venerdì 31 ottobre 2014

La Lev pubblica le interviste di Scalfari a Papa Bergoglio. La sofferenza di molti di noi... (Raffaella)

Carissimi amici,
è di ieri la notizia di un nuovo libro pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. Questo il titolo: Francesco, "Interviste e conversazioni con i giornalisti", LEV, ottobre 2014.
Nulla di strano...nulla di male se non per un piccolo particolare: nel volume sono riportate anche le interviste rilasciate dal Papa ad Eugenio Scalfari.
Ne parla anche Socci in un suo "pepato" commento tutto da leggere anche perché ripercorre la storia di questi "colloqui" fra il fondatore di Repubblica ed il Pontefice: testi che prima compaiono sul sito del Vaticano per poi scomparire miracolosamente...
In mezzo a tanta confusione una domanda sorge spontanea: come dobbiamo considerare questi colloqui? Padre Lombardi disse che "l'intervista (la prima) è attendibile in senso generale, ma non nelle singole valutazioni...".
Ora però entrambe le interviste di Scalfari vengono pubblicate in pompa magna non dalla casa editrice di "vattelapesta", ma da quella del vaticano. Si è così deciso di rivestire di ufficialità quei colloqui. Fine della discussione a quanto pare.
Ovviamente dobbiamo accettare il fatto che essi riflettono perfettamente il pensiero del Papa e che Scalfari ha riportato fedelmente il contenuto delle conversazioni. Se così non fosse, non si comprende come mai la LEV abbia deciso di mandare alle stampe due testi controversi.
A questo punto però consentitemi di manifestare la mia sofferenza per questa decisione del vaticano.
Da una parte si attua una censura preventiva nei confronti del libro di Antonio Socci e dall'altra si concede il timbro dell'ufficialità a due interviste realizzare da un giornalista che ha attaccato duramente e spesso offeso i predecessori del Papa attuale.
Non posso certo dimenticare quando definì Benedetto XVI modesto teologo (clicca qui) o quando, all'indomani della morte di Giovanni Paolo II, definì la missione del suo Pontificato sostanzialmente fallita (clicca qui).
Certamente ciascuno è libero di muovere le critiche che ritiene opportuno però quelle parole scritte da Scalfari su Benedetto XVI ci ferirono profondamente e personalmente posso dire che oggi sono decisamente rammaricata nel sapere che questo giornalista viene rivestito di una corona di ufficialità che lascia stupefatti anche alla luce di un recentissimo articolo di Scalfari che possiamo leggere qui.
Ancora una volta Scalfari riporta i suoi colloqui col Papa e trae conclusioni alquanto discutibili (vedi il passaggio sulla "Verità") ma non una parola di precisazione e di smentita è arrivata dal Vaticano. E' quindi ragionevole supporre che Scalfari abbia riportato esattamente il pensiero di Bergoglio. La notizia della pubblicazione delle due interviste ad opera della Libreria Editrice Vaticana chiude definitivamente il cerchio. Non giudichiamo (chi siamo noi per giudicare?) ma speriamo di essere ancora liberi di manifestare il nostro dispiacere.
Forse Papa Benedetto meritava ben altra considerazione visto che, fra l'altro, è ancora in vita ma evidentemente molti di noi sono troppo "sensibili".
Ma a parte la sensibilità, che è sentimento personale, penso di non sbagliare affermando che in tanti siamo confusi e non riusciamo a capire il senso di quelle che ci sembrano delle contraddizioni anche perché non vengono spiegate e quindi ciascuno è libero di interpretare in un modo ed esattamente al contrario.
R.

giovedì 30 ottobre 2014

mercoledì 29 ottobre 2014

Benedetto XVI: è l'ora di togliere coraggiosamente ciò che vi è di mondano nella Chiesa (YouTube)




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Tempo di misericordia. Ma anche di scomuniche (Magister). Il discorso di Benedetto XVI a Friburgo (Raffaella)

Clicca qui per leggere il commento.
Ottimo Magister per il coraggio di parlare chiaramente.
Misericordia sì...ma non per tutti. Forse solo per coloro che piacciono alla gente che piace? Ovvio che i lefebvriani (sacerdoti ma anche semplici fedeli) non facciano parte di questa categoria.
Ma la somma verità è quella che scrive Magister sui vescovi tedeschi tanto aperti, tanto misericordiosi, ma sempre inflessibili con chi non paga l'obolo alla chiesa.
Fu Benedetto XVI a reagire di fronte a questo modo di fare. Ricordiamo in particolare il suo
appello alla "Entweltlichung" ("distacco dal mondo") lanciato durante il Viaggio Apostolico in Germania nel settembre 2011.
Ma rileggiamo alcuni passaggi del monumentale discorso di Papa Benedetto ai cattolici impegnati nella società e nella chiesa (Friburgo, 25 settembre 2011). Che cosa è cambiato in questi anni? Nulla...a parte le belle parole. E' ora di mettere in pratica le parole profetiche di Joseph Ratzinger.
Rileggiamo e poi rivediamo il filmato:


La missione della Chiesa, infatti, deriva dal mistero del Dio uno e trino, dal mistero del suo amore creatore. E l’amore non è soltanto presente in qualche modo in Dio: Egli stesso lo è,  è per sua natura amore. E l’amore di Dio non vuole essere isolato in sé, ma secondo la sua natura vuole diffondersi. Nell’incarnazione e nel sacrificio del Figlio di Dio, esso ha raggiunto l’umanità – cioè noi – in modo particolare, e questo attraverso il fatto che Cristo, il Figlio di Dio è, per così dire, uscito dalla sfera del suo essere Dio, si è fatto carne ed è diventato uomo; non soltanto per confermare il mondo nel suo essere terreno, ed essere il suo compagno che lo lascia così come è, ma per trasformarlo. Dell’evento cristologico fa parte il dato incomprensibile che – come dicono i Padri della Chiesa – esiste un sacrum commercium, uno scambio tra Dio e gli uomini. I Padri lo spiegano così: noi non abbiamo nulla che potremmo dare a Dio, possiamo solo metterGli davanti il nostro peccato. Ed egli lo accoglie, lo assume come proprio, e in cambio ci dà se stesso e la sua gloria. Si tratta di uno scambio davvero disuguale che si compie nella vita e nella passione di Cristo. Egli si fa peccatore, prende il peccato su di sé, assume ciò che è nostro e ci dà ciò che è suo. Ma nello sviluppo del pensiero e della vita alla luce della fede, in seguito, si è reso evidente che non Gli diamo solo il peccato, bensì Egli ci ha dato la facoltà: dall’intimo ci dona la forza di darGli anche qualcosa di positivo, il nostro amore, di dargli l’umanità in senso positivo. Naturalmente è chiaro che solo grazie alla generosità di Dio, l’uomo, il mendicante che riceve la ricchezza divina, tuttavia, può anche dare qualcosa a Dio; Dio ci rende sopportabile il dono, rendendoci capaci di diventare donatori nei suoi confronti.


La Chiesa deve se stessa totalmente a questo scambio disuguale. Non possiede niente da sé stessa di fronte a Colui che l’ha fondata, in modo da poter dire: l’abbiamo fatto molto bene! Il suo senso consiste nell’essere strumento della redenzione, nel lasciarsi pervadere dalla parola di Dio e nell’introdurre il mondo nell’unione d’amore con Dio. La Chiesa s’immerge nell’attenzione condiscendente del Redentore verso gli uomini.


Quando è davvero se stessa, essa è sempre in movimento, deve continuamente mettersi al servizio della missione, che ha ricevuto dal Signore. E per questo deve sempre di nuovo aprirsi alle preoccupazioni del mondo, del quale, appunto, essa stessa fa parte, dedicarsi senza riserve tali preoccupazioni, per continuare e rendere presente lo scambio sacro che ha preso inizio con l’Incarnazione.


Nello sviluppo storico della Chiesa si manifesta, però, anche una tendenza contraria: quella cioè di una Chiesa soddisfatta di se stessa, che si accomoda in questo mondo, è autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Non di rado dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’essere aperta verso Dio e ad un aprire il mondo verso il prossimo.


Per corrispondere al suo vero compito, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi da questa sua secolarizzazione e diventare nuovamente aperta verso Dio.


Con ciò essa segue le parole di Gesù: “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (Gv 17,16), ed è proprio così che Lui si dona al mondo. In un certo senso, la storia viene in aiuto alla Chiesa attraverso le diverse epoche di secolarizzazione, che hanno contribuito in modo essenziale alla sua purificazione e riforma interiore.


Le secolarizzazioni infatti – fossero esse l’espropriazione di beni della Chiesa o la cancellazione di privilegi o cose simili – significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spoglia, per così dire, della sua ricchezza terrena e torna ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena.


Con ciò condivide il destino della tribù di Levi che, secondo l’affermazione dell’Antico Testamento, era la sola tribù in Israele che non possedeva un patrimonio terreno, ma, come parte di eredità, aveva preso in sorte esclusivamente Dio stesso, la sua parola e i suoi segni. Con tale tribù, la Chiesa condivideva in quei momenti storici l’esigenza di una povertà che si apriva verso il mondo, per distaccarsi dai suoi legami materiali, e così anche il suo agire missionario tornava ad essere credibile.


Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa distaccata dal mondo emerge in modo più chiaro.
Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo.
Può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell’adorazione di Dio e al servizio del prossimo.


Il compito missionario, che è legato all’adorazione cristiana e dovrebbe determinare la struttura della Chiesa, si rende visibile in modo più chiaro. La Chiesa si apre al mondo, non per ottenere l’adesione degli uomini per un’istituzione con le proprie pretese di potere, bensì per farli rientrare in se stessi e così condurli a Colui del quale ogni persona può dire con Agostino: Egli è più intimo a me di me stesso (cfr Conf. 3,6,11). Egli, che è infinitamente al di sopra di me, è tuttavia talmente in me stesso da essere la mia vera interiorità. Mediante questo stile di apertura della Chiesa verso il mondo è, insieme, tracciata anche la forma in cui l’apertura al mondo da parte del singolo cristiano può realizzarsi in modo efficace e adeguato.


Non si tratta qui di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa. Si tratta piuttosto di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità è convenzione ed abitudine.


Diciamolo ancora con altre parole: la fede cristiana è per l’uomo uno scandalo sempre e non soltanto nel nostro tempo. Che il Dio eterno si preoccupi di noi esseri umani, ci conosca; che l’Inafferrabile sia diventato in un determinato momento in un determinato luogo, afferrabile; che l’Immortale abbia patito e sia morto sulla croce; che a noi esseri mortali siano promesse la risurrezione e la vita eterna – credere questo è per gli uomini senz’altro una vera pretesa.


Questo scandalo, che non può essere abolito se non si vuole abolire il cristianesimo, purtroppo, è stato messo in ombra proprio recentemente dagli altri scandali dolorosi degli annunciatori della fede. Si crea una situazione pericolosa, quando questi scandali prendono il posto dello skandalon primario della Croce e così lo rendono inaccessibile, quando cioè nascondono la vera esigenza cristiana dietro l’inadeguatezza dei suoi messaggeri.


Vi è una ragione in più per ritenere che sia nuovamente l’ora di trovare il vero distacco del mondo, di togliere coraggiosamente ciò che vi è di mondano nella Chiesa. Questo, naturalmente, non vuol dire ritirarsi dal mondo, anzi, il contrario. Una Chiesa alleggerita degli elementi mondani è capace di comunicare agli uomini – ai sofferenti come a coloro che li aiutano – proprio anche nell’ambito sociale-caritativo, la particolare forza vitale della fede cristiana.


“La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (Lettera enciclica Deus caritas est, 25). Certamente, anche le opere caritative della Chiesa devono continuamente prestare attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte  ad un crescente allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino. Solo il profondo rapporto con Dio rende possibile una piena attenzione all’uomo, così come senza l’attenzione al prossimo s’impoverisce il rapporto con Dio.


Essere aperti alle vicende del mondo significa quindi per la Chiesa distaccata dal mondo testimoniare, secondo il Vangelo, con parole ed opere qui ed oggi la signoria dell’amore di Dio.


E questo compito, inoltre, rimanda al di là del mondo presente: la vita presente, infatti, include il legame con la vita eterna. Viviamo come singoli e come comunità della Chiesa la semplicità di un grande amore che, nel mondo, è insieme la cosa più facile e più difficile, perché esige nulla di più e nulla di meno che il donare se stessi.





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Dopo il Sinodo, fedeli ancora più confusi (Carbone)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

martedì 28 ottobre 2014

venerdì 24 ottobre 2014

Benedetto XVI alla curia nel 2005: rimane indimenticabile l’intenso silenzio del milione di giovani a Colonia (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo un'altra chicca del Pontificato di Papa Benedetto: la prima parte dello storico discorso di Benedetto XVI alla curia romana (22 dicembre 2005).
La seconda parte (con la storica spiegazione dell'ermeneutica della riforma nella interpretazione del Concilio) è segnalata più sotto.
In questo video il Papa ripercorre gli eventi che caratterizzarono il 2005: la morte di Giovanni Paolo II, il Sinodo sull'Eucarestia e la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia.


In particolare:


"Con il cuore colmo della gioia che deriva da questa consapevolezza, riandiamo col pensiero alle vicende dell’anno che volge al suo tramonto. Stanno alle nostre spalle grandi avvenimenti, che hanno segnato profondamente la vita della Chiesa. Penso innanzitutto alla dipartita del nostro amato Santo Padre Giovanni Paolo II, preceduta da un lungo cammino di sofferenza e di graduale perdita della parola. Nessun Papa ci ha lasciato una quantità di testi pari a quella che ci ha lasciato lui; nessun Papa in precedenza ha potuto visitare, come lui, tutto il mondo e parlare in modo diretto agli uomini di tutti i continenti. Ma, alla fine, gli è toccato un cammino di sofferenza e di silenzio. Restano indimenticabili per noi le immagini della Domenica delle Palme quando, col ramo di olivo nella mano e segnato dal dolore, egli stava alla finestra e ci dava la benedizione del Signore in procinto di incamminarsi verso la Croce. Poi l'immagine di quando nella sua cappella privata, tenendo in mano il Crocifisso, partecipava alla Via Crucis nel Colosseo, dove tante volte aveva guidato la processione portando egli stesso la Croce. Infine la muta benedizione della Domenica di Pasqua, nella quale, attraverso tutto il dolore, vedevamo rifulgere la promessa della risurrezione, della vita eterna".


"La Giornata Mondiale della Gioventù è rimasta nella memoria di tutti coloro che erano presenti come un grande dono. Oltre un milione di giovani si radunarono nella Città di Colonia, situata sul fiume Reno, e nelle città vicine per ascoltare insieme la Parola di Dio, per pregare insieme, per ricevere i sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia, per cantare e festeggiare insieme, per gioire dell’esistenza e per adorare e ricevere il Signore eucaristico durante i grandi incontri del sabato sera e della domenica. Durante tutti quei giorni regnava semplicemente la gioia. A prescindere dai servizi d'ordine, la polizia non ebbe niente da fare – il Signore aveva radunato la sua famiglia, superando sensibilmente ogni frontiera e barriera e, nella grande comunione tra di noi, ci aveva fatto sperimentare la sua presenza".


"Proprio in un mondo in cui progressivamente vengono meno i criteri di orientamento ed esiste la minaccia che ognuno faccia di se stesso il proprio criterio, è fondamentale sottolineare l'adorazione. Per tutti coloro che erano presenti rimane indimenticabile l’intenso silenzio di quel milione di giovani, un silenzio che ci univa e sollevava tutti quando il Signore nel Sacramento era posto sull'altare. Serbiamo nel cuore le immagini di Colonia: sono una indicazione che continua ad operare. Senza menzionare singoli nomi, vorrei in questa occasione ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la Giornata Mondiale della Gioventù; soprattutto, però, ringraziamo insieme il Signore, perché in definitiva solo Lui poteva donarci quelle giornate nel modo in cui le abbiamo vissute".
"Di fatto, non è che nell'Eucaristia riceviamo semplicemente una qualche cosa. Essa è l'incontro e l'unificazione di persone; la persona, però, che ci viene incontro e desidera unirsi a noi è il Figlio di Dio. Una tale unificazione può soltanto realizzarsi secondo le modalità dell'adorazione. Ricevere l'Eucaristia significa adorare Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui. Perciò, lo sviluppo dell'adorazione eucaristica, come ha preso forma nel corso del Medioevo, era la più coerente conseguenza dello stesso mistero eucaristico: soltanto nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell'Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri".






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giovedì 23 ottobre 2014

La verità della religione e la vera religione. Messaggio del Papa emerito Benedetto XVI alla Pontificia Università Urbaniana (Armin Schwibach)

Clicca qui per leggere il testo del bellissimo Messaggio di Benedetto XVI per l’intitolazione dell’Aula Magna ristrutturata della Pontificia Università Urbaniana.

mercoledì 22 ottobre 2014

La preghiera di Giovanni Paolo II a Bologna: In nome dell'arbitrio, chiamato libertà, si continuano a sopprimere esseri umani non nati e innocenti (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra instancabile Gemma riascoltiamo l'omelia tenuta da Giovanni Paolo II a Bologna, il 28 settembre 1997, in occasione della Santa Messa a conclusione del XXIII Congresso Eucaristico Nazionale.
E' bello riascoltare le parole dell'omelia nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Giovanni Paolo II.
Clicca qui per leggere il testo integrale.
In particolare:

"Penso qui agli inizi della Chiesa, agli apostoli Pietro e Paolo, ai martiri dei primi secoli e, dopo l'editto di Costantino, all'epoca dei santi Padri, dei Dottori, dei Fondatori di Ordini e Congregazioni religiose sino ai nostri tempi. Incessante è il memoriale della grande Eucaristia, che racchiude il rendimento di grazie della storia, perché Cristo "con la sua santa Croce ha redento il mondo".

Per il popolo italiano questo Congresso è l'ultimo del secolo: un secolo che ha visto consumarsi su scala planetaria gravi attentati all'uomo nella verità del suo essere. In nome di ideologie totalitarie e menzognere, questo secolo ha sacrificato milioni di vite umane.



In nome dell'arbitrio, chiamato libertà, si continuano a sopprimere esseri umani non nati e innocenti. In nome di un benessere che non sa mantenere le prospettive di felicità che promette, molti hanno pensato che fosse possibile fare a meno di Dio. Secolo segnato, dunque, da ombre oscure, ma anche secolo che ha conservato la fede trasmessa dagli Apostoli, impreziosendola col fulgore della santità".

"In questo pellegrinaggio la guida è Cristo crocifisso e risorto che, mediante la sua morte e la sua risurrezione, conferma costantemente l'orientamento ultimo del cammino umano nella storia. Di per sé, il deserto di questo mondo è luogo di morte: l'essere umano vi nasce, vi cresce e vi muore. Quante generazioni, nel corso dei secoli, hanno trovato la morte in questo deserto! L'unica eccezione è Cristo. Solo Lui ha vinto la morte e ha rivelato la vita. Solo grazie a Lui coloro che sono morti potranno risorgere, perché Lui soltanto può introdurre l'uomo, attraverso il deserto del tempo, nella terra promessa dell'eternità. Lo ha già fatto con sua Madre; lo farà con tutti coloro che credono in Lui e fanno parte del nuovo Popolo in cammino verso la Patria del Cielo".

"Con lo sguardo fisso sull'Eucaristia, mistero centrale della nostra fede, noi imploriamo: Signore Gesù, Verbo di Dio incarnato nel seno della Vergine Maria, accompagna i passi del popolo italiano sulle strade della giustizia e della solidarietà, della riconciliazione e della pace!
Fa' che l'Italia conservi intatto quel patrimonio di valori umani e cristiani che l'ha resa grande nei secoli. Dagli innumerevoli tabernacoli che costellano il Paese si sprigioni la luce di quella verità e il calore di quell'amore in cui sta la speranza del futuro per questo, come per ogni altro popolo della terra".





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Giovanni Paolo II a Bologna nel 1997 in occasione del Congresso Eucaristico (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo o, per i più giovani, vediamo una vera "chicca": alcune immagine della Santa Messa presieduta da Papa Wojtyla a Bologna.
Giovanni Paolo II si recò a Bologna il 27 e 28 settembre 1997 in occasione del XXIII Congresso Eucaristico Nazionale. Ecco alcune immagini della celebrazione eucaristica.
Rivedere queste immagini è tanto più significativo visto che oggi celebriamo la Memoria di San Giovanni Paolo II :-)
Qui lo speciale del sito del Vaticano.








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martedì 21 ottobre 2014

Paolo VI viene beatificato alla presenza di Benedetto XVI, 19 ottobre 2014 (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra Gemma vediamo alcuni immagini della cerimonia di beatificazione di Paolo VI alla presenza del Pontefice Emerito, Benedetto XVI :-)

Sinodo, nuovo questionario distribuito ai fedeli? Consiglio la via più semplice: un bel televoto! (R.)

Clicca qui per leggere l'articolo.
Chissà se è fondata la notizia di un nuovo questionario da distribuire ai fedeli. Si vede proprio che i risultati del sinodo sono stati particolarmente indigesti...
Che senso ha il questionario?
Immaginiamo un referendum con questo quesito: "Vuoi tu, cittadino italiano, continuare a pagare le tasse?". Quale sarebbe secondo voi il responso plebiscitario? :-)
Ecco perché la Costituzione vieta il referendum abrogativo in materia tributaria ;-)
Non vedo quindi la necessità del questionario cattolico. Comunque, se si vuole proprio conoscere l'opinione dei fedeli, perché non ricorrere al televoto? Proprio come al Grande Fratello :-)
Ma la chiave di quanto probabilmente accadrà l'anno prossimo si trova anche nell'articolo di Repubblica: "Sempre ammesso che lo scenario nei palazzi pontifici sia uguale a quello attuale...".
Pensate che cosa sarebbe accaduto se i media avessero lasciato intendere la stessa cosa sotto il Pontificato di Benedetto XVI...
R.

Destituita di fondamento la notizia della "fronda" di cardinali andata a trovare Benedetto XVI durante il sinodo

Clicca qui per leggere l'articolo in tedesco.
Era ovviamente troppo aspettarsi una smentita ufficiale da parte degli organi ufficiali della santa sede così loquaci quando non c'e' di mezzo Benedetto XVI...
Confermo e sottoscrivo comunque il mio commento di domenica. Non sono stati i cardinali a tentare di tirare il Papa emerito per la cronaca da una parte o dall'altra, ma la situazione è ancora peggiore: hanno cercato di farlo i mass media aiutati da chi, all'interno della chiesa, non cessa di far uscire gli spifferi con buona pace di chi si era illuso che il "vento di primavera" avesse tarpato le ali ai corvi.

lunedì 20 ottobre 2014

Quali e quanti trasferimenti di vescovi e cardinali vedremo nei prossimi mesi all'interno della chiesa?

Clicca qui per leggere l'articolo di Maria Antonietta Calabrò.
Per ora le tesi mediatiche sono state rispedite al mittente dalla maggioranza del sinodo ma quale sarà lo scenario della chiesa fra un anno? Ci saranno trasferimenti di vescovi e cardinali scomodi?
Vigileremo :-)
R.

Socci commenta i risultati del sinodo: chiesa spaccata e screditata per immensa confusione. Riflessioni (R.)

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Laura.
La confusione è un dato di fatto anche se la maggioranza dei mass media allineati cercano di convincerci che la cosa sia, in fondo, un bene.
Si vuole cambiare la dottrina e affermare che il Magistero dei Papi succedutisi fino al 2013 appartiene ormai al passato?
Benissimo...via alla rottamazione purchè si parli chiaro e si dica esplicitamente che cosa si intende fare e come e quanto la chiesa intende cambiare per adattarsi ai tempi.
La tattica di creare grandi aspettative presso i mass media per vedere "l'effetto che fa" si è scontrata con una resistenza probabilmente non prevista. Oggi possiamo dire che le continue interviste, il dire non dire, il far intendere che la rivoluzione e' vicina, la presentazione di testi che non rappresentano la maggioranza della chiesa, hanno ottenuto un solo risultato: spaccare ancora di più il popolo dei credenti e generare una confusione mai vista prima.
Per ora l'operazione non e' riuscita ed e' significativo che tutti i commentatori utilizzino gli stessi termini: per ora, per adesso, momentaneamente...
In un anno possono cambiare molti scenari e soprattutto molte poltrone: intelligenti pauca!
R.

Paolo VI secondo Ratzinger. Perché fu “grande e credibile” (Magister)

Clicca qui per leggere il commento.

domenica 19 ottobre 2014

Benedetto XVI salva la chiesa ancora una volta evitando uno scisma. Il tentativo (fallito) di tirarlo per la tonaca (Raffaella)

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Eufemia.
Davvero molto interessante ciò che possiamo leggere su Repubblica non tanto per il contenuto in sé quanto per le deduzioni che possiamo compiere.
Ho aspettato fino ad ora per scrivere questo commento in attesa di una eventuale smentita. Non c'è stata e quindi è tutto vero o almeno verosimile.
Non c'e' nulla da fare: quando la chiesa è in difficoltà corre immediatamente a "Canossa" da Ratzinger.
Tutti i Papi a noi storicamente vicini si sono affidati all'intelletto straordinario, alla grande umanità e saggezza di Benedetto XVI. Lo fece Giovanni XXIII quando ringraziò e lodò il cardinale di Colonia che, al Concilio, aveva letto un testo scritto dall'allora giovane teologo bavarese. Lo fece Paolo VI che lo volle arcivescovo di Monaco e cardinale. Nota è anche la stima di Papa Luciani per il futuro Papa Benedetto. Non parliamo poi di Giovanni Paolo II con cui il futuro Benedetto XVI strinse un rapporto di collaborazione e di amicizia. E persino il successore di Joseph Ratzinger ha bisogno di lui o almeno ne hanno i suoi sostenitori.
Non appena è stato chiaro che il sinodo non sarebbe stato ciò che si credeva all'inizio (una marcia trionfale verso l'approvazione delle tesi di alcuni cardinali e vescovi), ecco che i fronti opposti hanno bussato alla porta di Joseph Ratzinger.
Secondo Tito la cosiddetta "fronda" tradizionalista e' andata materialmente a parlare con il Papa emerito che però, giustamente e con fine ironia, ha consigliato di rivolgersi al Pontefice in carica.
Ma anche l'altra "fronda", quella che per praticità potremmo definire "progressista" (anche se i termini tradizionalista e progressista hanno pochissimo senso), si è servita e si sta servendo di Benedetto XVI, per esempio citando alcuni brani dei suoi lavori decontestualizzandoli o tranquillizzando tutti sul fatto che Ratzinger è sempre e comunque in sintonia con Papa Bergoglio.
Questa fronda si serve anche di media amici utilizzando la stessa strategia che negli anni abbiamo imparato a conoscere bene: rane dalla bocca larga che, nei corridoi bui, lasciano passare spifferi utili alla (loro) causa.
Entrambi i fronti comunque compiono e hanno compiuto un'operazione scorretta che però e' miseramente fallita: tentare di utilizzare il Papa emerito a favore o contro il Papa regnante.
Da grande teologo e persona che darebbe la vita per la Chiesa, Benedetto XVI non si porrebbe MAI contro il suo successore. Impensabile che dalla sua bocca esca una sola parola di rimprovero o di critica. Chi ha pensato di tirare la veste di Benedetto in questo senso ha dimostrato di non averlo mai conosciuto. Ma anche chi cerca di mettere il bollo ratzingeriano su ogni decisione bergogliana non ha capito nulla. Non è ammissibile utilizzare il Papa emerito solo quando fa comodo, quando la situazione scivola di mano, quando si fa il passo piu' lungo della gamba, per poi fare deleteri ed infantili confronti quando si marcia con il vento in poppa.
Bambinesco il primo atteggiamento, ancora più adolescenziale il secondo.
Non si corre dal professore solo quando il compagno di banco ci ha rubato la gomma :-)
In tutto questo pasticcio emerge in modo splendido, come sempre, la figura di Papa Benedetto XVI, che, con la sua parola ma soprattutto la sua preghiera, ha di fatto evitato una spaccatura. Uno scisma? Chissà...
Certo le cose non si erano messe bene ed il documento finale del sinodo, un compromesso per così dire al ribasso rispetto alle aspettative iniziali, sta a dimostrare il travaglio della chiesa.
Mi auguro che ci si renda conto di quanto sia prezioso il dono di un Papa emerito come Joseph Ratzinger. Sarebbe bastata una sua parola riportata male per creare una spaccatura verticale.
Mi commuove l'obbedienza di Benedetto, la sua totale dedizione alla Chiesa di Cristo che l'ha indotto a sacrificare se stesso.
Mi ha fatto molto piacere rivedere il Santo Padre stamattina ma avrei tanto bisogno di ascoltare la sua voce per imparare, per nutrire la mia anima e la mia testa. Ribadisco: il fatto che non intervenga mai e' uno spreco indicibile soprattutto per la chiesa.
Papa Francesco è molto fortunato ad averlo accanto così come lo sono stati i predecessori di Benedetto XVI al quale invece è mancato il "suo Ratzinger". Quando egli ha avuto bisogno di appoggi disinteressati e sinceri ben poche voci si sono levate in sua difesa. Vogliamo citare di nuovo Ratisbona? Non è il caso...
Festival delle "facce di palta" come dice Mariateresa! :-)
Concludo invitandovi alla preghiera ed all'abbraccio ideale per il Papa emerito che ancora una volta, pur nel silenzio, ci ha dato la prova di quanto grandi siano la sua mente ed il suo cuore.
Raffaella

San Pietro, Benedetto XVI alla beatificazione di Paolo VI

Clicca qui per vedere le foto.

Joseph Ratzinger: un Papa che oggi non subisse critiche fallirebbe il suo compito dinanzi a questo tempo. Paolo VI ha resistito alla telecrazia e alla demoscopia, le due potenze dittatoriali del presente. Ha potuto farlo perché non prendeva come parametro il successo e l'approvazione, bensì la coscienza, che si misura sulla verità, sulla fede

Buongiorno Amici!
Riproponiamo l'omelia (inedita fino al 2013) dell'allora cardinale Ratzinger a quattro giorni dalla morte di Paolo VI. E' un ottimo modo per ricordare Papa Montini, il suo Pontificato e la sua grande sofferenza nel giorno della sua Beatificazione.
Joseph Ratzinger sempre più profetico :-)
R.

Omelia inedita tenuta dal cardinale Joseph Ratzinger il 10 agosto 1978


La Trasfigurazione


Per quindici anni, nella preghiera eucaristica durante la santa messa, abbiamo pronunciato le parole: «Celebriamo in comunione con il tuo servo il nostro Papa Paolo». Dal 7 agosto questa frase rimane vuota. L'unità della Chiesa in quest'ora non ha alcun nome; il suo nome è adesso nel ricordo di coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede e riposano nella pace. Papa Paolo è stato chiamato alla casa del Padre nella sera della festa della Trasfigurazione del Signore, poco dopo avere ascoltato la santa messa e ricevuto i sacramenti. «È bello per noi restare qui» aveva detto Pietro a Gesù sul monte della trasfigurazione. Voleva rimanere. Quello che a lui allora venne negato è stato invece concesso a Paolo VI in questa festa della Trasfigurazione del 1978: non è più dovuto scendere nella quotidianità della storia. È potuto rimanere lì, dove il Signore siede alla mensa per l'eternità con Mosè, Elia e i tanti che giungono da oriente e da occidente, dal settentrione e dal meridione. Il suo cammino terreno si è concluso. Nella Chiesa d'oriente, che Paolo VI ha tanto amato, la festa della Trasfigurazione occupa un posto molto speciale. Non è considerata un avvenimento fra i tanti, un dogma tra i dogmi, ma la sintesi di tutto: croce e risurrezione, presente e futuro del creato sono qui riuniti. La festa della Trasfigurazione è garanzia del fatto che il Signore non abbandona il creato. Che non si sfila di dosso il corpo come se fosse una veste e non lascia la storia come se fosse un ruolo teatrale. All'ombra della croce, sappiamo che proprio così il creato va verso la trasfigurazione.
Quella che noi indichiamo come trasfigurazione è chiamata nel greco del Nuovo Testamento metamorfosi (“trasformazione”), e questo fa emergere un fatto importante: la trasfigurazione non è qualcosa di molto lontano, che in prospettiva può accadere. 
Nel Cristo trasfigurato si rivela molto di più ciò che è la fede: trasformazione, che nell'uomo avviene nel corso di tutta la vita. Dal punto di vista biologico la vita è una metamorfosi, una trasformazione perenne che si conclude con la morte. Vivere significa morire, significa metamorfosi verso la morte. Il racconto della trasfigurazione del Signore vi aggiunge qualcosa di nuovo: morire significa risorgere. La fede è una metamorfosi, nella quale l'uomo matura nel definitivo e diventa maturo per essere definitivo. Per questo l'evangelista Giovanni definisce la croce come glorificazione, fondendo la trasfigurazione e la croce: nell'ultima liberazione da se stessi la metamorfosi della vita giunge al suo traguardo.
La trasfigurazione promessa dalla fede come metamorfosi dell'uomo è anzitutto cammino di purificazione, cammino di sofferenza. Paolo VI ha accettato il suo servizio papale sempre più come metamorfosi della fede nella sofferenza. Le ultime parole del Signore risorto a Pietro, dopo averlo costituito pastore del suo gregge, sono state: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Giovanni, 21, 18). 
Era un accenno alla croce che attendeva Pietro alla fine del suo cammino. Era, in generale, un accenno alla natura di questo servizio. Paolo VI si è lasciato portare sempre più dove umanamente, da solo, non voleva andare. Sempre più il pontificato ha significato per lui farsi cingere la veste da un altro ed essere inchiodato alla croce. 
Sappiamo che prima del suo settantacinquesimo compleanno, e anche prima dell'ottantesimo, ha lottato intensamente con l'idea di ritirarsi. E possiamo immaginare quanto debba essere pesante il pensiero di non poter più appartenere a se stessi. Di non avere più un momento privato. Di essere incatenati fino all'ultimo, con il proprio corpo che cede, a un compito che esige, giorno dopo giorno, il pieno e vivo impiego di tutte le forze di un uomo. 
«Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore» (Romani, 14, 7-8). Queste parole della lettura di oggi hanno letteralmente segnato la sua vita. Egli ha dato nuovo valore all'autorità come servizio, portandola come una sofferenza. Non provava alcun piacere nel potere, nella posizione, nella carriera riuscita; e proprio per questo, essendo l'autorità un incarico sopportato -- «ti porterà dove tu non vuoi» -- essa è diventata grande e credibile.
Paolo VI ha svolto il suo servizio per fede. Da questo derivavano sia la sua fermezza sia la sua disponibilità al compromesso. Per entrambe ha dovuto accettare critiche, e anche in alcuni commenti dopo la sua morte non è mancato il cattivo gusto. 
Ma un Papa che oggi non subisse critiche fallirebbe il suo compito dinanzi a questo tempo. Paolo VI ha resistito alla telecrazia e alla demoscopia, le due potenze dittatoriali del presente. Ha potuto farlo perché non prendeva come parametro il successo e l'approvazione, bensì la coscienza, che si misura sulla verità, sulla fede. 
È per questo che in molte occasioni ha cercato il compromesso: la fede lascia molto di aperto, offre un ampio spettro di decisioni, impone come parametro l'amore, che si sente in obbligo verso il tutto e quindi impone molto rispetto. Per questo ha potuto essere inflessibile e deciso quando la posta in gioco era la tradizione essenziale della Chiesa. In lui questa durezza non derivava dall'insensibilità di colui il cui cammino viene dettato dal piacere del potere e dal disprezzo delle persone, ma dalla profondità della fede, che lo ha reso capace di sopportare le opposizioni.
Paolo VI era, nel profondo, un Papa spirituale, un uomo di fede. Non a torto un giornale lo ha definito il diplomatico che si è lasciato alle spalle la diplomazia. Nel corso della sua carriera curiale aveva imparato a dominare in modo virtuoso gli strumenti della diplomazia. Ma questi sono passati sempre più in secondo piano nella metamorfosi della fede alla quale si è sottoposto. 
Nell'intimo ha trovato sempre più il proprio cammino semplicemente nella chiamata della fede, nella preghiera, nell'incontro con Gesù Cristo. In tal modo è diventato sempre più un uomo di bontà profonda, pura e matura. Chi lo ha incontrato negli ultimi anni ha potuto sperimentare in modo diretto la straordinaria metamorfosi della fede, la sua forza trasfigurante. 
Si poteva vedere quanto l'uomo, che per sua natura era un intellettuale, si consegnava giorno dopo giorno a Cristo, come si lasciava cambiare, trasformare, purificare da lui, e come ciò lo rendeva sempre più libero, sempre più profondo, sempre più buono, perspicace e semplice.
La fede è una morte, ma è anche una metamorfosi per entrare nella vita autentica, verso la trasfigurazione. In Papa Paolo si poteva osservare tutto ciò. La fede gli ha dato coraggio. La fede gli ha dato bontà. E in lui era anche chiaro che la fede convinta non chiude, ma apre. Alla fine, la nostra memoria conserva l'immagine di un uomo che tende le mani. È stato il primo Papa a essersi recato in tutti i continenti, fissando così un itinerario dello Spirito, che ha avuto inizio a Gerusalemme, fulcro dell'incontro e della separazione delle tre grandi religioni monoteistiche; poi il viaggio alle Nazioni Unite, il cammino fino a Ginevra, l'incontro con la più grande cultura religiosa non monoteista dell'umanità, l'India, e il pellegrinaggio presso i popoli che soffrono dell'America Latina, dell'Africa, dell'Asia. La fede tende le mani. Il suo segno non è il pugno, ma la mano aperta.
Nella Lettera ai Romani di sant'Ignazio di Antiochia è scritta la meravigliosa frase: «È bello tramontare al mondo per il Signore e risorgere in lui» (ii, 2). Il vescovo martire la scrisse durante il viaggio da oriente verso la terra in cui tramonta il sole, l'occidente. Lì, nel tramonto del martirio, sperava di ricevere il sorgere dell'eternità. Il cammino di Paolo VI è diventato, anno dopo anno, un viaggio sempre più consapevole di testimonianza sopportata, un viaggio nel tramonto della morte, che lo ha chiamato a sé nel giorno della Trasfigurazione del Signore. Affidiamo la sua anima con fiducia nelle mani dell'eterna misericordia di Dio affinché egli diventi per lui aurora di vita eterna. Lasciamo che il suo esempio sia un appello e porti frutto nella nostra anima. E preghiamo affinché il Signore ci mandi ancora un Papa che adempia di nuovo il mandato originario del Signore a Pietro: «Conferma i tuoi fratelli» (Luca, 22, 32).



(©L'Osservatore Romano 21 giugno 2013)

Relatio synodi: nessun consenso sinodale su risposati e omosessuali (Ambrogetti). Naufraga il sinodo dei media?

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Naufraga cosi' il sinodo dei media...speriamo che quello vero, con tutte le contraddizioni che sono emerse, faccia un buon lavoro.
C'e' un articolo "esplosivo" su Repubblica in cui si dice in sostanza che Benedetto XVI avrebbe evitato una sorta di scisma. Aspetto conferme o non smentite della notizia per scrivere cio' che penso :-)
Per ora dico una sola cosa: le rane dalla bocca larga (di ogni schieramento) sono piu' vive che mai...
R.

Oggi la beatificazione di Paolo VI. In Piazza San Pietro anche Benedetto XVI

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Buona domenica a tutti :-)

sabato 18 ottobre 2014

Sinodo, malumori e ostilità tra i prelati (Franco). Quanti pasticci (R.)

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Franco...Franco...Franco...se c'è stato un Papa osteggiato all'interno della chiesa, questi risponde al nome di Ratzinger.
Il sinodo è stato il primo vero banco di prova del pontificato non perché malumori e problemi non ci fossero anche prima, ma perché essi erano sapientemente coperti da una cortina di fumo soprattutto mediatica. Semplicemente telegiornali e giornali presentavano la chiesa come il luogo del profumo di primavera e dell'unità misericordiosa.
Quando il gioco si è fatto duro i più coraggiosi hanno parlato ed altri si sono accodati.
Spezzo una lancia a favore di Kasper: non si è autoaccreditato come il portavoce di Bergoglio visto che e' il teologo tedesco il primo ad avere avuto l'onore di essere citato in un Angelus.

venerdì 17 ottobre 2014

Lo storico discorso di Benedetto XVI alla curia (2005): il Concilio e l'ermeneutica della riforma (YouTube)




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Carissimi amici, la nostra Gemma ci fa un regalo straordinario: il video del discorso di Benedetto XVI alla curia romana il 22 dicembre 2005. Oggi ci soffermiamo sulla seconda parte dell'intervento del Santo Padre, quella che ha fatto storia: la trattazione dell'ermeneutica della riforma nell'interpretazione del Concilio Vaticano II.
L'emeneutica della riforma resta la pietra miliare dell'interpretazione dei testi del Concilio.
Qui il testo integrale.



In particolare:

"L'ultimo evento di quest’anno su cui vorrei soffermarmi in questa occasione è la celebrazione della conclusione del Concilio Vaticano II quarant'anni fa. Tale memoria suscita la domanda: Qual è stato il risultato del Concilio? È stato recepito nel modo giusto? Che cosa, nella recezione del Concilio, è stato buono, che cosa insufficiente o sbagliato? Che cosa resta ancora da fare? Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile, anche non volendo applicare a quanto è avvenuto in questi anni la descrizione che il grande dottore della Chiesa, san Basilio, fa della situazione della Chiesa dopo il Concilio di Nicea: egli la paragona ad una battaglia navale nel buio della tempesta..."

"All'ermeneutica della discontinuità si oppone l'ermeneutica della riforma, come l'hanno presentata dapprima Papa Giovanni XXIII nel suo discorso d'apertura del Concilio l'11 ottobre 1962 e poi Papa Paolo VI nel discorso di conclusione del 7 dicembre 1965. Vorrei qui citare soltanto le parole ben note di Giovanni XXIII, in cui questa ermeneutica viene espressa inequivocabilmente quando dice che il Concilio “vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti”, e continua: “Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell'antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera, che la nostra età esige… È necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo. Una cosa è infatti il deposito della fede, cioè le verità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa è il modo col quale esse sono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata” (S. Oec. Conc. Vat. II Constitutiones Decreta Declarationes, 1974, pp. 863-865). È chiaro che questo impegno di esprimere in modo nuovo una determinata verità esige una nuova riflessione su di essa e un nuovo rapporto vitale con essa; è chiaro pure che la nuova parola può maturare soltanto se nasce da una comprensione consapevole della verità espressa e che, d’altra parte, la riflessione sulla fede esige anche che si viva questa fede. In questo senso il programma proposto da Papa Giovanni XXIII era estremamente esigente, come appunto è esigente la sintesi di fedeltà e dinamica. Ma ovunque questa interpretazione è stata l’orientamento che ha guidato la recezione del Concilio, è cresciuta una nuova vita e sono maturati frutti nuovi. Quarant’anni dopo il Concilio possiamo rilevare che il positivo è più grande e più vivo di quanto non potesse apparire nell’agitazione degli anni intorno al 1968. Oggi vediamo che il seme buono, pur sviluppandosi lentamente, tuttavia cresce, e cresce così anche la nostra profonda gratitudine per l’opera svolta dal Concilio".

Il giovane Ratzinger, il matrimonio e quel «regalo avvelenato» dello stoicismo al cristianesimo (Valente)

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Siamo su un altro pianeta...

La vera storia di questo sinodo. Regista, esecutori, aiuti (Magister)

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Gotterdammerung di teologi al Sinodo. Le "disavventure" di Kasper e Bruno Forte (Tosatti)

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Prima o poi i nodi vengono al pettine ma io non getto la croce addosso a Kasper. Ha avuto l'onore di essere il primo (e forse l'unico?) teologo citato dal nuovo Papa nel suo primo Angelus dopo l'elezione. Non una parola e' uscita dalle alte gerarchie ecclesiastiche per stigmatizzare le frasi sui vescovi africani. A casa mia 2+2 fa ancora 4 e non 5!
Provocazione: anche Joseph Ratzinger e' un teologo. Se avesse pronunciato un decimo delle parole dette da Kasper, sarebbe finito su ogni media mondiale con un'accusa ben precisa. Kasper ne e' immune primo perché e' considerato "progressista" e in secondo luogo perché e' uno dei teorici-teologi della primavera (???) che stiamo vivendo.

Il giorno nero di Kasper. In crisi la "sua" linea al sinodo e incidente diplomatico non da poco...

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Dispiace leggere che l'agenzia Zenit si e' comportata come il sito del vaticano (vi ricordate quando rimosse in tutta fretta la prima intervista di Scalfari al Pontefice?). Ma, si sa, i giornalisti con i fiocchi e controfiocchi non si lasciano prendere alla sprovvista ed ecco che l'autore dell'intervistaEdward Pentin, non solo conferma l'intervista, che Kasper si era affrettato a smentire, ma mette pure l'audio. Clicca qui.
Nel silenzio dei media principali, troppo impegnati a raccogliere le margherite primaverili, il sinodo sta andando alla deriva anche se i cattolici che non hanno internet non lo sanno.

Sinodo, Relazione da rifare (Matzuzzi, Fontana, Cascioli)

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giovedì 16 ottobre 2014

Mentre a Roma si discute, Asia Bibi viene condannata a morte nel silenzio della chiesa

Clicca qui per leggere l'articolo.
Preghiamo per questa nostra coraggiosa sorella condannata a morte nel silenzio della comunità internazionale ma soprattutto della chiesa cattolica.
E' troppo aspettarci una parola? La gerarchia e' a Roma...ne approfitti per un appello.
R.

Sinodo, altra censura, proteste (Tosatti). La chiesa della "grande comunicazione" fa acqua da tutte le parti (R.)

Clicca qui per leggere il commento di Tosatti che ringraziamo di cuore perché se non fosse stato per lui, e per POCHISSIMI altri, non avremmo mai saputo nulla di cio' che accade realmente al sinodo.
Certo che la chiesa della grande comunicazione si sta sgretolando. Al primo VERO dibattito sta mostrando tutta la sua debolezza. A furia di rincorrere l'applauso del mondo si rischiano i fischi di coloro che sono all'interno.

Sinodo, l’ora del Pressing. Sconcerto per le dichiarazioni di Kasper sui vescovi africani (Tosatti)

Clicca qui per leggere il commento.

mercoledì 15 ottobre 2014

E io che pensavo che la Chiesa fosse UNA, santa, cattolica ed apostolica...

Clicca qui per leggere la traduzione di alcune dichiarazioni choccanti del card. Kasper.
Il testo originale si trova qui.
Che illusa...credevo che la chiesa fosse una ed invece, dopo tanti anni, scopro che e' bene che ciascun Paese pensi per sé: noi occidentali non dobbiamo mettere becco nei problemi africani e soprattutto i vescovi africani devono pensare agli affari loro e non parlare troppo!
Anche l'impero romano diventò troppo grande per essere governato da un uomo solo e così si decise di dividerlo...con le conseguenze che sappiamo.
R.

Al Sinodo toni di rottura, incomprensioni teologiche, duro dissenso di idee su peccato e redenzione (De Mattei)

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Dure critiche alla relazione del card. Erdö (Matzuzzi)

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Un sinodo un po' taroccato? (Tosatti). Monumentale

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Gemma.


In particolare:




"La cupola sinodale ha deciso di non rendere pubblici gli interventi dei partecipanti, contro una prassi decennale, la trasparenza e il diritto dei cristiani a sapere; e poi ha deciso di rendere pubblico un documento di lavoro in cui moltissimi non si riconoscono, e in cui le frasi più discutibili e discusse sono con grande probabilità l’espressione di pochi teologi e vescovi. E’ difficile non pensare a un tentativo di guidare e manipolare il treno del Sinodo.


Quando, in seguito alla pubblicazione del documento, si è costretti a fare marcia indietro, e "Voice of the Family", che raggruppa milioni di cattolici in tutto il mondo in quindici diverse organizzazioni lo definisce tout court "un tradimento", e afferma che "Quelli che controllano il Sinodo hanno tradito i genitori cattolici. Il report è uno dei peggiori documenti ufficiali mai redatti nella storia della Chiesa", c’è un problema".

Relatio post disceptationem, la reazione del card. Mueller (La Rocca)

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Il Sinodo si spacca: rischio voto anti-Papa? (Giansoldati)

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Non si sarebbe mai dovuti arrivare a questo punto...

sabato 11 ottobre 2014

Benedetto XVI ai fidanzati di Ancona: Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile (YouTube)




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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo questo intervento bellissimo ed importante di Benedetto XVI in occasione dell'incontro con i giovani fidanzati ad Ancona (11 settembre 2011).
Rileggiamo la trascrizione integrale:


INCONTRO CON I GIOVANI FIDANZATI
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza del Plebiscito, Ancona
Domenica, 11 settembre 2011
Cari fidanzati!
Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Congresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare l’eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto, l’Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contiene l’orizzonte più vero dell’esperienza che state vivendo: l’amore di Cristo quale pienezza dell’amore umano. Ringrazio l’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, per il suo cordiale e profondo saluto, e tutti voi per questa vivace partecipazione; grazie anche per le domande che mi avete rivolto e che io accolgo confidando nella presenza in mezzo a noi del Signore Gesù: Lui solo ha parole di vita eterna, parole di vita per voi e per il vostro futuro!


Quelli che ponete sono interrogativi che, nell’attuale contesto sociale, assumono un peso ancora maggiore. Vorrei offrirvi solo qualche orientamento per una risposta. Per certi aspetti, il nostro è un tempo non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante cose prelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Cana, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assunzione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della società, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di competenze e di creatività della vostra generazione.


Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore.


Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rimanendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza. Dio è buono. Per questo è importante che l’incontro con Dio, soprattutto nella preghiera personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla ci può separare dall’amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fiducia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della famiglia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita.
Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!


Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei importante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammino. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e testimonianza dell’amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vostra vita, testimoniare l’amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità.
Non dimenticate, poi, che, per essere autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a partire dall’attrazione iniziale e dal "sentirsi bene" con l’altro, educatevi a "volere bene" all’altro, a "volere il bene" dell’altro. L’amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro.


Cari amici, ogni amore umano è segno dell’Amore eterno che ci ha creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tempo del fidanzamento nell’attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell’amore rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi reciprocamente, fino a vivere l’uno per l’altro.


Preparatevi a scegliere con convinzione il "per sempre" che connota l’amore: l’indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per "bruciare" l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimonio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società.
Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità vi accompagnano nella formazione: sono segno dell’attenzione e della cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e accogliete per primi la compagnia della Chiesa.


Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l’esperienza dell’amore ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette l’infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al matrimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci insegna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la parola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si muta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Cana, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo dell’Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e trasforma. Non smarrite l’importanza vitale di questo incontro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73). E non avrete, allora, paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo "grande mistero", nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31-32).


Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di Maria Santissima; seguendo l’invito della Vergine Madre – "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" – non vi mancherà il gusto della vera festa e saprete portare il "vino" migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Vorrei dirvi che anch’io sono vicino a voi e a tutti coloro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino di amore. Vi benedico con tutto il cuore!




© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana



Non criticavamo il Papa, ma l’aria malsana di Kasper. Parla Fessio, S.I. (Matzuzzi)

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venerdì 10 ottobre 2014

giovedì 9 ottobre 2014

Diffidare dell’intelligenza è ambiguo, la verità è affidata ai piccoli non agli stupidi (Ferrara)

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Sinodo, disinformazione voluta? Che cosa è successo in aula. Maggioranza contro il teorema Kasper (Tosatti)

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Coraggioso, come sempre, Marco Tosatti. Non posso che condividere la chiosa dell'articolo: " Ma allora perché l’immagine “esterna” appare così diversa? I malpensanti parlano di una tecnica non casuale, per creare un’opinione pubblica e far giungere questo messaggio a tutti i vescovi, i preti, i conventi gli operatori pastorali, per orientarli in una certa direzione. Quella voluta".
E questo spiega come mai i nostri "carissimi" mass media se ne stiano buoni buoni e non abbiano nulla da ridire sul fatto che nulla trapela davvero dal sinodo...fa comodo cosi' a tutti ma una chiesa trasformata in centro di furbizia mediatica non è esattamente cio' che i fedeli si aspettano...
R.

I due sinodi, dentro le mura e fuori (Magister)

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mercoledì 8 ottobre 2014

Quale futuro per la Chiesa di Roma dopo questo sinodo? Interessante riflessione di Corrado Ocone (R.)

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Non condivido tutte le considerazioni dell'Autore ma c'è una parte che sottoscrivo e della cui fondatezza sono stata e sono sempre più convinta:


"Il cristianesimo come religione del tempo storico è inevitabilmente destinato a sciogliersi nella storia, che è e rimane fondamentalmente storia cristiana: irrorata dai valori del cristianesimo.
Per cui il destino della Chiesa cattolica, il suo vero dramma, che non è proprio di nessun'altra religione o chiesa, è di aver generato al suo interno, dai suoi valori cristiani, ciò che oggi tende a renderla inattuale: se il cristianesimo diventa l'orizzonte valoriale accreditato, e se cristianesimo significa anteporre il valore della coscienza personale ad ogni norma esteriore, che senso, se non storico e contingente, possono avere queste ultime e l'istituzione che dovrebbe farsene garante? Certo, la Chiesa di Roma potrebbe sempre riproporsi come un'agenzia etica generale, una sorta di Onu della morale.

E non c'è dubbio che molti aspetti del papato di Bergoglio, quelli che più piacciono ai laici, tendono in questa direzione, fra l'altro popolare e di successo. Soprattutto se strizza l'occhio a quel pensiero 'politicamente corretto' e vagamente progressista che è oggi, a livello di comunicazione, dominante (il main stream) o 'spirito del tempo'.
Ma ha un senso tutto ciò? Non è troppo riduttivo? Non rischia di essere legato a vicessitudini storiche imponderabili'?"


D'accordissimo con queste considerazioni.
Il dramma della chiesa cattolica dei nostri giorni è proprio questo: volere rincorrere a tutti i costi il linguaggio del mondo dimenticandosi che la Chiesa (maiuscolo) è nel mondo ma non è del mondo.
La storia cambia in continuazione: ciò che oggi è attualissimo, domani sarà "passatissimo", come disse Benedetto XVI in una memorabile udienza generale.
Che cosa farà la chiesa? Rincorrerà i tempi per non restare indietro? E se la storia dovesse tornare sui propri passi riconoscendo certi errori?
Il rischio di trasformare la chiesa in una qualunque agenzia etica è sempre più evidente e venerdì la prova potrebbe diventare cosi' evidente da essere, per usare un eufemismo, imbarazzante.
R.

Sinodo, comandano gli «amici del mondo» (Matzuzzi)

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Sinodo: non giudizio ma verità (Ambrogetti). Continua la blindatura dell'Assemblea (Raffaella)

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Immaginiamo i fulmini, le saette e gli insulti che i media avrebbero gettato addosso a Papa Benedetto se i sinodi da lui convocati si fossero distinti per una simile blindatura...

Dal conclave al sinodo. È sempre discordia tra i cardinali ambrosiani (Magister)

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