giovedì 29 settembre 2016

Colpita dalla profondità delle parole di Suor Giovanna Riccobaldi e dalla sua intelligenza (R.)

Buongiorno carissimi amici!
Sono particolarmente colpita dalla profondità delle argomentazioni e dall'intelligenza di Suor Giovanna Riccobaldi, consacrata nella vita eremitica.
La lettera che ha inviato a Sandro Magister contiene spunti di riflessione notevoli.
Non siamo più abituati a questo livello di approfondimento ed è un piacere constatare che c'è chi non si allinea facilmente al pensiero dominante e ha la capacità di comunicare senza peli sulla lingua ma, nello stesso tempo, rispettando il prossimo.
R.

venerdì 23 settembre 2016

Frasi particolarmente gravi e silenzio complice dei giornalisti (R.)

Clicca qui per leggere la risposta del direttore del Foglio a un lettore.
Le coscienze non sono completamente addormentate e, come vediamo, i lettori più attenti sono ancora sensibili a certi temi.
Perchè i giornali tacciono? Il blog se l'è domandato giusto un paio di giorni fa (clicca qui).
Sono sempre più convinta che non esistano Papi mediatici e Papi non mediatici ma Pontificati appoggiati dai media e Pontificati osteggiati fin da subito. Di solito questi ultimi pagano con gli interessi le complicità giornalistiche dei precedenti e la storia recente lo dimostra.
Il silenzio dei grandi giornali e la palese volontà di non creare mai problemi o polemiche è frutto di quella pax mediatica instauratasi nel marzo 2013 e che persiste nonostante qualche crepa qua e là.
Lo dimostra anche il fatto che i commentatori più critici sono quelli che non gravitano intorno al Vaticano, che sono in pensione o che hanno una mentalità libera e si pongono dei problemi di coscienza.
Credo che la chiesa dovrebbe però iniziare a interrogarsi sul prezzo di questa pax mediatica. Siamo sicuri che ne valga la pena? Finora il patto ha retto ma che cosa succederà in futuro? E che cosa la chiesa è disposta ancora a sacrificare?
I media tacciono su certe frasi, non fanno notare certi errori grossi come edifici, hanno sotterrato la piaga dei preti pedofili, sorvolano su molte scelte discutibili e hanno messo in cantina il "radar" che coglieva tutti i centimetri quadrati vuoti nelle piazze piene. 
La chiesa ricambia non parlando di "principi non negoziabili", rinunciando a prendere posizione a proposito dell'approvazione di certe leggi, appoggiando scelte di una parte politica e criticando quelle degli avversari. In sostanza: la chiesa se ne sta docile docile e rinuncia a dare fastidio astenendosi dal tentativo di svegliare le coscienze tramortite.
Finora l'accordo ha portato i frutti che le parti speravano ma che cosa sta accadendo nel mondo reale?
Non sarà il caso di ascoltare il cardinale Ruini che, saggiamente, prega affinché "l’indispensabile ricerca delle pecore smarrite non metta in difficoltà le coscienze delle pecore fedeli"?
Ho come la sensazione che prima o poi qualcuno dovrà pagare il prezzo di tanta concordia zuccherosa e non c'è all'orizzonte un nuovo Joseph Ratzinger.
R.

P.S. noto anche un altro "strano" fenomeno: il tentativo di "arruolare" Benedetto XVI nella difesa di quanto accade nei tempi attuali. 
Un esempio? Durante il Pontificato di Ratzinger la lectio di Ratisbona era la "bestia nera", l'origine di tutti i mali e di tutti i conflitti, la prova che il Papa non aveva in simpatia l'islam. Il primo blog nacque proprio in risposta alle reazioni del dopo Ratisbona. Per anni abbiamo scritto e riscritto che quel discorso era su fede e ragione e non contro l'islam. Niente! Per tutti era uno scivolone. 
Ora in tanti (soprattutto i più giovani e molti politici interessati) usano, sbagliando, quella lectio in chiave antimusulmana rifacendosi esattamente ai commenti di dieci anni fa e contrapponendo i due Pontificati: il primo chiaro e deciso, il secondo molle e accondiscendente. Apriti Cielo! Schiere di avvocati d'ufficio, giornalisti e persino politici, si affrettano a spiegare (anche a noi?) il vero senso del discorso di Ratisbona e a denunciare chi contrappone i Papi. Caspita! E non potevano parlare prima? :-) Quando il caso dice la combinazione! Ma che tempismo! Contrapporre tutti a Benedetto mettendo quest'ultimo in cattiva luce va e andava bene. Fare il contrario è vietato. Ma che coerenza, giornaletti! :-)
  
P.S. 2 dell'ultimo minuto: ho intravisto il titolone di "Libero" e stavo per buttarmi per terra per le risate. Poi ho letto anche il sottotitolo e ho capito che si trattava di una provocazione :-)
Per non parlare di quello de "Il Tempo" che liquida il Giubileo come un sonoro flop.

P.S. 3 dell'ultimo secondo: l'omelia di Scalfari è anticipata al venerdì? Beh...comunque...il fatto che Vaticano e Casa Bianca obamiana parlino la stessa lingua non mi pare una bella notizia per la chiesa...anzi!
R.

mercoledì 21 settembre 2016

Errori di comunicazione o abili trappole mediatiche? (Raffaella)

Carissimi amici,
a volte è persino divertente sedersi "all'angolo" e osservare come i giornalisti siano capaci di arrampicarsi sugli specchi pur di difendere il partito preso.
Partiamo da lontano. Si è sempre detto che la comunicazione vaticana ai tempi di Papa Benedetto faceva acqua da tutte le parti. Bene...non sarò certo io a impuntarmi sul contrario visto che sono sempre stata in prima linea, insieme al blog, quando c'era da battere e battere duro per svegliare certi notabili seduti nelle sacre stanze.
Non mi è mai piaciuto l'atteggiamento del vaticano e non ne ho mai fatto mistero. 
Quando c'era una crisi la risposta era facilmente prevedibile: 1) ostinato silenzio; 2) reazione tardiva (magari a distanza di giorni se non di settimane) quando non se ne poteva proprio fare a meno.
Risultato: il Papa esposto alle critiche di chiunque avesse il numero di telefono di qualche giornalista e, naturalmente, agli strali di commentatori ed editorialisti.
Alla fine i veri responsabili si nascondevano dietro un dito o, meglio, dietro la veste bianca di Benedetto che si assumeva ogni colpa.
Risultato? Al momento della rinuncia al Pontificato nessuno che si sia degnato di porgere le proprie scuse. Ma lasciamo perdere...
All'epoca andava molto di moda parlare di errori di comunicazione. Oggi io non parlerei più in questi termini. 
Direi che furono poste, lungo il cammino del Pontificato di Benedetto XVI, infinite trappole mediatiche nelle quali il vaticano cadde più volte senza la capacità di prevederle, di affrontarle e/o di superarle con quella scaltrezza che è anche sinonimo di intelligenza.
E uso il termine "trappola" non a caso. Quando si vogliono catturare insetti molesti o topastri, le trappole si piazzano consapevolmente. Quando, invece, si stabilisce che non è necessario intaccare l'habitat, si omette di seminare "ordigni" qua e là.
Ed è proprio questa l'immagine che ora ho della chiesa.
In sostanza è mancato a Papa Benedetto l'anticipo di simpatia (da lui espressamente chiesto) indispensabile per garantire un minimo di obiettività. Trappole, quindi, piazzate qua e là.
Mi fanno ridere quei commentatori, anche vaticanisti, che affermano ancora oggi che Papa Benedetto, in fondo, ha fatto bene a dimettersi perché, pur avendo molte doti, non aveva quella che oggi sembra indispensabile: promuovere e "vendere" la propria immagine.
Balle! Quella che è mancata a Papa Benedetto è stata la benevolenza dei media.
Vogliamo fare qualche esempio?
Ieri. Dopo il terremoto di Onna e L'Aquila ci fu chi chiedeva al Papa di recarsi subito nei luoghi colpiti. Addirittura ci fu chi disse che i funerali dovevano essere celebrati da Benedetto. Era allora impensabile che il Papa si recasse nelle zone colpite senza intralciare i soccorsi. Joseph Ratzinger mandò il suo segretario di stato e il suo segretario particolare alle esequie e visitò le zone terremotate a 22 giorni dal sisma. 
Oggi. Sono passati 28 giorni dal terremoto che ha colpito il centro Italia, non sono stati inviati messaggi e non c'è notizia di visite imminenti, ma i giornali non battono ciglio. Tutto normale.
Secondo esempio: il Dalai Lama.
Ieri. Nel 2008 ci fu un inasprimento del conflitto fra la Cina e il Tibet. Tutti i giornali a strapparsi le pagine per ordinare a Papa Benedetto di lanciare appelli per il Tibet.
L'appello ci fu e anche la reazione della Cina ma i media ignorarono le parole del Papa e le reazioni.
Oggi. Il Dalai Lama non è stato invitato a Assisi. Silenzio. Tutto normale.
Dialogo con i Lefebvriani.
Ieri. Quando, sotto Papa Benedetto, si iniziò a parlare di prelatura personale fuoco e fiamme sui giornali con le urla al tradimento del Concilio.
Oggi. Se ne tornò a parlare qualche mese fa. Tutto normale.
Ieri. Benedetto XVI si permetteva di richiamare tutti al rispetto per la vita dal concepimento alla morte naturale. Urla all'ingerenza, alla gamba tesa, richiesta di revisione dei Patti Lateranensi.
Oggi. Negli ultimi anni interventi quotidiani sulla questione dell'immigrazione, la parola "vergogna" pronunciata indiscriminatamente, commenti sul sindaco di Roma, su uno dei candidati alla Presidenza degli Stati Uniti ecc. ecc. ecc.
Risultato? Silenzio dei media. Tutto normale.
Ieri.La Rai riprendeva (solo quando strettamente necessario) le Sante Messe e gli incontri di Papa Benedetto? Banchetti fuori da Piazza San Pietro per l'eccessivo spazio dato al Pontefice sulla Tv di Stato.
Oggi. Servizi quotidiani e dirette per ogni evento. Silenzio assoluto. Tutto bene.
Per non parlare della stampa cattolica, ma per certi versi anche laica. 
Negli ultimi mesi c'è stata tutta una corsa a dimostrare la continuità fra Papi (segno che c'è qualcosa che non torna).
Se poi qualcuno, anche maldestramente e con intenti politici e polemici, si permette di dire che preferisce Benedetto XVI...aiuto!!! Apriti Cielo! Arrivano editoriali scandalizzati. Peccato che per anni una marea di gente abbia detto e scritto che il nuovo corso è il migliore possibile senza che nessuno, fra i giornalisti cattolici (a parte le dovute eccezioni) abbia alzato il ditino per difendere Benedetto. Dai, basta giocare!
Devo andare avanti? :-)
Tutto questo per constatare che gli errori di comunicazione esistono solo nella misura in cui vengono fatti notare dai mass media.
Se Papa e giornali e tv vanno a braccetto non c'è mai problema.
E allora, cari giornalisti, fatemi un favore: non scrivete più che Papa Benedetto aveva difficoltà nel comunicare. Semplicemente non avete voluto aiutarlo. Punto.
Si può essere anche il miglior comunicatore del pianeta ma, senza l'appoggio dei media che non fanno notare certi episodi, si sarà sempre azzoppati. 
E' comunque sempre "divertente" notare come certi commentatori non si capacitino del fatto che ci sia ancora qualcuno che ricorda con affetto Papa Ratzinger.
Non stupitevi! Chi lo ha seguito e gli ha voluto bene non ha mai dato retta al pensiero dominante. Ecco perchè nulla è cambiato nonostante la rinuncia e i tentativi di ridimensionare il suo Pontificato :-)
R.

P.S. dell'ultimissimo minuto! Pensate che cosa sarebbe accaduto se Benedetto XVI avesse detto una cosa del genere! Ne parla Langone qui
Mi astengo da ogni commento anche perché non saprei che cosa dire :-)

A chi dà fastidio Papa Ratzinger? (Mainardi). Il problema è che parla chiaro (Raffaella)

Clicca qui per leggere il commento.
Francamente di ciò che pensano i gesuiti (tedeschi o meno) mi interessa poco e anche delle affermazioni di questo o quel porporato.
Il punto non è criticare il Papa. Lo si è sempre fatto. Infatti, quando Benedetto andò in Germania nel 2011, non gli furono risparmiate critiche per quel suo discorso così franco e diretto che riproduciamo qui sotto.
Il problema non è il timore di offendere il Pontefice perchè tutto dipende da chi è il Pontefice e soprattutto da ciò che dice.
Benedetto XVI è sempre stato chiaro e le sue parole non ammettono come non ammettevano parafrasi o interpretazioni. Ecco perché lo si attacca ora come lo si è attaccato in passato sia da teologo, sia da cardinale sia da Prefetto sia da Papa. Perchè risparmiarlo ora che è Emerito? :-)
Ratzinger ha sempre dato fastidio ed è bene che lo dia ancora. Significa che almeno una voce nella chiesa è ancora capace di aprire ampi dibattiti. Per questo si vorrebbe che tacesse...
R.

LINK DIRETTO SU YOUTUBE

domenica 18 settembre 2016

Joseph Ratzinger e lo "spirito" di Assisi nel commento di Sandro Magister. L'esclusione del Dalai Lama (R.)

Clicca qui per leggere il commento.
Sullo stesso argomento l'articolo di Camillo Langone: "Assisi e la fiera campionaria del sacro".
C'è anche un pezzo di Matzuzzi (sempre su Il Foglio) che segnalerò non appena sarà online.
Sapete tutti come la penso sugli "spiriti" di Assisi per cui non dico altro...
Ho letto dell'esclusione del Dalai Lama.
Si tratta di scelte sulle quali è difficile dare un giudizio. Sarà la storia a farlo.
Certo in un pontificato fortemente politico (molto molto politico...) è ovvio che si facciano scelte di un certo tipo. Del resto: chi siamo noi per giudicare? :-)
Mi limito a porre una domanda retorica: che cosa sarebbe successo se Benedetto XVI avesse escluso il Dalai Lama? Apriti Cielo! Titoloni, anatemi, articoli e commenti sullo "scivolone mediatico".
Coerenza...portami via :-)
Buona domenica a tutti!
R.

sabato 17 settembre 2016

Joseph Ratzinger: piluccando nella vigna dei suoi ricordi (Rusconi)

Clicca qui per leggere il commento.
Buon sabato a tutti :-)
R.

I rischi di una chiesa che parla un po' troppo di politica nel commento di Socci

Clicca qui per leggere il commento.
Si possono condividere o meno le opinioni di Antonio Socci, ma è del tutto evidente che negli ultimi anni la chiesa si sia occupata sempre più di politica solo che solitamente si trova in sintonia con i politici cari alla "gente che piace" (ai media) e così nessuno più vede interventi a gamba tesa a destra e a sinistra. Beata coerenza! :-)
Sull'Eucaristia il problema è serio e penso che molti, nella Chiesa, si stiano interrogando. Il punto è che non hanno il coraggio di dirlo apertamente.
R.

Intervista di Die Zeit a Peter Seewald (traduzione in spagnolo)

Clicca qui per leggere la traduzione in spagnolo (sicuramente più comprensibile dell'originale tedesco eheheh).

martedì 13 settembre 2016

Mons. Gänswein, Benedetto XVI mi fa pensare al Piccolo Principe (Ambrogetti)

Clicca qui per leggere il bellissimo commento :-)

L'Eucaristia che salva dagli idoli nell'omelia di Benedetto XVI all'Esplanade des Invalides (Parigi)



LINK DIRETTO SU YOUTUBE

Cari amici, la nostra Gemma ci fa un regalo straordinario proprio nel giorno dell'ottavo anniversario della grande celebrazione presieduta da Benedetto XVI a Parigi.
Il 13 settembre 2008, in occasione del suo Viaggio Apostolico in Francia, Benedetto XVI celebrò una Messa rimasta nel cuore dei Francesi (e non solo) presso l'Esplanade des Invalides a Parigi. Il ricordo commosso di quell'evento si trova anche in "Ultime conversazioni".
Rileggiamo e riascoltiamo.

CELEBRAZIONE EUCARISTICA ALL'ESPLANADE DES INVALIDES 

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Parigi, sabato 13 settembre 2008  

Signor Cardinale Vingt-Trois,
Signori Cardinali e cari Fratelli nell’Episcopato,
fratelli e sorelle in Cristo,

Gesù Cristo ci raccoglie in questo mirabile luogo, nel cuore di Parigi, in questo giorno in cui la Chiesa universale festeggia san Giovanni Crisostomo, uno dei suoi più grandi Dottori, che, con la sua testimonianza di vita e il suo insegnamento, ha mostrato efficacemente ai cristiani la via da seguire. Saluto con gioia tutte le Autorità che mi hanno accolto in questo nobile città, in modo particolare il Cardinale André Vingt-Trois, che ringrazio per le gentili parole rivoltemi. Saluto anche tutti i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi che mi circondano per la celebrazione del Sacrificio di Cristo. Ringrazio tutte le Personalità, in particolare il Signor Primo Ministro, che hanno voluto essere presenti qui stamane; le assicuro della mia preghiera fervente per il compimento della loro alta missione a servizio dei loro concittadini.

La prima Lettera di san Paolo, indirizzata ai Corinzi, ci fa scoprire, in quest’anno paolino, aperto il 28 giugno scorso, quanto i consigli dati dall’Apostolo restino attuali. “Fuggite l’idolatria” (1 Cor 10, 14), scrive ad una comunità molto segnata dal paganesimo e divisa tra l’adesione alla novità del Vangelo e l’osservanza delle antiche pratiche ereditate dagli avi. Fuggire gli idoli, questo allora voleva dire cessare di onorare le divinità dell’Olimpo, cessare di offrire loro sacrifici cruenti. Fuggire gli idoli, era mettersi alla scuola dei profeti dell’Antico Testamento, che denunciavano la tendenza dello spirito umano a forgiarsi delle false rappresentazioni di Dio. Come dice il Salmo 113 a proposito delle statue degli idoli, esse non sono che “argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano” (vv. 4-5). A parte il popolo d’Israele che aveva ricevuto la rivelazione del Dio unico, il mondo antico era asservito al culto degli idoli. Molto presenti a Corinto, gli errori del paganesimo dovevano essere denunciati, perché costituivano una potente alienazione e distoglievano l’uomo dal suo vero destino. Essi gli impedivano di riconoscere che Cristo è il solo e vero Salvatore, il solo che indica all’uomo la strada verso Dio.

Questo invito a fuggire gli idoli resta valido anche oggi. Il mondo contemporaneo non si è forse creato i propri idoli? Non ha forse imitato, magari a sua insaputa, i pagani dell’antichità, distogliendo l’uomo dal suo vero fine, dalla felicità di vivere eternamente con Dio? 
È questa una domanda che ogni uomo, onesto con se stesso, non può non porsi. Che cosa è importante nella mia vita? Che cosa metto io al primo posto? La parola “idolo” deriva dal greco e significa “immagine”, “figura”, “rappresentazione”, ma anche “spettro”, “fantasma”, “vana apparenza”. 
L’idolo è un inganno, perché distoglie dalla realtà chi lo serve per confinarlo nel regno dell’apparenza. Ora, non è questa una tentazione propria della nostra epoca, che è la sola sulla quale noi possiamo agire efficacemente? 

Tentazione d’idolatrare un passato che non esiste più, dimenticandone le carenze;  tentazione d’idolatrare un futuro che non esiste ancora, credendo che l’uomo, con le sole sue forze, possa realizzare la felicità eterna sulla terra! 

San Paolo spiega ai Colossesi che la cupidigia insaziabile è una idolatria (cfr 3, 5), e ricorda al suo discepolo Timoteo che la brama del denaro è la radice di tutti i mali. Per essercisi abbandonati, precisa, “alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori” (1 Tm 6, 10). Il denaro, la sete dell’avere, del potere e persino del sapere non hanno forse distolto l’uomo dal suo Fine vero dalla sua propria verità?

Cari fratelli e sorelle, la questione che ci pone la liturgia di questo giorno trova la risposta in questa stessa liturgia, che noi abbiamo ereditato dai nostri Padri nella fede, e in particolare da san Paolo stesso (cfr 1 Cor 11, 23). Nel suo commento a questo testo san Giovanni Crisostomo fa rilevare che san Paolo condanna severamente l’idolatria come una “colpa grave”, uno “scandalo”, una vera “peste” (Omelia 24 sulla Prima Lettera ai Corinzi, 1). Egli aggiunge immediatamente che questa condanna radicale dell’idolatria non è in alcun caso una condanna della persona dell’idolatra. Mai, nei nostri giudizi, dobbiamo confondere il peccato, che è inaccettabile, e il peccatore del quale non possiamo giudicare lo stato di coscienza e che, in ogni caso, è sempre suscettibile di conversione e di perdono. San Paolo si appella in questo alla ragione dei suoi lettori: “Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico” (1 Cor 10, 15). Mai Dio domanda all’uomo di fare sacrificio della sua ragione! Mai la ragione entra in contraddizione reale con la fede! L’unico Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – ha creato la nostra ragione e ci dona la fede, proponendo alla nostra libertà di riceverla come un dono prezioso. È il culto degli idoli che distoglie l’uomo da questa prospettiva, e la ragione stessa può forgiarsi degli idoli. Domandiamo, dunque, a Dio che ci vede e ci ascolta di aiutarci a purificarci da tutti gli idoli, per accedere alla verità del nostro essere, per accedere alla verità del suo Essere infinito!

Come giungere a Dio? Come giungere a trovare o ritrovare Colui che l’uomo cerca nel più profondo di se stesso, pur dimenticandolo così sovente? San Paolo ci domanda di fare uso non solamente della nostra ragione, ma soprattutto della nostra fede per scoprirlo. Ora, che cosa ci dice la fede? Il pane che noi spezziamo è comunione al Corpo di Cristo; il calice di ringraziamento che noi benediciamo è comunione al Sangue di Cristo. Rivelazione straordinaria, che ci viene da Cristo e ci è trasmessa dagli Apostoli e da tutta la Chiesa da quasi duemila anni: Cristo ha istituito il sacramento dell’Eucaristia la sera del Giovedì Santo. 

Egli ha voluto che il suo sacrificio fosse nuovamente presentato, in modo incruento, ogni volta che un sacerdote ridice le parole della consacrazione sul pane e sul vino. Milioni di volte da venti secoli, nella più umile delle cappelle come nella più grandiosa delle basiliche o delle cattedrali, il Signore risorto si è donato al suo popolo, divenendo così, secondo la formula di sant’Agostino, “più intimo a noi che noi medesimi” (cfr Confess.  III, 6.11).

Fratelli e sorelle, circondiamo della più grande venerazione il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, il Santissimo Sacramento della presenza reale del Signore alla sua Chiesa e all’intera umanità. Non trascuriamo nulla per manifestarGli il nostro rispetto ed il nostro amore! DiamoGli i più grandi segni d’onore! Mediante le nostre parole, i nostri silenzi e i nostri gesti, non accettiamo mai che in noi ed intorno a noi si appanni la fede nel Cristo risorto, presente nell’Eucaristia. Come dice magnificamente lo stesso san Giovanni Crisostomo: “Passiamo in rassegna gli ineffabili benefici di Dio e tutti i beni di cui Egli ci fa gioire, quando noi gli offriamo questo calice, quando noi ci comunichiamo, ringraziandolo di aver liberato il genere umano dall’errore, di aver avvicinato a sé coloro che se ne erano allontanati, di aver fatto di disperati e di atei di questo mondo un popolo di fratelli, di coeredi del Figlio di Dio” (Omelia 24 sulla Prima Lettera ai Corinzi, 1). In effetti, egli prosegue, “ciò che è nel calice è precisamente ciò che è colato dal suo costato ed è a questo che noi partecipiamo” (ibid.). Non c’è soltanto partecipazione e condivisione, c’è anche “unione”, egli ci dice.

La Messa è il sacrificio d’azione di grazie per eccellenza, quello che ci permette d’unire la nostra azione di grazie a quella del Salvatore, il Figlio eterno del Padre. In se stessa la Messa ci invita anche a fuggire gli idoli, perché, è san Paolo ad insistervi, “non potete bere il calice del Signore ed il calice dei demoni” (1 Cor 10, 21). 

La Messa ci invita a discernere ciò che, in noi, obbedisce allo Spirito di Dio e ciò che, in noi, resta in ascolto dello spirito del male. Nella Messa noi non vogliamo appartenere che al Cristo e riprendiamo con gratitudine – con “azione di grazie” – il grido del Salmista: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato” (Sal 116, 12). Sì, come rendere grazie al Signore per la vita che Egli mi ha donato? La risposta alla domanda del Salmista si trova nel Salmo stesso, perché la Parola di Dio risponde misericordiosamente essa stessa alle domande che pone. Come rendere grazie al Signore per tutto il bene che Egli ci fa, se non attenendoci alle stesse sue parole: “Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” (Sal 116, 13)?

Alzare il calice della salvezza ed invocare il nome del Signore non è forse precisamente il mezzo migliore di “fuggire gli idoli”, come ci chiede san Paolo? Ogni volta che una Messa è celebrata, ogni volta che il Cristo si rende sacramentalmente presente nella sua Chiesa, è l’opera della nostra salvezza che si compie. Celebrare l’Eucaristia significa perciò riconoscere che Dio solo è in grado di donarci la felicità in pienezza, di insegnarci i veri valori, i valori eterni che non conosceranno mai tramonto. Dio è presente sull’altare, ma Egli è pure presente sull’altare del nostro cuore quando, comunicandoci, noi lo riceviamo nel Sacramento eucaristico. Lui solo ci insegna a fuggire gli idoli, miraggi del pensiero.

Ora, cari fratelli e sorelle, chi può elevare il calice della salvezza ed invocare il nome del Signore per conto dell’intero popolo di Dio, se non il sacerdote ordinato per questo scopo dal Vescovo? Qui, cari abitanti di Parigi e della regione parigina, ma anche voi tutti che siete venuti dall’intera Francia e da altri Paesi confinanti, permettetemi di lanciare un appello pieno di fiducia nella fede e nella generosità dei giovani, che si pongono la domanda sulla vocazione religiosa o sacerdotale: Non abbiate paura! Non abbiate paura di donare la vostra vita a Cristo! Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa. Niente rimpiazzerà mai una Messa per la salvezza del mondo! Cari giovani o meno giovani che mi ascoltate, non lasciate senza risposta la chiamata di Cristo. San Giovanni Crisostomo, nel suo Trattato sul sacerdozio, ha mostrato quanto la risposta dell’uomo possa essere lenta a venire, ma egli è l’esempio vivente dell’azione di Dio su una libertà umana che si lascia modellare dalla sua grazia.

Infine, se riprendiamo le parole che Cristo ci ha lasciato nel suo Vangelo, vedremo che Egli in persona ci ha insegnato a fuggire l’idolatria, invitandoci a costruire la nostra casa “sulla roccia” (Lc 6, 48). Chi è questa roccia, se non Lui stesso? I nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni non acquistano la loro vera dimensione che se le riferiamo al messaggio del Vangelo: “La bocca parla dalla pienezza del cuore” (Lc 6, 45). Quando parliamo, cerchiamo noi il bene del nostro interlocutore? Quando pensiamo, cerchiamo di mettere il nostro pensiero in sintonia con il pensiero di Dio? Quando agiamo, cerchiamo di diffondere l’Amore che ci fa vivere? San Giovanni Crisostomo dice ancora: “Ora, se noi partecipiamo tutti del medesimo pane e se tutti diveniamo questa stessa sostanza, perché non mostriamo la medesima carità? Perché, per la stessa ragione, non diventiamo un unico tutt’uno? … O uomo, è il Cristo che è venuto a cercarti, a cercare te che eri così lontano da lui, per unirsi a te; e tu non ti vuoi unire al tuo fratello?” (Omelia 24 sulla Prima Lettera ai Corinti, 2).

La speranza resterà sempre la più forte! La Chiesa, costruita sulla roccia di Cristo, possiede le promesse della vita eterna non perché i suoi membri siano più santi degli altri uomini, ma perché Cristo ha fatto questa promessa a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”(Mt 16, 18). In questa speranza indefettibile nella presenza eterna di Dio in ciascuna delle nostre anime, in questa gioia di sapere che Cristo è con noi fino alla fine dei tempi, in questa forza che lo Spirito dona a tutti gli uomini e a tutte le donne che accettano di lasciarsi afferrare da Lui, io vi affido, cari cristiani di Parigi e di Francia all’azione potente e misericordiosa del Dio d’amore che è morto per noi sulla Croce e risorto vittoriosamente al mattino di Pasqua. A tutti gli uomini di buona volontà che mi ascoltano, io ridico con san Paolo: Fuggite il culto degli idoli, non smettete di fare il bene!

Che Dio nostro Padre vi attragga a sé e faccia brillare su di voi lo splendore della sua gloria! Che il Figlio unico di Dio, nostro Maestro e nostro Fratello, vi riveli la bellezza del suo volto di Risorto! Che lo Spirito Santo vi colmi dei suoi doni e vi dia la gioia di conoscere la pace e la luce della Santissima Trinità, ora e nei secoli dei secoli! Amen. 

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

lunedì 12 settembre 2016

Benedetto XVI, il Paleologo e la lectio di Ratisbona

Clicca qui per leggere il commento di Maria Antonietta Calabrò.

Dieci anni fa la storica lectio magistralis di Benedetto XVI a Ratisbona



LINK DIRETTO SU YOUTUBE

Esattamente dieci anni fa, a Ratisbona, Papa Benedetto pronunciò il suo storico discorso che è più che mai di attualità e riguarda il rapporto fra fede e ragione e il ripudio di ogni violenza.
R.

12 settembre 2008: discorso di Benedetto XVI al Collège des Bernardins di Parigi



LINK DIRETTO SU YOUTUBE

Cari amici, a otto anni di distanza dal discorso di Benedetto XVI al Collège de Bernandins di Parigi, che cosa c'è di più bello di riascoltare quella lezione? Papa Ratzinger ricorda il viaggio in Francia con profonda emozione e gratitudine anche in "Ultime conversazioni".
R.

venerdì 9 settembre 2016

"Ultime conversazioni": il mio personale commento (Raffaella)

Benedetto XVI, "Ultime conversazioni", a cura di Peter Seewald, Garzanti

Carissimi amici,
ho finito qualche ora fa di leggere "Ultime conversazioni". Giusto il tempo di prendere qualche appunto e di riordinare le idee ed eccomi qui a scrivere un commento personale con cui condivido con voi le mie impressioni.
Naturalmente il libro va letto per intero e ciascuno di noi ne ricaverà un proprio insegnamento, però penso che non ci sia nulla di male nel fare insieme qualche considerazione.
Innanzitutto spero che l'aggettivo "ultimo" non sia definitivo perché vorrei almeno una conversazione all'anno con il Papa emerito :-)
A parte gli scherzi devo ammettere che il libro mi è piaciuto molto (e mi piacerà ancora di più alla seconda o terza lettura) non solo per il contenuto ma anche per la sensazione di risentire parlare Benedetto nel suo stile del tutto particolare: schiettezza e chiarezza espositiva.
Molti passaggi mi hanno colpito ed è difficile trovare qualcosa su cui soffermarsi in particolare ma ci provo. 
Veniamo a conoscenza del fatto che Benedetto prepara, durante la settimana, l'omelia della domenica perchè non ha importanza quanti assistono alla Messa ma ci si deve preparare comunque. A chi di noi non piacerebbe ascoltare quelle omelie o almeno leggerne la trascrizione?
Il compito che il Papa si è assegnato è straordinario e dimostra quanta cura e quanta delicatezza abbia nei confronti di chi abita con lui.
Non ho potuto fare a meno di commuovermi leggendo i ricordi di quel 28 febbraio 2013, quando Benedetto lasciò il Vaticano. Le sue lacrime nel rievocare davanti a Seewald il suono della campane di Roma non possono che essere le nostre.
Mi ha colpito molto l'ironia di alcune risposte. Mi pare di vedere ancora quel viso da eterno fanciullo che sorride sornione. Come al solito non ha incolpato i suoi collaboratori per le "crisi" affrontate durante il Pontificato ma per la prima volta (e mi ha fatto davvero piacere) ha rivendicato il suo lavoro di riforma dello Ior e di lotta contro la pedofilia nella chiesa.
Ha parlato delle difficoltà del suo lavoro come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede con cenni importanti alla Dominus Jesus e agli ostacoli incontrati nell'affrontare lo scandalo della pedofilia. Si devono al card. Ratzinger le nuove procedure nella lotta contro gli abusi. Il Codice di diritto canonico era inadeguato e un'altra Congregazione (quella del clero) rivendicava la sua competenza su quelle atrocità. L'allora Prefetto parlò a Giovanni Paolo II della necessità di una riforma. Furono così cambiate le norme anche per accelerare i processi. Sotto gli occhi di tutti è il suo lavoro da Papa proprio in virtù della normativa pretesa da Prefetto. Giustamente Seewald ha ricordato i 400 preti ridotti allo stato laicale.
E' vero che Benedetto non polemizza con nessuno ma certe frecciative sono straordinarie, come quella lanciata nei confronti di quel cardinale (non farò il nome per non fargli pubblicità ahhaah) che parlò di lusso nell'Appartamento Pontificio.
Un applauso invece a Seewald che in un paio di domande a proposito di Ratisbona fa il nome di un famoso vaticanista consegnandolo così per sempre alla storia :-)
Il libro è ricchissimo di aneddoti finora inediti che spaziano dall'infanzia del piccolo Joseph (il "cocco di casa" chiamato anche con un nomignolo tedesco), passando per la scuola, il periodo orribile della guerra, gli anni di seminario e degli studi teologici (compresa la "sudata" per ottenere l'abilitazione alla docenza) fino ad arrivare alla sua esperienza in parrocchia, agli anni come professore e come arcivescovo di Monaco.
I racconti però sono conditi con quella sana ironia che strappa per forza un sorriso (per esempio la fine fatta dalla tesi di dottorato con le glosse del relatore è uno spasso).
C'è poi molto spazio per gli anni del Concilio: Benedetto ci prende per mano e ci racconta la sua esperienza con il cardinale di Colonia portandoci ogni tanto a Trastevere per "sbevazzare" con la Commissione Teologica ;-)
Ci porta anche su una barchetta a Capri ma forse su questo è meglio sorvolare :-)
Ora sappiamo che a Roma il giovane Ratzinger ha appreso l'arte della "pennichella" che ovviamente prima non conosceva.
Parla anche del suo Pontificato raccontando dei viaggi e dei tanti compiti di un Papa e spiega le ragioni della rinuncia distinguendo fra la missione sacramentale del vescovo e la sua funzione alla quale si può rinunciare non cessando, per questo, di essere padre.
C'è un passaggio che mi ha colpito molto e che vorrei riportare per intero perchè mi ha toccato in modo del tutto personale. Seewald chiede al Papa se si aspettava che la sua rinuncia avrebbe provocato delusione, anzi sconforto. Joseph Ratzinger così risponde: "Forse l'impatto è stato più forte di quanto avessi pensato; anche per il fatto che gli amici, le persone che, per così dire, avevano trovato un sostegno nel mio messaggio, lo consideravano importante, e vedevano in me una guida erano sinceramente sconvolte e si sono sentite abbandonate".
Benedetto parla poi delle critiche ricevute negli otto anni di Pontificato ma "non conta il giudizio dei giornalisti, ma quello del Buon Dio".
Ribadisce poi che il Papa è sempre segno di contraddizione e che se riceve solo applausi deve chiedersi se fa qualcosa di sbagliato.
Un libro, insomma, tutto da leggere e su cui meditare.
Un atto d'amore di Papa Benedetto verso tutti noi.
Non a caso il libro finisce con la parola che riassume un'intera esistenza: amore!
Non resta che ringraziare il Signore per il dono di un uomo così prezioso per tutti noi.
Un ringraziamento speciale anche a Peter Seewald per questo volume e per la prefazione da sottoscrivere in toto. Benedetto non critica curia ed episcopati vari ma Seewald non ha peli sulla lingua. Applausi :-)
Chi non ha ancora il libro? Come? Corra a comprarlo :-)
Raffaella

Lombardi: una bella sorpresa il nuovo libro intervista con Benedetto XVI

Clicca qui per leggere la trascrizione dell'intervista a Lombardi.
In realtà nel libro c'è molto altro ancora. Papa Benedetto parla a lungo del suo Pontificato ricordando gli incontri, i viaggi e rispondendo con assoluta sincerità sui problemi, spesso pesanti eredità, che hanno gravato sul suo Pontificato.
Avendo dedicato un lunghissimo post al lavoro, immenso, fatto da Ratzinger, cardinale e Papa, per debellare la piaga della pedofilia nella chiesa, mi fa molto piacere che Benedetto abbia "rivendicato" quanto fece come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Si può dire "era ora"? 
Ne riparleremo :-)
Ci sono aneddoti completamente sconosciuti degli anni giovanili di Joseph Ratzinger conditi con quella sana ironia che abbiamo imparato a conoscere.
R.

In libreria "Ultime conversazioni", il libro intervista di Benedetto XVI a Peter Seewald

Benedetto XVI, "Ultime conversazioni", a cura di Peter Seewald, Garzanti

DESCRIZIONE

Benedetto XVI si racconta in un libro confidenziale e con estrema sincerità risponde alle domande riguardanti la sua vita pubblica e privata. In uscita contemporanea mondiale.


«Non ho mai percepito il potere come una posizione di forza, ma sempre come responsabilità, come un compito pesante e gravoso. Un compito che costringe ogni giorno a chiedersi: ne sono stato all’altezza?»


Queste Ultime conversazioni rappresentano il testamento spirituale, il lascito intimo e personale del papa che più di ogni altro è riuscito ad attirare l’attenzione sia dei fedeli sia dei non credenti sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo. Indimenticabile resta la scelta di abbandonare il pontificato e di rinunciare al potere: un gesto senza precedenti e destinato a cambiare per sempre il corso della storia. In questa lunga intervista con Peter Seewald il papa affronta per la prima volta i tormenti, la commozione e i duri momenti che hanno preceduto le sue dimissioni; ma risponde anche, con sorprendente sincerità, alle tante domande sulla sua vita pubblica e privata: la carriera di teologo di successo e l’amicizia con Giovanni Paolo II, i giorni del Concilio Vaticano e l’elezione al papato, gli scandali degli abusi sessuali del clero e i complotti di Vatileaks. Benedetto XVI si racconta con estremo coraggio e candore, alternando ricordi personali a parole profonde e cariche di speranza sul futuro della fede e della cristianità. Leggere oggi le sue ultime riflessioni è un’occasione privilegiata per rivivere e riascoltare i pensieri e gli insegnamenti di un uomo straordinario capace di amare e di stupire il mondo.

Sto leggendo "Ultime conversazioni": straordinario! Sembra di sentire parlare Benedetto XVI (non fidatevi delle riduzioni giornalistiche). Raffaella

Carissimi amici,
stamattina ho ricevuto un bellissimo regalo che in realtà avevo ordinato da giorni :-)
Ho acceso il pc e, sull'applicazione dedicata alla lettura degli ebook, era già presente "Ultime conversazioni", il libro intervista di Papa Benedetto a Peter Seewald.
Ovviamente non l'ho ancora letto tutto ma ne ho già divorata una buona parte.
So che non c'è bisogno di ribadirlo ma non fidatevi delle ricostruzioni giornalistiche che abbiamo letto finora, ricostruzioni che mirano a evidenziare, estrapolando frasi dal contesto, solo certi aspetti. Il libro è di più ma molto di più! Sembra di sentire ancora parlare Joseph Ratzinger. Riecheggia anche la sua risata e il piacere della battuta fulminea che dice tutto e fa capire tutto.
Ci sono certe "stoccate" di fioretto degne del nostro Benedetto :-)
Stasera o domani scriverò un commento più dettagliato. Per ora non mi resta che consigliarvi la lettura del libro in formato cartaceo o digitale.
Buona lettura e soprattutto buon viaggio :-)
R.

domenica 4 settembre 2016

La Chiesa costruita sull’ascolto degli Apostoli e la chiesa percorsa dal “prurito di udire qualcosa” di diverso. Splendida omelia del card. Caffarra nella Solennità di Sant’Agostino

Clicca qui per leggere la bellissima omelia pronunciata dal card. Caffarra a Pavia, il 28 agosto scorso.
Che bello respirare a pieni polmoni leggendo un testo che ha a che fare solo con la fede e non, come ormai siamo abituati, con le istanze sociali, l'immigrazione e persino i cambiamenti climatici e le raccolte differenziate!
Un grazie quindi al cardinale e una buona domenica a tutti con un pensiero speciale per Madre Teresa che oggi viene canonizzata.
R.