domenica 31 dicembre 2017

Benedetto XVI: Ogni presepe è un incontro con la Vita immortale (Urbi et Orbi 2008)



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In occasione del Messaggio e della benedizione Urbi et Orbi (25 dicembre 2008), Benedetto XVI si soffermò sul Mistero del Natale come "festa di luce" e sull'importanza del Presepe.
Il testo integrale si trova qui. A questo link (l'allora) tradizionale saluto del Papa nelle tante lingue del mondo. Grazie come sempre a Gemma per il regalo.
A tutti una buona e serata fine d'anno :-)
R.

In particolare:

"E’ apparsa! Questo è ciò che la Chiesa oggi celebra. La grazia di Dio, ricca di bontà e di tenerezza, non è più nascosta, ma "è apparsa", si è manifestata nella carne, ha mostrato il suo volto. Dove? A Betlemme. Quando? Sotto Cesare Augusto, durante il primo censimento, al quale fa cenno anche l’evangelista Luca. E chi è il rivelatore? Un neonato, il Figlio della Vergine Maria. In Lui è apparsa la grazia di Dio Salvatore nostro. Per questo quel Bambino si chiama Jehoshua, Gesù, che significa "Dio salva".

La grazia di Dio è apparsa: ecco perché il Natale è festa di luce. Non una luce totale, come quella che avvolge ogni cosa in pieno giorno, ma un chiarore che si accende nella notte e si diffonde a partire da un punto preciso dell’universo: dalla grotta di Betlemme, dove il divino Bambino è "venuto alla luce". In realtà, è Lui la luce stessa che si propaga, come ben raffigurano tanti dipinti della Natività. Lui è la luce, che apparendo rompe la caligine, dissipa le tenebre e ci permette di capire il senso ed il valore della nostra esistenza e della storia. Ogni presepe è un invito semplice ed eloquente ad aprire il cuore e la mente al mistero della vita. E’ un incontro con la Vita immortale, che si è fatta mortale nella mistica scena del Natale; una scena che possiamo ammirare anche qui, in questa Piazza, come in innumerevoli chiese e cappelle del mondo intero, e in ogni casa dove è adorato il nome di Gesù.

La grazia di Dio è apparsa a tutti gli uomini. Sì, Gesù, il volto del Dio-che-salva, non si è manifestato solo per pochi, per alcuni, ma per tutti. E’ vero, nella umile disadorna dimora di Betlemme lo hanno incontrato poche persone, ma Lui è venuto per tutti: giudei e pagani, ricchi e poveri, vicini e lontani, credenti e non credenti… tutti. La grazia soprannaturale, per volere di Dio, è destinata ad ogni creatura.

Fratelli e sorelle che mi ascoltate, a tutti gli uomini è destinato l’annuncio di speranza che costituisce il cuore del messaggio di Natale. Per tutti è nato Gesù e, come a Betlemme Maria lo offrì ai pastori, in questo giorno la Chiesa lo presenta all’intera umanità, perché ogni persona e ogni umana situazione possa sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio, che sola può trasformare il male in bene, che sola può cambiare il cuore dell’uomo e renderlo un’"oasi" di pace.

Cari fratelli e sorelle, oggi "è apparsa la grazia di Dio Salvatore" (cfr Tt 2,11), in questo nostro mondo, con le sue potenzialità e le sue debolezze, i suoi progressi e le sue crisi, con le sue speranze e le sue angosce. Oggi, rifulge la luce di Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo e figlio della Vergine Maria: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Lo adoriamo quest’oggi, in ogni angolo della terra, avvolto in fasce e deposto in una povera mangiatoia. Lo adoriamo in silenzio mentre Lui, ancora infante, sembra dirci a nostra consolazione: Non abbiate paura, "Io sono Dio, non ce n’è altri" (Is 45,22). Venite a me, uomini e donne, popoli e nazioni, venite a me, non temete: sono venuto a portarvi l’amore del Padre, a mostrarvi la via della pace.

Andiamo, dunque, fratelli! Affrettiamoci, come i pastori nella notte di Betlemme. Dio ci è venuto incontro e ci ha mostrato il suo volto, ricco di grazia e di misericordia! Non sia vana per noi la sua venuta! Cerchiamo Gesù, lasciamoci attirare dalla sua luce, che dissipa dal cuore dell’uomo la tristezza e la paura; avviciniamoci con fiducia; con umiltà prostriamoci per adorarlo. Buon Natale a tutti!"

lunedì 25 dicembre 2017

BUON NATALE A TUTTI :-)

Carissimi Amici,
i migliori e più sinceri auguri di Buon Natale a tutti Voi ed alle vostre famiglie :-)
Un abbraccio!!!
Raffaella

Omelia per il Natale del card. Ratzinger a Monaco (1978): Il bambino bussa...

Dio bussa

Omelia di Joseph Ratzinger

Se consideriamo la liturgia del Natale della Chiesa, ecco ci appare come un tessuto prezioso composto da molteplici fili: i fili dell'Antico Testamento, principalmente dei Salmi e dei profeti, quelli delle lettere di Paolo e infine le diverse tonalità di tre evangelisti, Matteo, Luca e Giovanni. Due di essi, però, Luca e Giovanni, formano la vera bitonalità natalizia da cui è costituita la fede nel Natale della Chiesa. Se non si tiene conto di ciò, si distrugge l'autentico mistero del Natale.
Luca, che fa risalire la sua tradizione alle cose sulle quali Maria ha riflettuto e che ha serbato in sé nella contemplazione del mistero di Dio, nel suo racconto ci fa conoscere la partecipazione umana e il fervore materno con cui la madre del Signore ha vissuto gli eventi della Notte Santa.
Giovanni non prende in considerazione i particolari umani del racconto per far giungere invece lo sguardo fino agli abissi dell'eternità, per farci riconoscere i veri ordini di grandezza dell'evento: la parola si è fatta carne e dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Per questo i Concili della Chiesa delle origini si sono sforzati di esprimere con le parole questa cosa grande, inattesa è sempre inconcepibile e indicibile: nel tempo il figlio eterno di Dio è diventato figlio di Maria. Colui che è generato dal Padre nell'eternità è diventato uomo nella storia grazie a Maria. Il vero figlio di Dio e figlio vero dell'uomo.

Oggi nella cristianità questi dogmi non contano più molto. Ci sembrano troppo grandi e troppo remoti per poter influenzare la nostra vita. E ignorarli o non prenderli troppo in considerazione, facendo del figlio di Dio più o meno il suo rappresentante, sembra essere quasi una specie di "trasgressione perdonabile" per i cristiani. 
Si adduce il pretesto che tutti questi concetti sono talmente lontani da noi che non riusciremmo mai a tradurli in parole in modo convincente e in fondo neppure a comprenderli. Inoltre ci siamo fatti un'idea tale della tolleranza e del pluralismo, che credere che la verità si sia effettivamente manifestata sembra essere nientemeno che una violazione della tolleranza. Però, se pensiamo in questo modo, cancelliamo la verità, facciamo dell'uomo un essere a cui è definitivamente precluso il vero e costringiamo noi stessi  e il mondo ad aderire a un vuoto relativismo. 
Non riconosciamo quello che di salvifico c'è nel Natale, che esso cioè dà la luce, che si è manifestata e che si è rivelata a noi la via, che è veramente via perché è la verità. Se non riconosciamo che Dio si è fatto uomo non possiamo veramente festeggiare e custodire nel nostro cuore  il Natale, con la sua gioia grande che s' irradia oltre noi stessi. Se questo fatto viene ignorato, molte cose possono funzionare anche a lungo, ma in realtà la Chiesa comincia a spegnersi, a partire dal suo cuore. E finirà per essere disprezzata e calpestata dagli uomini, proprio nel momento in cui crederà di essere diventata per essi accettabile.
La parola si è fatta carne. Accanto a questa verità presentataci da Giovanni, deve però esserci anche la verità di Maria, che ci è stata rivelata da Luca. Dio si è fatto carne. Questo non è soltanto un evento incommensurabilmente grande e lontano da noi, è qualcosa di molto umano e a noi molto vicino: Dio si è fatto bambino, un bambino che ha bisogno di una madre. È diventato un bambino, una creatura che entra nel mondo piangendo, la cui prima voce è uno strillo che chiede aiuto, il cui primo gesto è rappresentato dalle mani tese in cerca di sicurezza. Dio è diventato un bambino. D'altra parte sentiamo anche dire che queste cose non sono che sentimentalismo, che sarebbe meglio lasciare da parte. Ma il Nuovo Testamento ha altre idee al riguardo. Per la fede della Bibbia e della Chiesa è importante che Dio abbia voluto essere una simile creatura, dipendente dalla madre, dipendente dall'amore soccorrevole dell'uomo. Dio ha voluto essere una creatura che dipende dagli uomini per suscitare in noi l'amore che ci purifica e ci salva. Dio è diventato un bambino, e il bambino è una creatura che dipende dagli altri. 
Così nell'essere bambino c'è già il tema della ricerca di asilo, un tema fondamentale del Natale. E quante variazioni ha visto questo tema nella storia! Oggi ne sperimentiamo una molto angosciosa: il bambino bussa alle porte del nostro mondo. A ragione deploriamo di continuo il fatto che l'ambiente in cui viviamo sia diventato ostile ai bambini, che rifiuti al bambino lo spazio interiore ed esteriore in cui questi potrebbe realizzare la propria esistenza nella libertà e nella gioia.

Il bambino bussa. Questa ricerca d'asilo va ancora più in profondità. Non esiste soltanto l'ambiente ostile ai bambini, prima di questo c'è anche il fatto che al bambino è chiusa la porta attraverso la quale potrebbe accedere a questo mondo, che si dice non abbia più posto per lui. Il bambino è visto come una specie di pericolo o come un incidente da evitare. 
L'arte di chiudergli la porta in faccia è considerata un portato dell'illuminismo e di una mentalità libera da pregiudizi. Spesso calpestare la vita che più di tutte è indifesa, quella che ancora non è nata, sembra non essere neppure più una trasgressione veniale, ma soltanto un parametro dell'emancipazione. Nel modo di pensare di questo nostro tempo - ma, se siamo sinceri, in segreto anche nel nostro modo di pensare - il bambino appare come colui che fa concorrenza alla nostra libertà, come colui che fa concorrenza al nostro futuro, che ci porta via il posto. 
Riempiamo lo spazio della nostra vita di oggetti e prodotti e non riusciamo mai ad averne abbastanza di cose che programmiamo e poi possiamo anche buttare via. Tutt'al più abbiamo posto per un animale che si adatti ai nostri capricci. Ma non abbiamo posto per una nuova libertà, per una nuova volontà che entra nella nostra vita e che non possiamo programmare e governare: per noi sarebbe troppo gravoso. Vogliamo soltanto ciò che si può programmare, il prodotto, le cose che siamo in grado di fare e che possiamo anche buttare via. 
Il bambino bussa. Se lo accogliessimo, dovremmo rivedere radicalmente il nostro rapporto con la vita, dovremmo essere disposti a non approfittare di essa soltanto a nostro vantaggio, dovremmo smettere di ritenerla soltanto un'opportunità utile a ricavare qualcosa da ciò che le circostanze ci offrono. Dovremmo invece viverla e considerarla come un dono per gli altri. Dovremmo imparare a vedere nel bambino, nella nuova libertà di un altro essere umano che nasce alla vita, non la distruzione della nostra libertà ma un'occasione che le viene offerta, non il concorrente che ci toglie il futuro e lo spazio vitale ma la forza creativa che dà la propria impronta al futuro e lo porta in sé. Possiamo dire di avere a che fare con qualcosa di molto profondo a seconda del modo in cui in ultima analisi intendiamo l'essere uomini: se dal punto di vista di un terribile egoismo che si sente perennemente minacciato, oppure da quello di una libertà fiduciosa che accoglie e sa accogliere un'altra libertà, perché sa che in fondo l'uomo è sorretto da Dio ed è pertanto chiamato alla comunione dell'amore e della libertà del vivere insieme.

Ricerca d'asilo. Nelle ultime settimane abbiamo visto immagini impressionanti dei profughi vietnamiti e siamo anche stati testimoni di uno spaventoso venir meno del sentimento di umanità.  Fino ad oggi prestare aiuto ai naufraghi era ritenuta una delle qualità primarie della natura umana. Nel caso di questi fuggiaschi tale regola non è sembrata essere più valida. 
Grazie a Dio negli ultimi tempi le cose sono un pó migliorate. Per fortuna anche gli stati  europei, anche il nostro paese, hanno aperto almeno un pó le loro porte per accogliere questi reietti. E io a questo punto vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che si sono impegnati e hanno lottato affinché nel nostro paese le porte si aprissero. Ma con questo il problema non è ancora risolto. Ora che la questione ci riguarda, si presenteranno nuove difficoltà. E come i locandieri di Betlemme avevano certamente buoni motivi per dire a quella coppia di coniugi che non c'era più posto per loro, così anche noi troveremo di sicuro motivi plausibili per negarci all'amore. Pensiamo però a una cosa: nella storia del dopoguerra resterà a gloria del popolo tedesco il fatto che un paese devastato, privo di mezzi, distrutto, abbia accolto milioni di profughi, a volte certo brontolando, ma in fin dei conti aprendo le loro porte. Avremmo avuto buoni motivi per tirarci indietro, per dire che ogni cosa era distrutta e che  noi stessi non avevamo niente. Avessimo spartito il nostro poco, a ciascuno di noi sarebbe rimasto meno di niente. E tuttavia abbiamo detto di sì. E oggi sappiamo che coloro che vedevano nell'altro il rivale che ci avrebbe tolto lo spazio vitale non avevano ragione. Sappiamo che il grande sviluppo economico e la saldezza morale della prima generazione tedesca del dopoguerra furono resi possibili in maniera determinante dalla forza morale, spirituale e umana di coloro che erano giunti nel nostro paese distrutto e che sono stati non dei rivali, ma delle energie per una nuova vita e un nuovo futuro. E conosciamo anche un esempio che è il contrario di questo. Nel Medio Oriente ai profughi dalla Palestina non è mai stata aperta una porta. Dove la persona è accolta e bene accetta, essa diventa una forza della creatività, della speranza e dell'amore, invece dove  essa è respinta produce un'intossicazione dalle proporzioni devastanti. E vediamo come questo focolaio di veleni non soltanto sconvolga e minacci fino alle radici il Medio Oriente, ma metta in pericolo anche tutto il mondo, perché il mondo è soltanto uno. Sarebbe una vera infamia se noi, che abbiamo potuto accogliere delle persone in una nazione distrutta, bombardata e saccheggiata facendo loro posto, ora nel nostro paese pieno di ricchezza dovessimo dire: "No, non abbiamo più posto!".

Ricerca d'asilo. Si riferisce a essa anche la colletta natalizia dell'Adveniat promossa dalla Chiesa. I popoli dell'America Latina bussano e ci chiedono di far partecipare anche loro al godimento dei beni di questo mondo, che sono dati per tutti. "Venne nella sua proprietà e i suoi non lo accolsero. 
A quanti però lo accolsero diede il potere di divenire figli di Dio". In quest'ora chiediamo a Dio che ci apra il cuore, rendiamoci capaci di sentire il suo bussare e di aprire le porte senza paura, accogliamolo,  diventando così suoi figli, figli del bambino nel quale in questa notte è sorta per il mondo la vera luce.
Amen

Omelia per il Natale del 1978

Da: Sul Natale (Lindau)

© 1978 Libreria Editrice Vaticana

domenica 24 dicembre 2017

Il Natale non è un mito (Carlo Caffarra)

Clicca qui per leggere un bellissimo testo del compianto cardinale Caffarra.

Ascoltare Ratzinger per capire il futuro della chiesa

Clicca qui per leggere il testo.
Buona Vigilia di Natale a tutti :-)
R.

venerdì 22 dicembre 2017

Tormenti vaticani e chiavi di lettura diverse (R.)

Cari amici,
ieri molte news sono uscite dal vaticano. 
Direi che le più interessanti sono quelle che riguardano Maradiaga (clicca qui) e i funerali di Law (clicca qui).
C'è poi quella che i media definiscono "sferzata" alla curia, che tanto spazio sta avendo sui giornali,  ma che in realtà non dice nulla di nuovo e conferma un certo stile a cui ormai siamo abituati.
L'articolo di Fittibaldi su Maradiaga è molto interessante perchè quest'ultimo è considerato uno dei paladini della "rivoluzione" (vabbè...) e uno dei più autorevoli e ascoltati araldi del progressismo cattolico, quello della "chiesa povera per i poveri", tanto per capirci...
Negli Usa le vittime dei preti pedofili di Boston hanno preso molto male la notizia della celebrazione in Basilica dei funerali di Law. Un tempo simili proteste avrebbero occupato le prime pagine di tutti i quotidiani a livello MONDIALE. Ora invece si preferisce sorvolare sull'argomento spinoso. 
C'è poi qualcuno che non esita a dare la colpa a Papa Wojtyla. Certamente fu lui a nominare l'ex arcivescovo di Boston arciprete di Santa Maria Maggiore, ma è anche vero che in questi cinque anni il cardinale non è mai stato allontanato anzi...è stato sempre presente nelle occasioni ufficiali e i funerali, in pompa magna di ieri, ne sono la prova. Ovviamente silenzio mediatico e in alcuni casi un "semisilenzio". Gramellini parla dell'evento (clicca qui) ma non cita quali "prelati d'alto bordo" (parole sye) fossero presenti. Ennò, cari miei! Se Ratzinger fosse Papa, il suo nome non sarebbe stato fatto? Ma figuriamoci!
In ogni caso si dovrebbe parlare di un altro importantissimo cardinale che, salito agli "onori" delle cronache nel 2010, era finito in disgrazia per poi godere di una nuovissima primavera a partire dal 2013. Eh...i miracoli di San Gallo ;-)
Quanto alla "sferzata" alla curia, i giornali pullulano di interpretazioni: Franco, per esempio, si pone su una linea "romantica" (clicca qui), che personalmente non condivido; altri, come Allen (qui), arrivano a paragonare quanto sta accadendo ora con il calvario subìto da Papa Benedetto. Peccato che quest'ultimo non avesse tutti i media come grandi difensori d'ufficio anzi...allora gli "eroi" erano proprio ranocchi e corvi.
Il più equilibrato e onesto risulta, come sempre, Marco Tosatti. Qui il suo commento.
Negli anni di Pontificato di Papa Ratzinger non sono mancati gli sgambetti della curia così come l'opposizione (palese o sotterranea) di molti cardinale e vescovi, da Roma a Milano, dai confini del mondo fino al famoso cantone di San Gallo in Svizzera...
Eppure il Papa non si lamentò mai e spesso e volentieri si assunse colpe non sue. Ora invece la colpa è sempre degli altri...
Un'ultima annotazione più che altro personale: visto che ormai regna ovunque il politicamente e mediaticamente corretto, mi permetto di fare un appunto. Gradirei enormemente che non si usasse con leggerezza la parola "cancro". Chi ha avuto modo, purtroppo, di confrontarsi con questa malattia non ama sentire il termine pronunciato come sinonimo di "corruzione" o di "complotto". Visto che gli episodi si ripetono, forse sarebbe il caso che i consiglieri suggeriscano una parola più rispettosa. Grazie.
R.

giovedì 21 dicembre 2017

sabato 16 dicembre 2017

Mons. Crepaldi: "i ponti non fondati sulla verità non reggono"

Clicca qui per leggere il testo dell'intervento.
Giustamente Mons. Crepaldi segnala la totale indifferenza se non il silenzio complice del mondo cattolico. Ancora più grave è stato (ed è) l'atteggiamento che in questi anni ha caratterizzato la gerarchia cattolica. Dopo i "ponti" costruiti sulle leggi sulle quali si poteva e si doveva dire almeno mezza parola (anche a costo di turbare la "pax mediatica"), ecco che oggi si diffonde in pompa magna la notizia che arriva direttamente da Firenze (clicca qui).
Direi che abbiamo abbondantemente superato la frutta. Ormai siamo al caffè e fra poco sarà tempo di pagare il conto.
R.

venerdì 8 dicembre 2017

Benedetto XVI: La Madonna sorretta da fede intrepida, speranza incrollabile e amore sconfinato (YouTube)



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L'8 dicembre 2007, come da tradizione, Benedetto XVI si recò in Piazza di Spagna per l'omaggio alla Statua della Vergine Immacolata. Tenne un discorso memorabile sulla figura ed il ruolo di Maria nella storia dell'umanità. Il testo integrale è consultabile qui

Grazie come sempre a Gemma e buona Festa dell'Immacolata a tutti :-)
R.


Cari fratelli e sorelle,

in un appuntamento divenuto ormai tradizionale, ci ritroviamo qui, in Piazza di Spagna, per offrire il nostro omaggio floreale alla Madonna, nel giorno in cui tutta la Chiesa celebra la festa della sua Immacolata Concezione. Seguendo le orme dei miei Predecessori, anch’io mi unisco a voi, cari fedeli di Roma, per sostare con affetto e amore filiali ai piedi di Maria, che da centocinquant’anni ormai veglia dall’alto di questa colonna sulla nostra Città. 
Quello odierno è dunque un gesto di fede e di devozione che la nostra comunità cristiana ripete di anno in anno, quasi a ribadire il proprio impegno di fedeltà verso Colei che, in tutte le circostanze della vita quotidiana, ci assicura il suo aiuto e la sua materna protezione.
Questa manifestazione religiosa è al tempo stesso un’occasione per offrire a quanti a Roma vivono o vi trascorrono alcuni giorni come pellegrini e turisti, l’opportunità di sentirsi, pur nella diversità delle culture, un’unica famiglia che si raccoglie attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma di famiglia. Una madre però del tutto singolare, prescelta da Dio per una missione unica e misteriosa, quella di generare alla vita terrena il Verbo eterno del Padre, venuto nel mondo per la salvezza di tutti gli uomini. E Maria, Immacolata nella sua concezione - così la veneriamo quest’oggi con devota riconoscenza -, ha percorso il suo pellegrinaggio terreno sorretta da una fede intrepida, una speranza incrollabile e un amore umile e sconfinato, seguendo le orme del suo figlio Gesù
Gli è stata accanto con materna sollecitudine dalla nascita al Calvario, dove ha assistito alla sua crocifissione impietrita dal dolore, ma incrollabile nella speranza. Ella ha poi sperimentato la gioia della risurrezione, all’alba del terzo giorno, del nuovo giorno, quando il Crocifisso ha lasciato il sepolcro vincendo per sempre e in modo definitivo il potere del peccato e della morte.
Maria, nel cui grembo verginale Dio si è fatto uomo, è nostra Madre! Dall’alto della croce infatti, Gesù, prima di portare a compimento il suo sacrificio, ce l’ha donata come madre e a Lei ci ha affidati come suoi figli. Mistero di misericordia e di amore, dono che arricchisce la Chiesa di una feconda maternità spirituale. Volgiamo soprattutto quest’oggi il nostro sguardo verso di Lei, cari fratelli e sorelle, e, implorando il suo aiuto, disponiamoci a far tesoro di ogni suo materno insegnamento. 
Questa nostra celeste Madre non ci invita forse a fuggire il male e a compiere il bene seguendo docilmente la legge divina iscritta nel cuore di ogni cristiano? Lei, che ha conservata la speranza pur nel sommo della prova, non ci chiede forse di non perderci d’animo quando la sofferenza e la morte bussano alla porta delle nostre case? non ci chiede di guardare fiduciosi al nostro futuro? Non ci esorta la Vergine Immacolata ad essere fratelli gli uni degli altri, tutti accomunati dall’impegno di costruire insieme un mondo più giusto, solidale e pacifico?
Sì, cari amici! Ancora una volta, in questo giorno solenne, la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male. Colei che invochiamo "piena di grazia" ci ricorda che siamo tutti fratelli e che Dio è il nostro Creatore e il nostro Padre. Senza di Lui, o ancor peggio contro di Lui, noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all’amore, non potremo mai sconfiggere il potere dell’odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace.
Accolgano gli uomini di ogni nazione e cultura questo messaggio di luce e di speranza: lo accolgano come dono dalle mani di Maria, Madre dell’intera umanità. Se la vita è un cammino, e questo cammino si fa spesso buio, duro e faticoso, quale stella potrà illuminarlo? Nella mia Enciclica Spe salvi, resa pubblica all’inizio dell’Avvento, ho scritto che la Chiesa guarda a Maria e la invoca come "stella della speranza" (n. 49). Nel nostro comune viaggio sul mare della storia abbiamo bisogno di "luci di speranza", di persone cioè che traggono luce da Cristo "ed offrono così orientamento per la nostra traversata" (ibid.). 
E chi meglio di Maria può essere per noi "Stella di speranza"? Lei, con il suo "sì", con l’offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, ha consentito alla speranza dei millenni di diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo suo Dio si è fatto carne, è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi.
Per questo, animati da filiale confidenza, Le diciamo: "Insegnaci, Maria, a credere, a sperare e ad amare con Te; indicaci la via che conduce alla pace, la via verso il regno di Gesù. Tu, Stella della speranza, che trepidante ci attendi nella luce intramontabile dell’eterna Patria, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen!".

domenica 3 dicembre 2017

"Poveri" cardinali...forse stavano meglio quando stavano "peggio"

Clicca qui per leggere l'articolo di Tosatti.
Ricordiamo i commenti trionfanti e trionfalistici di molti cardinali all'indomani del conclave del 2013. Ricordiamo anche il mancato supporto della maggiorparte degli uomini in porpora nei confronti di Benedetto XVI.
Probabilmente ora lorsignori iniziano ad avere più di un "dubium" ma ormai è troppo tardi per loro e in fondo per tutti...
Auguri!
Buona domenica amici :-)
R.