Grazie al lavoro della nostra Gemma vediamo la seconda parte dell'incontro di Benedetto XVI con i seminaristi del Seminario Romano Maggiore nel febbraio 2007. Si trattava di un appuntamento a cui il Santo Padre teneva moltissimo :-)
La prima parte delle risposte "a braccio" è visualizzabile qui.
Qui invece la trascrizione integrale.
R.
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lunedì 30 giugno 2014
domenica 29 giugno 2014
Benedetto XVI racconta la sua esperienza di seminarista (Risposte "a braccio" ai seminaristi romani, 2007, 1a parte)
Carissimi amici, nel giorno del 63° anniversario di ordinazione sacerdotale di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e Solennità dei Santi Pietro e Paolo, rivediamo, grazie al lavoro della nostra Gemma, l'incontro del Santo Padre con i seminaristi del Seminario Romano Maggiore nel 2007.
Le riflessioni con i giovani sono sempre stati un appuntamento irrinunciabile per Benedetto XVI. Si recò dai "suoi" seminaristi anche l'8 febbraio 2012, a tre giorni dalla rinuncia.
Vediamo la prima parte delle risposte date "a braccio" nel 2007 dal Papa.
Qui la trascrizione integrale.
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63 anni fa Joseph Ratzinger veniva ordinato sacerdote: gli auguri del blog
Carissimi amici, il 29 giugno 1951, 63 anni fa, Joseph Ratzinger veniva ordinato sacerdote nel Duomo di Frisinga.
Siamo uniti nella preghiera a Benedetto ringraziando Dio per questo grandissimo dono di una vita interamente dedicata al Signore ed alla sua Chiesa!
Di seguito lo speciale del blog realizzato due anni fa:
29 GIUGNO 2011: 60° ANNIVERSARIO DELL'ORDINAZIONE PRESBITERALE DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI: LO SPECIALE DEL BLOG
Eccezionale documento: il video dell'ordinazione sacerdotale di padre Joseph Ratzinger
PREGHIERA DEL PAPA PER IL SUO 60° ANNIVERSARIO DI SACERDOZIO
venerdì 27 giugno 2014
37 anni fa Joseph Ratzinger diventava cardinale. Paolo VI: il suo alto magistero teologico in prestigiose cattedre universitarie della sua Germania e in numerose e valide pubblicazioni ha fatto vedere come la ricerca teologica non possa e non debba andare mai disgiunta dalla profonda, libera, creatrice adesione al Magistero
37 anni fa, il 27 giugno 1977, Papa Paolo VI creava cardinale l'allora arcivescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger.
Ci uniamo nella preghiera al Papa Emerito ringraziando Dio per avercelo donato come teologo, vescovo, cardinale e Pontefice. Rileggiamo il discorso di Paolo VI in occasione del suo ultimo Concistoro.
Raffaella
DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI IN OCCASIONE DEL CONCISTORO PER LA NOMINA DI QUATTRO CARDINALI
Lunedì, 27 giugno 1977
Ringraziamo di cuore il Cardinale Sotto-Decano per le parole, animate da esemplare fedeltà e devozione, che ci ha testé rivolte. Esse bene esprimono i sentimenti di tutti voi, Venerati Fratelli nostri, che ci fate corona in questo Concistoro. E certamente interpretano i sentimenti, a noi ben noti, del venerato Cardinale Decano, Luigi Traglia, al quale va il nostro pensiero affettuoso, accompagnato dalla preghiera affinché il Signore gli sia vicino e lo conforti nella sua grave infermità.
Oggi, nuovi membri - servitori eletti della Chiesa e in vari e gravi ministeri - saranno aggregati al Sacro Collegio: una gioia sincera accomuna i nostri cuori per questo segno eloquente di vitalità e di fedeltà.
Il Concistoro è circostanza solenne nella vita della Chiesa: i Cardinali, stretti intorno al Papa, esprimono anche visibilmente l’unità che la fa vivere: questo è un momento privilegiato nella vita della Chiesa, perché il Successore di Pietro si trova insieme con i suoi più stretti collaboratori e consiglieri, espressione di collegialità episcopale, ad essi confida le sue sollecitudini pastorali e universali, e tratta con loro dei problemi ecclesiali che più gli stanno a cuore.
I
Anzitutto un profondo ringraziamento a Dio, che il compimento di un nuovo anno di Pontificato rende più commosso. Il Papa si sente sostenuto dall’affetto, dalla preghiera, dalla cooperazione di tutte le componenti della Chiesa: Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, associazioni cattoliche, fedeli tutti. È una grande corrente di fede e di comunione, che non può non rendere pensosi anche i distratti e i lontani, e a noi ispira sentimenti di fiducia, di serenità, di ottimismo, basati sulla parola di Cristo: «Ego sum, nolite timere» (Matth. 14, 27); «Confidite!» (Marc. 6, 50; cfr. Io. 16, 33); «Vobiscum sum» (Matth. 28, 20).
Prima di gettare uno sguardo su problemi più vasti, ci piace ricordare un evento che interessa da vicino la diocesi romana, quella Sede, cioè, per cui siamo legati per divina disposizione al governo e alla responsabilità della Chiesa universale. Ne parliamo ancora a voi, venerati Fratelli nostri, perché, a strettissimo titolo, siete membri di questa stessa Chiesa di Roma, ad essa incardinati in virtù di quel Titolo, che vi rende partecipi per eccellenza del presbiterio romano e, come tali, «gaudium meum et corona mea»! (Phil. 4, 1). Vogliamo alludere alla riforma del Vicariato, attuata il 6 gennaio scorso mediante la Costituzione Apostolica «Vicariae Potestatis». Come dicemmo nella splendente cornice della Cattedrale di Roma, per la promulgazione della riforma del Vicariato, questa, oltre che atto di piena fiducia nei nostri diretti collaboratori - in primo luogo il nostro Cardinale Vicario -, ha voluto «mettere in più chiara luce il naturale legame che esiste tra la persona del Papa, Vescovo di Roma, e la sua diocesi, con la conseguente necessità della comunione dottrinale e pastorale con lui di tutta la comunità diocesana» (PAULI PP. VI Vicariae Potestatis in Urbe: AAS 69 (1977) 55). La partecipazione di tutte le componenti della nostra diocesi è stata poi definita e precisata attentamente nei suoi compiti di collaborazione, di coordinamento, di corresponsabilità, stimolando ciascuna, nell’ambito suo proprio, all’impegno sia della animazione cristiana della Città secondo gli orientamenti nati dal Concilio e dal Post-Concilio, sia della promozione umana, che il colossale sviluppo dell’Urbe postula a tutti i livelli. Né è mancato il riordinamento dei Tribunali secondo una visuale più consona alle odierne esigenze.
Noi tanto ci aspettiamo da questa riforma diocesana per il rinvigorimento costante della pastorale nella Città ch’è nostra a titolo particolare, e che deve rifulgere davanti a tutta la Chiesa come centro operante, fervoroso e ordinato di autentica vita cristiana.
II
In questo momento sentiamo altresì il bisogno di gettare uno sguardo sull’intera Chiesa che Cristo ci ha affidata come pegno supremo del suo amore: «Pasce agnos meos; pasce oves meas» (Io. 21, 15 ss.). Il Papa, come una vigile sentinella, ha sotto gli occhi la Chiesa di Cristo, viva nella fede, unita nella lode a Dio, pulsante nella carità.
La Chiesa è sempre il «signum levatum in nationibus procul» (Cfr. Is. 5, 26; 11, 12); eccone alcuni segni eloquenti:
1. presenza operante nel mondo, specie dove il bisogno reclama l’intervento della sua carità;
2. lo sforzo missionario, che non abbiamo mancato di illustrare e di stimolare in diverse occasioni;
3. incremento delle vocazioni abbastanza sensibile in vari paesi, che deve fare attenti i nostri diletti sacerdoti a cogliere i segni della vocazione nell’animo degli adolescenti e dei giovani per far brillare davanti ad essi l’attraente e severa bellezza di una vita totalmente consacrata a Dio e al prossimo, con animo indiviso;
4. la testimonianza della coerenza e del lievito evangelico in mezzo ai problemi più scottanti che l’individualismo e l’edonismo di oggi le pongono davanti come una sfida;
5. l’opera di soccorso e di promozione sociale, svolta in varie circostanze di cataclismi naturali e di umane sofferenze, e specialmente a favore delle giuste e indilazionabili esigenze dei Paesi emergenti: e a questo proposito ci piace anche qui menzionare che si è compiuto di recente il decimo anniversario della «Populorum Progressio», mentre ringraziamo di quanto è stato fatto per ricordare il significato, la portata, gli intenti di quel documento, la cui attuazione ci sta tanto a cuore;
6. i contatti instancabili con le Autorità civili per garantire, confermare e incrementare la libertà di annunciare il Vangelo per gli Episcopati nei singoli Paesi, e tutelare la sfera di azione della Chiesa: in questa luce si collocano i continui incontri del Papa con uomini di Stato e della vita internazionale, come pure l’accreditamento degli Ambasciatori presso la Sede Apostolica.
Tutto si riconduce al noto binomio, nel quale la Chiesa si sente oggi particolarmente impegnata: evangelizzazione e promozione umana.
III
Un punto particolare della vita della Chiesa attira oggi di nuovo l’attenzione del Papa: i frutti indiscutibilmente benèfici della riforma liturgica. Dalla promulgazione della Costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» è avvenuto un grande progresso, che risponde alle premesse poste dal movimento liturgico dello scorcio finale del sec. XIX, e ne ha adempiute le aspirazioni profonde, per cui tanti uomini di Chiesa e studiosi hanno lavorato e pregato. Il nuovo Rito della Messa, da noi promulgato dopo lunga e responsabile preparazione degli organi competenti, e nel quale sono stati introdotti, accanto al Canone Romano, rimasto sostanzialmente immutato, altre eulogie eucaristiche, ha portato frutti benedetti: maggiore partecipazione all’azione liturgica; più viva consapevolezza dell’azione sacra; maggiore e più ampia conoscenza dei tesori inesauribili della Sacra Scrittura; incremento del senso comunitario nella Chiesa.
Il corso di questi anni dimostra che siamo nella via giusta. Ma vi sono stati, purtroppo - pur nella grandissima maggioranza delle forze sane e buone del clero e dei fedeli - abusi e libertà nell’applicazione. È venuto il momento, ora, di lasciar cadere definitivamente i fermenti disgregatori, ugualmente perniciosi nell’un senso e nell’altro, e di applicare integralmente nei suoi giusti criteri ispiratori, la riforma da Noi approvata in applicazione ai voti del Concilio.
- Ai contestatori che, in nome di una mal compresa libertà creativa, hanno portato tanto danno alla Chiesa con le loro improvvisazioni, banalità, leggerezze - e perfino con qualche deplorevole profanazione -Noi chiediamo severamente di attenersi alla norma stabilita: se questa non venisse rispettata, ne potrebbe andare di mezzo l’essenza stessa del dogma per non dire della disciplina ecclesiastica, secondo l’aurea norma:«lex orandi, lex credendi». Chiediamo fedeltà assoluta per salvaguardare la «regula fìdei». Siamo certi che, in quest’opera, ci sovviene l’instancabile, oculata, paterna azione dei Vescovi, responsabili della fede e della preghiera nelle singole diocesi.
- Ma con pari diritto ammoniamo coloro che contestano e si irrigidiscono nel loro rifiuto sotto il pretesto della tradizione, affinché ascoltino com’è loro stretto dovere, la voce del Successore di Pietro e dei Vescovi, riconoscano il valore positivo delle modificazioni «accidentali» introdotte nei sacri Riti (che rappresentano vera continuità, anzi spesso rievocazione dell’antico nell’adattamento al nuovo), e non si ostinino in una chiusura preconcetta, che non può essere assolutamente approvata. Li scongiuriamo, in nome di Dio: «Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo» (2 Cor. 5, 20).
IV
Queste raccomandazioni che ci scaturiscono dal cuore, vogliono sottolineare la sentita necessità di quell’unità della Chiesa, di cui abbiamo parlato all’inizio di questa Allocuzione.
Intendiamo anzitutto l’unità nella carità. Alla vigilia dell’Anno Santo, Noi lanciammo un pressante appello alla riconciliazione all’interno della Chiesa (Cfr. PAULI PP. VI Paterna cum Benevolentia, 8 dec. 1974: AAS 67 (1975) 5-23). Crediamo necessario d’insistere nuovamente su quell’appello, poiché, ci sembra, il gregge tende talora a dividersi, e i membri della Chiesa subiscono la tentazione del mondo di opporsi fra di loro. Ora, è nell’ardore posto nella ricerca dell’unità che si riconoscono i veri discepoli del Cristo; è nell’armonia di sentimenti fraterni, ispirati a umiltà, a mutuo rispetto, a benevolenza, a comprensione, che le comunità cristiane riflettono il vero volto della Chiesa, mentre invece lo spettacolo delle divisioni nuoce alla credibilità del messaggio cristiano. Noi ci rivolgiamo pertanto a tutti i nostri figli affinché sian banditi dall’interno della Comunità ecclesiale quei motivi di critica corrosiva, di divisione degli animi, di insubordinazione all’autorità, di sospetto reciproco che talora han potuto paralizzare energie spirituali ricchissime e trattenere il moto di conquista della Chiesa a favore del Regno di Dio. Desideriamo che tutti si sentano a proprio agio nella famiglia ecclesiale, senza preclusioni o isolamenti nocivi all’unità nella carità, e che non si cerchi il prevalere di alcuni a detrimento di altri. «Cor unum et anima una» (Act. 4, 32). Come i cristiani della prima comunità madre di Gerusalemme, sotto l’ombra di Pietro, dobbiamo lavorare, pregare, soffrire, lottare per dare testimonianza a Cristo Risorto, «usque ad ultimum terrae» (Ibid. 1, 8).
Ma il Cristo ha voluto che questa unità nella carità non sia mai disgiunta dall’unità nella verità, senza di cui la prima potrebbe allearsi ad un pluralismo insostenibile o ad un indifferentismo esiziale. La «regula fidei», alla quale abbiamo già accennato, esige questa perfetta coesione nella fedeltà alla Parola di Dio, senza che sia mai offuscata la pura sorgente di verità, zampillante dalla Trinità Santissima e comunicata agli uomini da Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, la Pietra d’angolo su cui si fonda la Chiesa; né mai si interrompa la continuità che ha tramandato quella Rivelazione nei secoli con immutata fedeltà, e ne ha tratto dal di dentro i tesori in essa nascosti, in continuo approfondimento, ma «eodem sensu eademque sententia» (S. VINCENTII LIRINENSIS Commonitorium, 23).
Ma chi secondo l’insegnamento stesso di Cristo, e secondo la costituzione immutabile della Chiesa, è responsabile del giudizio da emettere circa la fedeltà al deposito della fede, circa la conformità di una dottrina o di una regola di condotta con la tradizione vivente della Chiesa? È il Magistero autentico, che emana dalla Sede Apostolica e dall’insieme dei Pastori in comunione con essa. Tale è sempre stata, fin dalle origini, la pietra di paragone della verità, si tratti di fede o di morale, della disciplina dei sacramenti, degli orientamenti più importanti della pastorale per l’annuncio del Vangelo nel mondo.
È ben necessario oggi ricordare questo, dal momento che certune interpretazioni dottrinali mettono in pericolo la fede di credenti non sufficientemente maturi o preparati. Come già abbiam fatto, trattando degli abusi nella liturgia, Noi siamo certi che i Vescovi vigilano incessantemente su questo punto; e tutti noi invitiamo caldamente, Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli, a operare unanimi per l’unità nella verità.
Ed esprimiamo ancora, col cuore pieno di tristezza, la sofferenza che ci procurano le illegittime ordinazioni, che un nostro Fratello nell’episcopato recidivamente ha conferito ieri e si accinge a conferire e che noi deploriamo fermamente. Agendo così, egli accentua la sua opposizione personale alla Chiesa e la sua azione di divisione e di ribellione su temi di estrema gravità, nonostante le nostre pazienti esortazioni e la sospensione incorsa con l’interdizione formale a persistere nei suoi propositi contrari alla norma canonica. Sono così posti dei giovani al di fuori del ministero autentico, che sarà loro proibito di esercitare dalla legge sacrosanta della Chiesa: sono trascinati i fedeli, che li seguiranno, in un’attitudine di turbamento, se non addirittura di rivolta fortemente pregiudizievole ad essi stessi e alla comunione ecclesiale. Quali ne siano i pretesti, ciò costituisce una ferita inferta alla Chiesa, una di quelle che San Paolo condannava così severamente. Noi supplichiamo quel nostro Fratello: voglia porre attenzione alla frattura che egli opera, al disorientamento che arreca, alla divisione che introduce, con gravissima responsabilità. I nostri Predecessori alla cui disciplina egli presume di appellarsi, non avrebbero tollerato tanto a lungo, quanto noi pazientemente abbiam fatto, una disobbedienza altrettanto ostinata quanto dannosa. Vi chiediamo di pregare con noi lo Spirito Santo affinché illumini le coscienze.
Cristo ha voluto la sua Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Ma se si infrange l’unità, da una parte o dall’altra, un’ombra si diffonde sulla intera realtà ecclesiale nelle sue note costitutive. Per l’unità Cristo ha pregato (Io. 17, 20-26); per l’unità ha dato la vita: «Iesus moriturus erat . . . ut filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum» (Ibid. 11, 51 ss.); l’unità Egli ha affidato alla Chiesa nascente, perché fosse testimone unanime della Parola di Dio e della sua salvezza davanti al mondo e per il mondo.
Questa unità, che la Chiesa Cattolica custodisce intatta, noi raccomandiamo instantemente a tutti i nostri Fratelli e figli. Nella imminenza della Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa per la quale han dato la vita, noi ne affidiamo loro la tutela; invochiamo per questo l’intercessione della Madonna, Mater Ecclesiae. E chiedendo la generosa, consapevole, attiva cooperazione di tutti i nostri Fratelli e Figli, impartiamo la particolare Benedizione Apostolica, avvaloratrice di fermi e salutari propositi.
E ora nominiamo Cardinali di Santa Romana Chiesa gli eletti ecclesiastici, che elenchiamo per nome:
Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze;
Bernardin Gantin, Arcivescovo già di Cotonou;
Joseph Ratzinger, Arcivescovo di Monaco e Frisinga;
Luigi Ciappi, Vescovo tit. di Miseno.
Ad essi aggreghiamo Francesco Tomášek, Vescovo tit. di Buto, Amministratore Apostolico di Praga, il cui nome ci riservammo «in pectore» nel Concistoro dello scorso anno.
L’Allocuzione di Paolo VI durante il Concistoro Pubblico
Il Concistoro, celebrato stamani nel Palazzo Apostolico secondo la vetusta tradizione, trova in quest’Aula la sua prosecuzione e il suo coronamento. Imporremo tra qualche istante la Berretta ai nuovi Cardinali. E questi salutiamo cordialmente, ormai fatti membri anch’essi del Sacro Collegio.
Salutiamo altresì le delegazioni, qui presenti: Vescovi, Autorità civili e militari, membri del Clero e dei fedeli, venuti a far corona ai nuovi eletti in rappresentanza dei paesi di origine, come delle diocesi di cui tre di essi sono Pastori. Tutti li ringraziamo di esser venuti a questo importante avvenimento ecclesiale.
Ma il nostro ringraziamento va qui anzitutto al Neo-Cardinale Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze, che ha saputo così bene interpretare i sentimenti che si agitano nell’animo suo e dei suoi Confratelli nell’Episcopato, come nella dignità cardinalizia a cui sono stati chiamati, in questo momento della loro vita.
Il singolare carattere di questa cerimonia finale del Concistoro, ci suggerisce alcune riflessioni su un tema che a noi pare fondamentale, e specifico di questa cerimonia: la fedeltà.
È appunto quanto abbiamo voluto sottolineare nell’indire il Concistoro di quest’anno. Effettivamente, i degnissimi e venerati ecclesiastici che abbiamo testé aggregato al numero dei Cardinali, si distinguono tutti e precipuamente per questa dote: l’assoluta fedeltà, che da essi è stata vissuta, in questo periodo Post-conciliare ricco di fermenti sani ma anche di elementi disgregatori, in una continua disponibilità, in un diuturno servizio, in una totale dedizione a Cristo, alla Chiesa, al Papa, senza flessioni, senza tentennamenti, senza transazioni. Nell’adempimento di delicatissimi incarichi, voi, che da oggi chiameremo nostri venerati Fratelli, avete offerto davanti alla Chiesa intera una testimonianza incomparabile di fedeltà.
Di questa fedeltà siamo lieti di rendere ora pubblico attestato: anzitutto a Lei, Cardinale Benelli che ci è stato tanto vicino fin da tempi lontani, e soprattutto nei dieci anni in cui, come Sostituto della Segreteria di Stato, ha dato operosa esecuzione alla nostra volontà, senza risparmio di tempo e di energie, ininterrottamente, instancabilmente: e se tanto .ci è costato privarci della sua collaborazione, abbiam pensato al bene che ne verrà alla Chiesa di Firenze, alla quale facciam dono delle sue doti, della sua dedizione, del suo spirito di sacrificio.
Diamo egualmente atto di questa fedeltà a Lei, Cardinale Gantin, che, dopo aver servito esemplarmente la sua arcidiocesi nativa di Cotonou, nel Benin (come ora si chiama l’antico Dahomey), in un primo tempo è stato Segretario del Dicastero che promuove la evangelizzazione nel mondo, e ora presiede alla Commissione «Iustitia et Pax», da noi istituita per l’avvaloramento della buona causa della giustizia e della pace, specie a favore dei Paesi emergenti.
Diamo attestato di questa fedeltà anche a Lei, Cardinale Ratzinger, il cui alto magistero teologico in prestigiose cattedre universitarie della sua Germania e in numerose e valide pubblicazioni, ha fatto vedere come la ricerca teologica - nella via maestra della «fides quaerens intellectum» - non possa e non debba andare mai disgiunta dalla profonda, libera, creatrice adesione al Magistero che autenticamente interpreta e proclama la Parola di Dio; e che ora, dalla Sede arcivescovile di Monaco e Frisinga, Ella guida con tanta nostra fiducia un eletto gregge sulle vie della verità e della pace.
E diamo atto a Lei, Cardinale Ciappi, di una fedeltà che è stata sempre per Lei come una seconda natura, e ha ispirato il suo insegnamento presso l’«Angelicum», come Decano della Facoltà di Sacra Teologia, e quindi come apprezzatissimo, umile, autorevole Padre Teologo della Casa Pontificia già con i nostri Predecessori di v. m. Pio XII e Giovanni XXIII, come pure in questi quattordici anni del nostro Pontificato. Il nostro gesto vuol essere premio per questo servizio preziosissimo, e altresì ulteriore riconoscimento dell’Ordine Domenicano, di cui Ella è figlio esemplare.
E infine, quale non è stata la fedeltà del Cardinale Tomášek, che ci rallegriamo di vedere qui in mezzo a noi, dopo di averne pubblicato il nome rimasto «in pectore» fin dal Concistoro del maggio dello scorso anno? La sua lunga e generosa opera di sacerdote e di Vescovo nella dilettissima Cecoslovacchia, con sempre evangelica dirittura e coerenza, doveva così esser da noi segnalata davanti alla Chiesa e alla società civile, come pegno di un domani più sereno e costruttivo.
Pubblicamente vi ringraziamo, venerati Fratelli nostri, dell’esempio di questa meritoria e benefica fedeltà: ma se di ciò abbiamo dato a voi pubblica testimonianza, non vogliamo certo dimenticare le mille e mille vite, che si spendono nel silenzio, nella preghiera, nella fatica, per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli: pensiamo alla gioventù sana ed eroica che si mantiene fedele alla Legge divina e agli imperativi della coscienza in mezzo a pericoli di ogni genere; pensiamo ai padri e alle madri di famiglia, che mantengono fede agli impegni del sacramento del matrimonio e fanno dei loro focolari una «piccola Chiesa», una fucina di educazione, una scuola di apostolato; pensiamo ai carissimi seminaristi, che si preparano al sacerdozio nella fedeltà ad un programma austero e letificante di vita interiore, di studio, di autodisciplina; pensiamo a quei generosi sacerdoti, che, nella monotonia di una vita oscura e nascosta, si prodigano nella predicazione della Parola di Dio, nel ministero della riconciliazione, nella cura degli infermi, nella formazione degli adolescenti, nelle opere varie e molteplici dell’apostolato. A tutti il nostro riconoscimento: sì, lo sappiano, noi siamo loro grati, noi li benediciamo, noi li ricordiamo. Questo giorno, che parla a noi tutti di fedeltà, è stupenda occasione per riconoscere e incoraggiare la fedeltà che, in grandissima parte, vive nella Chiesa, senza lasciarsi influenzare dalle novità delle ideologie, dalla smania dell’applauso mondano, dalla ricerca del proprio tornaconto.
Ecco, Fratelli e Figli, il significato che la cerimonia di oggi riveste. Perché anche il giuramento che faranno ora i nuovi Cardinali non è altro che un nuovo e più vasto impegno di fedeltà. Li sentiremo ripetere: «Promitto et iuro, me ab hac hora deinceps, quamdiu vixero, fidelem Christo eiusque Evangelio atque oboedientem beato Petro sanctaeque Apostolicae Romanae Ecclesiae . . . constanter fore». La fedeltà che oggi giurate qualificherà ognor più la vostra attività, la vostra vita: sia come membri eletti del Presbiterio romano, a cui i Titoli a voi assegnati vi stringeranno anche visibilmente; sia come nostri collaboratori in Vari Dicasteri della Curia Romana, cioè particolarmente mancipati al servizio della Sede Apostolica e delle esigenze dell’intera famiglia ecclesiale; sia come responsabili delle diocesi, che ad alcuni di voi sono affidate, e nelle quali svolgerete il triplice dovere pastorale del magistero, del ministero, del governo in qualità di Maestri, di Liturghi, di Pastori, in comunione con questa Cattedra di Pietro, che conta su di voi e sulle vostre Chiese. Come già dicemmo qui, nel Concistoro dello scorso anno, «è come una corrente di vita che fluisce dal centro verso i singoli punti locali, di qui al centro ritorna, in un unico scambio di vitalità e di amore, che manifesta l’intima fecondità ed unità della Chiesa di Cristo» (AAS 68 (1976) 388).
Ci aiuti, in questo proposito, la Madonna «Virgo Fidelis», sempre attenta alla Parola di Dio, e ci insegni a viverla e ad approfondirla. E custodisca l’impegno di tutti la grazia del Signore, a cui ci affidiamo con immensa speranza, con totale fiducia.
Ci uniamo nella preghiera al Papa Emerito ringraziando Dio per avercelo donato come teologo, vescovo, cardinale e Pontefice. Rileggiamo il discorso di Paolo VI in occasione del suo ultimo Concistoro.
Raffaella
DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI IN OCCASIONE DEL CONCISTORO PER LA NOMINA DI QUATTRO CARDINALI
Lunedì, 27 giugno 1977
Ringraziamo di cuore il Cardinale Sotto-Decano per le parole, animate da esemplare fedeltà e devozione, che ci ha testé rivolte. Esse bene esprimono i sentimenti di tutti voi, Venerati Fratelli nostri, che ci fate corona in questo Concistoro. E certamente interpretano i sentimenti, a noi ben noti, del venerato Cardinale Decano, Luigi Traglia, al quale va il nostro pensiero affettuoso, accompagnato dalla preghiera affinché il Signore gli sia vicino e lo conforti nella sua grave infermità.
Oggi, nuovi membri - servitori eletti della Chiesa e in vari e gravi ministeri - saranno aggregati al Sacro Collegio: una gioia sincera accomuna i nostri cuori per questo segno eloquente di vitalità e di fedeltà.
Il Concistoro è circostanza solenne nella vita della Chiesa: i Cardinali, stretti intorno al Papa, esprimono anche visibilmente l’unità che la fa vivere: questo è un momento privilegiato nella vita della Chiesa, perché il Successore di Pietro si trova insieme con i suoi più stretti collaboratori e consiglieri, espressione di collegialità episcopale, ad essi confida le sue sollecitudini pastorali e universali, e tratta con loro dei problemi ecclesiali che più gli stanno a cuore.
I
Anzitutto un profondo ringraziamento a Dio, che il compimento di un nuovo anno di Pontificato rende più commosso. Il Papa si sente sostenuto dall’affetto, dalla preghiera, dalla cooperazione di tutte le componenti della Chiesa: Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, associazioni cattoliche, fedeli tutti. È una grande corrente di fede e di comunione, che non può non rendere pensosi anche i distratti e i lontani, e a noi ispira sentimenti di fiducia, di serenità, di ottimismo, basati sulla parola di Cristo: «Ego sum, nolite timere» (Matth. 14, 27); «Confidite!» (Marc. 6, 50; cfr. Io. 16, 33); «Vobiscum sum» (Matth. 28, 20).
Prima di gettare uno sguardo su problemi più vasti, ci piace ricordare un evento che interessa da vicino la diocesi romana, quella Sede, cioè, per cui siamo legati per divina disposizione al governo e alla responsabilità della Chiesa universale. Ne parliamo ancora a voi, venerati Fratelli nostri, perché, a strettissimo titolo, siete membri di questa stessa Chiesa di Roma, ad essa incardinati in virtù di quel Titolo, che vi rende partecipi per eccellenza del presbiterio romano e, come tali, «gaudium meum et corona mea»! (Phil. 4, 1). Vogliamo alludere alla riforma del Vicariato, attuata il 6 gennaio scorso mediante la Costituzione Apostolica «Vicariae Potestatis». Come dicemmo nella splendente cornice della Cattedrale di Roma, per la promulgazione della riforma del Vicariato, questa, oltre che atto di piena fiducia nei nostri diretti collaboratori - in primo luogo il nostro Cardinale Vicario -, ha voluto «mettere in più chiara luce il naturale legame che esiste tra la persona del Papa, Vescovo di Roma, e la sua diocesi, con la conseguente necessità della comunione dottrinale e pastorale con lui di tutta la comunità diocesana» (PAULI PP. VI Vicariae Potestatis in Urbe: AAS 69 (1977) 55). La partecipazione di tutte le componenti della nostra diocesi è stata poi definita e precisata attentamente nei suoi compiti di collaborazione, di coordinamento, di corresponsabilità, stimolando ciascuna, nell’ambito suo proprio, all’impegno sia della animazione cristiana della Città secondo gli orientamenti nati dal Concilio e dal Post-Concilio, sia della promozione umana, che il colossale sviluppo dell’Urbe postula a tutti i livelli. Né è mancato il riordinamento dei Tribunali secondo una visuale più consona alle odierne esigenze.
Noi tanto ci aspettiamo da questa riforma diocesana per il rinvigorimento costante della pastorale nella Città ch’è nostra a titolo particolare, e che deve rifulgere davanti a tutta la Chiesa come centro operante, fervoroso e ordinato di autentica vita cristiana.
II
In questo momento sentiamo altresì il bisogno di gettare uno sguardo sull’intera Chiesa che Cristo ci ha affidata come pegno supremo del suo amore: «Pasce agnos meos; pasce oves meas» (Io. 21, 15 ss.). Il Papa, come una vigile sentinella, ha sotto gli occhi la Chiesa di Cristo, viva nella fede, unita nella lode a Dio, pulsante nella carità.
La Chiesa è sempre il «signum levatum in nationibus procul» (Cfr. Is. 5, 26; 11, 12); eccone alcuni segni eloquenti:
1. presenza operante nel mondo, specie dove il bisogno reclama l’intervento della sua carità;
2. lo sforzo missionario, che non abbiamo mancato di illustrare e di stimolare in diverse occasioni;
3. incremento delle vocazioni abbastanza sensibile in vari paesi, che deve fare attenti i nostri diletti sacerdoti a cogliere i segni della vocazione nell’animo degli adolescenti e dei giovani per far brillare davanti ad essi l’attraente e severa bellezza di una vita totalmente consacrata a Dio e al prossimo, con animo indiviso;
4. la testimonianza della coerenza e del lievito evangelico in mezzo ai problemi più scottanti che l’individualismo e l’edonismo di oggi le pongono davanti come una sfida;
5. l’opera di soccorso e di promozione sociale, svolta in varie circostanze di cataclismi naturali e di umane sofferenze, e specialmente a favore delle giuste e indilazionabili esigenze dei Paesi emergenti: e a questo proposito ci piace anche qui menzionare che si è compiuto di recente il decimo anniversario della «Populorum Progressio», mentre ringraziamo di quanto è stato fatto per ricordare il significato, la portata, gli intenti di quel documento, la cui attuazione ci sta tanto a cuore;
6. i contatti instancabili con le Autorità civili per garantire, confermare e incrementare la libertà di annunciare il Vangelo per gli Episcopati nei singoli Paesi, e tutelare la sfera di azione della Chiesa: in questa luce si collocano i continui incontri del Papa con uomini di Stato e della vita internazionale, come pure l’accreditamento degli Ambasciatori presso la Sede Apostolica.
Tutto si riconduce al noto binomio, nel quale la Chiesa si sente oggi particolarmente impegnata: evangelizzazione e promozione umana.
III
Un punto particolare della vita della Chiesa attira oggi di nuovo l’attenzione del Papa: i frutti indiscutibilmente benèfici della riforma liturgica. Dalla promulgazione della Costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» è avvenuto un grande progresso, che risponde alle premesse poste dal movimento liturgico dello scorcio finale del sec. XIX, e ne ha adempiute le aspirazioni profonde, per cui tanti uomini di Chiesa e studiosi hanno lavorato e pregato. Il nuovo Rito della Messa, da noi promulgato dopo lunga e responsabile preparazione degli organi competenti, e nel quale sono stati introdotti, accanto al Canone Romano, rimasto sostanzialmente immutato, altre eulogie eucaristiche, ha portato frutti benedetti: maggiore partecipazione all’azione liturgica; più viva consapevolezza dell’azione sacra; maggiore e più ampia conoscenza dei tesori inesauribili della Sacra Scrittura; incremento del senso comunitario nella Chiesa.
Il corso di questi anni dimostra che siamo nella via giusta. Ma vi sono stati, purtroppo - pur nella grandissima maggioranza delle forze sane e buone del clero e dei fedeli - abusi e libertà nell’applicazione. È venuto il momento, ora, di lasciar cadere definitivamente i fermenti disgregatori, ugualmente perniciosi nell’un senso e nell’altro, e di applicare integralmente nei suoi giusti criteri ispiratori, la riforma da Noi approvata in applicazione ai voti del Concilio.
- Ai contestatori che, in nome di una mal compresa libertà creativa, hanno portato tanto danno alla Chiesa con le loro improvvisazioni, banalità, leggerezze - e perfino con qualche deplorevole profanazione -Noi chiediamo severamente di attenersi alla norma stabilita: se questa non venisse rispettata, ne potrebbe andare di mezzo l’essenza stessa del dogma per non dire della disciplina ecclesiastica, secondo l’aurea norma:«lex orandi, lex credendi». Chiediamo fedeltà assoluta per salvaguardare la «regula fìdei». Siamo certi che, in quest’opera, ci sovviene l’instancabile, oculata, paterna azione dei Vescovi, responsabili della fede e della preghiera nelle singole diocesi.
- Ma con pari diritto ammoniamo coloro che contestano e si irrigidiscono nel loro rifiuto sotto il pretesto della tradizione, affinché ascoltino com’è loro stretto dovere, la voce del Successore di Pietro e dei Vescovi, riconoscano il valore positivo delle modificazioni «accidentali» introdotte nei sacri Riti (che rappresentano vera continuità, anzi spesso rievocazione dell’antico nell’adattamento al nuovo), e non si ostinino in una chiusura preconcetta, che non può essere assolutamente approvata. Li scongiuriamo, in nome di Dio: «Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo» (2 Cor. 5, 20).
IV
Queste raccomandazioni che ci scaturiscono dal cuore, vogliono sottolineare la sentita necessità di quell’unità della Chiesa, di cui abbiamo parlato all’inizio di questa Allocuzione.
Intendiamo anzitutto l’unità nella carità. Alla vigilia dell’Anno Santo, Noi lanciammo un pressante appello alla riconciliazione all’interno della Chiesa (Cfr. PAULI PP. VI Paterna cum Benevolentia, 8 dec. 1974: AAS 67 (1975) 5-23). Crediamo necessario d’insistere nuovamente su quell’appello, poiché, ci sembra, il gregge tende talora a dividersi, e i membri della Chiesa subiscono la tentazione del mondo di opporsi fra di loro. Ora, è nell’ardore posto nella ricerca dell’unità che si riconoscono i veri discepoli del Cristo; è nell’armonia di sentimenti fraterni, ispirati a umiltà, a mutuo rispetto, a benevolenza, a comprensione, che le comunità cristiane riflettono il vero volto della Chiesa, mentre invece lo spettacolo delle divisioni nuoce alla credibilità del messaggio cristiano. Noi ci rivolgiamo pertanto a tutti i nostri figli affinché sian banditi dall’interno della Comunità ecclesiale quei motivi di critica corrosiva, di divisione degli animi, di insubordinazione all’autorità, di sospetto reciproco che talora han potuto paralizzare energie spirituali ricchissime e trattenere il moto di conquista della Chiesa a favore del Regno di Dio. Desideriamo che tutti si sentano a proprio agio nella famiglia ecclesiale, senza preclusioni o isolamenti nocivi all’unità nella carità, e che non si cerchi il prevalere di alcuni a detrimento di altri. «Cor unum et anima una» (Act. 4, 32). Come i cristiani della prima comunità madre di Gerusalemme, sotto l’ombra di Pietro, dobbiamo lavorare, pregare, soffrire, lottare per dare testimonianza a Cristo Risorto, «usque ad ultimum terrae» (Ibid. 1, 8).
Ma il Cristo ha voluto che questa unità nella carità non sia mai disgiunta dall’unità nella verità, senza di cui la prima potrebbe allearsi ad un pluralismo insostenibile o ad un indifferentismo esiziale. La «regula fidei», alla quale abbiamo già accennato, esige questa perfetta coesione nella fedeltà alla Parola di Dio, senza che sia mai offuscata la pura sorgente di verità, zampillante dalla Trinità Santissima e comunicata agli uomini da Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, la Pietra d’angolo su cui si fonda la Chiesa; né mai si interrompa la continuità che ha tramandato quella Rivelazione nei secoli con immutata fedeltà, e ne ha tratto dal di dentro i tesori in essa nascosti, in continuo approfondimento, ma «eodem sensu eademque sententia» (S. VINCENTII LIRINENSIS Commonitorium, 23).
Ma chi secondo l’insegnamento stesso di Cristo, e secondo la costituzione immutabile della Chiesa, è responsabile del giudizio da emettere circa la fedeltà al deposito della fede, circa la conformità di una dottrina o di una regola di condotta con la tradizione vivente della Chiesa? È il Magistero autentico, che emana dalla Sede Apostolica e dall’insieme dei Pastori in comunione con essa. Tale è sempre stata, fin dalle origini, la pietra di paragone della verità, si tratti di fede o di morale, della disciplina dei sacramenti, degli orientamenti più importanti della pastorale per l’annuncio del Vangelo nel mondo.
È ben necessario oggi ricordare questo, dal momento che certune interpretazioni dottrinali mettono in pericolo la fede di credenti non sufficientemente maturi o preparati. Come già abbiam fatto, trattando degli abusi nella liturgia, Noi siamo certi che i Vescovi vigilano incessantemente su questo punto; e tutti noi invitiamo caldamente, Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli, a operare unanimi per l’unità nella verità.
Ed esprimiamo ancora, col cuore pieno di tristezza, la sofferenza che ci procurano le illegittime ordinazioni, che un nostro Fratello nell’episcopato recidivamente ha conferito ieri e si accinge a conferire e che noi deploriamo fermamente. Agendo così, egli accentua la sua opposizione personale alla Chiesa e la sua azione di divisione e di ribellione su temi di estrema gravità, nonostante le nostre pazienti esortazioni e la sospensione incorsa con l’interdizione formale a persistere nei suoi propositi contrari alla norma canonica. Sono così posti dei giovani al di fuori del ministero autentico, che sarà loro proibito di esercitare dalla legge sacrosanta della Chiesa: sono trascinati i fedeli, che li seguiranno, in un’attitudine di turbamento, se non addirittura di rivolta fortemente pregiudizievole ad essi stessi e alla comunione ecclesiale. Quali ne siano i pretesti, ciò costituisce una ferita inferta alla Chiesa, una di quelle che San Paolo condannava così severamente. Noi supplichiamo quel nostro Fratello: voglia porre attenzione alla frattura che egli opera, al disorientamento che arreca, alla divisione che introduce, con gravissima responsabilità. I nostri Predecessori alla cui disciplina egli presume di appellarsi, non avrebbero tollerato tanto a lungo, quanto noi pazientemente abbiam fatto, una disobbedienza altrettanto ostinata quanto dannosa. Vi chiediamo di pregare con noi lo Spirito Santo affinché illumini le coscienze.
Cristo ha voluto la sua Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Ma se si infrange l’unità, da una parte o dall’altra, un’ombra si diffonde sulla intera realtà ecclesiale nelle sue note costitutive. Per l’unità Cristo ha pregato (Io. 17, 20-26); per l’unità ha dato la vita: «Iesus moriturus erat . . . ut filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum» (Ibid. 11, 51 ss.); l’unità Egli ha affidato alla Chiesa nascente, perché fosse testimone unanime della Parola di Dio e della sua salvezza davanti al mondo e per il mondo.
Questa unità, che la Chiesa Cattolica custodisce intatta, noi raccomandiamo instantemente a tutti i nostri Fratelli e figli. Nella imminenza della Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa per la quale han dato la vita, noi ne affidiamo loro la tutela; invochiamo per questo l’intercessione della Madonna, Mater Ecclesiae. E chiedendo la generosa, consapevole, attiva cooperazione di tutti i nostri Fratelli e Figli, impartiamo la particolare Benedizione Apostolica, avvaloratrice di fermi e salutari propositi.
E ora nominiamo Cardinali di Santa Romana Chiesa gli eletti ecclesiastici, che elenchiamo per nome:
Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze;
Bernardin Gantin, Arcivescovo già di Cotonou;
Joseph Ratzinger, Arcivescovo di Monaco e Frisinga;
Luigi Ciappi, Vescovo tit. di Miseno.
Ad essi aggreghiamo Francesco Tomášek, Vescovo tit. di Buto, Amministratore Apostolico di Praga, il cui nome ci riservammo «in pectore» nel Concistoro dello scorso anno.
L’Allocuzione di Paolo VI durante il Concistoro Pubblico
Il Concistoro, celebrato stamani nel Palazzo Apostolico secondo la vetusta tradizione, trova in quest’Aula la sua prosecuzione e il suo coronamento. Imporremo tra qualche istante la Berretta ai nuovi Cardinali. E questi salutiamo cordialmente, ormai fatti membri anch’essi del Sacro Collegio.
Salutiamo altresì le delegazioni, qui presenti: Vescovi, Autorità civili e militari, membri del Clero e dei fedeli, venuti a far corona ai nuovi eletti in rappresentanza dei paesi di origine, come delle diocesi di cui tre di essi sono Pastori. Tutti li ringraziamo di esser venuti a questo importante avvenimento ecclesiale.
Ma il nostro ringraziamento va qui anzitutto al Neo-Cardinale Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze, che ha saputo così bene interpretare i sentimenti che si agitano nell’animo suo e dei suoi Confratelli nell’Episcopato, come nella dignità cardinalizia a cui sono stati chiamati, in questo momento della loro vita.
Il singolare carattere di questa cerimonia finale del Concistoro, ci suggerisce alcune riflessioni su un tema che a noi pare fondamentale, e specifico di questa cerimonia: la fedeltà.
È appunto quanto abbiamo voluto sottolineare nell’indire il Concistoro di quest’anno. Effettivamente, i degnissimi e venerati ecclesiastici che abbiamo testé aggregato al numero dei Cardinali, si distinguono tutti e precipuamente per questa dote: l’assoluta fedeltà, che da essi è stata vissuta, in questo periodo Post-conciliare ricco di fermenti sani ma anche di elementi disgregatori, in una continua disponibilità, in un diuturno servizio, in una totale dedizione a Cristo, alla Chiesa, al Papa, senza flessioni, senza tentennamenti, senza transazioni. Nell’adempimento di delicatissimi incarichi, voi, che da oggi chiameremo nostri venerati Fratelli, avete offerto davanti alla Chiesa intera una testimonianza incomparabile di fedeltà.
Di questa fedeltà siamo lieti di rendere ora pubblico attestato: anzitutto a Lei, Cardinale Benelli che ci è stato tanto vicino fin da tempi lontani, e soprattutto nei dieci anni in cui, come Sostituto della Segreteria di Stato, ha dato operosa esecuzione alla nostra volontà, senza risparmio di tempo e di energie, ininterrottamente, instancabilmente: e se tanto .ci è costato privarci della sua collaborazione, abbiam pensato al bene che ne verrà alla Chiesa di Firenze, alla quale facciam dono delle sue doti, della sua dedizione, del suo spirito di sacrificio.
Diamo egualmente atto di questa fedeltà a Lei, Cardinale Gantin, che, dopo aver servito esemplarmente la sua arcidiocesi nativa di Cotonou, nel Benin (come ora si chiama l’antico Dahomey), in un primo tempo è stato Segretario del Dicastero che promuove la evangelizzazione nel mondo, e ora presiede alla Commissione «Iustitia et Pax», da noi istituita per l’avvaloramento della buona causa della giustizia e della pace, specie a favore dei Paesi emergenti.
Diamo attestato di questa fedeltà anche a Lei, Cardinale Ratzinger, il cui alto magistero teologico in prestigiose cattedre universitarie della sua Germania e in numerose e valide pubblicazioni, ha fatto vedere come la ricerca teologica - nella via maestra della «fides quaerens intellectum» - non possa e non debba andare mai disgiunta dalla profonda, libera, creatrice adesione al Magistero che autenticamente interpreta e proclama la Parola di Dio; e che ora, dalla Sede arcivescovile di Monaco e Frisinga, Ella guida con tanta nostra fiducia un eletto gregge sulle vie della verità e della pace.
E diamo atto a Lei, Cardinale Ciappi, di una fedeltà che è stata sempre per Lei come una seconda natura, e ha ispirato il suo insegnamento presso l’«Angelicum», come Decano della Facoltà di Sacra Teologia, e quindi come apprezzatissimo, umile, autorevole Padre Teologo della Casa Pontificia già con i nostri Predecessori di v. m. Pio XII e Giovanni XXIII, come pure in questi quattordici anni del nostro Pontificato. Il nostro gesto vuol essere premio per questo servizio preziosissimo, e altresì ulteriore riconoscimento dell’Ordine Domenicano, di cui Ella è figlio esemplare.
E infine, quale non è stata la fedeltà del Cardinale Tomášek, che ci rallegriamo di vedere qui in mezzo a noi, dopo di averne pubblicato il nome rimasto «in pectore» fin dal Concistoro del maggio dello scorso anno? La sua lunga e generosa opera di sacerdote e di Vescovo nella dilettissima Cecoslovacchia, con sempre evangelica dirittura e coerenza, doveva così esser da noi segnalata davanti alla Chiesa e alla società civile, come pegno di un domani più sereno e costruttivo.
Pubblicamente vi ringraziamo, venerati Fratelli nostri, dell’esempio di questa meritoria e benefica fedeltà: ma se di ciò abbiamo dato a voi pubblica testimonianza, non vogliamo certo dimenticare le mille e mille vite, che si spendono nel silenzio, nella preghiera, nella fatica, per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli: pensiamo alla gioventù sana ed eroica che si mantiene fedele alla Legge divina e agli imperativi della coscienza in mezzo a pericoli di ogni genere; pensiamo ai padri e alle madri di famiglia, che mantengono fede agli impegni del sacramento del matrimonio e fanno dei loro focolari una «piccola Chiesa», una fucina di educazione, una scuola di apostolato; pensiamo ai carissimi seminaristi, che si preparano al sacerdozio nella fedeltà ad un programma austero e letificante di vita interiore, di studio, di autodisciplina; pensiamo a quei generosi sacerdoti, che, nella monotonia di una vita oscura e nascosta, si prodigano nella predicazione della Parola di Dio, nel ministero della riconciliazione, nella cura degli infermi, nella formazione degli adolescenti, nelle opere varie e molteplici dell’apostolato. A tutti il nostro riconoscimento: sì, lo sappiano, noi siamo loro grati, noi li benediciamo, noi li ricordiamo. Questo giorno, che parla a noi tutti di fedeltà, è stupenda occasione per riconoscere e incoraggiare la fedeltà che, in grandissima parte, vive nella Chiesa, senza lasciarsi influenzare dalle novità delle ideologie, dalla smania dell’applauso mondano, dalla ricerca del proprio tornaconto.
Ecco, Fratelli e Figli, il significato che la cerimonia di oggi riveste. Perché anche il giuramento che faranno ora i nuovi Cardinali non è altro che un nuovo e più vasto impegno di fedeltà. Li sentiremo ripetere: «Promitto et iuro, me ab hac hora deinceps, quamdiu vixero, fidelem Christo eiusque Evangelio atque oboedientem beato Petro sanctaeque Apostolicae Romanae Ecclesiae . . . constanter fore». La fedeltà che oggi giurate qualificherà ognor più la vostra attività, la vostra vita: sia come membri eletti del Presbiterio romano, a cui i Titoli a voi assegnati vi stringeranno anche visibilmente; sia come nostri collaboratori in Vari Dicasteri della Curia Romana, cioè particolarmente mancipati al servizio della Sede Apostolica e delle esigenze dell’intera famiglia ecclesiale; sia come responsabili delle diocesi, che ad alcuni di voi sono affidate, e nelle quali svolgerete il triplice dovere pastorale del magistero, del ministero, del governo in qualità di Maestri, di Liturghi, di Pastori, in comunione con questa Cattedra di Pietro, che conta su di voi e sulle vostre Chiese. Come già dicemmo qui, nel Concistoro dello scorso anno, «è come una corrente di vita che fluisce dal centro verso i singoli punti locali, di qui al centro ritorna, in un unico scambio di vitalità e di amore, che manifesta l’intima fecondità ed unità della Chiesa di Cristo» (AAS 68 (1976) 388).
Ci aiuti, in questo proposito, la Madonna «Virgo Fidelis», sempre attenta alla Parola di Dio, e ci insegni a viverla e ad approfondirla. E custodisca l’impegno di tutti la grazia del Signore, a cui ci affidiamo con immensa speranza, con totale fiducia.
giovedì 26 giugno 2014
Benedetto XVI: Chi è guidato dall’amore, chi vive la carità pienamente è guidato da Dio, perché Dio è amore. Così vale questa parola grande: “Dilige et fac quod vis”, “Ama e fa’ ciò che vuoi” (YouTube)
GUARDA IL VIDEO DIRETTAMENTE SU YOUTUBE
Grazie al lavoro della nostra Gemma vediamo la registrazione integrale dell'udienza generale del 13 aprile 2011. Nella catechesi Benedetto XVI parla della "santità" che non è riservata a pochi ma è la chiamata di ogni Cristiano.
Il testo della catechesi è consultabile qui.
Rileggiamo integralmente questo passaggio che Benedetto XVI ha dedicato a Sant'Agostino:
"Perciò il vero discepolo di Cristo si caratterizza per la carità verso Dio e verso il prossimo" (Lumen gentium, 42). Questa è la vera semplicità, grandezza e profondità della vita cristiana, dell'essere santi.
Ecco perché sant'Agostino, commentando il capitolo quarto della Prima Lettera di san Giovanni, può affermare una cosa coraggiosa: "Dilige et fac quod vis", "Ama e fa' ciò che vuoi". E continua: "Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell'amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene" (7,8: PL 35). Chi è guidato dall'amore, chi vive la carità pienamente è guidato da Dio, perché Dio è amore. Così vale questa parola grande: "Dilige et fac quod vis", "Ama e fa' ciò che vuoi"".
martedì 24 giugno 2014
Benedetto XVI: La missione del Battista non era ancora compiuta: poco tempo dopo, gli fu chiesto di precedere Gesù anche nella morte violenta: Giovanni fu decapitato nel carcere del re Erode, e così rese piena testimonianza all’Agnello di Dio, che per primo aveva riconosciuto e indicato pubblicamente
Su segnalazione della nostra Gemma rivediamo l'Angelus pronunciato da Benedetto XVI il 24 giugno 2012 in occasione della Solennità della Natività di San Giovanni Battista.
Clicca qui per leggere il testo.
La chiesa pauperista rinunci all'8 per mille (Socci). Il prezzo della pax mediatica (Raffaella)
Clicca qui per leggere l'articolo.
Condivisibili le parole di Socci ma dobbiamo abituarci: non è più il tempo della Chiesa che va controcorrente.
Quanto ai martiri cristiani, penso che parlarne a voce alta non sia solo compito della chiesa italiana anche perché il suo peso è davvero limitato.
Siamo tutti concordi nell'affermare che viviamo in un periodo di pax fra la chiesa ed i mass media.
Lo Ior è ancora lì ma non costituisce più alcun problema, i preti pedofili si sono volatilizzati il 28 febbraio 2013 (questo dimostra la bontà dell'operato di Benedetto XVI?), i corvi hanno fatto nidi altrove, il caso Orlandi non fa più notizia (e non ci sono più video delle manifestazioni sotto le finestre del Palazzo Apostolico), tutto funziona come un orologio in curia etc...
Quale sarà mai stato il prezzo di questa bellissima pax mediatica?
Avrà qualcosa a che fare con il silenzio sui valori non negoziabili? Chissà...
La chiesa è davvero la barca di Pietro, ma la sua navigazione dipende da ciò che accade a riva.
Quando tutto va bene, tutto è bello, tutto lascia sentire il fresco profumo della primavera, il capitano può salpare come se fosse alla guida di una sorta di Love Boat.
I grandi ufficiali sono tutti sui ponti a salutare con i fazzoletti coloro che stanno sulla riva e che salutano a loro volta sventolando. Chi sono questi ultimi? Semplice...gli ex anticlericali, i giornalisti, i politici pronti a sottoscrivere proposte di legge contro gli ex valori non negoziabili etc...
Quando, però, il gioco si fa duro e le cose iniziano a mettersi male, dalla riva non si vedono più fazzoletti volanti ma sassate indirizzate ai ponti di comando della nave.
Ecco allora che i grandi ufficiali abbandonano la posizione e salgono sulle scialuppe di salvataggio al grido "si salvi chi può", raggiungono riva e si mettono a parlare con chi sta al porto criticando l'operato del capitano, magari pretendendo l'anonimato, perché, si sa, il capitano è sempre il superiore ed è lui che promuove o rimuove.
Il capitano viene così lasciato solo nella cabina di pilotaggio e restano con lui solo pochi mozzi (in genere giovani uomini motivati e donne di ogni età) che gli vogliono un mondo di bene ma che non possiedono i potenti mezzi mediatici per aiutarlo.
La bellissima Love Boat si trasforma così in una sorta di Costa Concordia.
Caro Socci, Lei ha perfettamente ragione ma la chiesa ha compiuto una scelta. Giusta, sbagliata? Non so...non sono nessuno per giudicare.
R.
Condivisibili le parole di Socci ma dobbiamo abituarci: non è più il tempo della Chiesa che va controcorrente.
Quanto ai martiri cristiani, penso che parlarne a voce alta non sia solo compito della chiesa italiana anche perché il suo peso è davvero limitato.
Siamo tutti concordi nell'affermare che viviamo in un periodo di pax fra la chiesa ed i mass media.
Lo Ior è ancora lì ma non costituisce più alcun problema, i preti pedofili si sono volatilizzati il 28 febbraio 2013 (questo dimostra la bontà dell'operato di Benedetto XVI?), i corvi hanno fatto nidi altrove, il caso Orlandi non fa più notizia (e non ci sono più video delle manifestazioni sotto le finestre del Palazzo Apostolico), tutto funziona come un orologio in curia etc...
Quale sarà mai stato il prezzo di questa bellissima pax mediatica?
Avrà qualcosa a che fare con il silenzio sui valori non negoziabili? Chissà...
La chiesa è davvero la barca di Pietro, ma la sua navigazione dipende da ciò che accade a riva.
Quando tutto va bene, tutto è bello, tutto lascia sentire il fresco profumo della primavera, il capitano può salpare come se fosse alla guida di una sorta di Love Boat.
I grandi ufficiali sono tutti sui ponti a salutare con i fazzoletti coloro che stanno sulla riva e che salutano a loro volta sventolando. Chi sono questi ultimi? Semplice...gli ex anticlericali, i giornalisti, i politici pronti a sottoscrivere proposte di legge contro gli ex valori non negoziabili etc...
Quando, però, il gioco si fa duro e le cose iniziano a mettersi male, dalla riva non si vedono più fazzoletti volanti ma sassate indirizzate ai ponti di comando della nave.
Ecco allora che i grandi ufficiali abbandonano la posizione e salgono sulle scialuppe di salvataggio al grido "si salvi chi può", raggiungono riva e si mettono a parlare con chi sta al porto criticando l'operato del capitano, magari pretendendo l'anonimato, perché, si sa, il capitano è sempre il superiore ed è lui che promuove o rimuove.
Il capitano viene così lasciato solo nella cabina di pilotaggio e restano con lui solo pochi mozzi (in genere giovani uomini motivati e donne di ogni età) che gli vogliono un mondo di bene ma che non possiedono i potenti mezzi mediatici per aiutarlo.
La bellissima Love Boat si trasforma così in una sorta di Costa Concordia.
Caro Socci, Lei ha perfettamente ragione ma la chiesa ha compiuto una scelta. Giusta, sbagliata? Non so...non sono nessuno per giudicare.
R.
venerdì 20 giugno 2014
Per la prima volta a una donna il Premio Ratzinger (Radio Vaticana)
Clicca qui per leggere la notizia segnalataci da Laura.
Premio Ratzinger 2014 a Anne-Marie Pelletier e mons. Chrostowski (Caruso)
Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Laura.
Marcello Pera: il mio amico Joseph Ratzinger (Rusconi)
Clicca qui per leggere la bellissima intervista realizzata da Giuseppe Rusconi.
giovedì 19 giugno 2014
Benedetto XVI: per me sono "indicatori di strada" le persone buone...che non saranno mai canonizzate (YouTube)
Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo una vera "perla".
Nell'udienza generale del 13 maggio 2011 Benedetto XVI dedica la catechesi alla "santità" ed aggiunge un bellissimo brano "a braccio" riproposto in questo video.
La frase esatta (troncata nel titolo) è la seguente: "In realtà devo dire che anche per la mia fede personale molti santi, non tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. E vorrei aggiungere che per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono "indicatori di strada", ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità".
Il testo integrale della catechesi è consultabile qui.
R.
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Nell'udienza generale del 13 maggio 2011 Benedetto XVI dedica la catechesi alla "santità" ed aggiunge un bellissimo brano "a braccio" riproposto in questo video.
La frase esatta (troncata nel titolo) è la seguente: "In realtà devo dire che anche per la mia fede personale molti santi, non tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. E vorrei aggiungere che per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono "indicatori di strada", ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità".
Il testo integrale della catechesi è consultabile qui.
R.
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lunedì 16 giugno 2014
Benedetto XVI spiega San Tommaso ed il rapporto inscindibile fra fede e ragione (YouTube)
Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo la catechesi dell'udienza generale del 16 giugno 2010 (esattamente quattro anni fa) nella quale Benedetto XVI spiega il pensiero di San Tommaso d'Aquino soffermandosi in particolare sul rapporto inscindibile fra fede e ragione. La trascrizione della catechesi è consultabile qui.
R.
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R.
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martedì 10 giugno 2014
Benedetto XVI visita il Caritas Baby Hospital di Betlemme: alcune fra le immagini più commoventi (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo delle immagini bellissime, difficili da trovare sul web.
Il 13 maggio 2009, in occasione della sua Visita a Betlemme, Benedetto XVI si recava in visita al Caritas Baby Hospital dove abbracciava e veniva abbracciato da tantissimi piccoli ospiti e dalle loro famiglie. Ecco alcune fra le immagini più belle.
Il discorso tenuto da Benedetto XVI in quella occasione è consultabile qui.
R.
P.S. il video è stato ricaricato a causa di qualche problema tecnico ora risolto :-)
sabato 7 giugno 2014
Benedetto XVI visita Auschwitz: le straordinarie immagini dell'arcobaleno (YouTube)
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Il 28 maggio 2006 Benedetto XVI si recava in visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (Polonia).
Rivediamo alcune delle immagini più suggestive ed in particolare l'arcobaleno che sembra accogliere le parole di pace pronunciate da Papa Ratzinger.
Si tratta di un bellissimo regalo della nostra Gemma perché è praticamente impossibile reperire sul web il momento in cui spuntò l'arcobaleno in quel luogo di sofferenza.
R.
martedì 3 giugno 2014
La gioia di Benedetto XVI e dei fedeli al termine della Santa Messa a Betlemme (YouTube)
Grazie al lavoro della nostra Gemma vediamo questo bellissimo filmato che si riferisce ai momenti conclusivi della Santa Messa di Benedetto XVI nella Piazza della Mangiatoia, a Betlemme (13 maggio 2009).
Vediamo un Papa pieno di gioia e commozione circondato dall'affetto incontenibile dei fedeli arrivati anche da Gaza.
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Vediamo un Papa pieno di gioia e commozione circondato dall'affetto incontenibile dei fedeli arrivati anche da Gaza.
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lunedì 2 giugno 2014
Buona Festa della Repubblica a tutti :-)
Buongiorno carissimi amici e Buona Festa della Repubblica :-)
Rivediamo un delizioso filmato preparato dalla nostra Gemma molto tempo fa: il passaggio delle Frecce Tricolori su Piazza San Pietro fra lo stupore di Benedetto XVI e dei fedeli!
Un abbraccio a tutti.
R.
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Rivediamo un delizioso filmato preparato dalla nostra Gemma molto tempo fa: il passaggio delle Frecce Tricolori su Piazza San Pietro fra lo stupore di Benedetto XVI e dei fedeli!
Un abbraccio a tutti.
R.
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domenica 1 giugno 2014
Benedetto XVI a Betlemme: Dal giorno della sua nascita, Gesù è stato “segno di contraddizione” e continua ad essere tale anche oggi (YouTube)
Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo ma soprattutto riascoltiamo l'omelia che Benedetto XVI pronunciò il 13 maggio 2009 in occasione della Santa Messa nella Piazza della Mangiatoia a Betlemme. La qualità dell'audio non è ottima a causa di problemi di collegamento avvenuti durante la diretta.
Impreziosiscono la celebrazione bellissimi canti in arabo e latino.
La trascrizione dell'omelia è consultabile qui.
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Impreziosiscono la celebrazione bellissimi canti in arabo e latino.
La trascrizione dell'omelia è consultabile qui.
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