giovedì 4 aprile 2013

Costantino Esposito: Benedetto XVI mi ha fatto vedere che la ragione è rapporto con il mistero

MI HA FATTO VEDERE CHE LA RAGIONE È RAPPORTO CON IL MISTERO

Costantino Esposito

BENEDETTO XVI

C’è un tratto peculiare, nella testimonianza di Benedetto XVI, che in questi ultimi anni si è rivelato per me con sempre maggiore evidenza e da cui forse si può capire - e seguire - il suo contributo originale al mondo contemporaneo. Un mondo segnato in maniera pervasiva dal dramma del nichilismo realizzato, nel quale diviene dapprima problematico, poi confuso e infine bloccato il nesso vitale tra l’io e il senso della realtà o tra la ragione e la verità. Questo tratto peculiare consiste nella riproposizione instancabile di una domanda decisiva da parte del Papa: se cioè l’uomo sia ancora capace di conoscere il Mistero dell’essere e disponibile alla possibilità che questo Mistero si faccia riconoscere in una forma concreta, reale, storica. Si tratta di una domanda quasi completamente archiviata nella cultura contemporanea, per cui la conoscenza si è ridotta ad un processo di misurazione o ad una tecnica di gestione del mondo, e il Mistero viene confinato al di là del reale oppure semplicemente si frange e si dissolve nelle nostre interpretazioni. E la verità delle cose o è un prodotto in nostro potere o semplicemente non è. Qui è il «deserto» che il Papa vuole attraversare e condividere come un «pellegrino», come ha detto all’inizio dell’Anno della Fede.
Egli ha fatto vedere, partendo dalla sua personale esperienza, che la ragione dell’uomo non si accontenta mai di tale soluzione, perché è “intessuta” di quella domanda di realtà, come un bisogno infinito di essere (il quaerere Deum di cui ha parlato nel grande discorso parigino ai Bernardins nel 2008). Quest’attesa, questa possibilità della nostra ragione è il segno che essa consiste in un rapporto con il Mistero presente. Un rapporto che non è dato una volta per tutte, ma rinasce, o può rinascere di continuo, a partire da un fatto che riaccade: l’incontro - attraverso le cose, gli eventi, le persone - con il Logos divino che mi crea e mi vuole in un gesto “amoroso”, in cui è affermato il valore irriducibile e irripetibile di me. 
Come il Papa disse al Convegno Ecclesiale di Verona del 2006, qui «viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale», per cui anche la nostra intelligenza e la nostra libertà sarebbero solo il prodotto di un “caso” necessario e la nostra stessa ricerca sarebbe un’attesa inutile e vana. Solo se la Razionalità non è un’idea iperurania o una costruzione mentale, ma una Persona vivente, Cristo, acquista rilievo e forza la ragione di ogni persona, nella stupefacente corrispondenza tra la nostra capacità di conoscere il mondo ed il carattere intelligibile, sensato, della realtà che ci viene incontro.
Per dirla con il suo amato Agostino, l’esperienza della verità si fonda sull’essere “presi”, conquistati ogni volta da essa: e il segno di questa esperienza è il “gusto”, la “gioia” che essa fa nascere in noi: gaudium de veritate. Solo arrivando al vero, seguendo il suo “tocco”, possiamo scoprire affettivamente la portata incommensurabile del nostro “io”; ma anche la verità non rimane astrattamente in sé, al di fuori di questo rapporto: essa ha bisogno proprio di me per accadere sempre di nuovo.

© Copyright Tracce, marzo 2013

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