lunedì 8 aprile 2013

Benedetto XVI, la fisionomia di un autentico "uomo di Chiesa". Il commento di Ettore Penza

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

LA FISIONOMIA DI UN AUTENTICO “UOMO DI CHIESA”

Ettore Penza

“Un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore”. 
Con queste parole, «dopo il grande Papa Giovanni Paolo II» si era presentato al mondo il timido Joseph Ratzinger che con il suo passo felpato, si era inserito nel cammino dell’amato predecessore. Fin da subito mi aveva colpito la comunione e la continuità con il suo predecessore. In lui non vi era alcuna volontà di imporsi fin da subito come il nuovo “Sommo Pontefice”ma il desiderio di continuare ad essere un semplice servitore della vigna, chiamato a condurre la barca di Pietro al seguito di quella lunga catena di pastori che hanno guidato la Chiesa lungo i secoli. Guardando alla sua vita non possiamo fare altro che riconoscere la semplicità e l’umiltà di un uomo che certamente è stato chiamato a responsabilità grandi, a ruoli che possono apparire prestigiosi anche nella Chiesa. 
Tuttavia il ruolo e le grandi responsabilità non lo hanno mai insuperbito. Soprattutto non ha mai inseguito il successo e la carriera. Egli è rimasto sempre se stesso, il piccolo Joseph. Quando Joseph Ratzinger apparve per la prima volta dalla loggia centrale della basilica di S. Pietro  ci aveva anticipato che lo consolava «il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti». È così, lo scorso 11 febbraio, ha riconosciuto l’insufficienza delle sue forze davanti alla situazione della Chiesa e ha lasciato ad altri il timone. Non nascondo che davanti alla scioccante decisione di Benedetto XVI di abdicare ho provato sentimenti contrastanti. Inizialmente smarrimento e tristezza, che hanno lasciato poi il posto alla ragionevole comprensione, davanti ad una scelta che ad ogni modo, richiede all’intera compagine ecclesiale di essere metabolizzata, attraverso la riflessione e l’interiorizzazione. Una decisione che il Santo Padre (emerito) ha maturato in un clima di preghiera, sotto la luce di Dio. Presto la tristezza ha lasciato spazio ad una profonda gratitudine ripensando a quanto Dio mi ha donato attraverso la vita, l’esempio, e l’insegnamento di Benedetto XVI. La mia vocazione è da sempre legata alla persona del Papa. Non per fanatico papismo ma per grazia, perché il Signore mi ha parlato attraverso l’ultimo tratto della testimonianza sofferta di Giovanni Paolo II  come anche mediante la predicazione e la testimonianza di Benedetto XVI. Sebbene la persona del Papa sia un riferimento necessario per la fede di un cattolico a prescindere dalla persona chiamata ad assumere questo servizio in un dato momento della storia, devo però riconoscere che è un legame spirituale intenso quello che si è creato tra me e Benedetto XVI. Non so se sono in grado di spiegarlo bene. 
È come se vi fosse un amicizia, una conoscenza, una sintonia spirituale che ci precedeva. Spesso nella preghiera e nella meditazione personale leggendo le sue parole ho avvertito una grande vicinanza, come se egli avesse ben presente la mia situazione. Mi sono sentito realmente accompagnato nel cammino di fede e vocazionale È un po’ forse quello che dice Gesù nel Vangelo: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14). Questo è stato il rapporto tra me e Joseph Ratzinger una profonda e intima comunione. Certamente questo è accaduto perché attraverso la sua parola, il suo pensiero  e la sua fede ho trovato sostegno  in un momento della mia vita in cui le domande erano tante e la ricerca di senso, molto forte. Vorrei ora condividere i frutti di questa “amicizia spirituale”. Il suo lascito, la sua eredità è molto ricca!
L’amore per la Verità che salva. Proprio mentre Joseph Ratzinger diventava Papa, in me cresceva un desiderio di fare chiarezza in merito alla fede, desideravo andare più in profondità e non rimanere in superficie. La scoperta  di tante immagini  distorte su Dio e sulla Chiesa hanno fatto sorgere in me questo esigenza. L’esigenza di non accontentarmi dell’opinione dominante o della verità a buon mercato e “per sentito dire”, ma di coinvolgermi in prima persona e più direttamente con l’essenza della fede. La scoperta della persona di Joseph Ratzinger avviene proprio nel 2005 qualche giorno prima della sua elezione. In famiglia abbiamo sempre seguito con intensa partecipazione la via crucis al Colosseo del Papa. Quell’anno le meditazioni erano proprio del Card Ratzinger. Rimasi colpito dalla descrizione circa la situazione della Chiesa:«Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!». Da queste sue parole emergeva un bilancio drammatico . Al tempo stesso però si poteva cogliere una  fede incrollabile in Cristo! «Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi.» Quel cardinale mi aveva profondamente colpito.  La sua fede mi aveva conquistato. Mi diceva che Il peccato e lo scandalo nella Chiesa non hanno l’ultima parola anche quando possono costituire un ostacolo per la fede. La verità e l’amore di Cristo restano il fondamento inattaccabile. Si può dire che attraverso quelle riflessioni conobbi per la prima volta il futuro papa.
Una mite fermezza e una chiara concezione del ministero. Fin da subito sono rimasto affascinato dal tratto mite, umile, direi quasi timido di Benedetto XVI. Tuttavia non è mai venuta meno la sua chiarezza e fermezza quando si trattava della fede in Gesù. Mi ha conquistato la sua concezione del ministero. Per lui il sacerdote non annuncia opinioni personali, bensì è un messo, è chiamato all’espropriazione di se stesso, è chiamato ad aprire il proprio “io” per far entrare il “Tu” di Cristo. A partire da questo amore per Gesù non si può non amare la Chiesa che non può tollerare la confusione, il relativismo e neanche pastori remissivi tiepidi o indifferenti nella fede. Alla chiusura dell’anno sacerdotale in piazza San Pietro così il Papa si rivolgeva a migliaia di sacerdoti: «il pastore ha bisogno del bastone contro le bestie selvatiche che vogliono irrompere tra il gregge; contro i briganti che cercano il loro bottino. Accanto al bastone c’è il vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili. Ambedue le cose rientrano anche nel ministero della Chiesa, nel ministero del sacerdote. Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti. Proprio l’uso del bastone può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede. Come se non fosse più dono di Dio, la perla preziosa che non ci lasciamo strappare via. Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di nuovo diventare il vincastro del pastore – vincastro che aiuti gli uomini a poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore».Un amore dunque, che contempla la misericordia ma che non autorizza a soprassedere sulla Verità, semmai per dirla con Sant’Agostino una «Caritas in Veritate».
Il coraggio di apparire perdenti e fuori moda. Se Giovanni Paolo II con la sua testimonianza sofferta mi ha aperto alla novità di Gesù, Benedetto XVI mi ha condotto ad un ulteriore passo. Tutto il suo pontificato sembra dire “Spalanca le porte a Cristo! Lascialo entrare! Ma ricordati che sei tu che devi lasciarti trasformare da Lui, guardati bene dall’entrare in compromessi quando la tua amicizia con Gesù ti mette davanti a scelte coraggiose e contro-corrente”. La libertà di Ratzinger mi ha sempre affascinato. La sua vita ci da prova di questa grande libertà di spirito. Dal 1981 al 2005 è il“Custode della fede” un compito di grande responsabilità, ma anche piuttosto impopolare. La sua fedeltà alla verità di Cristo gli è costata cara in termini di immagine è popolarità. Ma il successo non è stato mai la misura del suo lavoro. L’unico interesse? L’amore per la fede dei semplici, che non deve essere ingannata! Ammirabile il suo coraggio nel difenderla da i mistificatori e dai mercenari, da far propria l’umile consapevolezza che la fede va servita e non si può mercanteggiare con essa perché non è nostra, la fede non si può mettere ai voti, non si può esporre alla mercé di chiunque, perché non ne siamo noi i padroni. Di questo Joseph Ratzinger ne è convinto fino in fondo e questa convinzione è parte della sua eredità.
Una viva consapevolezza: noi non siamo la verità! Se la fede non è nostra vuol dire che non possiamo trattarla con arroganza occorre accoglierla, comprenderla, e per fare questo bisogna camminare. Ratzinger è sempre rimasto in cammino. Anche da Papa. Lo abbiamo sentito dalle sue parole anche quando ha deciso di ritirarsi “nascosto al mondo” come semplice pellegrino. In fondo questo è sempre stato Ratzinger un semplice “pellegrino” lo ricordava la conchiglia nel suo stemma. La conchiglia rimandava ad una leggenda riferita a sant’Agostino che passeggiando sul lungo mare incontra un bambino un po’ ingenuo che usando una conchiglia era tutto intento a riversare le acque dell’oceano all’interno di una buca. Il Santo riflette guardando il bambino e comprende che la mente umana è “limitata”proprio come quella buca nella sabbia. La ragione umana per quanti sforzi possa fare non potrà mai comprendere totalmente il mistero di Dio. Ratzinger nel suo ministero è sempre rimasto in cammino dietro al Signore. Questa sua umiltà nonostante la sua sapienza di vero teologo è disarmante!
La fisionomia dell’autentico “uomo di Chiesa”. Henry De Lubac, uno dei grandi teologi del novecento, in una sua opera intitolata “Meditazione sulla Chiesa” dedica un capitolo alla descrizione del vero uomo di Chiesa. L’autore così dice: «la Chiesa ha rapito il suo cuore. È la sua patria spirituale.[…] Nulla di ciò che la tocca lo lascia indifferente o insensibile. Egli si radica in essa, si forma a sua immagine, s’inserisce nella sua esperienza, si sente ricco delle sue ricchezze. […]. Uomo della Chiesa, egli ne ama il passato, ne medita la storia, ne venera e ne esplora la Tradizione. Si guarda dal confondere l’ortodossia o la fermezza dottrinale con la grettezza e la pigrizia mentale e si ricorda che uno dei suoi compiti è di illustrare agli uomini del suo tempo le cose necessarie alla salvezza. Ha grande cura di non lasciare che una idea strana prenda a poco a poco il posto della persona di Gesù Cristo. […]Quando non può impedire la polemica, non si lascia per lo meno inasprire da essa, e le manovre di coloro che san Paolo chiamava già i “falsi fratelli” non lo inducono a ricorrere alle stesse armi[…]. Tutto il suo comportamento dà a vedere che lo spirito fortificante che ha ricevuto è nello stesso tempo spirito di amore e di  sobrietà[…]. Egli soffre dei mali interni della Chiesa[...]. Vorrebbe sempre che in tutti i suoi figli la chiesa celebrasse una Pasqua di sincerità e di verità[…]. Non è un fanatico del passato, si sforza piuttosto di discernere gli spiriti[…]. L’uomo di Chiesa rimane sempre aperto alla speranza. L’orizzonte per lui, non è mai chiuso […]. Non si stupisce di dovere talvolta seminare nelle lacrime». Rileggendo queste parole, che sono tratte da un capitolo molto più lungo, non ho potuto fare a meno di rivederle “incarnate” nella profilo e nel ministero di Benedetto XVI. Anche questo appartiene all’eredità che mi lascia il Papa (emerito). Lui è un vero uomo di Chiesa perché l’ha amata anche quando la più grande persecuzione alla Chiesa e al Papa non veniva dai nemici fuori, ma dai nemici dentro la Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa (parole sue!). Un amore, il suo, che lo ha condotto ad attraversare la via impopolare della purificazione, a differenza di altri che volevano salvare “l’istituzione”!
Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell'era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione. Condivido l’analisi di Peter Seewald Il quale osserva giustamente che non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Poteva andar via suonando le trombe davanti a sé e invece no! Ci ha lasciato una eredità impegnativa. «Con quell’ultima liturgia penitenziale voleva dire disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro». Il Papa non esiste per se stesso, esiste per la Chiesa di Cristo. Il Papa va ascoltato sostenuto a accompagnato nel ministero chiunque esso sia. Non possiamo lasciarlo solo. Noi tutti insieme in forza della comunione che ci lega al Signore e al suo Vicario, possiamo rendere bello il volto della Chiesa, ricordandoci, che non c’è vera riforma nella Chiesa senza conversione personale.

4 commenti:

laura ha detto...

Condivido tutto, ma la tristezza resta, almeno in me. Mi mancano moltissimo le Sue parole e la Sua voce... Nesuno potrà mai sotituirlo, neppre se entrasse in punta di piedi come ha fatto lu. Se poi, butta giù tutto, come sta accadendo, mi sento molto male e mi sembra che sia una prosecuzione del massacro a cui è stato sottoposto durante tutto il Suo straordinario pontificato.

Anonimo ha detto...

Nessuno potrà mai sostituirlo perchè nessuno mai sarà come lui,unico in tutti i sensi,manca tanto anche a me e questo articolo mi ha ulteriormente fatto capire quanto conta ancora per me,non riuscirò mai a dimenticarlo....vorrei solo,se possibile,sapere come sta e se si è ripreso un po',io prego mattina e sera per lui,sperando che arrivino a destinazione, non essendo io un modello di buon cattolico,ma perlomeno mi sforzo...GR2

FrancescaR ha detto...

Grazie Ettore! Non potevi esprimere con parole migliori quello che è stato, che è e che sarà il nostro amato Papa Benedetto... Condivido i tuoi pensieri... e prego perchè DAVVERO come dici tu il suo successore segua le sue orme...

Anonimo ha detto...

Manca tantissimo....è la realtà.... Lui e Giovanni P. Secondo sono i miei due pilastri...grazie di tutto...speriamo di rivederlo presto