martedì 30 aprile 2013

Joseph Ratzinger ed Erik Peterson. Così diversi e così vicini (Thomas Söding)

Joseph Ratzinger ed Erik Peterson

Così diversi e così vicini


di Thomas Söding*


L'incontro di Joseph Ratzinger con Erik Peterson è sorprendente. Gli elementi di contrapposizione biografica e teologica non potrebbero esser maggiori. L'uno proviene dalla Germania settentrionale, l'altro da quella meridionale. 

L'uno è stato battezzato in una comunità evangelica, l'altro nella Chiesa cattolica. L'uno è stato educato in un clima talmente liberale da doversi poi letteralmente spianare un proprio itinerario per aver accesso al mondo della fede; l'altro crebbe invece profondamente imbevuto dalla viva pietà popolare cattolica, sì da poterne attingere per tutta la sua vita. In ambito scientifico l'uno ha perseguito una sua fama come esegeta e patrologo, l'altro invece come dogmatico e teologo fondamentale.
Questi elementi di contrapposizione hanno però radici ben più profonde: a dividere i due è lo spazio di una generazione, con tutti i suoi drammi. L'uno si è convertito al cattolicesimo in un'epoca caratterizzata dai cosiddetti pontificati piani (di Pio XI e Pio XII), l'altro ha lasciato una sua documentabile traccia nei testi del concilio Vaticano II.
A rendere tuttavia particolarmente incisiva tale contrapposizione è la diversità delle posizioni occupate nella Chiesa. Per riprendere il termine utilizzato da Giancarlo Caronello nel titolo del volume dedicato al simposio del 2010, Peterson è un outsider. Joseph Ratzinger è invece decisamente un insider. 
Peterson è uno spirito mosso dall'inquietudine, Ratzinger è invece un esteta, un contemplativo; entrambi hanno però criticato in termini costruttivi la teologia del proprio tempo: Peterson quella evangelica, Ratzinger quella cattolica. 
Peterson ha scritto un'ecclesiologia dominata dalla prospettiva escatologica, Ratzinger invece un'ecclesiologia che vive di un'anima eucaristica. A prevalere nell'opera di Peterson è la prospettiva apocalittica, connotata in particolare dalla categoria della riserva escatologica; in quella di Ratzinger prevale invece l'elemento giovanneo in cui convergono in forma simbiotica la presenza della salvezza e il suo futuro.
Probabilmente sono state proprio le differenze qui rapidamente accennate a destare l'interesse di Joseph Ratzinger per Erik Peterson.
Nel discorso tenuto da Ratzinger durante l'udienza dell'ottobre 2010 sono chiaramente avvertibili due plessi tematici: la Sacra Scrittura e la Chiesa cattolica -- o più esattamente: il rapporto di reciproco scambio che sussiste tra queste due grandezze. Tale legame indica allora la necessità di leggere la Sacra Scrittura nella Chiesa? E che cosa significa leggere la Sacra Scrittura “nella Chiesa”?
Entrambi questi interrogativi rappresentano le pietre miliari di un itinerario che ha progressivamente indotto Ratzinger a individuare col tempo il nucleo centrale della sua teologia. È in ragione della significatività del nesso indicato che egli, nel lavorare alla sua tesi di dottorato e a quella di libera docenza, non s'è lasciato attrarre dall'orbita di quella teologia moderna che stava perseguendo l'obiettivo di battezzare l'idealismo tedesco e di riformare la neoscolastica. S'è rivolto invece ad Agostino e a Bonaventura, che nel loro tempo e con i loro mezzi furono in grado di armonizzare il principio cattolico della Tradizione con il cattolico principio della Scrittura. In forza d'entrambi questi principi ha potuto recepire nei suoi Elementi di teologia fondamentale lo et et del concilio di Trento contrapponendolo sia al partim partim della seconda scolastica affermatasi con la Controriforma, sia contro il totus totus del rinnovamento teologico impostosi prima del Vaticano II. Ha saputo rendere produttiva l'armonizzazione di questi due principi, sì da farne -- in ultima analisi -- il fondamento posto alla base della sua trilogia su Gesù.
Va tenuto d'altronde presente che la relazione tra Scrittura e Chiesa rappresenta anche per Erik Peterson la questione fondamentale da lui focalizzata nel suo dialogo con Adolf von Harnack. Benedetto XVI riferi-sce che nel 1951, da giovane cappellano della parrocchia di Bogenhausen a Monaco, ricevette da Heinrich Wild, il direttore editoriale della casa editrice cattolica Kösel, il volume dei Trattati teologici di Peterson, appena pubblicato. E ricorda con commovente chiarezza: «Lo lessi con curiosità crescente e mi lasciai davvero appassionare da questo libro, perché lì c'era la teologia che cercavo: una teologia che impiega tutta la serietà storica per comprendere e studiare i testi (...) e che non li lascia rimanere nel passato, ma che, nella sua investigazione, partecipa all'autosuperamento della lettera (...) e così viene in contatto con Colui dal quale la teologia stessa proviene: con il Dio vivente».
Nel volume che riporta il discorso di Benedetto XVI vengono pubblicate anche alcune lettere inedite di Peterson ad Harnack. Il resto del carteggio, precedentemente pubblicato (1932) e ripreso nei Trattati teologici (1951), ha destato il particolare interesse di Joseph Ratzinger. Alcuni studiosi ritengono che la pubblicazione della prima parte del carteggio abbia svolto una funzione di auto-apologia del convertito Peterson. Esso esprime comunque una chiara presa di posizione nei confronti della teologia liberale che svolgeva allora un ruolo predominante -- oggi peraltro in gran parte ripreso. La parte del carteggio pubblicata da Peterson documenta il tentativo di individuare alcune certezze sul cammino del tutto ancora incerto verso la Chiesa cattolica. Essa prova inoltre l'obbligo avvertito da Peterson di acquisire come parametrico il significato della Sacra Scrittura, senza peraltro lasciarsi in tal modo irretire nei legacci del biblicismo.
Ad affascinare Peterson fu la chiarezza con cui Harnack traeva una conseguenza ermeneutica a partire dalla valorizzazione del metodo storico-critico: la dissoluzione del principio della sola scriptura. Peterson ne riferisce citando Harnack stesso: «Il fatto che il cosiddetto “principio formale” del primo protestantesimo sia insostituibile sul piano critico e che, in confronto, quello cattolico sia migliore sul piano formale è un truismo». Ad irritare Peterson nella posizione di Harnack era la noncuranza con cui egli tentava di rimuovere questa contraddizione di fondo per riaffermare in tal modo l'esclusiva natura fondativa del principio soggettivo della coscienza.
Lo impressionava poi la circostanza che Harnack facesse tutto ciò in aperta contraddizione con i risultati acquisiti dalla sua ricerca storica: senza il riferimento alla Chiesa, entro cui si era sviluppato il Nuovo Testamento (che «comprende le fonti migliori») sarebbe venuta a mancare ogni possibilità di fornire alla richiesta della libertà di coscienza l'elemento teologico fondativo, capace di garantirla.
Nell'epistolario Peterson non fa però sua unicamente la posizione di colui che da Newecomer assilla l'accademica «Eccellenza» (è questo il titolo con cui si rivolge ad Harnack) a formulare tali concessioni; è anche colui che prende una posizione ermeneutica cattolica in ragione sia del consapevole nesso instaurato con la tradizione, sia della modernità della correlazione. Questa presa di posizione è particolarmente significativa poiché si è sviluppata all'interno di un confronto tra teologi evangelici, non a partire dalla critica della neoscolastica -- e poiché questo confronto intraconfessionale venne allora articolato rispetto sia alla teologia liberale, sia a quella pietistica e a quella dialettica.
È a partire da questo punto che il dialogo può essere oggi ripreso e approfondito -- tenendo presente sia il confronto (peraltro mai maturato in un incontro personale) di Joseph Ratzinger con Erik Peterson, sia la necessità che la teologia in quanto tale si misuri con l'opera di Benedetto XVI. 
Questo dialogo può essere fruttuoso ove si tenga peraltro presente che Harnack ha sottoposto a critica non solo il principio protestante della sola Scriptura, ma anche quello cattolico della Tradizione: a suo avviso, quest'ultimo avrebbe devastato «sul piano materiale la storia» in forme più gravi di quanto non l'avesse fatto il principio della sola scriptura; come egli stesso afferma per inciso, l'avrebbe fatto «sia in quanto pianta selvaggia, sia in quanto giardino curato dalle forbici del magistero». In effetti una cosa è analizzare le debolezze del principio della sola Scriptura, un'altra è elaborare un'alternativa che tenga adeguatamente conto della critica protestante. Harnack, radicato com'è nell'Ottocento, si esprime in toni accentuatamente moderni. L'ermeneutica cattolica rischierebbe di racchiudersi in un ghetto intellettuale se non sottoponesse a una valutazione costruttiva la critica radicale cui egli sottopone ogni autorità estrinseca in materia di questioni di fede -- investano esse la Scrittura, la Tradizione o il Magistero.

*Università di Bochum


(©L'Osservatore Romano 1° maggio 2013)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bayern I love you.anonima

Anonimo ha detto...

Ma quanto era bello il giovane Ratzinger,mamma mia,adesso capisco lo stuolo di studentesse adoranti che lo seguivano...

Anonimo ha detto...

guten morgen raffaella,

mia amabilissima signora, spero che vada tutto bene, come ti sei svegliata, hai riposato bene?
Un piccolo pezzo di dialogo tra juan e la morenita.
Secondo il racconto tradizionale, Maria sarebbe apparsa a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo, sulla collina del Tepeyac a nord di Città del Messico, più volte tra il 9 e il 12 dicembre 1531.La Madonna di Guadalupe è meticcia, infatti esaa viene chiamata "la morenita".

...
i misteri della fede crostiana: il mistero della trinita´ e il mistero dell´incarnazione. e io amo dire che la regina della fede cristiana e´ maria propio perche´ queste 2 verita´ sono state rivelate a lei per prima, che di fatto le ha accolte nel propio cuore.Padre livio fanzaga.

...a riguardo dell´interrogativo teologico se ci salviamo per grazia o per meriti, io voglio sottolineare che ci salviamo per grazia , ma e´ necessaria la collaborazione della nostra volonta´´ e della nostra libeerta.la visione cattolica e´ infatti ben diversada quella espresse dal pelagianesimo(che afferma la salvezza per soli meriti) e dal luteranesimo 8che invece sostiene la sola grazia).padre livio fanzaga.anonima