PAPA: SCEGLIERA' MODELLO GRANDE DIOCESI PER RIFORMARE LA CURIA?
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 22 apr.
Sulla base della sua esperienza di arcivescovo di una grande diocesi, Papa Francesco potrebbe uniformare la Curia Romana allo schema che vige in molte curie diocesane istituendo la figura del "moderator curiae", cioe' individuando un prelato - a Buenos Aires, a Milano e al Vicariato di Roma e' un semplice prete e non un vescovo ausiliare - che si occupi di facilitare le comunicazioni tra gli uffici, snellendone il lavoro. A lanciare l'idea e' il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi gia' ausiliare (ed erede morale) del cardinale Carlo Maria Martini (come si e' visto in Conclave, nel quale e' stato l'italiano piu' votato).
A Buenos Aires vi e' un "segretario generale" della diocesi (monsignor Fernando R. Rissotto), al Vicariato di Roma un "prelato segretario" (monsignor Paolo Mancini) e a Milano un "moderator curiae" (monsignor Bruno Marinoni che e' anche vicario episcopale).
Personalita' dunque non dotate di dignita' episcopale ne' di specifici poteri, ma piuttosto figure di servizio. Nell'ipotesi di Coccopalmerio - che ne ha parlato in un'intervista al Corriere della Sera - anche il Pontefice dovrebbe dotarsi di un collaboratore del genere: un ecclesiastico che dovrebbe collocarsi accanto al Segretario di Stato, in stretta unione con lui, ma diversa dal Segretario di Stato che "e' una figura rivolta all'esterno", in quanto "si occupa dei problemi della Chiesa universale a fianco del Pontefice". Il compito del "moderator" sarebbe invece "limitato alla Curia romana, perche' funzioni al meglio".
"Il concetto di fondo - sottolinea Coccopalmerio - e' che il Papa, per governare la Chiesa, deve compiere una serie di attivita': ad esempio, scegliere i vescovi, intessere le relazioni ecumeniche, occuparsi dei consacrati o della famiglia o dei seminari e cosi' via. Il Papa ha moltissime cose da fare e tutte diverse tra di loro. Deve essere aiutato da persone competenti e spiritualmente all'altezza. Ecco, i dicasteri della Curia nascono per questo". (Per Coccopalmerio "quindi e' essenziale che ci sia un rapporto costante tra il pontefice e i dicasteri". "E' altrettanto essenziale - afferma - che i capi dicastero si incontrino di frequente tra di loro, alla presenza o meno del Papa: per avere una visione comune di cio' che si sta facendo". Circolano in realta' diverse ipotesi su come sara' la Riforma della Curia che Papa Francesco ha ufficializzato due settimane fa di voler realizzare e che di fatto ha avviato gia' in concreto nominando il gruppo degli 8 cardinali che dovranno consigliarlo nel governo della Chiesa Universale. Alcune idee sembrano un po' troppo costruite su misura dell'uno o dell'altro cardinale di Curia che non vuol cedere nulla del proporio potere o aspira magari a crescere ancora. E' noto pero' che la linea sara' quella di una semplificazione anche in nome di una maggiore sobrieta'.
L'ultimo Concistoro di Benedetto XVI, con le porpore tutte destinate alle chiese locali, indica poi una linea di tendenza che Francesco sembra voler assecondare: i grandi elettori del Papa - questo sono i cardinali - debbono rappresentare le comunita' cristiane di tutto il mondo. Insomma e' ipotizzabile che non aumenteranno ma diminuiranno le caselle dell'organigramma curiale, procedendo all'accorpamento di alcuni dicasteri (in particolare dei Pontifici Consigli, come all'inizio del Pontificato aveva iniziato a fare Ratzinger unificando il diocastero dei migranti e quello di giustizia e pace, e quello dei non cristiani con la cultura). Nella stessa direzione andrebbe anche la riorganizzazione dei dicasteri economici (Apsa e Prefettura) che potrebbero diventare sezioni della Segreteria di Stato, a sua volta unificata con il Governatorato della Citta' del Vaticano, che non e' un dicastero di Curia ma ad essa fornisce i supporti orgasnizzativi e logistici.
In sostanza, cosi' ci sarebbe un solo cardinale invece dei quattro attuali (Bertone, Bertello, Versaldi e Calcagno) e la Segreteria di Stato avrebbe 3 o 4 sezioni invece delle due attuali (quella degli affari generali affidata al sostituto Becciu e quella per i rapporti con gli Stati affidata a Mamberti). Alla fine dei "giochi" ci sarebbero cosi' una decina di capi dicastero in meno. La difficolta' maggiore - se davvero Papa Francesco seguisse questo schema - sara' pero' quella di cosa fare con i "cardinali eccedenti". Tre sono i precedenti che potrebbero aiutarlo: nel 1973 Paolo VI prepensiono' il cardinale 65enne Paolo Bertoli che rimase senza incarico; nel 2006 Benedetto XVI trasferi' il cardinale Crescenzio Sepe dalla Congregazione dell'Evangelizzazione dei popoli alla guida della diocesi di Napoli e il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo con i non cristiani, monsignor Michael Fitzgerald, alla nunziatura del Cairo.
E' noto che Benedetto XVI dopo la celebrazione del mercoledi' delle ceneri, con la drammatica denuncia delle "divisioni che deturpano il volto della Chiesa", aveva confidato ad alcuni cardinali che il suo cruccio maggiore nel lasciare il Pontificato era proprio il fatto di non aver potuto completare la Riforma della Curia avviata da Paolo VI nella direzione di una maggiore sobrieta' ed efficienza. Su questi stessi temi e' intervenuto oggi alla Radio Vaticana anche il cardinale arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx, ricordando che nelle Congregazioni Generali che hanno preceduto il Conclave, "il tema della riforma della Curia e' stato presente". L'arcivescovo, secondo successore di Joseph Ratzinger sulla Cattedra di San Corbiniano, dice di essere pero' rimasto sorpreso dal fatto di essere stato ineserito da Papa Francesco nel gruppo di lavoro che dovra' affiancarlo per consigliarlo sul governo della Chiesa Universale: "l'iniziativa, di per se', non stupisce, ma che questo mi riguardasse di persona e che avvenisse cosi' in fretta, si', mi ha un poco stupito", confida. Per il cardinale Marx, comunque, "e' chiara l'intenzione di Frqancesco di rendere presente tutto il mondo, i vari continenti e anche i rappresentanti di diverse organizzazioni". E cio' anche se "il riferimento non e' strettamente alle Conferenze episcopali o ai loro presidenti". "Il Papa - osserva - e' libero e ha deciso liberamente. Sono stati comunque convocati vescovi di grandi diocesi, che hanno quindi una sicura esperienza di amministrazione". "Questo - spiega - e' certamente un elemento: rappresentare la molteplicita' delle Chiese locali e dei continenti, e anche includere vescovi che forse, grazie alla loro responsabilita' pastorale, hanno gia' una certa esperienza". Il desiderio di molti cardinali, aggiunge Marx, era che "dopo il Conclave, ritornando alle nostre diocesi non lasciassimo il Papa da solo: siamo cardinali, lo abbiamo eletto, e dobbiamo ora essere pronti ad aiutarlo. Non avevo pero' in mente che la cosa sarebbe diventata cosi' concreta. Tuttavia questo e' logico quando ci si trova ad avere una carica come quella del cardinalato e si prende parte al Conclave: cioe' l'essere pronti ad aiutare il Papa, se lo desidera, ed esserne consiglieri, se lo desidera. Naturalmente questo, in qualche modo, mi onora. Ma e' anche - conclude il porporato bavarese - un segno che egli intende che questo gruppo abbia una portata universale. A mio parere, questo e' un segno positivo".
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