LUMEN FIDEI/L'INTERVISTA
Oltre la ragione debole la forza della relazione
Francesco Botturi: "La modernità, nella sua contrapposizione tra fede e ragione, presuppone che la fede sia un puro assenso dottrinale: se la fede, invece, viene ricondotta al gioco del rapporto di persona umana e Persona divina, allora è il significato antropologico della fede che assume un ruolo primario"
M. Michela Nicolais
La Chiesa è “la portatrice storica dello sguardo plenario di Cristo sul mondo”. Francesco Botturi, pro-rettore dell’Università Cattolica di Milano e docente di Filosofia morale, parte da questa frase di Romano Guardini, per rileggere la prima enciclica di Papa Francesco, in cui si parte dalla denuncia che “la nostra cultura ha perso la percezione di questa presenza concreta di Dio, della sua azione nel mondo”. Lo abbiamo intervistato.
La fede non è un “salto nel vuoto”, ma una luce capace di dare all’uomo “occhi nuovi” per guardare l’esistenza. È un nuovo sguardo, quello che ci chiede il Papa?
“Direi piuttosto che il Papa ci chiede di recuperare quello è lo sguardo tradizionale della fede, dopo l’oscuramento dovuto al ‘grande oblìo’ del mondo moderno, che ha scomposto le capacità conoscitive e di relazione dell’uomo. La modernità configura una contrapposizione tra fede e ragione, credere e cercare, dove la fede è assenso senza ragione, puro sentimento, semplice opzione. Per il mondo moderno la fede comincia dove la ragione smette di cercare. La fede cristiana è invece una ‘ragione credente’, che presuppone una comunicazione intima tra ragione e fede: c’è un credere che è inerente alla ragione stessa, e c’è un rendere ragione che è insito nella fede”.
Al centro della Lumen fidei c’è la questione della “crisi di verità”. La “grande verità”, sostiene Papa Francesco, è messa in crisi, da una parte, dal primato della ragione tecnologica, dall’altra dalla pretesa della “verità” del singolo di valere come criterio assoluto…
“Oggi esiste una frattura profonda tra verità soggettiva e verità oggettiva: non c’è più un’idea di ragione forte, che si contrappone alla fede, perché la ragione stessa è diventata debole. Scienza e tecnica sono sempre più consapevoli dei loro limiti e della transitorietà dei loro risultati. Se non si può più parlare nei termini di un’idea forte di ragione, la ragione debole diventa relativista e soggettivista. D’altra parte, se non c’è più una ragione ‘esclusiva’ che presume di sé, pur nella crisi del senso della verità, si apre paradossalmente un varco per la fede: la strategia dell’enciclica consiste proprio nel recuperare la fede a una certa esperienza dell’intero umano, all’interno di una ricerca dell’umano in cui domina la relazione con l’altro”.
Non a caso il primo capitolo dell’enciclica presenta come “modello” Abramo…
“Abramo è la figura originaria e permanente della fede, che ha la sua origine nell’incontro con Dio, il Dio personale che rivelandosi trasforma l’esistenza di Abramo - come dice l’enciclica - in un luogo di chiamata, di promessa, di memoria, di affidamento, di paternità e generazione. È Dio che parla ad Abramo, attraverso una chiamata che contiene la promessa della generazione e che è fondata nella memoria che proviene dal passato della rivelazione e si protende al futuro della sua promessa. Abramo si affida alla chiamata e alla promessa, ha fiducia nella memoria e nel dono della paternità, che gli è concessa da Dio. La modernità, nella sua contrapposizione tra fede e ragione, presuppone che la fede sia un puro assenso dottrinale: se la fede, invece, viene ricondotta al gioco del rapporto di persona umana e Persona divina, allora è il significato antropologico della fede che assume un ruolo primario. La fede biblica, insomma, è in profonda continuità con quella fede antropologica che è sempre in gioco nelle relazioni tra gli uomini. La fede rivelata, che nasce nell’uomo per opera di Dio, non valorizza dimensioni marginali o residuali dell’umano, ma esalta e approfondisce una struttura di credenza essenziale nella vita dell’uomo, proprio quella capacità di relazione e di fiducia che la modernità ha mortificato ed emarginato. Con il credere, secondo la pienezza della fede cristiana, l’uomo non trova solo Dio, ma anche il meglio delle sue capacità”.
“Con il cuore, si crede”, scrive il Papa, che spiega come l’amore sia indissolubilmente legato alla verità. È questo l’antidoto all’”idolatria” dell’io, al narcisismo oggi dominante?
“Il tema del cuore è un tema tipicamente biblico. Il cuore è al centro delle relazioni che ragione, verità, fiducia intrattengono con l’amore. La fede comunica la ‘grande verità’ che illumina tutta l’esistenza dell’uomo, ma la verità è, secondo la Rivelazione, la verità dell’amore: per Dio, per gli altri, per il mondo. La fede è connessa alla verità, ma la verità è connessa all’amore: c’è una continua circolazione tra fede, verità e amore, perché essa è essenzialmente relazione personale con Dio personale, e quindi ha la struttura della relazione tra persone. II vedere il mondo con gli occhi della fede è opposto all’idolatria, perché questa riduce il senso della verità e simula una relazione che non c’è; l’idolatria maggiore nel contemporaneo consegue a tale ripiegamento dell’uomo su se stesso, anche sino a un patologico narcisismo”.
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...che bella la carezza di Papa Benedetto!
RispondiEliminaSì, molto bella e sembra impossibile rivederlo acvvicinarsi ai bambini. Chissà come Gli manca il contatto con la gente, l'abbraccio delle persone..... Speriamo che non si senta tropo solo. ha fatto bene francesco a chiederGli di uscire, Spero che lo rivederemo.. Se Glielo chiede il Papa , obbedisce e poi è così bello vederli insieme. Nessuno si scandalizza se a bbiamo due papi. Lo Spirito Santo fa come vuole
RispondiElimina...a me a vederlo viene voglia di stringergli la testa tra le mani e dargli un bacio in fronte...!
RispondiEliminaanche a me , Marika, anche a me.
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