolare occupandosi della formazione di bambini e ragazzi di strada per i quali fondò il "Centro Padre Nostro”. Morì, ucciso dalla mafia, il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56.esimo compleanno. Il decreto di Beatificazione di padre Puglisi per martirio "in odio alla fede” è stato promulgato da Papa Benedetto XVI il 28 giugno 2012. Adriana Masotti ha chiesto al cardinale De Giorgi che cosa rappresenta proprio per Palermo e la Sicilia l’evento di sabato:
R. – La Beatificazione come martire della fede di don Pino Puglisi rappresenta anzitutto il dono di Dio più atteso da tutta la Sicilia e non solo. Poi, anche uno splendido e stimolante messaggio di fede per tutti nell’Anno della Fede. Il riconoscimento ufficiale del suo martirio da parte della Chiesa è anche il sigillo della perenne autorità del suo messaggio, che con la voce del sangue invita tutti al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell’esercizio sia del ministero sacerdotale, come di ogni altro servizio nella Chiesa, per il trionfo delle forze del bene su tutte le aggressioni e le perversioni del male, soprattutto se, come quello mafioso, agisce da perversa struttura di peccato anti-umana ed anti-evangelica, tanto più subdola e pericolosa, quanto più si ammanta e si circonda di segni e di riferimenti religiosi.
D. – Con questa Beatificazione la Chiesa invia un messaggio chiaro: potrà essere dunque uno stimolo, o meglio un sostegno, a quanti anche oggi si impegnano nella lotta alla mafia?
R. – A 20 anni dalla sua sacrilega uccisione, don Puglisi parla ancora. Don Puglisi si rivolge anzitutto a noi, i suoi confratelli, per ricordarci che il nostro ministero, come d'altronde la vita di ogni cristiano, è ogni giorno per sua natura vocazione al martirio. Ci ripete che il nostro primo dovere è l’annuncio del Vangelo per aiutare i fratelli a seguire Cristo e quindi a vivere onestamente nell’osservanza dei suoi Comandamenti, per formare le coscienze al rispetto delle persone, all’amore vicendevole, al gusto della solidarietà, al senso della legalità, alla capacità del perdono, a vincere così ogni forma di prepotenza, di violenza, di sopruso, di collaborazione con il crimine. Queste sono piaghe antiche che ancora non si riescono a sanare, soprattutto dove il degrado ambientale e morale è maggiore. Ma la voce di don Pino giunge a tutti i cristiani per ricordare che oggi la testimonianza del Vangelo è necessaria come non mai. La sua voce giunge particolarmente ai genitori perché educhino al bene i propri figli, esposti in particolare oggi alle suggestioni della droga, dell’alcol e - anche soprattutto in certe zone - alla dispersione scolastica, alle peggiori forme di sfruttamento sociale, a violenze sessuali e ai tentacoli della malavita diffusa e organizzata. La sua voce giunge a quanti hanno responsabilità politiche e amministrative, perché abbiano sempre più a cuore la soluzione dei problemi dei quartieri più a rischio, come chiedeva don Pino per il suo quartiere Brancaccio, dove purtroppo i suoi sogni non sono stati ancora del tutto realizzati. La sua voce giunge infine anche – e direi soprattutto – ai criminali per ricordare loro che egli con Gesù ha versato il suo sangue per la loro conversione, per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato. Il sorriso con il quale don Puglisi ha detto al suo killer: “Me lo aspettavo” è un invito a tornare decisamente a Dio, che nella sua misericordia infinita li aspetta come il Padre della parabola evangelica.
D. – Don Puglisi è riconosciuto martire in odio alla fede. Quale legame c’è stato nella vita di don Puglisi tra la sua adesione al Vangelo e il suo impegno a sottrarre alla criminalità organizzata i giovani della sua parrocchia?
R. – Don Puglisi è stato ucciso perché sacerdote, perché sacerdote coerente e fedele secondo il cuore di Dio, perché impegnato nell’annuncio del Vangelo e nel suo dovere di educatore soprattutto dei giovani. Don Puglisi è stato ucciso perché con la sua silenziosa ma efficace azione pastorale, sottraeva le nuove generazioni alle suggestioni del male. L’odio al suo zelo pastorale, alla sua opera di evangelizzazione, di formazione delle coscienze, è stato appunto la testimonianza del vero sacerdozio, del vero ministero sacerdotale. L’odio al suo zelo pastorale non è semplicemente l’odio verso un sacerdote, è l’odio a Cristo, alla Chiesa, al Vangelo. E per questo è stato riconosciuto come martire della fede. Don Puglisi è andato incontro alla morte con gli occhi aperti per essere fedele al suo ministero di sacerdote. E lì, ha realizzato quella coraggiosa testimonianza cristiana di cui aveva parlato Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento: “La vera forza in grado di vincere queste tendenze distruttive sgorga dalla fede”. Così è stato don Puglisi. Così è riconosciuto dalla Chiesa.
Sul fermento che attraversa la Chiesa e la città di Palermo in questa giornata di vigilia, riferisce dal capoluogo siciliano Alessandra Zaffiro:
Palermo si appresta a festeggiare padre Pino Puglisi, primo martire della mafia, che domani mattina davanti a circa ottantamila fedeli provenienti da tutta Italia, sarà elevato agli onori degli altari. Don Pino ha vinto la sua battaglia contro coloro che lo hanno osteggiato fino a sentenziarne la morte, credendo di sconfiggere per sempre il sacerdote di Brancaccio e la sua opera al fianco di quei giovani che la criminalità organizzata reclutava per avere bassa manovalanza. Invece, padre Puglisi continua a vivere grazie alla sua testimonianza e al suo sacrificio. “Non sono un biblista, non sono un teologo, né un sociologo, sono soltanto uno che ha cercato di lavorare per il Regno di Dio”, diceva di sé don Pino, il cui senso della sfida, è racchiuso nella frase: “E se ognuno fa qualcosa”. Il rito di Beatificazione, cui prenderanno parte 40 vescovi e 750 presbiteri, sarà presieduto dal cardinale Salvatore De Giorgi, delegato di Papa Francesco, mentre la celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo. Allo svelamento della foto del sacerdote si canterà il Te Deum, quindi l’arcivescovo Emerito del capoluogo siciliano, De Giorgi, leggerà la Lettera apostolica e incenserà le reliquie di don Pino.
“Il martirio di Padre Puglisi – afferma oggi il cardinale di Palermo Paolo Romeo – richiama l’educazione delle coscienze e la Chiesa deve essere in prima linea. Qui si capisce la grandezza del martirio di don Puglisi, che è stato ucciso perché era un prete che formava le coscienze, costruiva la comunità parrocchiale e aiutava le persone a uscire dai meccanismi che le rendono schiavi. Questo evidentemente dava fastidio. Perciò - prosegue l’arcivescovo di Palermo - penso che la sua beatificazione ci aiuterà a prendere coscienza del vero cambiamento da attuare. La gente pensa infatti che devono cambiare gli altri. E invece don Puglisi ci dice che ognuno di noi ha qualcosa da cambiare nel proprio cuore, nel proprio pensare, nel proprio agire. Solo così la civiltà dell’amore potrà affermarsi”. Don Pino Puglisi sorride timidamente ai fedeli che custodiscono una sua immagine in casa o lo portano con sé fra piccole icone, documenti d’identità e foto di famiglia. Il suo sguardo ha la forza della Fede e a coloro che si rivolgono a lui, anche chi non lo ha conosciuto, ricorda che pur nelle avversità, possiamo farcela.
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