mercoledì 31 gennaio 2018

Capriola all'indietro dei mass media che si riscoprono improvvisamente giustizialisti (R.)

Cari amici,
consentitemi una sana e grassa risata :-)
Sì, perché è uno spasso assistere alle capriole dei mass media in servizio permanente difensivo.
Ricapitoliamo dal punto in cui eravamo rimasti qualche giorno fa: una schiera di "avvocati" aveva tentato di spiegarci che non si può condannare nessuno senza regolare processo (giusto!), che effettivamente non c'era alcuna prova (ehm...evidenza) riguardo a certe testimonianze emerse in Cile e che nessuno desiderava un Vaticano piegato ai desiderata dei mezzi di comunicazione "liberal" (davvero? E da quando?). 
Vedere liquidati in questo modo il New York Times, alcuni siti cattolici e famosissime agenzie di stampa (come l'AP) ha provocato in molti di noi un sussulto, visto che nessuno ha dimenticato quanto peso abbiano avuto questi media nel trattamento subìto da Benedetto XVI durante il suo Pontificato. Vi ricordate la famosa lettera tradotta (con i piedi) dal latino che doveva costituire la pistola fumante per condannare Ratzinger alle sue responsabilità rivelatasi poi la prova provata del suo impegno contro i pedofili? Ecco...
I telegiornali dell'epoca gareggiavano a citare questo o l'altro articolo del NYT. C'era sui giornali chi si dilettava addirittura nella traduzione di editoriali dall'inglese o dal tedesco.
Da qualche giorno a questa parte c'è un certo "rasserenamento" in tutti noi: improvvisamente e per incanto non eravamo più costretti a considerare certe testate come la crema della crema dell'informazione. 
Tutto tranquillo, tutto pacifico (la famosa pax mediatica) per la serenità di tutti. 
Viva il garantismo? Applausi!
Fino a ieri pomeriggio.
Una nota della sala stampa ha rotto l'incantesimo. Mons. Scicluna sarà inviato in Cile ad ascoltare le vittime di Karadima. Fine del garantismo. Ennesima giravolta mediatica ed ecco che si è tornati tutti al giustizialismo. Non so se avete sentito il vento di ieri pomeriggio: erano i sospiri di sollievo di quei giornalisti e commentatori che finalmente non erano più costretti a difendere a spada tratta una certa linea di condotta :-)
Viva il giustizialismo? Applausi!
Complimenti per coerenza...come sempre!
Non deve essere facile stare dietro a questo clima di primavera nella chiesa: un giorno si deve dire una cosa e il giorno successivo esattamente il contrario.
Un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo :-)
Ora si parla di novità e di spirito che soffia, cinque anni fa si parlava di confusione e la situazione non era certo così grave come in molti volevano farci credere.
Buona giornata :-)
Raffaella

p.s. solidarietà piena al cardinale Zen, uomo coraggioso e fedele.

sabato 27 gennaio 2018

San Paolo e il suo primo incontro "burrascoso" con la Chiesa nella catechesi di Benedetto XVI (YouTube)



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Il 22 novembre 2006, in occasione dell'udienza generale, Benedetto XVI si soffermò sul rapporto fra San Paolo e la Chiesa. Il testo della catechesi si trova qui.
Grazie come sempre a Gemma :-)

Paolo - La vita nella Chiesa

Cari fratelli e sorelle,

oggi completiamo i nostri incontri con l'apostolo Paolo, dedicandogli un'ultima riflessione. Non possiamo infatti congedarci da lui, senza prendere in considerazione una delle componenti decisive della sua attività e uno dei temi più importanti del suo pensiero: la realtà della Chiesa. Dobbiamo anzitutto constatare che il suo primo contatto con la persona di Gesù avvenne attraverso la testimonianza della comunità cristiana di Gerusalemme. Fu un contatto burrascoso
Conosciuto il nuovo gruppo di credenti, egli ne divenne immediatamente un fiero persecutore. Lo riconosce lui stesso per ben tre volte in altrettante Lettere: «Ho perseguitato la Chiesa di Dio» scrive (1 Cor 15,9; Gal 1,13; Fil 3,6), quasi a presentare questo suo comportamento come il peggiore crimine.

La storia ci dimostra che a Gesù si giunge normalmente passando attraverso la Chiesa! In un certo senso, questo si avverò, dicevamo, anche per Paolo, il quale incontrò la Chiesa prima di incontrare Gesù. Questo contatto, però, nel suo caso, fu controproducente, non provocò l’adesione, ma una violenta repulsione. Per Paolo, l’adesione alla Chiesa fu propiziata da un diretto intervento di Cristo, il quale, rivelandoglisi sulla via di Damasco, si immedesimò con la Chiesa e gli fece capire che perseguitare la Chiesa era perseguitare Lui, il Signore. Infatti, il Risorto disse a Paolo, il persecutore della Chiesa: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9,4).  Perseguitando la Chiesa, perseguitava Cristo. Paolo, allora, si convertì, nel contempo, a Cristo e alla Chiesa. Di qui si comprende perché la Chiesa sia stata poi così presente nei pensieri, nel cuore e nell’attività di Paolo

In primo luogo, lo fu in quanto egli letteralmente fondò parecchie Chiese nelle varie città in cui si recò come evangelizzatore. Quando parla della sua «sollecitudine per tutte le Chiese» (2 Cor 11,28), egli pensa alle varie comunità cristiane suscitate di volta in volta nella Galazia, nella Ionia, nella Macedonia e nell'Acaia. Alcune di quelle Chiese gli diedero anche preoccupazioni e dispiaceri, come avvenne per esempio nelle Chiese della Galazia, che egli vide “passare a un altro vangelo” (Gal 1,6), cosa a cui si oppose con vivace determinazione. Eppure egli si sentiva legato alle Comunità da lui fondate in maniera non fredda e burocratica, ma intensa e appassionata. Così, ad esempio, definisce i Filippesi «fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona» (4,1). Altre volte paragona le varie Comunità ad una lettera di raccomandazione unica nel suo genere: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2 Cor 3,2). Altre volte ancora dimostra nei loro confronti un vero e proprio sentimento non solo di paternità ma addirittura di maternità, come quando si rivolge ai suoi destinatari interpellandoli come «figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi» (Gal 4,19; cfr anche l Cor 4,14-15; 1 Ts 2,7-8).

Nelle sue Lettere Paolo ci illustra anche la sua dottrina sulla Chiesa in quanto tale. Così è ben nota la sua originale definizione della Chiesa come «corpo di Cristo», che non troviamo in altri autori cristiani del I° secolo (cfr 1 Cor 12,27; Ef 4,12; 5,30; Col 1,24). La radice più profonda di questa sorprendente designazione della Chiesa la troviamo nel Sacramento del corpo di Cristo. Dice san Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo” (1 Cor 10,17). Nella stessa Eucaristia Cristo ci dà il suo Corpo e ci fa suo Corpo. In questo senso san Paolo dice ai Galati: “Tutti voi siete uno in Cristo” (Gal 3,28). Con tutto ciò Paolo ci fa capire che esiste non solo un'appartenenza della Chiesa a Cristo, ma anche una certa forma di equiparazione e di immedesimazione della Chiesa con Cristo stesso. E’ da qui, dunque, che deriva la grandezza e la nobiltà della Chiesa, cioè di tutti noi che ne facciamo parte: dall'essere noi membra di Cristo, quasi una estensione della sua personale presenza nel mondo. E da qui segue, naturalmente, il nostro dovere di vivere realmente in conformità con Cristo. Da qui derivano anche le esortazioni di Paolo a proposito dei vari carismi che animano e strutturano la comunità cristiana. Essi sono tutti riconducibili ad una sorgente unica, che è lo Spirito del Padre e del Figlio, sapendo bene che nella Chiesa non c’è nessuno che ne sia sprovvisto, poiché, come scrive l'Apostolo, «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità» (1 Cor 12,7). Importante, però, è che tutti i carismi cooperino insieme per l'edificazione della comunità e non diventino invece motivo di lacerazione. A questo proposito, Paolo si chiede retoricamente: «E' forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13). Egli sa bene e ci insegna che è necessario «conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace: un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati» (Ef 4,3-4).

Ovviamente, sottolineare l'esigenza dell'unità non significa sostenere che si debba uniformare o appiattire la vita ecclesiale secondo un unico modo di operare. Altrove Paolo insegna a «non spegnere lo Spirito» (1 Ts 5,19), cioè a fare generosamente spazio al dinamismo imprevedibile delle manifestazioni carismatiche dello Spirito, il quale è fonte di energia e di vitalità sempre nuova. Ma se c'è un criterio a cui Paolo tiene molto è la mutua edificazione: “Tutto si faccia per l’edificazione” (1 Cor 14,26). Tutto deve concorrere a costruire ordinatamente il tessuto ecclesiale, non solo senza ristagni, ma anche senza fughe e senza strappi. C'è poi anche una Lettera paolina che giunge a presentare la Chiesa come sposa di Cristo (cfr Ef 5,21-33). Con ciò si riprende un’antica metafora profetica, che faceva del popolo d'Israele la sposa del Dio dell'alleanza (cfr Os 2,4.21; Is 54,5-8): questo per dire quanto intimi siano i rapporti tra Cristo e la sua Chiesa, sia nel senso che essa è oggetto del più tenero amore da parte del suo Signore, sia anche nel senso che l'amore dev'essere scambievole e che quindi noi pure, in quanto membra della Chiesa, dobbiamo dimostrare appassionata fedeltà nei confronti di Lui.

In definitiva, dunque, è in gioco un rapporto di comunione: quello per così dire verticale tra Gesù Cristo e tutti noi, ma anche quello orizzontale tra tutti coloro che si distinguono nel mondo per il fatto di «invocare il nome del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Cor 1,2). Questa è la nostra definizione: noi facciamo parte di quelli che invocano il nome del Signore Gesù Cristo. Si capisce bene perciò quanto sia auspicabile che si realizzi ciò che Paolo stesso si augura scrivendo ai Corinzi: «Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da tutti; sarebbero manifestati i segreti del suo cuore, e così prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi» (1 Cor 14,24-25). 
Così dovrebbero essere i nostri incontri liturgici. Un non cristiano che entra in una nostra assemblea alla fine dovrebbe poter dire: “Veramente Dio è con voi”. Preghiamo il Signore di essere così, in comunione con Cristo e in comunione tra noi.

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 23 gennaio 2018

Le prime pagine dei giornali calate in un mondo di alieni. Viva la pax mediatica (Raffaella)

Cari amici, ormai è sicuro: gli alieni sono sbarcati sulla Terra e sono diventati una realtà.
Solo così si spiegano le prime pagine dei quotidiani di oggi e le aperture dei telegiornali. Sì perchè solo in un mondo di extraterresti si può pensare di nascondere notizie che, fino a pochi anni fa, avrebbero costituito vere e proprie bombe mediatiche e dato vita a pagine e pagine di commenti e critiche. Oggi tutto è magnifico, fantastico, meraviglioso...
Peccato che chi usa la testa sa e ha capito il giochetto.
Non so se ci siano articolo all'interno dei quotidiani e francamente non sono nemmeno desiderosa di scoprirlo e, considerati i dati di vendita dei giornali, nemmeno il popolo italiano in generale. Mi soffermo sulle prime pagine perchè sono quelle che colpiscono e hanno sempre colpito. Fino a un anno fa non si è esitato a pubblicare la foto di Benedetto XVI e del fratello su tutte le colonne a disposizione. E non ha avuto alcuna importanza che l'uno (soprattutto) e l'altro non avessero nulla a che vedere con le vicende narrate.
Penso che acquisterò "Il Foglio" che ha un titolo interessante. Di certo trascurerò quel quotidiano che preferisce parlare dei robot e vabbè...
Due pesi e due misure su questioni di fondamentale importanza per la vita non solo della chiesa ma anche della società.
Tutto ciò che ieri era attualissimo oggi è "passatissimo" nel senso che è possibile passarci sopra come se nulla fosse. E' logico che prima o poi tutte le vicende oggi silenziate torneranno in primo piano, magari quando i protagonisti non avranno più voce per difendersi e di sicuro coloro che oggi protestano non alzeranno un dito. Per non parlare di coloro che saranno già saltati sul carro del vincitore. A tutti rammento che non esiste e non esisterà un altro Ratzinger disposto a caricarsi di colpe altrui.
Viva la pax mediatica allora! Finchè dura e finchè la chiesa sarà disposta a pagarne il prezzo.
Complimenti a coloro che cambiano idea a seconda del vento e dell'interesse personale e/o della testata di appartenenza. Beata coerenza, direbbe il saggio. In ogni caso è necessario interpellare la Sciarelli per scoprire che fine hanno fatti certi "affezionati" detrattori di Joseph Ratzinger, che oggi avrebbero dovuto scrivere un paio di righe almeno per una questione di professionalità.
Intanto possiamo leggere questo commento di Sandro Magister che fa un po' di chiarezza su un paio di vicende che hanno davvero poco di chiaro.
Infine, per quanto riguarda la concessione di "grazie" o "semigrazie", bisognerebbe ricordare il "caso" Inzoli.
Buona giornata
R.

lunedì 22 gennaio 2018

Le capriole acrobatiche dei mass media: da giustizialisti a garantisti in soli cinque anni (Raffaella)

Cari amici, che dire?
Sui fatti degli ultimi giorni stenderei un velo di misericordioso silenzio con annesso scuotimento di testa.
Vorrei però soffermarmi sull'atteggiamento dei mass media.
Ai tempi di Papa Benedetto la parola d'ordine era una sola: giustizia(lismo)!
Tutto ciò che Papa Ratzinger faceva non era mai abbastanza. Tutti a puntare il ditino. Eppure non c'è stato Pontefice nella storia che abbia fatto di più nella lotta senza quartiere alla piaga nella pedofilia nella Chiesa. Questo impegno ormai è universalmente riconosciuto nonostante i mal di pancia di molti che ancora fingono di ignorare la realtà. Meno male che almeno oggi i giudizi positivi su Joseph Ratzinger sono stati riportati sulla Rete. I telegiornali latitano. Dirò di più: è proprio la televisione il mezzo di comunicazione che più ha fatto cadere le braccia in questi giorni.
Più in generale mi domando dove siano oggi i critici di professione. Si vede che si sono ritirati in monastero a pregare.
Ci sono poi gli ex critici diventati "applauditori" di prima linea. Questi ultimi sono sempre contenti: se cinque anni fa nulla era sufficiente, ora tutto è magnifico, stupendo, grandioso.
E' veramente interessante seguire il percorso delle capriole: molti osservatori si sono trasformati da giustizialisti a garantisti in meno di cinque anni.
Del resto è giusto cambiare idea. Sono io che sbaglio: giustizialista ero e giustizialista sono rimasta. Per questo posso permettermi di sorridere di fronte a certe giravolte, sicura che prima o poi sarà necessario assistere a capriole al contrario. E allora sì che ci sarà da ridere :-)
Una volta si diceva che il compito fondamentale della stampa fosse quello di "vigilare" e di "denunciare". Mi sembra che ormai siamo ben lontani da quegli ideali.
Ricordiamoci che possiamo "addomesticare" le notizie, interpretarle a favore di chi ci sta simpatico, nasconderle sotto il tappeto, ma prima o poi esse "ricicciano".
R.

p.s. senza parole di fronte ai servizi di Tg5 e Tg1 :-)

giovedì 18 gennaio 2018

Ancora sul caso Karadima e dintorni... (Magister)

Clicca qui per leggere l'articolo che serve a futura memoria visto che i giornalisti in servizio sono graditi ospiti di un matrimonio.

mercoledì 17 gennaio 2018

La tolleranza zero di Papa Benedetto XVI sulla pedofilia nel clero: il "caso" Karadima

Cari amici, si è tornati a parlare del "caso" Karadima (qui e qui per esempio) ma penso che sia bene fare chiarezza. Anche in un servizio televisivo nel corso di uno dei telegiornali della sera è stato detto che questo parroco è stato indagato e poi condannato dal "vaticano" (espressione generica) fra il 2010 e il 2011. Ritengo che sia saggio non nascondersi dietro alla citazione di due anni ma parlare chiaro: Karadima fu condannato da Benedetto XVI.
Ne parlammo diffusamente sul blog tanto da dedicare al caso uno speciale che ripropongo interamente così...tanto per ripassare la storia.
Una domanda retorica agli amici giornalisti: che cosa sarebbe successo se fosse stato Ratzinger a nominare il vescovo di cui tanto si parla in Cile? Ah, saperlo...(per la verità lo sappiamo perfettamente!). Presto la vicenda finirà nel dimenticatoio come avvenne per don "Mercedes" (clicca qui), spretato da Benedetto XVI, "graziato" dopo di lui e poi nuovamente allontanato.
Buona giornata a tutti :-)
R.

LE DECISIONI E L'ESEMPIO DI PAPA BENEDETTO XVI NEL COMBATTERE LA PIAGA DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA. CRONOLOGIA

LA RISPOSTA DELLA SANTA SEDE ALLA PEDOFILIA NELLA CHIESA: CRONOLOGIA (1917-2005)

CHIESA E PEDOFILIA: LA TOLLERANZA ZERO DI PAPA BENEDETTO XVI 

La Congregazione per la dottrina della fede conferma la condanna di Fernando Karadima per abusi sessuali

ARTICOLI E COMMENTI

Mons. Ezzati Andrello: “Gli abusi dei nostri preti la croce della chiesa cilena” (Alvarez)

Le regole antipedofilia introdotte da Benedetto XVI più dure di quelle cilene nel condannare gli abusi sessuali di Fernando Karadima (Jesús Bastante)

Scandalo Karadima: la giustizia vaticana è un modello. La Santa Sede è intervenuta con celerità, chiarezza e risolutezza in un processo che è diventato un vero modello di giustizia canonica (Andrés Beltramo Álvarez)

Il caso di padre Karadima mostra il ruolo della giustizia ecclesiastica. Il Vaticano emette una dichiarazione di colpevolezza (Jesús Colina)

Abusi: i Vescovi del Cile garantiscono trasparenza, verità e giustizia. Assumono una posizione comune sul caso Karadima (Zenit)

Karadima e Maciel: le analogie che uniscono i due sacerdoti condannati da Papa Benedetto XVI (Terra) 

Abusi,Chiesa riconosce colpevolezza don Karadima (Galeazzi)

venerdì 12 gennaio 2018

Quando si vuole esagerare a tutti i costi...

Clicca qui per vedere l'opera d'arte e preferirei non aggiungere commenti...
Trovo che si stia veramente esagerando: prima il "presepe" di Piazza San Pietro, in cui servivano i trampoli per vedere Gesù Bambino, praticamente oscurato dalle altissime statue che "distraevano" gli osservatori; poi il prete che, dall'altare, dichiara di essere ateo. Ora la Pietà di Michelangelo "rivisitata", passando per gli appelli ossessivi (a senso unico) che dobbiamo ascoltare un giorno sì e l'altro pure con l'alto clero che si mette a offendere quei cattolici che osano muovere critiche...
Davvero un clima positivo...
Avanti così!
R.

sabato 6 gennaio 2018

Benedetto XVI: Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo (6 gennaio 2009)



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Buonasera e buona Epifania a tutti, carissimi amici :-)
Grazie al lavoro della nostra Gemma torniamo al 6 gennaio 2009. 
in occasione della Solennità dell'Epifania del Signore, Benedetto XVI tenne una straordinaria omelia che è un omaggio alla fede, alla scienza, all'astronomia (a Galilieo) e alla letteratura (Dante in particolare).
Si tratta di una vera "lectio" che vale sempre la pena di riascoltare e di rileggere.
Ecco il testo integrale:

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI 

Basilica Vaticana
Martedì, 6 gennaio 2009 

Cari fratelli e sorelle!

L’Epifania, la "manifestazione" del nostro Signore Gesù Cristo, è un mistero multiforme. La tradizione latina lo identifica con la visita dei Magi al Bambino Gesù a Betlemme, e dunque lo interpreta soprattutto come rivelazione del Messia d’Israele ai popoli pagani. La tradizione orientale, invece, privilegia il momento del battesimo di Gesù nel fiume Giordano, quando egli si manifestò quale Figlio Unigenito del Padre celeste, consacrato dallo Spirito Santo
Ma il Vangelo di Giovanni invita a considerare "epifania" anche le nozze di Cana, dove Gesù, mutando l’acqua in vino, "manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Gv 2,11). E che dovremmo dire noi, cari fratelli, specialmente noi sacerdoti della nuova Alleanza, che ogni giorno siamo testimoni e ministri dell’"epifania" di Gesù Cristo nella santa Eucaristia? Tutti i misteri del Signore la Chiesa li celebra in questo santissimo e umilissimo Sacramento, nel quale egli al tempo stesso rivela e nasconde la sua gloria. "Adoro te devote, latens Deitas" – adorando, preghiamo così con san Tommaso d’Aquino.

In questo anno 2009, che, nel 4° centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio, è stato dedicato in modo speciale all’astronomia, non possiamo non prestare particolare attenzione al simbolo della stella, tanto importante nel racconto evangelico dei Magi (cfr Mt 2,1-12). Essi erano con tutta probabilità degli astronomi. 

Dal loro punto di osservazione, posto ad oriente rispetto alla Palestina, forse in Mesopotamia, avevano notato l’apparire di un nuovo astro, ed avevano interpretato questo fenomeno celeste come annuncio della nascita di un re, precisamente, secondo le Sacre Scritture, del re dei Giudei (cfr Nm 24,17). I Padri della Chiesa hanno visto in questo singolare episodio narrato da san Matteo anche una sorta di "rivoluzione" cosmologica, causata dall’ingresso nel mondo del Figlio di Dio. 

Ad esempio, san Giovanni Crisostomo scrive: "Quando la stella giunse sopra il bambino, si fermò, e ciò poteva farlo soltanto una potenza che gli astri non hanno: prima, cioè, nascondersi, poi apparire di nuovo, e infine arrestarsi" (Omelie sul Vangelo di Matteo, 7, 3). San Gregorio di Nazianzo afferma che la nascita di Cristo impresse nuove orbite agli astri (cfr Poemi dogmatici, V, 53-64: PG 37, 428-429). Il che è chiaramente da intendersi in senso simbolico e teologico. In effetti, mentre la teologia pagana divinizzava gli elementi e le forze del cosmo, la fede cristiana, portando a compimento la rivelazione biblica, contempla un unico Dio, Creatore e Signore dell’intero universo.

E’ l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato. Ciò va inteso invece in senso non poetico, ma reale. Così lo intendeva del resto lo stesso Dante, quando, nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera Divina Commedia, definisce Dio "l’amor che move il sole e l’altre stelle" (Paradiso, XXXIII, 145). 

Questo significa che le stelle, i pianeti, l’universo intero non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia. Non sono, dunque, gli elementi cosmici che vanno divinizzati, bensì, al contrario, in tutto e al di sopra di tutto vi è una volontà personale, lo Spirito di Dio, che in Cristo si è rivelato come Amore (cfr Enc. Spe salvi, 5). 

Se è così, allora gli uomini – come scrive san Paolo ai Colossesi – non sono schiavi degli "elementi del cosmo" (cfr Col 2,8), ma sono liberi, capaci cioè di relazionarsi alla libertà creatrice di Dio. 
Egli è all’origine di tutto e tutto governa non alla maniera di un freddo ed anonimo motore, ma quale Padre, Sposo, Amico, Fratello, quale Logos, "Parola-Ragione" che si è unita alla nostra carne mortale una volta per sempre ed ha condiviso pienamente la nostra condizione, manifestando la sovrabbondante potenza della sua grazia

C’è dunque nel cristianesimo una peculiare concezione cosmologica, che ha trovato nella filosofia e nella teologia medievali delle altissime espressioni. Essa, anche nella nostra epoca, dà segni interessanti di una nuova fioritura, grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità.

Il pensiero cristiano paragona il cosmo ad un "libro" – così diceva anche lo stesso Galileo –, considerandolo come l’opera di un Autore che si esprime mediante la "sinfonia" del creato

All’interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un "assolo", un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell’intera opera. Questo "assolo" è Gesù, a cui corrisponde, appunto, un segno regale: l’apparire di una nuova stella nel firmamento. Gesù è paragonato dagli antichi scrittori cristiani ad un nuovo sole. 

Secondo le attuali conoscenze astrofisiche, noi lo dovremmo paragonare ad una stella ancora più centrale, non solo per il sistema solare, ma per l’intero universo conosciuto. In questo misterioso disegno, al tempo stesso fisico e metafisico, che ha portato alla comparsa dell’essere umano quale coronamento degli elementi del creato, è venuto al mondo Gesù: "nato da donna" (Gal 4,4), come scrive san Paolo. Il Figlio dell’uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. E’ il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l’Autore e la sua opera.
Nel Gesù terreno si trova il culmine della creazione e della storia, ma nel Cristo risorto si va oltre: il passaggio, attraverso la morte, alla vita eterna anticipa il punto della "ricapitolazione" di tutto in Cristo (cfr Ef 1,10). Tutte le cose, infatti – scrive l’Apostolo –, "sono state create per mezzo di lui e in vista di lui" (Col 1,16). E proprio con la risurrezione dai morti Egli ha ottenuto "il primato su tutte le cose" (Col 1,18). Lo afferma Gesù stesso apparendo ai discepoli dopo la risurrezione: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra" (Mt 28,18). Questa consapevolezza sostiene il cammino della Chiesa, Corpo di Cristo, lungo i sentieri della storia. Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo. Per questo nei credenti in Cristo non viene mai meno la speranza, anche oggi, dinanzi alla grande crisi sociale ed economica che travaglia l’umanità, davanti all’odio e alla violenza distruttrice che non cessano di insanguinare molte regioni della terra, dinanzi all’egoismo e alla pretesa dell’uomo di ergersi come dio di se stesso, che conduce talora a pericolosi stravolgimenti del disegno divino circa la vita e la dignità dell’essere umano, circa la famiglia e l’armonia del creato. 
Il nostro sforzo di liberare la vita umana e il mondo dagli avvelenamenti e dagli inquinamenti che potrebbero distruggere il presente e il futuro, conserva il suo valore e il suo senso – ho annotato nella già citata Enciclica Spe salvi – anche se apparentemente non abbiamo successo o sembriamo impotenti di fronte al sopravvento di forze ostili, perchè "è la grande speranza poggiante sulle promesse di Dio che, nei momenti buoni come in quelli cattivi, ci dà coraggio e orienta il nostro agire" (n. 35).
La signoria universale di Cristo si esercita in modo speciale sulla Chiesa. "Tutto infatti – si legge nella Lettera agli Efesini – [Dio] ha messo sotto i suoi piedi / e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, / la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose" (Ef 1,22-23). L’Epifania è la manifestazione del Signore, e di riflesso è la manifestazione della Chiesa, perché il Corpo non è separabile dal Capo. La prima lettura odierna, tratta dal cosiddetto Terzo Isaia, ci offre la prospettiva precisa per comprendere la realtà della Chiesa, quale mistero di luce riflessa: "Alzati, rivestiti di luce – dice il profeta rivolgendosi a Gerusalemme – perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te" (Is 60,1). La Chiesa è umanità illuminata, "battezzata" nella gloria di Dio, cioè nel suo amore, nella sua bellezza, nella sua signoria. La Chiesa sa che la propria umanità, con i suoi limiti e le sue miserie, pone in maggiore risalto l’opera dello Spirito Santo. Essa non può vantarsi di nulla se non nel suo Signore: non da lei proviene la luce, non è sua la gloria. Ma proprio questa è la sua gioia, che nessuno potrà toglierle: essere "segno e strumento" di Colui che è "lumen gentium", luce dei popoli (cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1).
Cari amici, in questo anno paolino, la festa dell’Epifania invita la Chiesa e, in essa, ogni comunità ed ogni singolo fedele, ad imitare, come fece l’Apostolo delle genti, il servizio che la stella rese ai Magi d’Oriente guidandoli fino a Gesù (cfr san Leone Magno, Disc. 3 per l’Epifania, 5: PL 54, 244). Che cos’è stata la vita di Paolo, dopo la sua conversione, se non una "corsa" per portare ai popoli la luce di Cristo e, viceversa, condurre i popoli a Cristo? La grazia di Dio ha fatto di Paolo una "stella" per le genti. Il suo ministero è esempio e stimolo per la Chiesa a riscoprirsi essenzialmente missionaria e a rinnovare l’impegno per l’annuncio del Vangelo, specialmente a quanti ancora non lo conoscono. Ma, guardando a san Paolo, non possiamo dimenticare che la sua predicazione era tutta nutrita delle Sacre Scritture. 
Perciò, nella prospettiva della recente Assemblea del Sinodo dei Vescovi, va riaffermato con forza che la Chiesa e i singoli cristiani possono essere luce, che guida a Cristo, solo se si nutrono assiduamente e intimamente della Parola di Dio. E’ la Parola che illumina, purifica, converte, non siamo certo noi. Della Parola di vita noi non siamo che servitori. Così Paolo concepiva se stesso e il suo ministero: un servizio al Vangelo. "Tutto io faccio per il Vangelo" – egli scrive (1 Cor 9,23). 
Così dovrebbe poter dire anche la Chiesa, ogni comunità ecclesiale, ogni Vescovo ed ogni presbitero: tutto io faccio per il Vangelo
Cari fratelli e sorelle, pregate per noi, Pastori della Chiesa, affinché, assimilando quotidianamente la Parola di Dio, possiamo trasmetterla fedelmente ai fratelli. Ma anche noi preghiamo per voi, fedeli tutti, perché ogni cristiano è chiamato per il Battesimo e la Confermazione ad annunciare Cristo luce del mondo, con la parola e la testimonianza della vita. Ci aiuti la Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione, a portare a compimento insieme questa missione, e interceda per noi dal cielo san Paolo, Apostolo delle genti. Amen.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

lunedì 1 gennaio 2018

BUON 2018 A TUTTI!!!

Carissimi Amici,
i più grandi e sinceri auguri di un sereno e proficuo 2018.
Un abbraccio stritolante :-)
Raffaella