Su segnalazione di Laura leggiamo:
Messa di Benedetto XVI per i partecipanti all'incontro annuale dei suoi ex alunni
Chi scende per servire
Ci troviamo sulla via giusta se proviamo a diventare persone che «scendono» per servire, portando la gratuità di Dio al mondo. Lo ha affermato Benedetto XVI nella messa celebrata domenica mattina, 1° settembre, nella cappella di Santa Maria Madre della Famiglia, nel palazzo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, in occasione del tradizionale seminario estivo dei suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis.
L'incontro degli studenti di Joseph Ratzinger si è svolto, come di consueto, a Castel Gandolfo: quest'anno, però, Benedetto XVI non ha preso parte ai lavori. La trentottesima edizione è stata dedicata alla «questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione» alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague, filosofo e storico francese premiato con il Premio Ratzinger 2012 per la teologia.
Alla messa hanno partecipato circa cinquanta persone. Con Benedetto XVI hanno concelebrato, tra gli altri, i cardinali Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; l'arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, monsignor Hans-Jochen Jaschke.
Ognuno nella vita vuole trovare il suo posto buono: ma quale è veramente il posto giusto? L'omelia di Ratzinger è stata, in fondo, una risposta a questa domanda a partire dal Vangelo domenicale, nel quale Gesù invita proprio a scegliere l'ultimo posto. «Un posto che può sembrare molto buono, può rivelarsi per essere un posto molto brutto» ha detto: accade così che «i primi» siano stati rovesciati e improvvisamente siano diventati «ultimi». Anche durante l'ultima Cena i discepoli litigano per i posti migliori: Gesù si presenta invece come colui che serve. «Nato nella stalla» e «morto sulla Croce» -- ha affermato Benedetto XVI -- «ci dice che il posto giusto è quello vicino a lui, il posto secondo la sua misura». E l'apostolo, in quanto inviato di Cristo, «è l'ultimo nell'opinione del mondo» ma proprio per questo è vicino a Gesù.
«Chi in questo mondo e in questa storia -- ha affermato -- forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo; deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a lui, misurarsi alla responsabilità per l'altro, deve diventare colui che serve, quello che nella realtà è seduto ai piedi dell'altro, e così benedice e a sua volta diventa benedetto».
Nella pagina evangelica il Signore ricorda che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. E così Benedetto XVI ha rimarcato che «Cristo, il Figlio di Dio, scende per servire noi e questo fa l'essenza di Dio», che «consiste nel piegarsi verso di noi: l'amore, il sì ai sofferenti, l'elevazione dall'umiliazione». Ecco perché «noi -- ha spiegato -- ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via se in sua vece e come lui proviamo a diventare persone che “scendono” per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell'amore». Del resto, «la croce, nella storia, è l'ultimo posto» e «il crocifisso non ha nessun posto, è un non-posto»: è stato spogliato, «è un nessuno», eppure Giovanni nel Vangelo vede «questa umiliazione estrema» come «la vera esaltazione».
«Così, Gesù è più alto; sì, è all'altezza di Dio -- ha continuato -- perché l'altezza della croce è l'altezza dell'amore di Dio, l'altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione agli altri. Così, questo è il posto divino, e noi vogliamo pregare Dio che ci doni di comprendere questo sempre di più e di accettare con umiltà, ciascuno a modo proprio, questo mistero dell'esaltazione e dell'umiliazione».
Benedetto XVI ha quindi ricordato che Gesù esorta a «invitare» i paralitici, gli storpi, i poveri, perché lui stesso lo ha fatto invitando «noi alla mensa di Dio» e mostrandoci in questo modo cosa sia la gratuità. L'economia si poggia sulla «giustizia commutativa», sul do ut des. Ma persino in questo ambito rimane qualcosa di gratuito, ha precisato Benedetto XVI, sottolineando che «senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere»; tanto è vero che le più grandi cose della vita, cioè «l'amore, l'amicizia, la bontà, il perdono», «non le possiamo pagare», perché «sono gratis, nello stesso modo in cui Dio ci dona a titolo gratuito».
«Così, pur nella lotta per la giustizia nel mondo, non dobbiamo mai dimenticare -- ha spiegato -- la gratuità di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano gratis la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi gratis; e poi, a nostra volta, donare questa gratuità per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a lui, per aprirci a lui».
(©L'Osservatore Romano 2-3 settembre 2013)
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