Negli Stati Uniti
Respinto l'appello contro la Santa Sede su presunte responsabilità in un caso di abusi
Washington, 8. La Santa Sede non può essere accusata di responsabilità diretta in caso di abusi sessuali commessi da qualsiasi esponente del clero nel mondo. È questo il principio stabilito dalla Corte d'appello dell'Oregon (nel particolare la Court of Appeals for the Ninth Circuit), negli Stati Uniti, che, con una sentenza del 5 agosto, ha respinto una causa giudiziaria avviata nel 2002 su presunte responsabilità della Santa Sede in un caso di abusi sessuali. La causa riguardava un sacerdote irlandese che dopo essere stato denunciato per abusi su un minore, avvenuti nel 1965, era stato segnalato, dall'ordine religioso di appartenenza, alla Santa Sede che, in poche settimane, lo aveva ridotto allo stato laicale.
In un comunicato l'avvocato Jeffrey S. Lena, che rappresenta la Santa Sede, ha sottolineato che la sentenza determina di fatto la chiusura di una disputa iniziata nel 2002 «all'insegna di una grande campagna mediatica». La sentenza, è scritto nel comunicato, «non ha avuto luogo a seguito di un accordo o di altro tipo di pagamento da parte della Santa Sede». Si tratta del «terzo caso di questo tipo contro la Santa Sede che si dissolve di fronte all'evidenza legale e fattuale», infatti la causa «era basata su affermazioni inesatte e sillogismi fallaci che avevano fuorviato il pubblico per anni. Ma si è conclusa con la ferma remissione di un'azione legale contro la Santa Sede che non avrebbe mai dovuto comunque essere iniziata».
L'avvocato Lena sottolinea in particolare che la sentenza respinge quanto si voleva affermare in linea di principio, ovvero che la Santa Sede sarebbe direttamente informata e avrebbe il controllo su tutti i sacerdoti del mondo e che dunque dovrebbe essere accusata di responsabilità diretta in caso accertato di abusi sessuali compiuti da qualsiasi esponente del clero.
In una intervista rilasciata al programma inglese della Radio Vaticana, l'avvocato Lena sottolinea inoltre che si sarebbe voluto trattare la Chiesa cattolica alla stregua di una grande società con a capo il Papa come se fosse un Chief Executive Officier. In questo procedimento, osserva l'avvocato, il giudice «ha avuto l'opportunità di seguire da vicino i fatti, ha potuto incontrare tutte le parti e i testimoni legati alla vicenda del sacerdote e questo gli ha consentito di esaminare da vicino eventuali collegamenti con la Santa Sede, appurando che la Santa Sede era stata informata solo nel momento in cui era arrivata la richiesta di riduzione allo stato laicale del religioso da parte dei suoi superiori locali».
(©L'Osservatore Romano 9 agosto 2013)
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