Il fondamento e l'importanza imprescindibile del celibato sacerdotale nelle parole di Benedetto XVI (YouTube)



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Il 22 dicembre 2006, in occasione del tradizionale discorso alla curia, Benedetto XVI si soffermò anche sul fondamento del celibato sacerdotale e sull'importanza che esso ha nella chiesa. Il discorso integrale si trova qui.
Grazie, come sempre, a Gemma per il bellissimo lavoro :-)
Rileggiamo e riascoltiamo Benedetto XVI:

"Con il tema di Dio erano e sono collegati due temi che hanno dato un’impronta alle giornate della visita in Baviera: il tema del sacerdozio e quello del dialogo. Paolo chiama Timoteo – e in lui il Vescovo e, in genere, il sacerdote – “uomo di Dio” (1 Tim 6,11). 
È questo il compito centrale del sacerdote: portare Dio agli uomini. Certamente può farlo soltanto se egli stesso viene da Dio, se vive con e da Dio
Ciò è espresso meravigliosamente in un versetto di un Salmo sacerdotale che noi – la vecchia generazione – abbiamo pronunciato durante l’ammissione allo stato chiericale: "Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita” (Sal 16 [15],5). 
L’orante-sacerdote di questo Salmo interpreta la sua esistenza a partire dalla forma della distribuzione del territorio fissata nel Deuteronomio (cfr 10,9). Dopo la presa di possesso della Terra ogni tribù ottiene per mezzo del sorteggio la sua porzione della Terra santa e con ciò prende parte al dono promesso al capostipite Abramo. Solo la tribù di Levi non riceve alcun terreno: la sua terra è Dio stesso. Questa affermazione aveva certamente un significato del tutto pratico. 
I sacerdoti non vivevano, come le altre tribù, della coltivazione della terra, ma delle offerte. Tuttavia, l’affermazione va più in profondità. Il vero fondamento della vita del sacerdote, il suolo della sua esistenza, la terra della sua vita è Dio stesso. 
La Chiesa, in questa interpretazione anticotestamentaria dell’esistenza sacerdotale – un’interpretazione che emerge ripetutamente anche nel Salmo 118 [119] – ha visto con ragione la spiegazione di ciò che significa la missione sacerdotale nella sequela degli Apostoli, nella comunione con Gesù stesso

Il sacerdote può e deve dire anche oggi con il levita: “Dominus pars hereditatis meae et calicis mei”. Dio stesso è la mia parte di terra, il fondamento esterno ed interno della mia esistenza. Questa teocentricità dell’esistenza sacerdotale è necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. 

Il sacerdote deve veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo così agli uomini: è questo il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno. Se in una vita sacerdotale si perde questa centralità di Dio, si svuota passo passo anche lo zelo dell’agire. Nell’eccesso delle cose esterne manca il centro che dà senso a tutto e lo riconduce all’unità. Lì manca il fondamento della vita, la “terra”, sulla quale tutto questo può stare e prosperare.

Il celibato, che vige per i Vescovi in tutta la Chiesa orientale ed occidentale e, secondo una tradizione che risale a un’epoca vicina a quella degli Apostoli, per i sacerdoti in genere nella Chiesa latina, può essere compreso e vissuto, in definitiva, solo in base a questa impostazione di fondo. 

Le ragioni solamente pragmatiche, il riferimento alla maggiore disponibilità, non bastano: una tale maggiore disponibilità di tempo potrebbe facilmente diventare anche una forma di egoismo, che si risparmia i sacrifici e le fatiche richieste dall’accettarsi e dal sopportarsi a vicenda nel matrimonio; potrebbe così portare ad un impoverimento spirituale o ad una durezza di cuore. Il vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: Dominus pars – Tu sei la mia terra. Può essere solo teocentrico. Non può significare il rimanere privi di amore, ma deve significare il lasciarsi prendere dalla passione per Dio, ed imparare poi grazie ad un più intimo stare con Lui a servire pure gli uomini. 

Il celibato deve essere una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta in quella forma di vita che solo a partire da Dio ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando al matrimonio ed alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà e perciò posso portarlo agli uomini. Il nostro mondo diventato totalmente positivistico, in cui Dio entra in gioco tutt’al più come ipotesi, ma non come realtà concreta, ha bisogno di questo poggiare su Dio nel modo più concreto e radicale possibile. 

Ha bisogno della testimonianza per Dio che sta nella decisione di accogliere Dio come terra su cui si fonda la propria esistenza. Per questo il celibato è così importante proprio oggi, nel nostro mondo attuale, anche se il suo adempimento in questa nostra epoca è continuamente minacciato e messo in questione. Occorre una preparazione accurata durante il cammino verso questo obiettivo; un accompagnamento persistente da parte del Vescovo, di amici sacerdoti e di laici, che sostengano insieme questa testimonianza sacerdotale. Occorre la preghiera che invoca senza tregua Dio come il Dio vivente e si appoggia a Lui nelle ore di confusione come nelle ore della gioia. In questo modo, contrariamente al "trend" culturale che cerca di convincerci che non siamo capaci di prendere tali decisioni, questa testimonianza può essere vissuta e così, nel nostro mondo, può rimettere in gioco Dio come realtà"

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 19 marzo 2017

Benedetto XVI: Se lo scoraggiamento vi invade, pensate alla fede di Giuseppe; se l’inquietudine vi prende, pensate alla speranza di Giuseppe che sperava contro ogni speranza; se vi prende l’avversione o l’odio, pensate all’amore di Giuseppe... (YouTube)



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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo e riascoltiamo una bellissima omelia che Papa Benedetto dedicò in gran parte alla figura di San Giuseppe.
In occasione del suo Viaggio Apostolico in Camerun e Angola, Benedetto XVI tenne una bellissima omelia allo Stadio Amadou Ahidjo di Yaoundé, il 19 marzo 2009, giorno in cui la Chiesa festeggia San Giuseppe. Tratteggiò in modo straordinario la figura del padre terreno di Gesù. Il testo dell'omelia è consultabile qui.

In particolare:

"Fra poco, a conclusione della Messa, la liturgia ci svelerà il punto culminane della nostra meditazione, quando ci farà dire: «Con questo nutrimento ricevuto al tuo altare, Signore, hai saziato la tua famiglia, gioiosa di festeggiare san Giuseppe; custodiscila sempre sotto la tua protezione e veglia sui doni che le hai fatto». Voi vedete, noi domandiamo al Signore di custodire sempre la Chiesa sotto la sua costante protezione – ed Egli lo fa! – esattamente come Giuseppe ha protetto la sua famiglia e ha vegliato sui primi anni di Gesù bambino".

"E voi, cari padri e madri di famiglia che mi ascoltate, avete fiducia in Dio che fa di voi i padri e le madri dei suoi figli di adozione? Accettate che Egli possa contare su di voi per trasmettere ai vostri figli i valori umani e spirituali che avete ricevuto e che li faranno vivere nell’amore e nel rispetto del suo santo Nome? In questo nostro tempo, in cui tante persone senza scrupoli cercano di imporre il regno del denaro disprezzando i più indigenti, voi dovete essere molto attenti. L’Africa in generale, ed il Camerun in particolare, sono in pericolo se non riconoscono il Vero Autore della Vita! Fratelli e sorelle del Camerun e dell’Africa, voi che avete ricevuto da Dio tante qualità umane, abbiate cura delle vostre anime! Non lasciatevi affascinare da false glorie e da falsi ideali. Credete, si, continuate a credere che Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è il solo ad amarvi come voi vi aspettate, che è il solo a potervi soddisfare, a poter dare stabilità alle vostre vite. Cristo è l’unico cammino di Vita.


Solo Dio poteva dare a Giuseppe la forza di far credito all’angelo".

"«Saldo nella speranza contro ogni speranza»: non è una magnifica definizione del cristiano? L’Africa è chiamata alla speranza attraverso voi e in voi! Col Cristo Gesù, che ha calpestato il suolo africano, l’Africa può diventare il continente della speranza. Noi tutti siamo membri dei popoli che Dio ha dato come discendenza ad Abramo. Ciascuno e ciascuna di noi è pensato, voluto e amato da Dio. Ciascuno e ciascuna di noi ha il suo ruolo da giocare nel piano di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Se lo scoraggiamento vi invade, pensate alla fede di Giuseppe; se l’inquietudine vi prende, pensate alla speranza di Giuseppe, discendente di Abramo che sperava contro ogni speranza; se vi prende l’avversione o l’odio, pensate all’amore di Giuseppe, che fu il primo uomo a scoprire il volto umano di Dio nella persona del bambino concepito dallo Spirito santo nel seno della Vergine Maria. Benediciamo Cristo per essersi fatto così vicino a noi e rendiamoGli grazie di averci dato Giuseppe come esempio e modello dell’amore verso di Lui.

Cari fratelli e sorelle, ve lo dico di nuovo di tutto cuore: come Giuseppe, non temete di prendere Maria con voi, cioè non temete di amare la Chiesa. Maria, Madre della Chiesa, vi insegnerà a seguire i suoi Pastori, ad amare i vostri Vescovi, i vostri preti, i vostri diaconi e i vostri catechisti, e a seguire ciò che vi insegnano e a pregare secondo le loro intenzioni".

Benedetto XVI: "Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe!" (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo  l'Angelus del 18 dicembre 2005. Benedetto XVI esalta la figura di San Giuseppe ricordando anche la grande devozione che per Lui nutriva Giovanni Paolo II.
Ancora buon onomastico a Papa Benedetto e auguri a tutti i papà :-)
R.


ANGELUS

Piazza San Pietro
IV Domenica d'Avvento, 18 dicembre 2005


Cari fratelli e sorelle!

In questi ultimi giorni dell’Avvento la liturgia ci invita a contemplare in modo speciale la Vergine Maria e san Giuseppe, che hanno vissuto con intensità unica il tempo dell'attesa e della preparazione della nascita di Gesù. Desidero quest'oggi rivolgere lo sguardo alla figura di san Giuseppe. Nell'odierna pagina evangelica san Luca presenta la Vergine Maria come "sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe" (Lc 1, 27). È però l'evangelista Matteo a dare maggior risalto al padre putativo di Gesù, sottolineando che, per suo tramite, il Bambino risultava legalmente inserito nella discendenza davidica e realizzava così le Scritture, nelle quali il Messia era profetizzato come "figlio di Davide". Ma il ruolo di Giuseppe non può certo ridursi a questo aspetto legale. Egli è modello dell'uomo "giusto" (Mt 1, 19), che in perfetta sintonia con la sua sposa accoglie il Figlio di Dio fatto uomo e veglia sulla sua crescita umana. Per questo, nei giorni che precedono il Natale, è quanto mai opportuno stabilire una sorta di colloquio spirituale con san Giuseppe, perché egli ci aiuti a vivere in pienezza questo grande mistero della fede.

L'amato Papa Giovanni Paolo II, che era molto devoto di san Giuseppe, ci ha lasciato una mirabile meditazione a lui dedicata nell'Esortazione apostolica Redemptoris Custos, "Custode del Redentore". 
Tra i molti aspetti che pone in luce, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. 
In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all'unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. 
Non si esagera se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso - sul piano umano - quella robusta interiorità che è presupposto dell'autentica giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli (cfr Mt 5, 20).


Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l'ascolto della voce di Dio. 

In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita.

© Copyright 2005 - Libreria Editrice Vaticana

Oggi si festeggia San Giuseppe. Auguri a tutti i papà e a Benedetto XVI

Oggi la Chiesa ricorda la straordinaria figura di San Giuseppe, uomo buono e giusto.
Auguri a chi si chiama Giuseppe, Giuseppina, Giuseppa, Beppe, Pina ecc. :-)
Auguri anche a tutti i nostri papà, quelli che vivono ancora con noi e quelli che vivono in Cielo.
Auguri soprattutto a Papa Benedetto, Joseph, che incarna perfettamente la bontà e la pazienza di Giuseppe.
Buon onomastico :-)
Il blog

martedì 14 marzo 2017

Ciò che manca al "nuovo corso" vaticano (Raffaella)

Clicca qui per leggere l'articolo di Socci che mi dà il "là" per fare un commento.
Ancora una volta preferisco non entrare nel merito anche se penso che ancora molto debba essere scritto sulla rinuncia di Benedetto XVI. Credo però che occorra indagare soprattutto nella chiesa e in particolare su alcuni uomini di chiesa. Vorrei saperne di più, tanto per fare un esempio, sul famoso "gruppo di San Gallo".
Ora però mi preme fare con voi un'altra riflessione. 
Visitando per diletto l'immensità della Rete (e soprattutto i social), sono rimasta colpita da un particolare.
Regnante Benedetto XVI, eravamo noi fedeli laici a rispondere per le rime a giornalisti, teologi improvvisati, politici e tutto il resto della compagnia cantante.
E ancora adesso, a quattro anni dalla rinuncia, non abbiamo smesso di sostenere Benedetto e di "difenderlo" da attacchi insulsi.
Gli "addetti ai lavori" non si sprecano certamente nel sostegno di Benedetto come, del resto, non si sprecavano nemmeno quando era Papa. Anzi! Forse è meglio che non aprano proprio bocca visti i risultati :-)
Con il cambio di pontificato, tuttavia, noto uno strano "fenomeno": sono gli stessi giornalisti che rispondono ai propri colleghi giornalisti, i teologi improvvisati che rispondono ai teologi, vescovi che rispondono ai cardinali, cardinali che rispondono ad altri cardinali, prelati che rispondono ai giornalisti, vaticanisti che controbattono ai teologi ecc. ecc. ecc.
Insomma: dispute fra addetti ai lavori con il fronte dei "guardiani della rivoluzione" particolarmente compatto ma un tantino noioso nel ripetere sempre gli stessi concetti che si riassumono nella parola "primavera".
In tutto ciò mi chiedo: che fine hanno fatto i laici?
Possibile che nessuno senta la necessità di creare un sito, un blog, un canale social che non si limiti a rilanciare foto o slogan, ma che sia in grado di rispondere ai fatti con altrettanti fatti?
Non basta dire: vergogna! Non si fa così! Invidiosi! Sepolcri imbiancati! Vedove!
Occorre controbattere con la ragione alle ragioni altrui.
E' questo che manca e che costituisce un serio rischio per il futuro della chiesa. Sembra che si sia persa la capacità di difesa ragionata. Un vero peccato...
Addirittura c'è chi vuole fare credere (agli ingenui) che mai ci siano stati attacchi così violenti in passato. Ma stiamo scherzando? Basta leggere i post del blog e in particolare dopo Ratisbona, dopo la revoca della scomunica ai Lefebvriani (ora riaccolti a braccia aperte), dopo l'orrendo 2010 (ora si glissa sul tema pedofilia finché è possibile) e via discorrendo.
La differenza è che allora i laici alzavano la voce, ora lo fanno gli addetti ai lavori disprezzando spesso e volentieri gli altri.
In coscienza penso che questo blog abbia fatto la sua parte in passato: una parte molto piccola ma certamente ci abbiamo messo il cuore. Manca tutto questo nel momento presente: fedeli semplici che si rimboccano le maniche.
I laici che difendono le proprie idee senza contropartite, senza tornaconti personali, senza gruppi di pressione alle spalle, sono certamente più incisivi delle battaglie fra addetti ai lavori.
In questo (e forse solo in questo) Benedetto è stato "fortunato" :-)
R.

P.S. Aggiornamento.

Nella schiera dei "guardiani" c'è poi chi è andato proprio "in palla" ed è arrivato ad accusare la CDF di "atteggiamento sabotatorio", dimenticando che in questi ultimi vent'anni la Congregazione, con Ratzinger cardinale e poi Papa, è stata in prima linea contro gli abusi combattendo contro ogni genere di resistenza, curiale e non. Attenzione a citare il "caso" Marie Collins perchè potrebbe essere un'arma a doppio taglio. Infatti il card. Müller ha spiegato perfettamente le sue ragioni (clicca qui), mentre i "guardiani" si sono ben guardati (e si guardano!) dal riferire altre parole della signora Collins (clicca qui).
Ecco perchè è riduttivo e a volte controproducente affidare la difesa unicamente a giornalisti e commentatori di parte.
Questo blog ha ampiamente documentato tutto il lavoro di Ratzinger, cardinale e Papa, contro gli abusi di alcuni membri del clero. Qui lo speciale con date, dati e fonti. 
Ratzinger (e la CDF) condannarono Inzoli che poi però fu graziato nel 2014, dopo la rinuncia di Benedetto. Ne vogliamo parlare o è meglio tacere perchè è argomento scomodo?
Ripeto: l'argomento abusi è molto ma molto pericoloso se usato a senso unico, soprattutto a fronte del lavoro fatto da Ratzinger e ben documentato da blog "indipendenti".
R.

Rapporti Ebrei-Cattolici. Questa sarebbe stata una "notizia bomba" ai tempi di Benedetto XVI, ora invece...

Clicca qui per leggere il commento di Magister.
Ai tempi di Papa Benedetto schiere di vaticanisti sarebbero stati avvistati alla porta dei Rabbini Di Segni e Laras. Oggi invece tutto tace...potenza della pax mediatica :-)
R.

p.s. fino al 2013 la giustizia doveva prevalere sulla misericordia pena l'accusa di insabbiamento. Ora, invece, chi ricorda che non esiste misericordia senza giustizia viene definito "legalista" (quando si usa un'espressione gentile). Potenza delle simpatie giornalistiche :-)
R.

domenica 12 marzo 2017

Benedetto XVI: “Gesù solo” è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo (YouTube)



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Buona domenica amici!
E' bello rivedere e riascoltare un intervento di Benedetto XVI in occasione dell'Angelus del 28 febbraio 2010. 
Grazie come sempre a Gemma :-)
Qui la trascrizione del testo pronunciato da Papa Benedetto.

In particolare:


"Luca non parla di Trasfigurazione, ma descrive quanto è avvenuto attraverso due elementi: il volto di Gesù che cambia e la sua veste che diventa candida e sfolgorante, alla presenza di Mosè ed Elia, simbolo della Legge e dei Profeti. I tre discepoli che assistono alla scena sono oppressi dal sonno: è l’atteggiamento di chi, pur essendo spettatore dei prodigi divini, non comprende. Solo la lotta contro il torpore che li assale permette a Pietro, Giacomo e Giovanni di “vedere” la gloria di Gesù".


"I discepoli non sono più di fronte ad un volto trasfigurato, né ad una veste candida, né ad una nube che rivela la presenza divina. Davanti ai loro occhi, c’è “Gesù solo” (v. 36). Gesù è solo davanti al Padre suo, mentre prega, ma, allo stesso tempo, “Gesù solo” è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo: è ciò che deve bastare nel cammino. È lui l’unica voce da ascoltare, l’unico da seguire, lui che salendo verso Gerusalemme donerà la vita e un giorno “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21).


“Maestro, è bello per noi essere qui” (Lc 9,33): è l’espressione estatica di Pietro, che assomiglia spesso al nostro desiderio di fronte alle consolazioni del Signore. Ma la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno, perché “Gesù solo” sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che guida la nostra esistenza".


"Ho appreso con profonda tristezza le tragiche notizie delle recenti uccisioni di alcuni Cristiani nella città di Mossul e ho seguito con viva preoccupazione gli altri episodi di violenza, perpetrati nella martoriata terra irachena ai danni di persone inermi di diversa appartenenza religiosa. In questi giorni di intenso raccoglimento ho pregato spesso per tutte le vittime di quegli attentati ed oggi desidero unirmi spiritualmente alla preghiera per la pace e per il ripristino della sicurezza, promossa dal Consiglio dei Vescovi di Ninive. Sono affettuosamente vicino alle comunità cristiane dell’intero Paese. Non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli, appartenete a pieno titolo!

Nella delicata fase politica che sta attraversando l’Iraq mi appello alle Autorità civili, perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili. Mi auguro che non si ceda alla tentazione di far prevalere gli interessi temporanei e di parte sull’incolumità e sui diritti fondamentali di ogni cittadino. Infine, mentre saluto gli iracheni presenti qui in Piazza, esorto la comunità internazionale a prodigarsi per dare agli Iracheni un futuro di riconciliazione e di giustizia, mentre invoco con fiducia da Dio onnipotente il dono prezioso della pace".

Tutti contro Mons. Negri ma davvero dentro e fuori il Vaticano non ci sono responsabilità? (Raffaella)

Clicca qui per leggere l'intervista a Mons. Negri che sta avendo un'eco straordinaria soprattutto fra i "guardiani della rivoluzione".
Non entrerò nel merito della questione ma mi preme sottolineare due aspetti:
1) davvero qualcuno può pensare che non ci siano responsabilità vaticane (e non solo) in tutta la vicenda della rinuncia di Papa Benedetto?
2) come mai c'è ancora tanto astio nei confronti di Joseph Ratzinger da parte di chi si è autoproclamato guardiano del nuovo corso?
Come ho detto, non entrerò nel merito delle parole di Mons. Negri, che non ha bisogno di essere difeso e che ha il coraggio di dire apertamente ciò che pensa senza nascondersi dietro il comodo anonimato e senza vivacchiare del comodo silenzio di tanti suoi "colleghi".
Ma davvero pensiamo che non ci siano responsabilità dietro la rinuncia di Papa Benedetto?
Non sto dicendo che le sue dimissioni siano state imposte o siano frutto di un complotto, ma mi pare del tutto evidente che egli non abbia potuto contare sull'appoggio necessario dentro e fuori le Mura.
Se "lorsignori" lo avessero aiutato invece di mettergli i bastoni fra le ruote, forse, le cose sarebbero andate diversamente.
Ribadisco ora ciò che scrissi anche quattro anni fa. Mi sarei aspettata un "mea culpa" generale della curia e degli episcopati nazionali dopo l'11 febbraio 2013. Mi sarei aspettata delle scuse al Papa per averlo lasciato troppo spesso (e volentieri) da solo nei momenti di difficoltà. Nulla di tutto ciò. Nessuno si dimise in quella circostanza ad eccezione del Papa ovviamente.
E non ci sono responsabilità? Suvvia...siamo seri!
Rinuncia senza costrizioni sì, mancanza di responsabilità altrui no!
E che dire di chi parla ora puntando il ditino contro Mons. Negri ma, durante il Pontificato di Benedetto, se ne stava comodamente zitto e interveniva solo se strettamente necessario e non sempre?
Per non parlare dei "guardiani" del nuovo corso.
Ho letto almeno quattro articoli in cui, per attaccare Negri, si finisce per offendere Ratzinger.
E basta! Secondo alcuni il Papa emerito non dovrebbe nemmeno ricevere visite (è forse in carcere?), non dovrebbe parlare con nessuno (è in clausura?) e soprattutto non dovrebbe vestirsi di bianco e farsi chiamare Papa (e come lo dobbiamo chiamare? Cardinale?). Ricordo, per inciso, a tutti che la decisione circa l'abbigliamento e il titolo fu presa da Benedetto quando era ancora regnante. Quindi, se la cosa disturba, si chieda al Pontefice regnante di modificare la decisione del predecessore. Non vedo perchè debbano essere dei giornalisti o dei sedicenti teologi a puntare il ditino e il mouse.
C'è poi chi invoca punizioni per l'arcivescovo uscente di Ferrara. Ovviamente nel nome della misericordia...
Noto con una punta di divertimento che l'intervista a Mons. Negri sta avendo un successore mediatico. Evidentemente è difficile se non impossibile relegare Benedetto XVI nel dimenticatoio :-)
R.

lunedì 6 marzo 2017