martedì 10 dicembre 2013

Gesù di Nazaret nella trilogia di Joseph Ratzinger e Benedetto XVI (Müller)

Figura e messaggio

Anticipiamo brani della prolusione che l’arcivescovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede tiene martedì 10 dicembre alla Pontificia Università Lateranense per la presentazione del volume VI,1 dell’opera omnia di Joseph Ratzinger e Benedetto XVI Gesù di Nazaret. La figura e il messaggio nelle edizioni in lingua italiana (Libreria Editrice Vaticana) e tedesca (Herder), che presenta riuniti i tre volumi su Gesù apparsi nel 2007, nel 2011 e nel 2012.

(©L'Osservatore Romano 11 dicembre 2013)

Gesù di Nazaret nella trilogia di Joseph Ratzinger e Benedetto XVI 

Incontro personale 

di GERHARD LUDWIG MÜLLER

L’unità di Gesù con Dio è il contenuto della confessione di fede originaria, riconosciuta sia nella forma predicata e vissuta dal Gesù pre-pasquale, sia nella relazione intradivina del Figlio eterno col Padre, cui si accede mediante l’evento pasquale. Tale percezione, tuttavia, rimane inaccessibile a una conoscenza puramente naturale dei discepoli, perciò dipende dall’azione dello Spirito Santo, dono del Crocifisso-Risorto tornato al Padre. Sullo sfondo di questa ermeneutica cristologica fondamentale, tra storicità e trascendenza, prende forma lo studio storico-teologico di Benedetto XVI. Come la confessione di fede primitiva scaturisce dall’incontro personale dei discepoli con Gesù Crocifisso — risuscitato dal Padre — nello Spirito, così Benedetto XVI offre la propria testimonianza di quello stesso incontro, con il linguaggio di oggi, mediato dalla sua esperienza ecclesiale. In quanto studio critico e insieme meditazione teologica, la trilogia su Gesù di Nazaret si propone di illustrare il cammino messianico di Gesù in mezzo al suo popolo, fino al suo esito pasquale, cui si aggiungono i racconti dell’infanzia. Lo stile adottato dell’autore si avvicina a quello dei Padri della Chiesa, che amavano collegare alcuni riferimenti dell’Antico Testamento alle scene evangeliche, per mostrare la novità di Gesù, in una sorta di continuità con l’antica alleanza. Ciò che la comunità cristiana crede viene così custodito nella fedeltà alle radici ebraiche, sulle quali fiorisce il compimento delle promesse fatte da Dio al suo popolo Israele, per dilatarsi in un orizzonte universale. Al lettore si domanda di lasciarsi avvolgere da quel clima di fiducia che dispone a entrare nella sequela.
Nel primo volume — Dal battesimo alla trasfigurazione — Benedetto XVI mette in risalto la singolare immediatezza del rapporto di Gesù con Dio, al quale si riferisce in quanto Figlio: «Egli vive al cospetto di Dio, non solo come amico ma come Figlio: vive in profonda unità col Padre» (Gesù I, p. 26). In tal modo, quella che potrebbe sembrare una prospettiva “dall’alto”, in verità, appartiene a ciò che i Vangeli trasmettono nel modo più naturale e continuo — potremmo dire “dal basso” del Figlio che si rivolge “all’alto” del Padre. Infatti, mai si dubita che Egli si sia percepito in questa relazione filiale di ascolto e obbedienza: «L’Io di Gesù impersona la comunione di volontà del Figlio col Padre. È un io che ascolta e obbedisce» (Gesù I, p. 145). La viva umanità di Gesù è sempre riferita e orientata al Padre, come alla sua origine e al suo destino. Il Padre sta dietro di Lui, in quanto lo ha inviato; gli sta dinanzi, come Colui che lo sostiene e lo attende. Vengono così in luce i tratti essenziali della figura di Gesù, lungi dalla preoccupazione di entrare nell’intimo della sua coscienza, peraltro di difficile accesso attraverso testi non da Lui scritti. Il volto del Signore, com’è percepito dal senso della fede che ogni credente sa riconoscere, viene qui rappresentato lungo la strada che va dal fiume Giordano al monte Tabor.
L’autore presenta i quadri del ministero pubblico di Gesù nella loro successione cronologica e tematica (il battesimo; le tentazioni; l’annuncio del Regno; il discorso della montagna; l’insegnamento del Padre nostro; i discepoli; le parabole; le immagini giovannee; la professione di fede di Pietro e la trasfigurazione; una conclusione sulle affermazioni di Gesù su se stesso). Egli parte da un testo o da un episodio, ne ricostruisce la base anticotestamentaria, illumina il senso della scena o dell’insegnamento in rapporto ad altri passi evangelici, attinge a qualche interpretazione patristica, per concludere mostrando il significato che questo avvenimento può acquisire per il nostro presente. Senza alcun timore nei confronti del metodo storico-critico, lungi dalla vivisezione di un cadavere che dovrebbe essere rianimato dalla strumentazione esegetica e filologica, l’esposizione dell’autore si muove tra storia e trascendenza. La persona di Gesù è colta nella prospettiva di fede, secondo una profonda ragionevolezza, che si rivolge umilmente alla libertà di chi legge. La scelta di questa ermeneutica fondamentale si basa sul fatto che i Vangeli ci mostrano un Gesù sostanzialmente armonico, pur sotto diverse angolature. Quella che potrebbe apparire come riduzione della pluralità neotestamentaria all’unità del soggetto Gesù Cristo, che parla e agisce coerentemente, in realtà, è ciò da cui trae origine la varietà delle testimonianze evangeliche. Attraverso questa feconda tensione tra unità e pluralità si dischiude l’accesso alla continuità sostanziale tra il Gesù storico dei Vangeli e quello predicato dalla Chiesa.
Il quadro centrale della trilogia — Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione — è composto da dieci scene (ingresso in Gerusalemme e purificazione del Tempio; il discorso escatologico di Gesù; la lavanda dei piedi; la preghiera sacerdotale di Gesù; l’ultima cena; Getsèmani; il processo a Gesù; la crocifissione e la deposizione di Gesù nel sepolcro; la risurrezione di Gesù dalla morte; è salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre e di nuovo verrà nella gloria). Proseguendo con il medesimo stile, l’autore si confronta con la letteratura esegetica e teologica, alla ricerca delle scelte che sostengono la maggiore plausibilità storica degli avvenimenti considerati. Alcuni riferimenti al tempo presente sono rivolti all’attualizzazione del messaggio di Gesù. L’inseparabile legame tra l’identità filiale divina di Gesù, pienamente rivelata nell’evento pasquale, e la professione della fede ecclesiale costituisce la base fondamentale della meditazione teologica. Potremmo dire che in quest’opera, Benedetto XVI espone in forma narrativa e meditativa il contenuto della sua prospettiva cristologica fondamentale, presentata in modo sistematico nel volume Introduzione al cristianesimo (1968). L’essere di Gesù totalmente relativo al Padre, in relazione intima e incomparabile con Lui, è l’assunto centrale su cui si fonda l’inscindibile unità tra il suo essere e agire, dando luogo a una sorta di “concretizzazione ontologica”: «Egli è tutto insieme Figlio, Verbo, missione; il suo agire penetra sino alla estrema radice del suo essere, formando un tutto unico con esso. Ed è precisamente in questa inscindibile unità fra essere e agire, che sta la sua peculiarità» (Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Brescia, Queriniana, 1969, p. 178). La persona di Gesù, Verbo eterno di Dio, vive i giorni della sua carne alla presenza del Padre da cui viene e a cui torna, attraverso il suo ministero di mediatore escatologico del Regno di Dio. Conseguentemente, non è possibile interpretare le affermazioni cristologiche dei Concili antichi in discontinuità con le testimonianze neotestamentarie, nel momento in cui formularono con la concettualità greca quanto proveniente dall’ambiente semitico dei Vangeli. Per introdurre il lettore al mistero dell’origine di Gesù, l’autore ci ha offerto il terzo quadro, sui racconti dell’infanzia («Di dove sei tu?»; l’annuncio della nascita di Giovanni Battista e della nascita di Gesù; la nascita di Gesù a Betlemme: i magi d’oriente e la fuga in Egitto; Gesù dodicenne nel Tempio) — coerentemente con l’evoluzione storica, letteraria e teologica dei Vangeli. La domanda che Pilato rivolge a Gesù — «Di dove sei tu?» (Giovanni, 19, 9) — va ben oltre una richiesta d’informazione; è la domanda sulla sua intima origine e sulla sua vera natura, che sta sotto uno strano paradosso: «L’origine di Gesù è insieme nota e ignota, è apparentemente facile da spiegare e, tuttavia, con ciò non è trattata in modo esauriente» (Infanzia, p. 12). Ora, i Vangeli di Matteo e Luca, per rispondere a questa domanda, premettono ai racconti le loro genealogie. Invece, Giovanni apre il suo Vangelo con un Prologo (1, 1-18), rispondendo in modo differente alla domanda sul “di dove” riguardo a Gesù, che ha come conseguenza la nostra genealogia di credenti. Egli viene da Dio, in principio è con Lui, e la sua carne è la tenda dell’incontro, ove s’inaugura un nuovo modo di essere uomini. Perciò, «chi crede in Gesù, entra, mediante la fede, nell’origine personale e nuova di Gesù, riceve questa origine come origine propria. (...) la nostra vera “genealogia” è la fede in Gesù, che ci dona una nuova provenienza, ci fa nascere “da Dio”» (Infanzia, p. 21). Da questo tipo di accostamento tra le diverse prospettive evangeliche, emerge una profonda coerenza circa l’origine di Gesù: Colui che nasce nel tempo da Maria è il medesimo che era “in principio” presso Dio. Su questa base, sarà possibile formulare il dogma dell’unione ipostatica, senza con ciò inventare quanto nei Vangeli non avrebbe fondamento. In conclusione, con la trilogia di Joseph Ratzinger Benedetto XVI, abbiamo di fronte la vivida rappresentazione del «protagonista finalmente apparso» (Infanzia, p. 27), che non corrisponde al cadavere vivisezionato dell’esegesi scientifica, quanto piuttosto alla presenza attuale di Gesù nella vita della Chiesa, trasmesso dalla tradizione dei testimoni, nella ininterrotta catena che va da Pietro ai suoi successori. Tale opera vale dunque a mostrare che il Verbo di Dio veduto, udito, toccato e contemplato dai discepoli (cfr. 1 Giovanni, 1, 1-4), la cui memoria viva è trasmessa dalla Chiesa, è la misura per tutti coloro che nutrono speranza che Dio possa incontrarli nella storia, nella loro storia.

(©L'Osservatore Romano 11 dicembre 2013)

16 commenti:

  1. Il Signore protegga il fedele mons. Mueller. Solo il cielo sa quanto ne ha bisogno in un ambiente che più che profumo primaverile di rose emana un olezzo degno di una solfatara. L'obiettivo finale non è lui e neppure mons. Georg, ma il nostro amato Papa emerito che temono. L'invocazione della Via Crucis 2005 è attuale oggi come lo era otto anni fa, purtroppo.
    Alessia

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  2. Benedetto, senza nulla concedere in termini di dottrina, ha usato le parole della modernità per rendere comprensibile e condivisibile un'esposizione ch'è anche un invito a credere: una religione per l'anima e per il corpo.
    Arcangela

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  3. OT
    Grazie a Scenron!
    Domani il primo anniversario dello sbarco papale su twitter
    http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/10/un_anno_di_@pontifex._mons._celli:_lungimirante_la_scelta_di_benedetto/it1-754453
    Si chiama “Fides et Labor Benedetto XVI” il progetto di finanza sociale della diocesi di Carpi per sostenere le idee imprenditoriali di giovani che non possono accedere al finanziamento delle banche.
    http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/09/il_vescovo_di_carpi_vara_un_progetto_di_finanza_sociale_a_favore/it1-754151
    Alessia

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  4. grrrr se la donazione di 100 mila€ l'avesse fatta l'attuale Papa lo avrebbero strombazzato al mondo intero e non si sarebbe finito più di elogiarlo, ma lo ha fatto Benedetto XVI e quindi la cosa passa in sordina. Persino il vescovo lo dice come se il tutto fosse dovuto e cosa normale, nemmeno un grazie o un ricordo particolare per quella visita che ricordo fu commovente. E naturalmente il giornalista non si è neppure sognato di fare domande che potessero mettere in luce il bel gesto del Santo Padre. ogni volta me la prendo ma è inutile, ormai è così e niente cambierà mai. un saluto Vighi

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  5. mentre voi parlate di filosofia PF è stato scelto come uomo dell'anno da Time con questa motivazione "Ha fatto uscire il Papato dal palazzo e l’ha portato nelle strade". non mi aspetto che pubblicherete qualcosa in merito, naturalmente. Vera.

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  6. Fai bene a non aspettartelo, Vera!
    A volte il silenzio vale piu' di mille parole...
    R.

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  7. Forse non se ne rende conto, Vera, ma la scelta di proclamare Bergoglio "uomo dell'anno" non è una buona notizia per Bergoglio in primis.
    Alessia

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  8. Veramente vera fino qualche giorno fa a votazioni in corso sul time si leggeva che Francesco aveva abolito i dogmi cattolici, poi quasi alla fine hanno corretto. Magari moti voti erano arrivati per quello, oltre al papato fuori dal palazzo. Credo che chi scrive qui debba più rispetto al Papa che qui da soli hanno dovuto supportare per otto anni e smetterla di contrapporre demagogia a filosofia. Non è detto che l'una sia meglio dell'altra. E liquidare un uomo libero che non si è mai preoccupato di piacere al mondo, e sottoscrivo la mia stima da non credente non allineato alla morale cattolica, con filosofia, è oltre che irrispettoso banale. Il silenzio spesso è d'oro, quando vale più di mille parole e anche quando un bel tacere non fu mai scritto. Ma forse in passato scrivevi qui con altro nick, immagino anche di ricordare quale

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  9. Personalmente ho smesso di leggere il time da quando un pò' di anni fa sono cambiati i miei principii e non coincidevano più con alcune battaglie che porta avanti,ma si dovrebbe sapere ormai che qui non c'è aggiornamento sulla quotidianità del Papa, non è più utile nè necessario. Se si fa filosofia, a chi non piace la filosofia consiglio di cancellare il link del blog, ce ne faremo una ragione, si affrontano dispiaceri più grandi nella vita di tutti i giorni

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  10. Veramente il Time ha anche detto che il Papa ha portato la chiesa vicina la mondo. Ma non dovrebbe essere al contrario? Oppure questa è una delle rivoluzioni della nuova primavera? Teresa

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  11. Il plauso del mondo non è mai una buona notizia per un papa.
    Ricordiamolo una volta per tutte che Pietro è stato crocifisso non osannato.
    Questo premio deriva dal silenzio sui principi etici non negoziabili ed è il rovescio della medaglia rispetto a un altro premio negato: il nobel a Giovanni Paolo II.
    Il messaggio è limpido: parli e vieni messo all'angolo, taci e vieni premiato.
    No, non è una bella notizia.

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  12. La UE non vuole farsi surclassare dalle americanate del Time e con una perfetta europeata proclama Papa Bergoglio "comunicatore dell'anno". Se tanto mi da tanto il prossimo colpo sarà il nobel per la pace. Cero che se un Papa parla prevalentemente opportune come può non essere considerato "dei loro"?Dopo Obama tutto è possibile.
    Spero sia soddisfatta, Vera.
    alessia

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  13. credo che il riconoscimento del Time sia imbarazzante e per le modalità con cui è stato assegnato, dopo settimane di papa antidogma propagandate e per la motivazione del premio che sembra scritta da un gesuita in curia in overdose di apologetica.
    All'estero ci sono commentatori che hanno colto più di un lato della medaglia e l'hanno fatto serenamente notare.
    Anche il titolo dell'Osservatore che il premio dimostrerebbe la vitalità della chiesa appare, a me, demenziale.
    Il premio dimostra tante cose che non stiamo qui ad elencare, ma la vitalità della Chiesa la conosce sicuramente meglio il Padre Eterno e non credo che i criteri di riferimento suoi siano gli stessi del Time.
    Nel complesso un'operazione mediatica farisaica che fa eccitare la Santa Sede ma che non ha nessun valore cristiano, almeno per me.
    Apro una parentesi anche per i frequentatori del blog che sotto vari nickname tornano come certi zombies dei film di Carpenter. Ma non vi siete ancora stancati?Non avete di meglio da fare?

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  14. Leggo su Twitter di una ospitata in pompa magna del buon Lombardi:

    #PapaFrancesco tra Chiesa e media. Ne parliamo a #tvtalk (h14.50) con padre Lombardi, @ferrarailgrasso, Piero Badaloni e @americanatvblog.

    Che dire? Complimenti per la straordinaria capacita' comunicativa...e dire che le persone sono sempre le stesse rispetto ad un anno fa...misteri ma non della fede!
    R.

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  15. anche Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono finiti sulla stessa copertina di quel giornale. per la cronaca. Vera

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  16. Eh appunto...i Papi piu' amati dai media. Chiediamoci il perche' di tali scelte.
    Su Giovanni Paolo II il Time cambio' idea quando si accorse che la sua mediaticita' non gli impediva (anzi!) di schierarsi contro cio' che non era politicamente corretto e gradito ai mezzi di comunicazione.
    R.

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