lunedì 1 luglio 2013

Gesti e parole (Vian)

Gesti e parole

Per la prima volta il vescovo di Roma preso "quasi alla fine del mondo" ha celebrato la festa dei patroni della città, i santi Pietro e Paolo. La ricorrenza liturgica è stata l'occasione per una riflessione sul significato della missione di chi è chiamato alla successione del primo degli apostoli, in una cornice ecumenica molto espressiva. Erano infatti presenti il coro luterano della Thomaskirche di Lipsia, la chiesa di Bach, e soprattutto una delegazione della Chiesa di Costantinopoli. Quest'ultima presenza è ormai da decenni una felice consuetudine tra Chiese "sorelle", ma è stata sottolineata in modo inatteso e toccante da Papa Francesco quando prima dell'Angelus ha chiesto ai fedeli di dire con lui un'Avemaria per il Patriarca Bartolomeo.
In questo tratto semplice e autenticamente cristiano è concentrato lo stile del Pontefice. Da più parti in queste settimane si sono infatti sottolineati i suoi gesti e il suo modo di comunicare, breve ed efficace. I gesti sono comprensibili a tutti, come la scelta, che è più forte di ogni parola, di compiere il primo viaggio del pontificato a Lampedusa, là dove approdano i percorsi di migrazioni forzate dalla miseria e aggravate da violenze e avidità ignobili. Mentre il suo comunicare si è imposto all'attenzione non solo dei cattolici grazie soprattutto alle prediche di Santa Marta: nei contenuti una predicazione coerente con quella dei predecessori, mentre nuova è soprattutto la forma, sintetica, densa ed esigente, spesso tripartita.
Così è stata l'omelia per la festa dei patroni di Roma, nella quale il successore di Pietro si è chiesto cosa significhi confermare nella fede, nell'amore, nell'unità e ha dato tre risposte: evocando ancora una volta il pericolo di "pensare in modo mondano", richiamando la necessità della testimonianza (la "battaglia del martirio") e parlando infine del senso del primato della Chiesa romana in armonia con il Sinodo dei vescovi. Il nuovo organismo venne istituito da Paolo VI poco prima della conclusione del concilio Vaticano II e in mezzo secolo ha contribuito in modo evidente allo sviluppo di una dimensione fondamentale dell'essere cristiani: "Dobbiamo andare avanti per questa strada della sinodalità, crescere in armonia con il servizio del primato" ha scandito Papa Francesco. Insomma - ha subito dopo spiegato - bisogna essere "uniti nelle differenze: non c'è un'altra strada cattolica per unirci. Questo è lo spirito cattolico, lo spirito cristiano".
E un esempio cristiano è stato poi presentato da Papa Francesco - a sorpresa e con parole chiarissime - quando all'Angelus di domenica ha parlato della coscienza come "spazio interiore dell'ascolto della verità", unico spazio di libertà. "Esempio meraviglioso di come è questo rapporto con Dio" è stato Benedetto XVI nel passo compiuto "con grande senso di discernimento e coraggio" ha detto il suo successore. "E questo esempio del nostro padre fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire".

g.m.v.

(©L'Osservatore Romano 1-2 luglio 2013)

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