giovedì 8 ottobre 2015

Benedetto XVI parla di Sant’Atanasio che combattè l'eresia ariana (2007)



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Grazie a Gemma rivediamo una delle catechesi fondamentali di Papa Ratzinger.
Il 20 giugno 2007, in occasione della catechesi dell'udienza generale, Benedetto XVI si soffermò sulla figura di uno dei più importanti Padri della Chiesa, Sant’Atanasio di Alessandria. Il testo della catechesi è consultabile qui.

In particolare:


Cari fratelli e sorelle,

continuando la nostra rivisitazione dei grandi Maestri della Chiesa antica, vogliamo rivolgere oggi la nostra attenzione a sant’Atanasio di Alessandria. Questo autentico protagonista della tradizione cristiana, già pochi anni dopo la morte, venne celebrato come «la colonna della Chiesa» dal grande teologo e Vescovo di Costantinopoli Gregorio Nazianzeno (Discorsi 21,26), e sempre è stato considerato come un modello di ortodossia, tanto in Oriente quanto in Occidente. Non a caso, dunque, Gian Lorenzo Bernini ne collocò la statua tra quelle dei quattro santi Dottori della Chiesa orientale e occidentale – insieme ad Ambrogio, Giovanni Crisostomo e Agostino –, che nella meravigliosa abside della Basilica vaticana circondano la Cattedra di san Pietro.

Atanasio è stato senza dubbio uno dei Padri della Chiesa antica più importanti e venerati. Ma soprattutto questo grande Santo è l’appassionato teologo dell’incarnazione del Logos, il Verbo di Dio, che – come dice il prologo del quarto Vangelo – «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Proprio per questo motivo Atanasio fu anche il più importante e tenace avversario dell’eresia ariana, che allora minacciava la fede in Cristo, riducendolo ad una creatura «media» tra Dio e l’uomo, secondo una tendenza ricorrente nella storia, e che vediamo in atto in diversi modi anche oggi. 

Nato probabilmente ad Alessandria, in Egitto, verso l’anno 300, Atanasio ricevette una buona educazione prima di divenire diacono e segretario del Vescovo della metropoli egiziana, Alessandro. Stretto collaboratore del suo Vescovo, il giovane ecclesiastico prese parte con lui al Concilio di Nicea, il primo a carattere ecumenico, convocato dall’imperatore Costantino nel maggio del 325 per assicurare l’unità della Chiesa. I Padri niceni poterono così affrontare varie questioni, e principalmente il grave problema originato qualche anno prima dalla predicazione del presbitero alessandrino Ario.

Questi, con la sua teoria, minacciava l’autentica fede in Cristo, dichiarando che il Logos non era vero Dio, ma un Dio creato, un essere «medio» tra Dio e l’uomo, e così il vero Dio rimaneva sempre inaccessibile a noi. 

I Vescovi riuniti a Nicea risposero mettendo a punto e fissando il «Simbolo della fede» che, completato più tardi dal primo Concilio di Costantinopoli, è rimasto nella tradizione delle diverse confessioni cristiane e nella Liturgia come il Credo niceno-costantinopolitano. In questo testo fondamentale – che esprime la fede della Chiesa indivisa, e che recitiamo anche oggi, ogni domenica, nella Celebrazione eucaristica – figura il termine greco homooúsios, in latino consubstantialis: esso vuole indicare che il Figlio, il Logos, è «della stessa sostanza» del Padre, è Dio da Dio, è la sua sostanza, e così viene messa in luce la piena divinità del Figlio, che era negata dagli ariani.

Morto il Vescovo Alessandro, Atanasio divenne, nel 328, suo successore come Vescovo di Alessandria, e subito si dimostrò deciso a respingere ogni compromesso nei confronti delle teorie ariane condannate dal Concilio niceno. La sua intransigenza, tenace e a volte molto dura, anche se necessaria, contro quanti si erano opposti alla sua elezione episcopale e soprattutto contro gli avversari del Simbolo niceno, gli attirò l’implacabile ostilità degli ariani e dei filoariani

Nonostante l’inequivocabile esito del Concilio, che aveva con chiarezza affermato che il Figlio è della stessa sostanza del Padre, poco dopo queste idee sbagliate tornarono a prevalere – in questa situazione persino Ario fu riabilitato –, e vennero sostenute per motivi politici dallo stesso imperatore Costantino e poi da suo figlio Costanzo II. Questi, peraltro, che non si interessava tanto della verità teologica quanto dell’unità dell’Impero e dei suoi problemi politici, voleva politicizzare la fede, rendendola più accessibile – secondo il suo parere – a tutti i sudditi nell’Impero.
La crisi ariana, che si credeva risolta a Nicea, continuò così per decenni, con vicende difficili e divisioni dolorose nella Chiesa. E per ben cinque volte – durante un trentennio, tra il 336 e il 366 – Atanasio fu costretto ad abbandonare la sua città, passando diciassette anni in esilio e soffrendo per la fede. Ma durante le sue forzate assenze da Alessandria, il Vescovo ebbe modo di sostenere e diffondere in Occidente, prima a Treviri e poi a Roma, la fede nicena e anche gli ideali del monachesimo, abbracciati in Egitto dal grande eremita Antonio con una scelta di vita alla quale Atanasio fu sempre vicino. Sant’Antonio, con la sua forza spirituale, era la persona più importante nel sostenere la fede di sant’Atanasio. Reinsediato definitivamente nella sua sede, il Vescovo di Alessandria poté dedicarsi alla pacificazione religiosa e alla riorganizzazione delle comunità cristiane. Morì il 2 maggio del 373, giorno in cui celebriamo la sua memoria liturgica.

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Del resto, lo stesso Atanasio mostra di avere chiara coscienza dell’influsso che poteva avere sul popolo cristiano la figura esemplare di Antonio. Scrive infatti nella conclusione di quest’opera: «Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato, anche da quelli che non l’avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio. E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. Come infatti si sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di quest’uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l’avesse fatto conoscere dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva annunciato ad Antonio fin dal principio? E anche se questi agiscono nel segreto e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna, perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù» (93,5-6).

Sì, fratelli e sorelle! Abbiamo tanti motivi di gratitudine verso sant’Atanasio. La sua vita, come quella di Antonio e di innumerevoli altri Santi, ci mostra che «chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino» (Deus caritas est, 42).

2 commenti:

mariateresa ha detto...

Vorrei fare una riflessione sul sinodo . Prendo come spunto questo articolo di John Allen
http://www.cruxnow.com/church/2015/10/07/pope-francis-is-playing-with-house-money-in-betting-on-the-2015-synod/
che normalmente assumo a piccole dosi, ma che rispetto comunque dal punto di vista professionale perche' non gli ho mai visto occultare una notizia, a differenza dell'intero parco vaticanisti italiani.
Credo che tutti abbiamo la percezione di un passaggio molto delicato nella vita della Chiesa, cosi' delicato che si sente rieccheggiare la parola scisma, anche se non e' chiaro chi sarebbero i soggetti uscenti. A dispetto dei documentoni prodotti, magari pesanti anche 50 kg l'uno, noi sappiamo che chi sceglie alla fine e' il Pontefice che , a mio personale avviso, ha fatto capire piu' e piu' volte quali sono le sue intenzioni che sono peraltro conseguenza logica di quello che faceva Buenos Aires e riferito da un suo parroco e cioe' dare la comunione a tutti. La spregiudicatezza del Papa al Sinodo , dice Allen, dipende dalla fiducia che se l'operazione va in porto il merito sara' del Papa, se non va in porto sara' colpa dei trasdizionalisti.
E' un azzardo relativo quindi, che poggia sul sicuro appoggio dei media.
Sono considerazioni che mi sento di condividere e per l'ottima ragione che i media hanno dimostrato fin dall'inizio una indulgenza (x usare un eufemismo) particolare per questo pontificato, fino allo scandaloso. Bisogna leggere in lingua inglese xche' qualcuno ricordi che al Sinodo partecipa il cardinale Daneels e non il cardinale Burke o per sentire criticare la nomina in Cile del vescovo Barros gia' criticata duramente da membri della Commissione antipedofilia nominata dal Papa e difeso a spada tratta dallo stesso in un video. Sono azioni che sarebbero costate giorni e giorni di titoli scandalizzati in prima pagina e di apertura nei telegiornali se il pontefice fosse ancora Papa Benedetto e questo Allen lo ammette onestamente.
Questo sinodo durera' tre settimane e c'e' tutto il tempo per insufflare un atteggiamento di bovina accettazione nel pubblico a fronte di qualsiasi cambiamento. Se i fatti causeranno un Atanasio, o anche piu' di uno, credo che avra' seri problemi a fare sentire la propria voce e le sue ragioni anche se i mezzi di comuniucazione di oggi sono cosi' evoluti. Soprattutto in Italia.

Anonimo ha detto...

Twitt di Damian Thompson sulla presenza di Danneels al sinodo:
"It’s an incomprehensible scandal. But not one the media are interested in because, hey, it’s Pope Francis! "
Lo stesso si potrebbe dire sul modo in cui viene condotto il sinodo, almeno in questi primi giorni. Manco si stesse recitando un copione.
Qui l'articolo di Thompson piuttosto in linea con Allen
http://new.spectator.co.uk/2015/10/this-year-catholic-conservatives-are-ready-for-pope-francis
Alessia