martedì 30 aprile 2013

Benedetto XVI: Conversione è andare controcorrente, dove la “corrente” è lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Cristo Gesù

Clicca qui per rileggere il testo della catechesi pronunciata da Benedetto XVI nel febbraio 2010.

Lombardi: Benedetto XVI è un uomo anziano, ma riguardo alla sua salute non ci sono da segnalare particolari patologie (Izzo)

VATICANO: LOMBARDI, IL PAPA EMERITO E' ANZIANO MA STA BENE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 apr. - "Benedetto XVI è un uomo anziano, ma riguardo alla sua salute non ci sono da segnalare particolari patologie". Lo ha affermato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, rispondendo a domande dei giornalisti. Il gesuita ha confermato che il Papa Emerito rientrera' giovedi' pomeriggio in Vaticano, "dove sara' accolto all'eliporto con grande considerazione", ha detto senza precisare se ci sara' il successore. (AGI)

Joseph Ratzinger ed Erik Peterson. Così diversi e così vicini (Thomas Söding)

Joseph Ratzinger ed Erik Peterson

Così diversi e così vicini


di Thomas Söding*


L'incontro di Joseph Ratzinger con Erik Peterson è sorprendente. Gli elementi di contrapposizione biografica e teologica non potrebbero esser maggiori. L'uno proviene dalla Germania settentrionale, l'altro da quella meridionale. 

L'uno è stato battezzato in una comunità evangelica, l'altro nella Chiesa cattolica. L'uno è stato educato in un clima talmente liberale da doversi poi letteralmente spianare un proprio itinerario per aver accesso al mondo della fede; l'altro crebbe invece profondamente imbevuto dalla viva pietà popolare cattolica, sì da poterne attingere per tutta la sua vita. In ambito scientifico l'uno ha perseguito una sua fama come esegeta e patrologo, l'altro invece come dogmatico e teologo fondamentale.
Questi elementi di contrapposizione hanno però radici ben più profonde: a dividere i due è lo spazio di una generazione, con tutti i suoi drammi. L'uno si è convertito al cattolicesimo in un'epoca caratterizzata dai cosiddetti pontificati piani (di Pio XI e Pio XII), l'altro ha lasciato una sua documentabile traccia nei testi del concilio Vaticano II.
A rendere tuttavia particolarmente incisiva tale contrapposizione è la diversità delle posizioni occupate nella Chiesa. Per riprendere il termine utilizzato da Giancarlo Caronello nel titolo del volume dedicato al simposio del 2010, Peterson è un outsider. Joseph Ratzinger è invece decisamente un insider. 
Peterson è uno spirito mosso dall'inquietudine, Ratzinger è invece un esteta, un contemplativo; entrambi hanno però criticato in termini costruttivi la teologia del proprio tempo: Peterson quella evangelica, Ratzinger quella cattolica. 
Peterson ha scritto un'ecclesiologia dominata dalla prospettiva escatologica, Ratzinger invece un'ecclesiologia che vive di un'anima eucaristica. A prevalere nell'opera di Peterson è la prospettiva apocalittica, connotata in particolare dalla categoria della riserva escatologica; in quella di Ratzinger prevale invece l'elemento giovanneo in cui convergono in forma simbiotica la presenza della salvezza e il suo futuro.
Probabilmente sono state proprio le differenze qui rapidamente accennate a destare l'interesse di Joseph Ratzinger per Erik Peterson.
Nel discorso tenuto da Ratzinger durante l'udienza dell'ottobre 2010 sono chiaramente avvertibili due plessi tematici: la Sacra Scrittura e la Chiesa cattolica -- o più esattamente: il rapporto di reciproco scambio che sussiste tra queste due grandezze. Tale legame indica allora la necessità di leggere la Sacra Scrittura nella Chiesa? E che cosa significa leggere la Sacra Scrittura “nella Chiesa”?
Entrambi questi interrogativi rappresentano le pietre miliari di un itinerario che ha progressivamente indotto Ratzinger a individuare col tempo il nucleo centrale della sua teologia. È in ragione della significatività del nesso indicato che egli, nel lavorare alla sua tesi di dottorato e a quella di libera docenza, non s'è lasciato attrarre dall'orbita di quella teologia moderna che stava perseguendo l'obiettivo di battezzare l'idealismo tedesco e di riformare la neoscolastica. S'è rivolto invece ad Agostino e a Bonaventura, che nel loro tempo e con i loro mezzi furono in grado di armonizzare il principio cattolico della Tradizione con il cattolico principio della Scrittura. In forza d'entrambi questi principi ha potuto recepire nei suoi Elementi di teologia fondamentale lo et et del concilio di Trento contrapponendolo sia al partim partim della seconda scolastica affermatasi con la Controriforma, sia contro il totus totus del rinnovamento teologico impostosi prima del Vaticano II. Ha saputo rendere produttiva l'armonizzazione di questi due principi, sì da farne -- in ultima analisi -- il fondamento posto alla base della sua trilogia su Gesù.
Va tenuto d'altronde presente che la relazione tra Scrittura e Chiesa rappresenta anche per Erik Peterson la questione fondamentale da lui focalizzata nel suo dialogo con Adolf von Harnack. Benedetto XVI riferi-sce che nel 1951, da giovane cappellano della parrocchia di Bogenhausen a Monaco, ricevette da Heinrich Wild, il direttore editoriale della casa editrice cattolica Kösel, il volume dei Trattati teologici di Peterson, appena pubblicato. E ricorda con commovente chiarezza: «Lo lessi con curiosità crescente e mi lasciai davvero appassionare da questo libro, perché lì c'era la teologia che cercavo: una teologia che impiega tutta la serietà storica per comprendere e studiare i testi (...) e che non li lascia rimanere nel passato, ma che, nella sua investigazione, partecipa all'autosuperamento della lettera (...) e così viene in contatto con Colui dal quale la teologia stessa proviene: con il Dio vivente».
Nel volume che riporta il discorso di Benedetto XVI vengono pubblicate anche alcune lettere inedite di Peterson ad Harnack. Il resto del carteggio, precedentemente pubblicato (1932) e ripreso nei Trattati teologici (1951), ha destato il particolare interesse di Joseph Ratzinger. Alcuni studiosi ritengono che la pubblicazione della prima parte del carteggio abbia svolto una funzione di auto-apologia del convertito Peterson. Esso esprime comunque una chiara presa di posizione nei confronti della teologia liberale che svolgeva allora un ruolo predominante -- oggi peraltro in gran parte ripreso. La parte del carteggio pubblicata da Peterson documenta il tentativo di individuare alcune certezze sul cammino del tutto ancora incerto verso la Chiesa cattolica. Essa prova inoltre l'obbligo avvertito da Peterson di acquisire come parametrico il significato della Sacra Scrittura, senza peraltro lasciarsi in tal modo irretire nei legacci del biblicismo.
Ad affascinare Peterson fu la chiarezza con cui Harnack traeva una conseguenza ermeneutica a partire dalla valorizzazione del metodo storico-critico: la dissoluzione del principio della sola scriptura. Peterson ne riferisce citando Harnack stesso: «Il fatto che il cosiddetto “principio formale” del primo protestantesimo sia insostituibile sul piano critico e che, in confronto, quello cattolico sia migliore sul piano formale è un truismo». Ad irritare Peterson nella posizione di Harnack era la noncuranza con cui egli tentava di rimuovere questa contraddizione di fondo per riaffermare in tal modo l'esclusiva natura fondativa del principio soggettivo della coscienza.
Lo impressionava poi la circostanza che Harnack facesse tutto ciò in aperta contraddizione con i risultati acquisiti dalla sua ricerca storica: senza il riferimento alla Chiesa, entro cui si era sviluppato il Nuovo Testamento (che «comprende le fonti migliori») sarebbe venuta a mancare ogni possibilità di fornire alla richiesta della libertà di coscienza l'elemento teologico fondativo, capace di garantirla.
Nell'epistolario Peterson non fa però sua unicamente la posizione di colui che da Newecomer assilla l'accademica «Eccellenza» (è questo il titolo con cui si rivolge ad Harnack) a formulare tali concessioni; è anche colui che prende una posizione ermeneutica cattolica in ragione sia del consapevole nesso instaurato con la tradizione, sia della modernità della correlazione. Questa presa di posizione è particolarmente significativa poiché si è sviluppata all'interno di un confronto tra teologi evangelici, non a partire dalla critica della neoscolastica -- e poiché questo confronto intraconfessionale venne allora articolato rispetto sia alla teologia liberale, sia a quella pietistica e a quella dialettica.
È a partire da questo punto che il dialogo può essere oggi ripreso e approfondito -- tenendo presente sia il confronto (peraltro mai maturato in un incontro personale) di Joseph Ratzinger con Erik Peterson, sia la necessità che la teologia in quanto tale si misuri con l'opera di Benedetto XVI. 
Questo dialogo può essere fruttuoso ove si tenga peraltro presente che Harnack ha sottoposto a critica non solo il principio protestante della sola Scriptura, ma anche quello cattolico della Tradizione: a suo avviso, quest'ultimo avrebbe devastato «sul piano materiale la storia» in forme più gravi di quanto non l'avesse fatto il principio della sola scriptura; come egli stesso afferma per inciso, l'avrebbe fatto «sia in quanto pianta selvaggia, sia in quanto giardino curato dalle forbici del magistero». In effetti una cosa è analizzare le debolezze del principio della sola Scriptura, un'altra è elaborare un'alternativa che tenga adeguatamente conto della critica protestante. Harnack, radicato com'è nell'Ottocento, si esprime in toni accentuatamente moderni. L'ermeneutica cattolica rischierebbe di racchiudersi in un ghetto intellettuale se non sottoponesse a una valutazione costruttiva la critica radicale cui egli sottopone ogni autorità estrinseca in materia di questioni di fede -- investano esse la Scrittura, la Tradizione o il Magistero.

*Università di Bochum


(©L'Osservatore Romano 1° maggio 2013)

Monsignor Becciu frena su Ior e riforma della curia. Mons. Semeraro: quando Francesco ha chiamato per la nomina non avevamo capito chi era (Izzo)

PAPA: MONSIGNOR BECCIU FRENA SU IOR E RIFORMA DELLA CURIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 apr. 

Per il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Angelo Becciu, "e' prematuro avanzare qualsiasi ipotesi circa il futuro assetto della Curia Romana". 
Infatti, secondo quanto affermato da Becciu all'Osservatore Romano, "il Papa sta ascoltando tutti" e si riserva di decidere piu' avanti. In particolare, l'arcivescovo sardo ha tenuto a chiarire che "Papa Francesco e' sorpreso per frasi sullo Ior attribuitegli ma mai pronunciate e che travisano il suo pensiero".
 "Il Papa - ha rilevato il numero due della Segreteria di Stato - non ha ancora incontrato il gruppo di consiglieri che si e' scelto e gia' i consigli piovono. 
Dopo avere parlato con il Santo Padre, posso dire che in questo momento e' assolutamente prematuro avanzare qualsiasi ipotesi circa il futuro assetto della Curia. Papa Francesco sta ascoltando tutti, ma in primo luogo vorra' ascoltare chi ha scelto come consiglieri. Successivamente si impostera' un progetto di riforma della Pastor bonus, che ovviamente dovra' percorrere un suo iter".
Riguardo allo Ior, ha aggiunto il prelato, "l'unico cenno in merito - fatto da Papa Francesco - e' stato durante una breve omelia a Santa Marta, fatta a braccio, in cui ha ricordato in modo appassionato come l'essenza della Chiesa consista in una storia di amore tra Dio e gli uomini, e come le varie strutture umane, tra cui lo Ior, siano meno importanti. Il riferimento e' stato un cenno di battuta, motivato dalla presenza alla messa di alcuni dipendenti dell'Istituto, nel contesto di un serio invito a non perdere mai di vista l'essenzialita' della Chiesa".
In realta' Becciu stesso ammette di non saper nemmeno prevedere i tempi con i quali Papa Francesco varera' le annunciate riforme. 
"Il Papa - ha spiegato - ha chiesto a tutti noi, responsabili dei dicasteri, di continuare nel nostro servizio, senza pero' voler procedere, per il momento, ad alcuna conferma negli incarichi. Lo stesso vale per i membri delle Congregazioni e dei Pontifici Consigli: il normale ciclo di conferme o nomine, che si verificano alla scadenza dei mandati quinquennali, e' per il momento sospeso, e tutti continuano nel proprio incarico 'sino a nuova disposizione' (donec aliter provideatur). 
Cio' indica la volonta' del Santo Padre di prendere il tempo necessario di riflessione, e di preghiera, non dovremmo dimenticarlo, per avere un quadro approfondito della situazione".
In ogni caso, il gruppo di lavoro degli otto cardinali anche se ha funzioni solo consultive rappresenta gia' di per se' una profonda innovazione: infatti, ha tenuto a chiarire Becciu, "la funzione del consigliare va interpretata in chiave teologica: in un'ottica mondana dovremmo dire che un consiglio senza potere deliberativo e' irrilevante, ma cio' significherebbe equiparare la Chiesa a un'azienda. Invece, teologicamente il consigliare ha una funzione di assoluto rilievo: aiutare il superiore nell'opera del discernimento, nel comprendere cioe' quello che lo Spirito chiede alla Chiesa in un preciso momento storico. Senza questo riferimento, del resto, non si capirebbe nulla nemmeno del significato autentico dell'azione di governo nella Chiesa".
Personalmente, ha poi concluso Becciu, "ho potuto collaborare da vicino con Papa Benedetto, ora sto continuando il mio servizio con Papa Francesco. Naturalmente ciascuno ha la propria personalita', il proprio stile, e mi sento davvero un privilegiato per questo stretto contatto con due uomini interamente dediti al bene di tutta la Chiesa, distaccati da se stessi, immersi in Dio e con un'unica passione: far conoscere la bellezza del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi". 

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PAPA: SEMERARO, QUANDO HA CHIAMATO PER NOMINA NON AVEVAMO CAPITO CHI ERA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 apr. 

"Come fa di solito con le persone che conosce, il Papa ha chiamato direttamente. Ci ha spiazzati tanto che qui in Curia, all'inizio, non si era capito che si trattasse del Papa, pensavamo a qualche sacerdote di nome Francesco". 
A raccontare questo episodio riguardante la sua nomina a segretario del gruppo degli otto cardinali che dovranno consigliare il Pontefice nel governo della Chiesa Universale e nella Riforma della Curia, e' il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, intervistato da Famiglia Cristiana. 
Il presule dunque non si aspettava affatto la nomina, e questo e' gia' un segno del criterio che sta seguendo il nuovo Papa, che sembra voler mettere in pratica le raccomandazioni del suo predecessore contro affarismo e carrierismo degli ecclesiastici. "Avevo letto, nei giorni del Conclave, che i cardinali avevano avanzato la proposta di mettere mano a una riforma della Curia romana. E anche in passato si era parlato di un cambiamento che snellisse la stessa struttura dei Sinodi. Di riprendere forme antiche di consultazione, di persone che consiglino il Papa. Pensavo - ha confidato Semeraro - che si sarebbe fatto qualcosa, ma certo non pensavo di essere chiamato a collaborare".
Secondo il presule, "nella riforma della Curia non si parte da zero, anche se penso che non vi sia niente di stabilito. Si trattera' di un confronto vero per cercare le forme migliori, per capire come riformulare alcune figure, come includere cose nuove che emergono, come mettere in circolazione e in dialogo quelle gia' esistenti".   Il gruppo non si sostituisce alla Curia e non ne fa parte". "Vorrei sottolineare - ha poi concluso Semeraro -  che il fatto che il Papa abbia scelto cardinali di ogni continente e quasi tutti vescovi residenziali da' l'idea di quanto gli stia a cuore la situazione della Chiesa universale e il contatto stretto con la realta'. Per quanto riguarda poi la revisione della Costituzione Pastor bonus, il gruppo dei cardinali non e' chiamato a prendere decisioni, ma a dare consigli al Papa su come adattare meglio le strutture al mutare dei tempi". 

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Il rabbino Di Segni critica l'omelia mattutina di Papa Francesco sugli Ebrei (Il Messaggero)

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Suicidarsi… ovvero morire a sé stessi (Fraternità di San Bonifacio)

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Papa Francesco: la Chiesa si può risanare ma per farlo l'impegno non basta. Quando la Chiesa diventa mondana perde la capacità di annuncio. Pregare per essa è un vero atto di fede (Izzo)


PAPA: LA CHIESA SI PUO' RISANARE MA PER FARLO IMPEGNO NON BASTA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 apr. 

A un mese e mezzo dall'elezione, mentre crescono le attese per decisioni che si annunciano innovative (in particolare per quanto riguarda la Riforma della Curia e dello Ior, con conseguente ridimensionamento degli attuali gruppi di potere che tanto scandalo hanno dato) Papa Francesco tiene a chiarire che per risanare la Chiesa non bastera' tutto l'impegno suo (e degli otto cardinali di tutto il mondo che ha chiamato a consigliarlo nel governo della Chiesa Universale). 
"Si puo' custodire la Chiesa, si puo' curare la Chiesa, no?", si domanda nell'omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta. 
"Dobbiamo farlo - spiega - con il nostro lavoro, ma il piu' importante e' quello che fa il Signore". Per Francesco, infatti, Gesu' "e' l'Unico che puo' guardare in faccia il Maligno e vincerlo". 
"Viene - rileva - il Principe del mondo, contro di me non puo' nulla: se vogliamo che il Principe di questo mondo non prenda la Chiesa nelle sue mani, dobbiamo affidarla - esorta il nuovo Pontefice - all'Unico che puo' vincere il Principe di questo mondo". 
"Qui - osserva in proposito Bergoglio - occorre porsi la domanda: 'noi preghiamo per la Chiesa, ma per tutta la Chiesa? Per i nostri fratelli che non conosciamo, dappertutto nel mondo? 
E' la Chiesa del Signore e noi nella nostra preghiera diciamo al Signore: Signore, guarda la tua Chiesa. E' tua. La tua Chiesa sono i nostri fratelli. 
Questa e' una preghiera che noi dobbiamo fare dal cuore, sempre di piu'". Poi, Papa Francesco rimarca che "e' facile pregare per chiedere una grazia al Signore", "per ringraziare" o quando "abbiamo bisogno di qualcosa". Ma fondamentale, conclude, e' pregare il Signore per tutti, per coloro che hanno "ricevuto lo stesso Battesimo" dicendo "sono i tuoi, sono i nostri, custodiscili". 

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PAPA: QUANDO CHIESA DIVENTA MONDANA PERDE CAPACITA' ANNUNCIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar. 

"Quando la Chiesa diventa mondana, diventa una Chiesa debole; una Chiesa che sara' vinta e incapace di portare proprio il Vangelo". Lo denuncia Papa Francesco nell'omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta, alcune frasi della quale sono state diffuse su Twitter dall'Osservatore Romano. "Il Papa - afferma inoltre il quotidiano vaticano dal suo account - invita oggi a pregare cosi': 'Custodisci la tua Chiesa nella tribolazione, perche' non perda la fede, perche' non perda la speranza'".
Francesco svela nell'omelia di oggi la sua convinzione che a tentare gli uomini di Chiesa con i miti del denaro e del potere, che si traducono nell'affarismo e nel carrierismo cosi' diffusi anche negli ambienti ecclesiastici, sia il Demonio. Bisogna pregare, spiega, per difendere la Chiesa "dal principe di questo mondo e da quello che vuole che la Chiesa diventi, ovvero piu' e piu' mondana".
Secondo il Pontefice, "questo e' il pericolo piu' grande: quando la Chiesa diventa mondana, quando ha dentro di se' lo spirito del mondo, quando ha quella pace che non e' del Signore, ma una pace mondana, la Chiesa - rileva - e' una Chiesa debole, una Chiesa che sara' vinta e incapace di portare proprio il Vangelo, il messaggio della Croce, lo scandalo della Croce. Non puo' portarlo avanti se e' mondana". 

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PAPA: PREGARE PER LA CHIESA E' UN VERO ATTO DI FEDE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 apr. 

"Affidare la Chiesa al Signore e' una preghiera che fa crescere la Chiesa. E' anche un atto di fede. Noi non possiamo nulla, noi siamo poveri servitori, tutti, della Chiesa: ma e' Lui che puo' portarla avanti e custodirla e farla crescere, farla santa, difenderla". Nell'omelia di questa mattina a Santa Marta, Papa Francesco insiste piu' volte sull'importanza della preghiera per affidare "la Chiesa al Signore", via per la "pace che solo lui puo' dare". "Affidare la Chiesa al Signore, affidare gli anziani, gli ammalati, i bambini, i ragazzi", esorta i fedeli presenti.
"Custodisci Signore la tua Chiesa: e' tua!", invoca Francesco. "Con questo atteggiamento - spiega - Lui ci dara', in mezzo alle tribolazioni, quella pace che soltanto Lui puo' dare. Questa pace che il mondo non puo' dare, quella pace che non si compra, quella pace che e' un vero dono della presenza di Gesu' in mezzo alla sua Chiesa. Affidare la Chiesa che e' in tribolazione: ci sono grandi tribolazioni, la persecuzione ci sono". Bergoglio ricorda pero' che "ci sono anche le piccole tribolazioni: le piccole tribolazioni della malattia o dei problemi di famiglia". Dobbiamo, spiega, "affidare tutto questo al Signore: custodisci la tua Chiesa nella tribolazione, perche' non perda la fede, perche' non perda la speranza". "Che il Signore ci faccia forti per non perdere la fede, non perdere la speranza", esorta il Papa, rimarcando che questa deve sempre essere la richiesta del cuore al "Signore". "Fare questa preghiera di affidamento per la Chiesa - assicura infine - ci fara' bene e fara' bene alla Chiesa. Dara' grande pace a noi e grande pace alla Chiesa, non ci togliera' delle tribolazioni, ma ci fara' forti nelle tribolazioni".

© Copyright (AGI)

Ior, Mons. Becciu: Papa Francesco è rimasto sorpreso nel vedersi attribuite frasi che non ha mai pronunciato e che travisano il suo pensiero

Intervista al sostituto della Segreteria di Stato

La riforma di Papa Francesco

Il 13 aprile è stata resa pubblica la notizia che Papa Francesco ha costituito un gruppo di otto cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica Pastor bonus sulla Curia romana. La decisione ha destato molto interesse, dando luogo a non poche speculazioni. Di questo ha parlato in un’intervista al nostro giornale l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato.

Sulla riforma della Curia si sono sentite molte voci: bilanciamento di poteri, moderatori, coordinatori, “superministeri dell’economia”, rivoluzioni… 

In effetti è un po’ strano: il Papa non ha ancora incontrato il gruppo di consiglieri che si è scelto e già i consigli piovono… 
Dopo avere parlato con il Santo Padre, posso dire che in questo momento è assolutamente prematuro avanzare qualsiasi ipotesi circa il futuro assetto della Curia. Papa Francesco sta ascoltando tutti, ma in primo luogo vorrà ascoltare chi ha scelto come consiglieri. Successivamente si imposterà un progetto di riforma della Pastor bonus, che ovviamente dovrà percorrere un suo iter.

Si è parlato molto anche dello Ior, l’Istituto per le opere di religione; qualcuno si è spinto a prevedere una sua soppressione …

Il Papa è rimasto sorpreso nel vedersi attribuite frasi che non ha mai pronunciato e che travisano il suo pensiero. L’unico cenno in merito è stato durante una breve omelia a Santa Marta, fatta a braccio, in cui ha ricordato in modo appassionato come l’essenza della Chiesa consista in una storia di amore tra Dio e gli uomini, e come le varie strutture umane, tra cui lo Ior, siano meno importanti. 
Il riferimento è stato un cenno di battuta, motivato dalla presenza alla messa di alcuni dipendenti dell’Istituto, nel contesto di un serio invito a non perdere mai di vista l’essenzialità della Chiesa. 

Si deve prevedere che non sia imminente una ristrutturazione dell’attuale conformazione dei dicasteri?

 Non so prevedere i tempi. Il Papa tuttavia ha chiesto a tutti noi, responsabili dei dicasteri, di continuare nel nostro servizio, senza però voler procedere, per il momento, ad alcuna conferma negli incarichi. Lo stesso vale per i membri delle Congregazioni e dei Pontifici Consigli: il normale ciclo di conferme o nomine, che si verificano alla scadenza dei mandati quinquennali, è per il momento sospeso, e tutti continuano nel proprio incarico “sino a nuova disposizione” (donec aliter provideatur). Ciò indica la volontà del Santo Padre di prendere il tempo necessario di riflessione – e di preghiera, non dovremmo dimenticarlo – per avere un quadro approfondito della situazione.

A proposito del gruppo di consiglieri, qualcuno è arrivato a sostenere che una tale scelta possa mettere in discussione il primato del Papa…

Si tratta di un organo consultivo, non decisionale, e davvero non vedo come la scelta di Papa Francesco possa mettere in discussione il primato. È vero invece che si tratta di un gesto di grande rilevanza, che vuole dare un segnale preciso circa le modalità con cui il Santo Padre vorrà esercitare il suo ministero. Non dobbiamo infatti dimenticare qual è il primo compito assegnato al gruppo degli otto cardinali: assistere il Pontefice nel governo della Chiesa universale. Non vorrei che la curiosità per gli assetti e le strutture della Curia romana facesse passare in secondo piano il senso profondo del gesto compiuto da Papa Francesco.

Ma l’espressione “consigliare” non è troppo indefinita?

Al contrario, il consigliare è un’azione importante, che nella Chiesa è definita teologicamente e trova espressione a molti livelli. Si pensi, per esempio, agli organismi di partecipazione nelle diocesi e nelle parrocchie, o ai consigli dei superiori, provinciali e generali, negli Istituti di vita consacrata. La funzione del consigliare va interpretata in chiave teologica: in un’ottica mondana dovremmo dire che un consiglio senza potere deliberativo è irrilevante, ma ciò significherebbe equiparare la Chiesa a un’azienda. Invece, teologicamente il consigliare ha una funzione di assoluto rilievo: aiutare il superiore nell’opera del discernimento, nel comprendere cioè quello che lo Spirito chiede alla Chiesa in un preciso momento storico. Senza questo riferimento, del resto, non si capirebbe nulla nemmeno del significato autentico dell’azione di governo nella Chiesa.

Che sentimenti prova nel collaborare con Papa Francesco?

Ho potuto collaborare da vicino con Papa Benedetto, ora sto continuando il mio servizio con Papa Francesco. Naturalmente ciascuno ha la propria personalità, il proprio stile, e mi sento davvero un privilegiato per questo stretto contatto con due uomini interamente dediti al bene di tutta la Chiesa, distaccati da se stessi, immersi in Dio e con un’unica passione: far conoscere la bellezza del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi.

(©L'Osservatore Romano 1° maggio 2013)

Perche' si e' aspettato tanto a smentire?
R.

Benedetto tornerà in Vaticano giovedì (Rome Reports)

Clicca qui per vedere il servizio in inglese, qui in spagnolo.

Benedetto XVI tornerà in Vaticano giovedì 2 maggio nel pomeriggio, intorno alle 16.30-17 (Ansa)


Ratzinger torna in Vaticano il 2 maggio

Il Papa emerito abiterà nel convento all'interno del Vaticano

CITTA' DEL VATICANO 

Il Papa emerito Benedetto XVI tornerà in Vaticano, nel convento Mater Ecclesiae giovedì 2 maggio nel pomeriggio, intorno alle 16.30-17. Arriverà da Castel Gandolfo in elicottero. Lo riferisce il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi.
Benedetto XVI abiterà nel convento all'interno del Vaticano insieme a monsignor George Gaenswein e alle quattro Memores Domini che si prendono cura di lui. 
C'é poi pronta una stanza per gli ospiti a disposizione del fratello di Joseph Ratzinger, Georg, per tutte le volte che vorrà venire a trovarlo. Non alloggerà lì invece Birgit Wansing, laica consacrata dell'Istituto di Schonstatt, segretaria del Papa emerito. Come anche non ci sarà il diacono fiammingo che termina il suo servizio per Benedetto XVI con la partenza del Papa emerito da Castel Gandolfo. Benedetto XVI abiterà al primo piano del Mater Ecclesiae (che è dotato di ascensore). Ai giornalisti che chiedevano notizie sulla salute di Ratzinger, padre Lombardi ha ribadito: "E' un uomo anziano, indebolito dall'età, ma non ha nessuna malattia".

© Copyright Ansa

Joseph Ratzinger il 2 maggio torna a vivere in Vaticano (De Leo)

Clicca qui per leggere la notizia.

Sembra che circoli una clamorosa smentita sulle parole di Francesco a proposito dello Ior...perché i media tacciono?

Un uccellino di nome Angelo mi ha appena inviato una mail in cui mi consiglia di prestare attenzione all'edizione odierna dell'Osservatore Romano in cui Mons. Becciu smentisce che Papa Francesco abbia mai pronunciato le famose parole sullo Ior riportate da tutti i media (qualcuno ha persino scritto che il Pontefice pensava di chiudere l'Istituto) su impulso di Radio Vaticana. Clicca qui per leggere la notizia originale.
I media hanno stravolto la notizia ed il Vaticano interviene solo oggi?
Beh...evidentemente esiste un problema di comunicazione.
La differenza con il passato sta in un approccio contrario: oggi non si smentiscono con celerita' le notizie positive che i media diffondono. Con Benedetto XVI non si stoppavano le notizie che mettevano in cattiva luce il Papa. Il risultato e' decisamente diverso ma qualche problemino interno esiste ancora...eccome!

Il 2 maggio Benedetto XVI tornerà in Vaticano (R.V.)

Il 2 maggio Benedetto XVI tornerà in Vaticano

Dopodomani, 2 maggio, il Papa emerito Benedetto XVI tornerà in Vaticano e prenderà dimora, come già annunciato, nel convento Mater Ecclesiae. Il rientro del Papa emerito avverrà in elicottero intorno alle 16.30-17, con partenza dal Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, dove Benedetto XVI ha risieduto negli ultimi due mesi. A confermare la notizia ai media è stato il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. Ai giornalisti che chiedevano notizie sulla salute di Benedetto XVI, padre Lombardi ha replicato: ''E' un uomo anziano, indebolito dall'età, ma non ha nessuna malattia''. (Radio Vaticana)

Il Papa riceve Shimon Peres: pace in Terra Santa e Siria. Papa Francesco invitato in Israele. Articolo e comunicato

Clicca qui per leggere il commento.
Qui il comunicato della Santa Sede.

Benedetto XVI ritorna nel "recinto di San Pietro" (José Luis Restán)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


Aquella inolvidable Carta, en medio del huracán

José Luis Restán

El próximo jueves Benedicto XVI retorna al "recinto de San Pedro", donde por decisión completamente libre permanecerá hasta el final de su peregrinación en esta tierra. Se hace imposible no pensar en las últimas palabras dirigidas a su pueblo: "No vuelvo a la vida privada, a una vida de viajes, encuentros, recepciones, conferencias, etcétera. No abandono la cruz, sino que permanezco de manera nueva junto al Señor Crucificado. Ya no tengo la potestad del oficio para el gobierno de la Iglesia, pero en el servicio de la oración permanezco, por así decirlo, en el recinto de San Pedro". 

Esas palabras, dichas con la tersura cristalina que siempre le acompañó, salían también al paso de incomprensiones y truculentas fantasías. Y a buen seguro obligarán a mucha reflexión de canonistas y teólogos en el inmediato futuro. "Amar a la Iglesia significa también tener el valor de tomar decisiones difíciles, sufridas, teniendo siempre delante el bien de la Iglesia y no el de uno mismo". Decisiones difíciles... No se trata, pues, del merecido descanso de un anciano en el límite de sus fuerzas, sino del paso consciente y sacrificado de quien ha entendido que el Señor quería abrir un capítulo nuevo en esta historia en la que siempre fue un sencillo (y sudoroso) trabajador de la viña.    
La verdad es que Joseph Ratzinger siempre ha explicado con paciencia y humildad cada uno de sus pasos sin defenderse tras insignias ni estructuras, pues sabía muy bien que el oficio del Pescador nada tiene que ver con la arbitrariedad o la prepotencia. La forma de este diálogo sereno del último miércoles en la plaza de San Pedro, marcado por un realismo que traspira gratitud y esperanza, me ha hecho pensar en otro diálogo lleno de dramatismo, quizás único en su género en la ya larga historia del papado: me refiero a la carta escrita el 10 de marzo de 2009 a todos los obispos de la Iglesia Católica, con motivo de la remisión de la excomunión de cuatro obispos que habían sido consagrados por el arzobispo francés Marcel Lefebvre en 1988.
Quizás los meses de febrero y marzo de 2009 hayan sido los más amargos de su pontificado. Tras una decisión que pretendía acercar la curación de una herida que supuraba desde hacía más de veinte años, allanando el camino de vuelta a casa para los seguidores de Lefebvre, el papa experimentó en su carne lo que es la soledad última de su ministerio. Pero no sólo: también la soledad fruto de la huída de quienes deberían haberlo protegido, de la cobardía, de la calumnia y del cálculo cicatero de tantos, dentro y fuera de la Iglesia. "También los católicos, que en el fondo hubieran podido saber mejor cómo están las cosas, han pensado que debían herirme con una hostilidad dispuesta al ataque". Y en otro momento no duda en evocar el reproche de San Pablo a los Gálatas, cuando les advierte del riesgo de morderse y devorarse mutuamente. Así se expresaba, sin defensas mundanas, el Pastor de la Iglesia universal, clavado por aquellos días en la picota, acusado de malvender el Concilio, de insultar a los judíos y de fracturar esa Iglesia por cuya unidad él siempre estuvo dispuesto a dar la propia vida.        
 Su carta a todos los obispos me hizo pensar en la Apología pro vita sua del beato J.H. Newman, claro que el genial converso inglés no se sentaba en la Sede Apostólica. En estas líneas explota toda la potencia de la razón de Ratzinger, pero también su amor apasionado por Cristo y por la Iglesia. "¿Era y es realmente una equivocación salir al encuentro del hermano que "tiene quejas contra ti" y buscar la reconciliación?... ¿Puede ser totalmente desacertado el comprometerse en la disolución de las rigideces y restricciones, para dar espacio a lo que haya de positivo y recuperable para el conjunto?... ¿Debemos realmente dejarlos (a los seguidores de Lefebvre) tranquilamente ir a la deriva lejos de la Iglesia?... ¿Podemos simplemente excluirlos, como representantes de un grupo marginal radical, de la búsqueda de la reconciliación y de la unidad? ¿Qué será de ellos luego?" Sabemos cómo han respondido después estos hermanos... pero esa es otra historia.
La tensión dramática de aquellas páginas escritas en medio del huracán refleja mucho más que un legítimo desahogo o una merecida admonición. Esta carta única en la historia desvela una dimensión que misteriosamente acompaña, antes o después, a quienes reciben el encargo de calzar las sandalias del pescador: la dimensión del martirio. Pedro debe extender las manos para ser ceñido y llevado a donde no hubiera querido ir. Pero sobre todo encontramos aquí una llamada de atención sobre las prioridades de la Iglesia en este comienzo del siglo XXI, cuando en amplias zonas de la tierra la fe está en peligro de apagarse y la humanidad se ve afectada por una falta de orientación cuyos efectos destructivos se ponen cada vez más de manifiesto.
No existe otra prioridad por encima de hacer presente a Dios en este mundo y abrir a los hombres el acceso a Dios, pero no a uno cualquiera, sino al Dios que se ha revelado en Jesucristo muerto y resucitado. Por esta prioridad se ha entregado y desgastado Benedicto XVI, por esta prioridad permanece escondido para el mundo, atado a la cruz de su Señor en el recinto de San Pedro, con la dulce paz de quien sabe que "Dios guía a su Iglesia, la sostiene siempre, también y sobre todo en los momentos difíciles... esa es la única visión verdadera del camino de la Iglesia y del mundo".

http://www.paginasdigital.es/v_portal/informacion/informacionver.asp?cod=3724&te=15&idage=7118&vap=0

L'enciclica sulla fede potrebbe essere pubblicata a novembre (Matzuzzi)

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E' vero che Benedetto XVI utilizzo' gli appunti preparati in precedenza per la seconda parte della Deus Caritas est ma la prima parte dell'enciclica, molto piu' bella e "teologica", e' farina del sacco di Ratzinger dalla prima all'ultima parola :-)

Ratzinger torna in Vaticano. Da un mese Bergoglio ha in mano la sua enciclica (Rodari)

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Il 2 maggio il Papa emerito rientra in Vaticano. In punta di piedi (Bandini)

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Papa Francesco: “Quando la Chiesa diventa mondana” diventa una “Chiesa debole”

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Argentina, lo strano caso di padre Grassi. Un processo per abusi con molte ombre? Il Prefetto della Cdf ne ha parlato a Papa Francesco (Alvarez)

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Siamo lieti per il ritrovato garantismo dei mass media...nel 2010 non ando' cosi'  a Papa Benedetto...

Benedetto XVI, dottore della Chiesa. Il "martirio bianco" di Ratzinger (Benjamin Wiker)

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Approviamo senza riserve :-)

Nessuna indagine del Vaticano contro il card. O'Brien che, invece, Benedetto XVI escluse dal conclave per la sua condotta (Archibald)

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Immagino che impatto avrebbe avuto una simile notizia solo tre mesi fa...beh...non lo immagino. Lo so! Ripercorriamo quanto accaduto a febbraio e la decisione di Benedetto XVI di escludere O'Brien dal conclave.
Quanto era diverso il clima eppure le persone sono le stesse (tranne una).
Rileggiamo i seguenti articoli. Sembra di parlare di un altro mondo. La potenza dei media...

Caso O’Brien. A chiudere la partita è stata domenica pomeriggio la parola di Benedetto XVI (Galeazzi che ringraziamo per il coraggio)



lunedì 29 aprile 2013

Benedetto XVI: Sempre di nuovo le parole di Gesù sono più grandi della nostra ragione. Sempre di nuovo superano la nostra intelligenza

Clicca qui per rileggere un brano de "L'infanzia di Gesù". Grazie a Gemma :-)

Festa di Santa Caterina da Siena, l'"illetterata" che indicò ai Papi la strada di Dio (Radio Vaticana)

Festa di Santa Caterina da Siena, l'"illetterata" che indicò ai Papi la strada di Dio

Come ogni 29 aprile, la Chiesa celebra la Festa di Caterina da Siena, Compatrona d’Europa e d’Italia. La sua storia è esemplare di come il dono della sapienza di Dio possa compiere prodigi anche senza il talento del sapere umano, al punto che Paolo VI volle insignire la Santa senese del titolo di "Dottore della Chiesa”. Il servizio Alessandro De Carolis: 

Anche solo osservare il modo in cui si prega può rovesciare una convinzione ferrea nel suo opposto. È quel che accade al papà di Caterina da Siena, Japoco Benincasa. Quella figlia carina, in età da marito, di mariti non vuole saperne e a soli 12 anni si è quasi barricata in casa pur di non recedere da quello che davvero gli fa battere il cuore: donarsi a Dio. I tentativi di convincerla non hanno sortito effetti, ma poi, un giorno, quel padre – forse innervosito da tanta testardaggine – sorprende la figlia in preghiera nella sua stanza e ciò che vede, quel modo della figlia di raccogliersi, di vedere con gli occhi dell’anima lo Sposo che veramente ama, lo convince. La determinazione della ragazza ha avuto la meglio e per lei si spalancano le porte del convento, a 16 anni è tra le Mantellate di San Domenico. 

Questa “vittoria” è rivelatrice di ciò che Caterina Benincasa – semianalfabeta che detterà per i Papi lettere di inaudita sapienza cristiana – sarà capace di fare di lì a un decennio. Intanto, la sua è una missione che fin da subito si “sporca” le mani con i reietti della società medievale, lebbrosi o malati di una delle troppe pestilenze che tormentano l’epoca, tutti curati da Caterina con affetto e coraggio. Poi, giacché come sempre accade ogni esempio attira imitatori, una “Bella brigata” si coagula attorno per aiutare e sostenere quella giovane che legge e scrivere a malapena, ma sembra che Dio stesso parli e scriva attraverso di lei. A toccare con mano questo prodigio di dottrina e discernimento sono via via poveri o nobili o politici bellicosi – dissuasi dalle armi con un imperativo “Io voglio!” scandito in nome di Dio. I consigli spirituali di Caterina sono acuti e appropriati per ciascuno e arrivano a “dettare” il giusto comportamento anche al Papa, con un’autorevolezza straordinaria: quando l’assenza del Pontefice da Roma si fa insostenibile – Gregorio XI in quel momento era ad Avignone – la ragazza "insipiente" divenuta religiosa in odore di santità indirizza al “dolce Cristo in terra” espressioni di fuoco – “Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo” sono le sue parole – quindi parte per la Francia per portarlo con sé a Roma.

Ma non c’è solo luce nella trama della vita di Caterina. Il filo dell’ordito è fatto di tribolazioni di ogni tipo – anche una verifica da parte del suo Ordine risolta in modo positivo – ma niente fiacca la fibra interiore della senese, anche se il corpo si spegne a soli 33 anni, poco prima di mezzogiorno della domenica dopo l’Ascensione, il 29 aprile 1380. A Roma, dove si trova, Caterina chiude gli occhi sussurrando le identiche parole di Gesù sulla croce: “Padre, nelle tue mani raccomando l’anima e lo spirito mio”. Per la sua eccezionale, per l’epoca, apertura “europea”, Giovanni Paolo II proclama Caterina da Siena “Compatrona d’Europa” nel 1999. 
Ricordandola in una udienza generale del 2010, Benedetto XVI affermò in proposito: “Il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali che assicurano la giustizia e la concordia”.

Radio Vaticana 

Benedetto XVI torna in Vaticano (Link)

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Papa Francesco ai dipendenti vaticani: è bene vergognarsi del male fatto. Il confessionale non è una tintoria, il perdono arriva da Gesù (Izzo)

PAPA: A DIPENDENTI VATICANI, E' BENE VERGOGNARSI DEL MALE FATTO

Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 29 apr. 


"La vergogna e' una vera virtu' cristiana e anche umana". Lo ha ribadito Papa Francesco celebrando oggi la messa per un gruppo di dipendenti vaticani. Occorre, ha detto loro il Pontefice, "la capacita' di vergognarsi" del male compiuto. "Io - ha continuato - non so se in italiano si dice cosi', ma nella nostra terra a quelli che non possono vergognarsi gli dicono 'sin verguenza': questo e' 'un senza vergogna', perche' non ha la capacita' di vergognarsi, e vergognarsi e' una virtu' dell'umile, di quell'uomo e di quella donna che e' umile".

Ad accompagnare questa mattina i dipendenti vaticani alla Domus Santa Marta c'erano il cardinale Domenico Calcagno, presidente dell'Apsa, il dicastero vaticano che gestisce gli investimenti della Santa Sede, e monsignor Francesco Gioia, un vescovo cappuccino che e' tornato da qualche mese alla presidenza della "Peregrinatio ad Petri Sedem", incarico conferitogli una prima volta da Papa Wojtyla dopo che aveva lasciato improvvisamente la diocesi di Camerino-San Severino Marche, ma poi non confermatogli per anni da Benedetto XVI. Commentando la prima Lettera di San Giovanni, in cui si dice che "Dio e' luce e in Lui non c'e' tenebra alcuna", Papa Francesco, riferisce Radio vaticana, ha sottolineato che "tutti noi abbiamo delle oscurita' nella nostra vita", momenti "dove tutto, anche nella propria coscienza, e' buio", ma questo - ha precisato - non significa camminare nelle tenebre: "Andare nelle tenebre significa essere soddisfatto di se stesso; essere convinto di non aver necessita' di salvezza. Quelle sono le tenebre!".
Secondo Francesco, "quando uno va avanti su questa strada proprio delle tenebre, non e' facile tornare indietro". "Percio' - ha spiegato - la prima Lettera di Giovanni continua, perche' forse questo modo di pensare lo ha fatto riflettere: 'Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verita' non e' in noi'". "Quando il Signore ci perdona fa giustizia" - ha proseguito il Papa - innanzitutto a se stesso, "perche' Lui e' venuto per salvare e perdonarci", accogliendoci con la tenerezza di un padre verso i figli: "il Signore e' tenero verso quelli che lo temono, verso quelli che vanno da Lui" e con tenerezza "ci capisce sempre", vuole donarci "quella pace che soltanto Lui da'". "Guardate ai vostri peccati", ha esortato dunque il Pontefice rivolto ai presenti, aggiungendo subito: "ai nostri peccati: tutti siamo peccatori, tutti. Questo e' il punto di partenza". Ma, per il nuovo Pontefice, "se confessiamo i nostri peccati, Egli e' fedele, e' giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquita'. E ci presenta - ha concluso - quel Signore tanto buono, tanto fedele, tanto giusto che ci perdona". 

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PAPA: CONFESSIONALE NON E' UNA TINTORIA, PERDONO ARRIVA DA GESU'


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 29 apr. 


"Tante volte pensiamo che andare a confessarci e' come andare in tintoria per pulire la sporcizia sui nostri vestiti". Papa Francesco ha fotografato cosi' l'attitudine - un tempo diffusa tra i cattolici - di vivere la confessione come un'abitudine e non come un momento di conversione."Ma Gesu' nel confessionale - ha detto nell'omelia tenuta oggi alla Domus Santa Marta - non e' una tintoria". Confessarsi per Francesco "e' un incontro con Gesu', ma con questo Gesu' che ci aspetta, ma ci aspetta come siamo".

Secondo il nuovo Pontefice "e' necessario mettersi di fronte al Signore "con la nostra verita' di peccatori", "con fiducia, anche con gioia, senza truccarci". "Non dobbiamo - ha raccomandato - mai truccarci davanti a Dio!". 
Dobbiamo trovare il coraggio - ha esortato il Pontefice - di dire: "Signore, senti sono cosi'". "Ma spesso - ha osservato - ci fa vergogna dire la verita': 'Ho fatto questo, ho pensato questo'. Occorre invece avere fiducia perche' quando pecchiamo abbiamo un difensore presso il Padre: "Gesu' Cristo, il giusto". E Lui "ci sostiene davanti al Padre" e "ci difende di fronte alle nostre debolezze".
Per Francesco, anzi, "la vergogna e' una virtu': "benedetta vergogna". 
"Questa - ha ricordato - e' la virtu' che Gesu' chiede a noi: l'umilta' e la mitezza". "Umilta' e mitezza sono come la cornice di una vita cristiana. Un cristiano va sempre cosi', nell'umilta' e nella mitezza. E Gesu' ci aspetta per perdonarci". "Allora - ha chiarito Bergoglio - andare a confessarsi non e' andare a una seduta di tortura. E' andare a lodare Dio, perche' io peccatore sono stato salvato da Lui. E Lui non mi aspetta per bastonarmi, ma con tenerezza per perdonarmi". 
"E - si e' chiesto - se domani faccio lo stesso? Vai un'altra volta, e vai e vai e vai. Lui sempre ci aspetta. Questa tenerezza del Signore, questa umilta', questa mitezza". Questa fiducia "ci da' respiro". "Il Signore - ha infine invocato il Papa - ci dia questa grazia, questo coraggio di andare sempre da Lui con la verita', perche' la verita' e' luce e non con la tenebra delle mezze verita' o delle bugie davanti a Dio. Che ci dia questa grazia! E cosi' sia". 

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Pellegrinaggio dei "Summorum Pontificum" dell'Emilia-Romagna (19 maggio 2013)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo la seguente notizia:

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Benedetto XVI torna in Vaticano (Tempi)

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Silenzio e mutismo. Interessante riflessione di Christian Montfalcon

Clicca qui per leggere la traduzione del commento che trovo molto interessante.
Come sapete, il silenzio non e' una mia virtu'. Prego, pero', di non arrivare mai al mutismo :-)

Benedetto XVI si trasferirà in settimana al Monastero "Mater Ecclesiae" (Izzo)


VATICANO: IN SETTIMANA PAPA EMERITO SI TRASFERISCE AL MONASTERO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 29 apr. 

Il Papa Emerito si trasferira' questa settimana nell'austero Monastero "Mater Ecclesiae", dove sono finalmente terminati i lavori di ristrutturazione. 
Il piccolo edificio, che si sviluppa in verticale su 4 piani ma che ha una superficie totale di circa 200 metri quadri, necessitava da tempo di questi lavori anche perche' il tetto non era piu' impermeabile, tanto che le monache visitandine furono costrette a lasciarlo prima dell'inizio dello scorso inverno.
Ora vi abiteranno anche il prefetto della Casa Pontificia, monsignor Georg Gaenswein, storico segretario di Joseph Ratzinger, con il diacono fiammingo che lo affianca da qualche settimana, e le quattro "memores domini" che provvedono alla cucina e al guardaroba. 
Quando vorra' sara' ospitato anche il fratello piu' anziano, monsignor Georg Ratzinger. Il monastero, infatti, assieme ad alcuni modesti ambienti comuni, era diviso in dodici cellette, alcune delle quali sono state pero' unite per consentire un minimo in piu' di spazio per i libri e il tavolo di lavoro di Benedetto XVI.
Poche ore prima che la sua rinuncia diventasse operativa, il 28 febbraio il Papa Emerito aveva lasciato definitivamente il Palazzo Apostolico alla volta di Castel Gandolfo. 
Qui si era congedato dai fedeli che lo avevano accolto con il consueto affetto dicendo di essere ormai solo "un pellegrino". Dieci giorni dopo la sua elezione, il 23 marzo Papa Francesco aveva fatto visita al predecessore proprio nella residenza estiva, scambiando con lui un lungo e affettuoso abbraccio, il primo dei diversi gesti di umilta' e fraternita' che caratterizzarono quella storica giornata, e ritornando poi in Vaticano con una voluminosa cassetta di documenti che Ratzinger aveva voluto conferirgli assieme al Rapporto dei tre cardinali su Vatileaks. 
Ora Francesco e Benedetto abiteranno a poche decine di metri l'uno dall'altro e saranno possibili piu' frequenti e discreti contatti. Entrambi del resto amano passeggiare nei Giardini e sono molto devoti della Madonna di Lourdes, della quale e' riprodotta la Grotta proprio a meta' strada tra la Domus Santa Marta che ancora ospita il Papa attuale e il monastero Mater Ecclsiae. Ma l'aiuto piu' grande che Benedetto conta di offrire a Francesco e' il sostegno della preghiera, e il piccolo e modestissimo monastero abbandonato dalle suore visitandine, con la presenza di Ratzinger e della sua comunita' orante diventera' un centro di irradiazione spirituale per l'intero Vaticano e non solo. 

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Benedetto XVI: Caterina soffrì tanto, come molti Santi...La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa

Rileggiamo il testo della catechesi che Benedetto XVI dedico' a Santa Caterina da Siena:

L’UDIENZA GENERALE, 24.11.2010 

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Santa Caterina da Siena

Cari fratelli e sorelle,

quest’oggi vorrei parlarvi di una donna che ha avuto un ruolo eminente nella storia della Chiesa. Si tratta di santa Caterina da Siena

Il secolo in cui visse - il quattordicesimo - fu un’epoca travagliata per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa. Tuttavia, anche nei momenti di maggiore difficoltà, il Signore non cessa di benedire il suo Popolo, suscitando Santi e Sante che scuotano le menti e i cuori provocando conversione e rinnovamento. Caterina è una di queste e ancor oggi ella ci parla e ci sospinge a camminare con coraggio verso la santità per essere in modo sempre più pieno discepoli del Signore.

Nata a Siena, nel 1347, in una famiglia molto numerosa, morì a Roma, nel 1380. All’età di 16 anni, spinta da una visione di san Domenico, entrò nel Terz’Ordine Domenicano, nel ramo femminile detto delle Mantellate. Rimanendo in famiglia, confermò il voto di verginità fatto privatamente quando era ancora un’adolescente, si dedicò alla preghiera, alla penitenza, alle opere di carità, soprattutto a beneficio degli ammalati.

Quando la fama della sua santità si diffuse, fu protagonista di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate, ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati: anche per questo motivo il Venerabile Giovanni Paolo II la volle dichiarare Compatrona d’Europa: il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali che assicurano la giustizia e la concordia. 

Caterina soffrì tanto, come molti Santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei al punto che, nel 1374, sei anni prima della morte, il capitolo generale dei Domenicani la convocò a Firenze per interrogarla. Le misero accanto un frate dotto ed umile, Raimondo da Capua, futuro Maestro Generale dell’Ordine. Divenuto suo confessore e anche suo “figlio spirituale”, scrisse una prima biografia completa della Santa. Fu canonizzata nel 1461. 

La dottrina di Caterina, che apprese a leggere con fatica e imparò a scrivere quando era già adulta, è contenuta ne Il Dialogo della Divina Provvidenza ovvero Libro della Divina Dottrina, un capolavoro della letteratura spirituale, nel suo Epistolario e nella raccolta delle Preghiere. Il suo insegnamento è dotato di una ricchezza tale che il Servo di Dio Paolo VI, nel 1970, la dichiarò Dottore della Chiesa, titolo che si aggiungeva a quello di Compatrona della città di Roma, per volere del Beato Pio IX, e di Patrona d’Italia, secondo la decisione del Venerabile Pio XII.

In una visione che mai più si cancellò dal cuore e dalla mente di Caterina, la Madonna la presentò a Gesù che le donò uno splendido anello, dicendole: “Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 115, Siena 1998). Quell’anello rimase visibile solo a lei. In questo episodio straordinario cogliamo il centro vitale della religiosità di Caterina e di ogni autentica spiritualità: il cristocentrismo. Cristo è per lei come lo sposo, con cui vi è un rapporto di intimità, di comunione e di fedeltà. Egli è il bene amato sopra ogni altro bene. 

Questa unione profonda con il Signore è illustrata da un altro episodio della vita di questa insigne mistica: lo scambio del cuore. Secondo Raimondo da Capua, che trasmette le confidenze ricevute da Caterina, il Signore Gesù le apparve con in mano un cuore umano rosso splendente, le aprì il petto, ve lo introdusse e disse: “Carissima figliola, come l’altro giorno presi il tuo cuore che tu mi offrivi, ecco che ora ti do il mio, e d’ora innanzi starà al posto che occupava il tuo” (ibid.). Caterina ha vissuto veramente le parole di san Paolo, “… non vivo io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Come la santa senese, ogni credente sente il bisogno di uniformarsi ai sentimenti del Cuore di Cristo per amare Dio e il prossimo come Cristo stesso ama. E noi tutti possiamo lasciarci trasformare il cuore ed imparare ad amare come Cristo, in una familiarità con Lui nutrita dalla preghiera, dalla meditazione sulla Parola di Dio e dai Sacramenti, soprattutto ricevendo frequentemente e con devozione la santa Comunione. Anche Caterina appartiene a quella schiera di santi eucaristici con cui ho voluto concludere la mia Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (cfr n. 94). Cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia è uno straordinario dono di amore che Dio ci rinnova continuamente per nutrire il nostro cammino di fede, rinvigorire la nostra speranza, infiammare la nostra carità, per renderci sempre più simili a Lui.

Attorno ad una personalità così forte e autentica si andò costituendo una vera e propria famiglia spirituale. Si trattava di persone affascinate dall’autorevolezza morale di questa giovane donna di elevatissimo livello di vita, e talvolta impressionate anche dai fenomeni mistici cui assistevano, come le frequenti estasi. Molti si misero al suo servizio e soprattutto considerarono un privilegio essere guidati spiritualmente da Caterina. La chiamavano “mamma”, poiché come figli spirituali da lei attingevano il nutrimento dello spirito. 

Anche oggi la Chiesa riceve un grande beneficio dall’esercizio della maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate. 

“Figlio vi dico e vi chiamo - scrive Caterina rivolgendosi ad uno dei suoi figli spirituali, il certosino Giovanni Sabatini -, in quanto io vi partorisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, così come una madre partorisce il figlio” (Epistolario, Lettera n. 141: A don Giovanni de’ Sabbatini). Al frate domenicano Bartolomeo de Dominici era solita indirizzarsi con queste parole: “Dilettissimo e carissimo fratello e figliolo in Cristo dolce Gesù”.

Un altro tratto della spiritualità di Caterina è legato al dono delle lacrime. Le lacrime esprimono una sensibilità squisita e profonda, capacità di commozione e di tenerezza. Non pochi Santi hanno avuto il dono delle lacrime, rinnovando l’emozione di Gesù stesso, che non ha trattenuto e nascosto il suo pianto dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro e al dolore di Marta e Maria, e alla vista di Gerusalemme, nei suoi ultimi giorni terreni. Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo, di cui ella ha parlato con toni vibranti e con immagini simboliche molto efficaci: “Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso” (Epistolario, Lettera n. 16: Ad uno il cui nome si tace).

Qui possiamo comprendere perché Caterina, pur consapevole delle manchevolezze umane dei sacerdoti, abbia sempre avuto una grandissima riverenza per essi: essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo

La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa. Prima di morire disse: “Partendomi dal corpo io, in verità, ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa, la quale cosa mi è singolarissima grazia” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 363).

Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio. 

Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte: “Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! ... O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80).

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Belgio: solidarietà dei vescovi europei a mons. Leonard vittima delle Femen (R.V.). E il Vaticano? (R.)

Belgio: solidarietà dei vescovi europei a mons. Leonard vittima delle Femen

Solidarietà dei vescovi europei all’arcivescovo di Malines-Bruxelles, monsignor André-Joseph Léonard: martedì scorso l’arcivescovo belga è stato vittima di un atto di provocazione da parte di quattro attiviste di Femen che hanno fatto irruzione al grido di “Stop Homophobia” mentre era impegnato in una conferenza dedicata al tema della libertà di espressione all’Università pubblica di Bruxelles. In un comunicato ripreso dall'agenzia Sir, la presidenza del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) ha voluto esprimere all’arcivescovo la sua “sincera vicinanza e solidarietà” e condannare “queste forme aggressive d’intolleranza religiosa”. 
Allo stesso tempo il Ccee ribadisce la posizione della Conferenza episcopale del Belgio secondo la quale “una discussione democratica sulle questioni della società non è possibile se non è permesso a tutti di esporre le proprie idee con mutuo rispetto e nella libertà di espressione”. 
In un comunicato i vescovi belgi avevano espresso solidarietà a mons. Léonard affermando anche che le provocazioni delle Femen sono prive “totalmente di credibilità e senso civico e in totale contraddizione con il tema del dibattito e con lo stile con cui la Chiesa cattolica si pone in dialogo in un contesto pluralista”. (R.P.) 

© Copyright Radio Vaticana

Doverosa la solidarieta' dei vescovi europei al Primate del Belgio. Mi domando: non e' il caso che anche il Vaticano dica una parola? Non credo che la "pax mediatica" verrebbe turbata mostrando un minimo di solidarieta' ad un confratello coraggioso.
R.

Lombardi: Benedetto XVI rientrerà in Vaticano probabilmente giovedì pomeriggio


Vaticano: rientro Ratzinger da Castel Gandolfo molto probabile giovedi'

Citta' del Vaticano, 29 apr. - (Adnkronos) - Il rientro del Papa emerito Joseph Ratzinger da Castel Gandolfo in Vaticano "avverra' questa settimana, molto probabilmente nel pomeriggio di giovedi' 2 maggio". Lo riferisce all'Adnkronos il direttore della Sala Stampa vaticana Padre Federico Lombardi.

Giovanni Paolo II: Fa una certa impressione il tono libero, vigoroso, tagliente, con cui Santa Caterina ammonisce preti, vescovi, cardinali. Occorreva sradicare — ella diceva — dal giardino della Chiesa le piante fradicie sostituendole con « piante novelle » fresche e olezzanti.


DALLA LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI «MOTU PROPRIO» PER LA PROCLAMAZIONE DI SANTA BRIGIDA DI SVEZIA SANTA CATERINA DA SIENA E SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE  COMPATRONE D'EUROPA DI GIOVANNI PAOLO II:

Di poco posteriore è l'altra grande figura di donna, santa Caterina da Siena, il cui ruolo negli sviluppi della storia della Chiesa e nello stesso approfondimento dottrinale del messaggio rivelato ha avuto riconoscimenti significativi, che sono giunti fino all'attribuzione del titolo di dottore della Chiesa.

Nata a Siena nel 1347, fu favorita sin dalla prima infanzia di straordinarie grazie che le permisero di compiere, sulla via spirituale tracciata da san Domenico, un rapido cammino di perfezione tra preghiera, austerità e opere di carità. Aveva vent'anni quando Cristo le manifestò la sua predilezione attraverso il mistico simbolo dell'anello sponsale. Era il coronamento di un'intimità maturata nel nascondimento e nella contemplazione, grazie alla costante permanenza, pur al di fuori delle mura di un monastero, entro quella spirituale dimora che ella amava chiamare la « cella interiore ». Il silenzio di questa cella, rendendola docilissima alle divine ispirazioni, poté coniugarsi ben presto con un'operosità apostolica che ha dello straordinario. Molti, anche chierici, si raccolsero intorno a lei come discepoli, riconoscendole il dono di una spirituale maternità. Le sue lettere si diramarono per l'Italia e per l'Europa stessa. La giovane senese entrò infatti con piglio sicuro e parole ardenti nel vivo delle problematiche ecclesiali e sociali della sua epoca.

Instancabile fu l'impegno che Caterina profuse per la soluzione dei molteplici conflitti che laceravano la società del suo tempo. La sua opera pacificatrice raggiunse sovrani europei quali Carlo V di Francia, Carlo di Durazzo, Elisabetta di Ungheria, Ludovico il Grande di Ungheria e di Polonia, Giovanna di Napoli. Significativa fu la sua azione per riconciliare Firenze con il Papa. Additando « Cristo crocifisso e Maria dolce » ai contendenti, ella mostrava che, per una società ispirata ai valori cristiani, mai poteva darsi motivo di contesa tanto grave da far preferire il ricorso alla ragione delle armi piuttosto che alle armi della ragione.

7. Caterina tuttavia sapeva bene che a tale conclusione non si poteva efficacemente pervenire, se gli animi non erano stati prima plasmati dal vigore stesso del Vangelo. Di qui l'urgenza della riforma dei costumi, che ella proponeva a tutti, senza eccezione. Ai re ricordava che non potevano governare come se il regno fosse loro « proprietà »: consapevoli di dover rendere conto a Dio della gestione del potere, essi dovevano piuttosto assumere il compito di mantenervi « la santa e vera giustizia », facendosi « padri dei poveri » (cfr Lettera n. 235 al Re di Francia). L'esercizio della sovranità non poteva infatti essere disgiunto da quello della carità, che è insieme anima della vita personale e della responsabilità politica (cfr Lettera n. 357 al re d'Ungheria).

Con la stessa forza Caterina si rivolgeva agli ecclesiastici di ogni rango, per chiedere la più severa coerenza nella loro vita e nel loro ministero pastorale. Fa una certa impressione il tono libero, vigoroso, tagliente, con cui ella ammonisce preti, vescovi, cardinali. Occorreva sradicare — ella diceva — dal giardino della Chiesa le piante fradicie sostituendole con « piante novelle » fresche e olezzanti. E forte della sua intimità con Cristo, la santa senese non temeva di indicare con franchezza allo stesso Pontefice, che amava teneramente come « dolce Cristo in terra », la volontà di Dio che gli imponeva di sciogliere le esitazioni dettate dalla prudenza terrena e dagli interessi mondani, per tornare da Avignone a Roma, presso la tomba di Pietro.

Con altrettanta passione, Caterina si prodigò poi per scongiurare le divisioni che sopraggiunsero nell'elezione papale successiva alla morte di Gregorio XI: anche in quella vicenda fece ancora una volta appello con ardore appassionato alle ragioni irrinunciabili della comunione. Era quello l'ideale supremo a cui aveva ispirato tutta la sua vita spendendosi senza riserva per la Chiesa. Sarà lei stessa a testimoniarlo ai suoi figli spirituali sul letto di morte: « Tenete per fermo, carissimi, che io ho dato la vita per la santa Chiesa » (Beato Raimondo da Capua, Vita di santa Caterina da Siena, Lib. III, c. IV).

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_01101999_co-patronesses-europe_it.html

Papa Francesco: vergognarsi dei propri peccati è virtù dell'umile che prepara al perdono di Dio

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Paolo VI proclama Santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa: Come poi non ricordare l’opera intensa, svolta dalla Santa per la riforma della Chiesa? È principalmente ai sacri Pastori che essa rivolge le sue esortazioni, disgustata di santo sdegno per l’ignavia di non pochi di loro, fremente per il loro silenzio, mentre il gregge loro affidato andava disperso ed in rovina

PROCLAMAZIONE DI SANTA CATERINA DA SIENA DOTTORE DELLA CHIESA

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

Domenica, 3 ottobre 1970
 
La spirituale esultanza che ha invaso l’animo Nostro nel proclamare Dottore della Chiesa la umile e sapiente vergine domenicana, Caterina da Siena, trova il riferimento più alto e, diremmo, la sua giustificazione nella gioia purissima esperimentata dal Signore Gesù, quando, come narra l’evangelista S. Luca, «trasalì di gioia nello Spirito Santo» e disse: «Io ti glorifico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti, e le hai rivelate ai semplici. Sì, Padre, perché tale è stato il tuo beneplacito» (Luc. 10, 21; cfr. Matth. 11, 25-26). 
In verità, nel ringraziare il Padre per aver svelato i segreti della sua divina sapienza agli umili, Gesù non aveva presenti al suo spirito soltanto i Dodici, che egli aveva eletti tra il popolo incolto, e che avrebbe un giorno inviato, quali suoi apostoli, ad istruire tutte le genti e ad insegnare ad esse quanto aveva loro comandato (Cfr. Matth. 28, 19-20), ma altresì quanti avrebbero creduto in Lui, fra i quali innumerevoli sarebbero stati i meno dotati agli occhi del mondo. 
E questo si compiaceva di osservare l’Apostolo delle genti, scrivendo alla comunità della greca Corinto, città pullulante di gente infatuata di umana sapienza. «Considerate tra voi, o fratelli, quelli che (Dio) ha chiamato: non molti i sapienti secondo l’estimazione terrena; non molti i potenti; non molti i nobili. Ciò invece che è stolto per il mondo, Iddio scelse per confondere i sapienti; e ciò che è debole Iddio scelse per confondere quello che è forte; scelse ciò che per il mondo non ha pregio e valore, ciò che non esiste, per ridurre al nulla ciò che esiste, affinché nessuna creatura possa vantarsi dinanzi a Dio» (1 Cor. 1, 26-29).
Tale scelta preferenziale di Dio per quanto è irrilevante o, magari, spregevole agli occhi del mondo era già stata annunciata dal Maestro, quando - in netta antitesi alle valutazioni terrene – aveva chiamato beati e candidati al suo Regno i poveri, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace (Cfr. Matth. 5, 3-10). 
Non è certo Nostra intenzione indugiare nel porre in rilievo come nella vita e nell’attività esterna di Caterina le Beatitudini evangeliche abbiano avuto un modello di superlativa verità e bellezza. Tutti voi, del resto, ricordate quanto ella sia stata libera nello spirito da ogni terrena cupidigia; quanto abbia amato la verginità consacrata al celeste sposo, Cristo Gesù; quanto sia stata affamata di giustizia e colma di viscere di misericordia nel cercare di riportare la pace in seno alle famiglie ed alle città, dilaniate da rivalità e da odi atroci; quanto si sia prodigata per riconciliare la repubblica di Firenze con il Sommo Pontefice Gregorio XI, fino ad esporre alla vendetta dei ribelli la propria vita. Né ci fermeremo ad ammirare le eccezionali grazie mistiche, di cui volle dotarla il Signore, tra le quali il mistico sposalizio e le sacre stigmate. Crediamo altresì non rispondente alla presente circostanza il rievocare la storia dei magnanimi sforzi, compiuti dalla Santa per indurre il Papa a ritornare alla sua legittima sede, Roma. Il successo che ella finalmente ottenne, fu veramente il capolavoro della sua operosità, che rimarrà nei secoli la sua gloria più grande e costituirà un titolo tutto speciale all’eterna riconoscenza per lei da parte della Chiesa.
Crediamo, invece, opportuno in questo momento porre, sia pur brevemente, in luce il secondo dei titoli, che giustificano, in conformità al giudizio della Chiesa, il conferimento del Dottorato alla figlia dell’illustre Città di Siena: e cioè la peculiare eccellenza della dottrina. 
Quanto al primo titolo infatti, quello della santità, il suo riconoscimento solenne fu espresso, ed in ampia misura e con stile inconfondibile di umanista, dal Pontefice Pio II, suo concittadino, nella Bolla di Canonizzazione Misericordias Domini, di cui egli stesso fu l’autore (Cfr. M.-H. LAUKENT, OP., Proc. Castel., pp. 521-530; Trad. ital. di I. Taurisano, OP., S. Caterina da Siena, Roma 1948, pp. 665-673). La speciale cerimonia liturgica ebbe luogo nella Basilica di S. Pietro, il 29 giugno 1461. 
Che diremo dunque dell’eminenza della dottrina cateriniana? Noi certamente non troveremo negli scritti della Santa, cioè nelle sue Lettere, conservate in numero assai cospicuo, nel Dialogo della Divina Provvidenza ovvero Libro della Divina Dottrina e nelle «orationes», il vigore apologetico e gli ardimenti teologici che distinguono le opere dei grandi luminari della Chiesa antica, sia in Oriente che in Occidente; né possiamo pretendere dalla non colta vergine di Fontebranda le alte speculazioni, proprie della teologia sistematica, che hanno reso immortali i Dottori del medioevo scolastico. E se è vero che nei suoi scritti si riflette, e in misura sorprendente, la teologia dell’Angelico Dottore, essa vi compare però spoglia di ogni rivestimento scientifico. Ciò invece che più colpisce nella Santa è la sapienza infusa, cioè la lucida, profonda ed inebriante assimilazione delle verità divine e dei misteri della fede, contenuti nei Libri Sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento: una assimilazione, favorita, sì, da doti naturali singolarissime, ma evidentemente prodigiosa, dovuta ad un carisma di sapienza dello Spirito Santo, un carisma mistico.
Caterina da Siena offre nei suoi scritti uno dei più fulgidi modelli di quei carismi di esortazione, di parola di sapienza e di parola di scienza, che S. Paolo mostrò operanti in alcuni fedeli presso le primitive comunità cristiane, e di cui volle che fosse ben disciplinato l’uso, ammonendo che tali doni non sono tanto a vantaggio di coloro che ne sono dotati, quanto piuttosto dell’intero Corpo della Chiesa: come infatti in esso - spiega l’Apostolo - «unico e medesimo (è) lo Spirito che distribuisce i suoi doni a ciascuno come vuole» (1 Cor. 12, 11) così su tutte le membra del mistico organismo di Cristo deve ridondare il beneficio dei tesori spirituali che il suo Spirito elargisce (Cfr. 1 Cor. 11, 5;Rom. 12, 8; 1 Tim. 6, 2; Tit. 2, 15). 
«Dottrina eius (scilicet Catharinae) non acquisita fuit; prius magistra visa est quam discipula» (Proc. Castel., 1. c.): così dichiarò lo stesso Pio II nella Bolla di Canonizzazione. Ed invero, quanti raggi di sovrumana sapienza, quanti urgenti richiami all’imitazione di Cristo in tutti i misteri della sua vita e della sua Passione, quanti efficaci ammaestramenti per la pratica delle virtù, proprie dei vari stati di vita, sono sparsi nelle opere della Santa! Le sue Lettere sono come altrettante scintille di un fuoco misterioso, acceso nel suo cuore ardente dall’Amore Infinito, ch’è lo Spirito Santo.
Ma quali sono le linee caratteristiche, i temi dominanti del suo magistero ascetico e mistico? A Noi sembra che, ad imitazione del «glorioso Paolo» (Dialogo, c. XI, a cura di G. Cavallini, 1968, p. 27), di cui riflette talvolta anche lo stile gagliardo ed impetuoso, Caterina sia la mistica del Verbo Incarnato, e soprattutto di Cristo Crocifisso; essa fu l’esaltatrice della virtù redentivi del Sangue adorabile del Figliuolo di Dio, effuso sul legno della Croce con larghezza di amore per la salvezza di tutte le umane generazioni (Cfr. Dialogo, c. CXXVII, ed. cit., p. 325). Questo Sangue del Salvatore, la Santa lo vede fluire continuamente nel Sacrificio della Messa e nei Sacramenti, grazie al ministero dei sacri ministri, a purificazione ed abbellimento dell’intero Corpo mistico di Cristo. Caterina perciò potremmo dirla la mistica del Corpo mistico di Cristo, cioè della Chiesa. 
D’altra parte la Chiesa è per lei autentica madre, a cui è doveroso sottomettersi, prestare riverenza ed assistenza: «Ché - Ella osa dire - la Chiesa non è altro che esso Cristo» (Lettera 171, a cura di P. Misciatelli, III, 89).
Quale non fu perciò l’ossequio e l’amore appassionato che la Santa nutrì per il Romano Pontefice! Noi oggi personalmente, minimo servo dei servi di Dio, dobbiamo a Caterina immensa riconoscenza, non certo per l’onore che possa ridondare sulla nostra umile persona, ma per la mistica apologia ch’ella fa dell’ufficio apostolico del successore di Pietro. Chi non ricorda? Ella contempla in lui «il dolce Cristo in terra» (Lettera 196, ed. cit., III, 211), a cui si deve filiale affetto ed obbedienza, perché : «Chi sarà inobediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non partecipa del frutto del Sangue del Figliuolo di Dio» (Lettera 207, ed. cit., III, 270). E quasi anticipando, non solo la dottrina, ma il linguaggio stesso del Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 23), la Santa scrive al Papa Urbano VI: «Padre santissimo . . cognoscete la grande necessità, che è a voi e alla santa Chiesa di conservare questo popolo (di Firenze) alla obbedienza e reverenza della Santità Vostra, perocché qui è il capo e il principio della nostra fede» (Lettera 170, ed. cit., III, 75).
Ai Cardinali, poi, a molti Vescovi e sacerdoti, essa rivolge pressanti esortazioni, né risparmia forti rimproveri, sempre però in tutta umiltà e rispetto per la loro dignità di ministri del Sangue di Cristo. Né Caterina poteva dimenticare di essere figlia di un Ordine religioso, e tra i più gloriosi ed attivi nella Chiesa. Essa, quindi, nutre stima singolare per quelle che chiama le «sante religioni», che considera quasi vincolo di unione tra il Corpo mistico, costituito dai rappresentanti di Cristo (secondo una qualificazione sua propria), ed il corpo universale della religione cristiana, cioè i semplici fedeli. Esige dai religiosi fedeltà alla loro eccelsa vocazione, attraverso l’esercizio generoso delle virtù e l’osservanza delle rispettive regole. Non ultimi, nella sua materna sollecitudine, sono i laici, a cui indirizza vivaci e numerose lettere, volendoli pronti nella pratica delle virtù cristiane e dei doveri del proprio stato, animati da ardente carità per Iddio e per il prossimo, poiché anch’essi sono membra vive del Corpo mistico; ora, dice la Santa, «ella (cioè la Chiesa) è fondata in amore, ed è esso amore» (Lettera 103, a cura di G. Gigli). 
Come poi non ricordare l’opera intensa, svolta dalla Santa per la riforma della Chiesa? È principalmente ai sacri Pastori che essa rivolge le sue esortazioni, disgustata di santo sdegno per l’ignavia di non pochi di loro, fremente per il loro silenzio, mentre il gregge loro affidato andava disperso ed in rovina. «Ohimé, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue, scrive ad un alto prelato. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè il Sangue di Cristo» (Lettera 16 al card. di Ostia, a cura di L. Ferretti, I, 85).
E che cosa intendeva essa per rinnovamento e riforma della Chiesa? Non certamente il sovvertimento delle sue strutture essenziali, la ribellione ai Pastori, la via libera ai carismi personali, le arbitrarie innovazioni nel culto e nella disciplina, come alcuni vorrebbero ai nostri giorni. Al contrario, essa afferma ripetutamente che sarà resa la bellezza alla Sposa di Cristo e si dovrà fare la riforma «non con guerra, ma con pace e quiete, con umili e continue orazioni, sudori e lagrime dei servi di Dio» (Cfr. Dialogo, cc. XV, LXXXVI, ed. cit., pp. 44, 197). Si tratta, quindi, per la Santa di una riforma anzitutto interiore, e poi esterna, ma sempre nella comunione e nell’obbedienza filiale verso i legittimi rappresentanti di Cristo. 
Fu anche politica la nostra devotissima Vergine? Sì, indubbiamente, ed in forma eccezionale, ma in un senso tutto spirituale della parola. Ella, infatti, respinse sdegnosamente l’accusa di politicante, che le muovevano alcuni dei suoi concittadini, scrivendo ad uno di loro: «. . . E i miei cittadini credono che per me o per la compagnia ch’io ho meco, si facciano trattati: elli dicono la verità; ma non la cognoscono, e profetano; perocché altro non voglio fare né voglio faccia chi è con me, se non che si tratti di sconfiggere il dimonio e toglierli la signoria che egli ha presa dello uomo per lo peccato mortale, e trargli l’odio del cuore, e pacificarlo con Cristo Crocifisso e col prossimo suo» (Lettera122, ed. cit., II, 253).
La lezione pertanto di questa donna politica «sui generis» conserva tuttora il suo significato e valore, benché oggi sia più sentito il bisogno di far la debita distinzione tra le cose di Cesare e quelle di Dio, tra Chiesa e Stato. Il magistero politico della Santa trova la più genuina e perfetta espressione in questa sua lapidaria sentenza: «Niuno stato si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la santa giustizia» (Dialogo, c. CXIX, ed. cit., p. 291). 
Non contenta di avere svolto un intenso e vastissimo magistero di verità e di bontà con la parola e con gli scritti, Caterina volle suggellarlo con l’offerta finale della sua vita, per il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, nell’ancor giovanile età di 33 anni. Dal suo letto di morte, circondata dai fedeli discepoli in una celletta presso la chiesa di S. Maria sopra Minerva, in Roma, essa rivolse al Signore questa commovente preghiera, vero testamento di fede e di riconoscente, ardentissimo amore: «O Dio eterno, ricevi il sacrificio della vita mia in (vantaggio di) questo corpo mistico della santa Chiesa. Io non ho che dare altro se non quello che tu hai dato a me. Tolli il cuore, dunque, e premilo sopra la faccia di questa sposa» (Lettera 371, ed. L. Ferretti, V, pp. 301-302). 
Il messaggio perciò di una fede purissima, di un amore ardente, di una dedizione umile e generosa alla Chiesa Cattolica, quale Corpo mistico e Sposa del Redentore divino: questo è il messaggio tipico del nuovo Dottore della Chiesa, Caterina da Siena, a illuminazione ed esempio di quanti si gloriano di appartenerle. Raccogliamolo con animo riconoscente e generoso, perché sia luce della nostra vita terrena e pegno di futura e sicura appartenenza alla Chiesa trionfante del Cielo. Così sia!

© Copyright 1970