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domenica 30 giugno 2013
Via Crucis 2006: parole "a braccio" di Benedetto XVI. Il video sul canale YouTube del blog
Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo e risentiamo questo splendido discorso (14 aprile 2006):
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Benedetto XVI: la «Via Crucis» non è semplicemente una collezione delle cose oscure e tristi del mondo. Non è neppure un moralismo alla fine inefficiente. Non è un grido di protesta che non cambia niente. La «Via Crucis» è la via della misericordia, e della misericordia che pone il limite al male
Clicca qui per leggere la trascrizione della parole "a braccio" di Benedetto XVI al termine della Via Crucis al Colosseo, 14 aprile 2006.
Papa Francesco: Benedetto XVI ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore
PAPA FRANCESCO: ANGELUS, “GESÙ NON CI VUOLE CRISTIANI EGOISTI O DEBOLI”
“Gerusalemme è la meta finale, dove Gesù, nella sua ultima Pasqua, deve morire e risorgere, e così portare a compimento la sua missione di salvezza”.
Lo ha sottolineato Papa Francesco, stamattina, alla recita dell’Angelus con i fedeli giunti a piazza San Pietro, ricordando che il Vangelo di questa domenica mostra “un passaggio molto importante nella vita di Cristo”, quando “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Dopo quella “ferma decisione”, Gesù “punta dritto al traguardo, e anche alle persone, che incontra e che gli chiedono di seguirlo, dice chiaramente quali sono le condizioni: non avere una dimora stabile; sapersi distaccare dagli affetti umani; non cedere alla nostalgia del passato”. Ma Gesù dice anche “ai suoi discepoli, incaricati di precederlo sulla via verso Gerusalemme per annunciare il suo passaggio, di non imporre nulla: se non troveranno disponibilità ad accoglierlo, si proceda oltre, si vada avanti”. Ma, ha aggiunto a braccio il Pontefice, “Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita: ‘Se tu vuoi, vieni’. L’umiltà di Gesù è così: Lui ci invita sempre, non impone”. Per il Santo Padre, “tutto questo ci fa pensare”. Ci dice, ad esempio, “l’importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l’ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla”.
Infatti, “Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, ‘telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo, e a un certo punto ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l’ultima volta”. Gesù ha preso questa decisione “nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui! Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà. E per questo la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre. E nel Padre Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino”. E, ha sottolineato Francesco, proseguendo a braccio, “Gesù era libero, in quella decisione era libero. Gesù a noi cristiani ci vuole liberi, come Lui. Con quella libertà che viene da questo dialogo con il Padre, da questo dialogo con Dio. Non vuole Gesù né cristiani egoisti che seguono il proprio io e non parlano con Dio né cristiani deboli, cristiani che non hanno volontà, cristiani telecomandati, incapaci di creatività, che cercano sempre di collegarsi con la volontà di un altro e non sono liberi. Gesù ci vuole liberi”. E questa libertà “si fa nel dialogo con Dio, nella propria coscienza. Se un cristiano non sa parlare con Dio, non sa sentire Dio nella propria coscienza non è libero”. Per questo “dobbiamo imparare ad ascoltare di più la nostra coscienza”.
“Ma - ha avvertito il Papa - attenzione! Questo non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace… Non è questo! La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio; è il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele”. “Noi - ha continuato a braccio - abbiamo avuto un esempio meraviglioso di com’è questo rapporto con Dio nella propria coscienza. Un recente esempio meraviglioso”. Il Papa Benedetto XVI “ci ha dato questo grande esempio, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore”. E “questo esempio - ha detto a braccio - del nostro Padre ci fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire”. Di qui la richiesta di intercessione alla Vergine: “Ci aiuti Maria a diventare sempre più uomini e donne di coscienza, liberi nella coscienza, perché è nella coscienza si dà il dialogo con Dio, uomini e donne capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione”.
© Copyright Sir
“Gerusalemme è la meta finale, dove Gesù, nella sua ultima Pasqua, deve morire e risorgere, e così portare a compimento la sua missione di salvezza”.
Lo ha sottolineato Papa Francesco, stamattina, alla recita dell’Angelus con i fedeli giunti a piazza San Pietro, ricordando che il Vangelo di questa domenica mostra “un passaggio molto importante nella vita di Cristo”, quando “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Dopo quella “ferma decisione”, Gesù “punta dritto al traguardo, e anche alle persone, che incontra e che gli chiedono di seguirlo, dice chiaramente quali sono le condizioni: non avere una dimora stabile; sapersi distaccare dagli affetti umani; non cedere alla nostalgia del passato”. Ma Gesù dice anche “ai suoi discepoli, incaricati di precederlo sulla via verso Gerusalemme per annunciare il suo passaggio, di non imporre nulla: se non troveranno disponibilità ad accoglierlo, si proceda oltre, si vada avanti”. Ma, ha aggiunto a braccio il Pontefice, “Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita: ‘Se tu vuoi, vieni’. L’umiltà di Gesù è così: Lui ci invita sempre, non impone”. Per il Santo Padre, “tutto questo ci fa pensare”. Ci dice, ad esempio, “l’importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l’ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla”.
Infatti, “Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, ‘telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo, e a un certo punto ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l’ultima volta”. Gesù ha preso questa decisione “nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui! Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà. E per questo la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre. E nel Padre Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino”. E, ha sottolineato Francesco, proseguendo a braccio, “Gesù era libero, in quella decisione era libero. Gesù a noi cristiani ci vuole liberi, come Lui. Con quella libertà che viene da questo dialogo con il Padre, da questo dialogo con Dio. Non vuole Gesù né cristiani egoisti che seguono il proprio io e non parlano con Dio né cristiani deboli, cristiani che non hanno volontà, cristiani telecomandati, incapaci di creatività, che cercano sempre di collegarsi con la volontà di un altro e non sono liberi. Gesù ci vuole liberi”. E questa libertà “si fa nel dialogo con Dio, nella propria coscienza. Se un cristiano non sa parlare con Dio, non sa sentire Dio nella propria coscienza non è libero”. Per questo “dobbiamo imparare ad ascoltare di più la nostra coscienza”.
“Ma - ha avvertito il Papa - attenzione! Questo non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace… Non è questo! La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio; è il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele”. “Noi - ha continuato a braccio - abbiamo avuto un esempio meraviglioso di com’è questo rapporto con Dio nella propria coscienza. Un recente esempio meraviglioso”. Il Papa Benedetto XVI “ci ha dato questo grande esempio, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore”. E “questo esempio - ha detto a braccio - del nostro Padre ci fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire”. Di qui la richiesta di intercessione alla Vergine: “Ci aiuti Maria a diventare sempre più uomini e donne di coscienza, liberi nella coscienza, perché è nella coscienza si dà il dialogo con Dio, uomini e donne capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione”.
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Il tableau della Diocesi di Milano per i nuovi preti
Su segnalazione di Fabiola vediamo il tableau preparato dalla Diocesi di Milano. Qui il commento ed i testi.
Papa Francesco: l'esempio di Benedetto XVI che ha seguito la sua coscienza, cioè la volontà di Dio (Ambrogetti)
Clicca qui per leggere il commento.
Una delegazione di Frisinga è andata a trovare Benedetto XVI
Clicca qui per leggere la notizia e vedere la foto segnalateci da Fabiola.
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La libertà di coscienza del cristiano (Rainews)
Clicca qui per vedere il servizio.
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Papa Francesco: Benedetto XVI ci ha dato un grande esempio seguendo la sua coscienza. Gesù non era telecomandato, seguiva la coscienza (Izzo)
PAPA: BENEDETTO XVI CI HA DATO GRANDE ESEMPIO SEGUENDO COSCIENZA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 giu.
"Benedetto XVI ci ha dato un grande esempio quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere".
Con queste parole il nuovo Papa ha esaltato all'Angelus le qualita' morali del suo predecessore, che "ha seguito con grande senso di discernimento e coraggio - ha scandito Francesco - la sua coscienza, cioe' la volonta' di Dio che parlava al suo cuore". "Un esempio meraviglioso - ha spiegato - di cosa vuol dire seguire la volonta' di Gesu' nella coscienza".
"L'esempio del nostro padre - ha ripetuto - che ci fa bene, fa bene a ciascuno di noi seguirlo" .
Il Pontefice - eletto in seguito alla scelta dell'86enne Joseph Ratzinger che, sentendo venir meno le forze fische e d'animo ha voluto rinunciare al Ministero Petrino per il bene della Chiesa - gia' il 16 marzo riconobbe pubblicamente, era la sua prima udienza, l'azione dello Spirito Santo nella decisione di "Papa Benedetto", come lo ha chiamato anche oggi.
La sua meditazione all'Angelus e' stata tutta incentrata sul primato della coscienza. E si e' conclusa con un'invocazione alla Vergine che "con grande semplicita', ascoltava e meditava nell'intimo di se stessa la Parola di Dio". "Ci aiuti Maria - ha pregato Francesco - a diventare sempre piu' uomini e donne di coscienza, capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione".
© Copyright (AGI)
PAPA: GESU' NON ERA TELECOMANDATO, SEGUIVA COSCIENZA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 giu.
"Gesu', nella sua esistenza terrena, non era, per cosi' dire, telecomandato".
Papa Francesco ha voluto chiarirlo nella riflessione proposta oggi ai 60 mila fedeli di piazza San Pietro, dedicata al primato della coscienza del quale il Signore stesso - con il suo Sacrificio - rappresenta il primo esempio. "Gesu' - ha spiegato - a noi cristiani ci vuole liberi come lui, non cristiani egositi che seguono il proprio io, telecomandati che cercano un collegamento con un altro. Se non segue Dio nella propria coscienza un uomo non e' libero".
"La coscienza - ha spiegato il Papa - e' lo spazio interiore dell'ascolto della verita', del bene, dell'ascolto di Dio; e' il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele".
Il Vangelo di oggi, ha ricordato il Papa, descrive "la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l'ultima volta; una decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui".
Per Francesco, "Gesu' ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volonta'. E per questo la decisione era ferma, perche' presa insieme con il Padre. E nel Padre Gesu' trovava la forza e la luce per il suo cammino".
"II Vangelo - ha osservato Papa Bergoglio - mostra un passaggio molto importante nella vita di Cristo: Gerusalemme e' la meta finale, dove Gesu', nella sua ultima Pasqua, deve morire e risorgere, e cosi' portare a compimento la sua missione di salvezza".
"Dopo quella ferma decisione - infatti - punta dritto al traguardo, e anche alle persone che incontra e che gli chiedono di seguirlo, dice chiaramente quali sono le condizioni: non avere una dimora stabile; sapersi distaccare dagli affetti familiari; non cedere alla nostalgia del passato".
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 giu.
"Benedetto XVI ci ha dato un grande esempio quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere".
Con queste parole il nuovo Papa ha esaltato all'Angelus le qualita' morali del suo predecessore, che "ha seguito con grande senso di discernimento e coraggio - ha scandito Francesco - la sua coscienza, cioe' la volonta' di Dio che parlava al suo cuore". "Un esempio meraviglioso - ha spiegato - di cosa vuol dire seguire la volonta' di Gesu' nella coscienza".
"L'esempio del nostro padre - ha ripetuto - che ci fa bene, fa bene a ciascuno di noi seguirlo" .
Il Pontefice - eletto in seguito alla scelta dell'86enne Joseph Ratzinger che, sentendo venir meno le forze fische e d'animo ha voluto rinunciare al Ministero Petrino per il bene della Chiesa - gia' il 16 marzo riconobbe pubblicamente, era la sua prima udienza, l'azione dello Spirito Santo nella decisione di "Papa Benedetto", come lo ha chiamato anche oggi.
La sua meditazione all'Angelus e' stata tutta incentrata sul primato della coscienza. E si e' conclusa con un'invocazione alla Vergine che "con grande semplicita', ascoltava e meditava nell'intimo di se stessa la Parola di Dio". "Ci aiuti Maria - ha pregato Francesco - a diventare sempre piu' uomini e donne di coscienza, capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione".
© Copyright (AGI)
PAPA: GESU' NON ERA TELECOMANDATO, SEGUIVA COSCIENZA
Salvatore Izzo
"Gesu', nella sua esistenza terrena, non era, per cosi' dire, telecomandato".
Papa Francesco ha voluto chiarirlo nella riflessione proposta oggi ai 60 mila fedeli di piazza San Pietro, dedicata al primato della coscienza del quale il Signore stesso - con il suo Sacrificio - rappresenta il primo esempio. "Gesu' - ha spiegato - a noi cristiani ci vuole liberi come lui, non cristiani egositi che seguono il proprio io, telecomandati che cercano un collegamento con un altro. Se non segue Dio nella propria coscienza un uomo non e' libero".
"La coscienza - ha spiegato il Papa - e' lo spazio interiore dell'ascolto della verita', del bene, dell'ascolto di Dio; e' il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele".
Il Vangelo di oggi, ha ricordato il Papa, descrive "la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l'ultima volta; una decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui".
Per Francesco, "Gesu' ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volonta'. E per questo la decisione era ferma, perche' presa insieme con il Padre. E nel Padre Gesu' trovava la forza e la luce per il suo cammino".
"II Vangelo - ha osservato Papa Bergoglio - mostra un passaggio molto importante nella vita di Cristo: Gerusalemme e' la meta finale, dove Gesu', nella sua ultima Pasqua, deve morire e risorgere, e cosi' portare a compimento la sua missione di salvezza".
"Dopo quella ferma decisione - infatti - punta dritto al traguardo, e anche alle persone che incontra e che gli chiedono di seguirlo, dice chiaramente quali sono le condizioni: non avere una dimora stabile; sapersi distaccare dagli affetti familiari; non cedere alla nostalgia del passato".
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Papa Bergoglio rende omaggio al suo predecessore (Giansoldati)
Il Papa elogia la scelta di Ratzinger e ricorda l'importanza della coscienza: «Gesù non era telecomandato»
di Franca Giansoldati
CITTA' DEL VATICANO
Papa Bergoglio rende omaggio al suo predecessore.
La rinuncia maturata da Benedetto XVI l'11 febbraio scorso costituisce un passaggio luminoso per tutti i cristiani, poiché frutto di una riflessione profonda e ancorata alla coerenza interiore. «Il Papa Benedetto XVI ci ha dato un grande esempio in questo senso, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore». Parole che rispecchiano stima e affetto.
Dal giorno della sua elezione, avvenuta il 13 marzo, Francesco in diverse occasioni ha fatto riferimento al pontificato precedente e al teologo Ratzinger, citandolo nelle omelie e in diversi discorsi. Inoltre più di una volta ha espresso per il Papa emerito grande affetto e gratitudine. I rapporti personali tra i due papi sono "familiari" e, nella discrezione più assoluta capita anche che Francesco si rechi al monastero Mater Ecclesiae dove vive Ratzinger in Vaticano.
Poco dopo la sua elezione, dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, uno dei primi pensieri di Francesco fu per il teologo bavarese: «E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca».
Anche stamattina, durante la preghiera dell'Angelus ha fatto riferimento a Ratzinger, parlando della centralità della coscienza di ogni uomo davanti a Dio. «Gesù, nella sua esistenza terrena, non era “telecomandato” - ha spiegato - Anche i cristiani devono essere non telecomandati ma liberi». Francesco ha sottolineato «l'importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l'ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla. Gesù, nella sua esistenza terrena, non era per così dire 'telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo e, a un certo punto, ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l'ultima volta». È stata, ha spiegato il pontefice, «una decisione presa nella sua coscienza ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui. Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo, della sua volontà. E per questo - ha concluso - la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre; e nel Padre, Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino». Poi il Papa dopom l’Angelus ha ricordato che oggi in Italia si celebra la Giornata della carità del Papa. E ha detto che desidera «ringraziare i vescovi e le parrocchie, specialmente le più povere, per le preghiere e e le offerte che sostengono tante iniziative pastorali e caritative del Successore di Pietro in ogni parte del mondo. Grazie a tutti».
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/papa_francesco_ratzinger_angelus/notizie/298498.shtml
di Franca Giansoldati
CITTA' DEL VATICANO
Papa Bergoglio rende omaggio al suo predecessore.
La rinuncia maturata da Benedetto XVI l'11 febbraio scorso costituisce un passaggio luminoso per tutti i cristiani, poiché frutto di una riflessione profonda e ancorata alla coerenza interiore. «Il Papa Benedetto XVI ci ha dato un grande esempio in questo senso, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore». Parole che rispecchiano stima e affetto.
Dal giorno della sua elezione, avvenuta il 13 marzo, Francesco in diverse occasioni ha fatto riferimento al pontificato precedente e al teologo Ratzinger, citandolo nelle omelie e in diversi discorsi. Inoltre più di una volta ha espresso per il Papa emerito grande affetto e gratitudine. I rapporti personali tra i due papi sono "familiari" e, nella discrezione più assoluta capita anche che Francesco si rechi al monastero Mater Ecclesiae dove vive Ratzinger in Vaticano.
Poco dopo la sua elezione, dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, uno dei primi pensieri di Francesco fu per il teologo bavarese: «E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca».
Anche stamattina, durante la preghiera dell'Angelus ha fatto riferimento a Ratzinger, parlando della centralità della coscienza di ogni uomo davanti a Dio. «Gesù, nella sua esistenza terrena, non era “telecomandato” - ha spiegato - Anche i cristiani devono essere non telecomandati ma liberi». Francesco ha sottolineato «l'importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l'ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla. Gesù, nella sua esistenza terrena, non era per così dire 'telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo e, a un certo punto, ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l'ultima volta». È stata, ha spiegato il pontefice, «una decisione presa nella sua coscienza ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui. Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo, della sua volontà. E per questo - ha concluso - la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre; e nel Padre, Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino». Poi il Papa dopom l’Angelus ha ricordato che oggi in Italia si celebra la Giornata della carità del Papa. E ha detto che desidera «ringraziare i vescovi e le parrocchie, specialmente le più povere, per le preghiere e e le offerte che sostengono tante iniziative pastorali e caritative del Successore di Pietro in ogni parte del mondo. Grazie a tutti».
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/papa_francesco_ratzinger_angelus/notizie/298498.shtml
Papa Francesco su Benedetto XVI: questo esempio del nostro Padre fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire
Ecco la trascrizione delle parole pronunciate da Papa Francesco all'Angelus. La frase in cui definisce Benedetto "nostro Padre" e' stata aggiunta "a braccio":
Papa Francesco: "Noi abbiamo avuto un esempio meraviglioso di come è questo rapporto con Dio nella propria coscienza, un recente esempio meraviglioso. Il Papa Benedetto XVI ci ha dato questo grande esempio quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore. E questo esempio del nostro Padre fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire"
IL TESTO DELL'ANGELUS
IL VIDEO INTEGRALE
PODCAST DI RADIO VATICANA
Papa Francesco: "Noi abbiamo avuto un esempio meraviglioso di come è questo rapporto con Dio nella propria coscienza, un recente esempio meraviglioso. Il Papa Benedetto XVI ci ha dato questo grande esempio quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore. E questo esempio del nostro Padre fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire"
IL TESTO DELL'ANGELUS
IL VIDEO INTEGRALE
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Francesco: Benedetto ha seguito la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore (AdnKronos)
Clicca qui per leggere il commento.
Parole di Papa Francesco alla recita dell'Angelus
Clicca qui per leggere il testo dell'Angelus e per vedere la registrazione.
Papa Francesco: il Vangelo ci chiede di non imporre nulla annunciandolo. Grazie a vescovi e fedeli italiani per l'Obolo di San Pietro. L'incoraggiamento ai ragazzi della Lituania: la fede non è un'illusione (Izzo)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 giu.
Nel Vangelo di Luca, "Gesu' dice ai suoi discepoli, incaricati di precederlo sulla via verso Gerusalemme per annunciare il suo passaggio, di non imporre nulla: se non troveranno disponibilita' ad accoglierlo, si proceda oltre, si vada avanti".
Lo ha ricordato Papa Francesco nella breve riflessione che ha preceduto l'Angelus.
"Tutto questo - ha sottolineato - ci fa pensare. Ci dice, ad esempio, l'importanza che, anche per Gesu', ha avuto la coscienza: l’ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla.
Cosi' - ha concluso il Pontefice - anche noi: dobbiamo imparare ad ascoltare di piu' la nostra coscienza. Ma attenzione! Questo non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace... Non e' questo!".
© Copyright (AGI)
PAPA: GRAZIE A VESCOVI E FEDELI ITALIANI PER OBOLO S. PIETRO
Salvatore Izzo
Papa Francesco ha voluto pubblicamente "ringraziare i vescovi italiani e tutte le parrocchie, specialmente le piu' povere, per le preghiere e le offerte che sostengono tante
iniziative pastorali e caritative del Successore di Pietro in ogni parte del mondo".
Lo ha fatto dopo la preghiera dell'Angelus, ricordando che "oggi in Italia si celebra la Giornata della carita' del Papa". "Grazie a tutti!", ha poi ripetuto prima di salutare i 60 mila fedeli presenti in piazza San Pietro, augurando loro "Buona domenica e buon pranzo".
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PAPA: INCORAGGIA RAGAZZI DELLA LITUANIA, FEDE NON E' ILLUSIONE
Salvatore Izzo
Papa Francesco incoraggia in un messaggio i ragazzi che partecipano a Kaunas alla "Sesta Giornata dei Giovani" della Lituania. "L'amore di Cristo e la sua amicizia - sottolinea il Papa - non sono un'illusione, ne' sono riservati a pochi".
Voi stessi, assicura, "incontrerete questa amicizia e ne sperimenterete tutta la fecondita' e la bellezza se lo cercherete con sincerita', vi aprirete con fiducia a Lui, e coltiverete con impegno la vostra vita spirituale".
Nella lettera, il Papa ricorda in particolare l'importanza dell'accostarsi ai Sacramenti, meditare la Sacra Scrittura, pregare con costanza, e ancora vivere "intensamente nella comunita; cristiana", ed esorta i giovani a sentirsi "parte viva della Chiesa, impegnati nell'evangelizzazione, in unione con i fratelli nella fede e in comunione" con i propri pastori.
"Non abbiate timore - chiede ai ragazzi Papa Bergoglio - di vivere la fede! Siate testimoni di Cristo nei vostri ambienti quotidiani, con semplicita' e coraggio" mostrando agli altri giovani "soprattutto il Volto di misericordia e di amore di Dio, che sempre perdona, incoraggia, dona speranza". "Siate sempre attenti all'altro - raccomanda ancora il Papa - specialmente alle persone piu' povere e piu' deboli, vivendo e testimoniando l’amore fraterno, contro ogni egoismo e chiusura". Il Papa invita poi i giovani a pregare il Santo Rosario, rivolgendosi a Maria perche' ci guidi "ad un'unione sempre piu' stretta" con Gesù. Il "vostro Patrono San Casimiro – conclude il messaggio - vi aiuti a cercare e a portare Cristo senza mai stancarvi".
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Papa Francesco: ascoltiamo la coscienza in unione con il Padre come ha fatto Benedetto XVI
Il Papa: Gesù ci vuole liberi, ascoltiamo la coscienza in unione con il Padre come ha fatto Benedetto XVI
Gesù ci invita ad ascoltare la nostra coscienza in piena unione con il Padre, così saremo cristiani liberi e non "telecomandati": è quanto sottolineato da Papa Francesco all’Angelus, in Piazza San Pietro. Il Pontefice ha indicato Benedetto XVI come “grande esempio” in questo senso, giacché ha seguito con coraggio e discernimento la “volontà di Dio che parlava al suo cuore”. Nella Giornata della Carità del Papa, ha quindi espresso particolare gratitudine a quanti sostengono le sue iniziative caritative. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Papa Francesco svolge la sua meditazione partendo da questo passo del Vangelo domenicale e osserva che, una volta presa la decisione, Gesù chiede ai suoi discepoli di non “imporre nulla” a quanti incontreranno nel loro cammino:
“Gesù non impone mai: Gesù è umile. Gesù invita. Se tu vuoi, vieni. E l’umiltà di Gesù è così: Lui ci invita sempre, non impone”.
“Tutto questo – ha osservato – ci fa pensare”, “ci dice, ad esempio, l’importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l’ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla”:
“Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, ‘telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo, e a un certo punto ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l’ultima volta; una decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui!”
Gesù, ha proseguito, “ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà”. E per questo “la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre”.
“E Gesù era libero: in quella decisione era libero! Gesù, a noi cristiani, ci vuole liberi, come Lui. Con quella libertà che viene dal dialogo con il Padre, da questo dialogo con Dio. Non vuole, Gesù, né cristiani egoisti che seguono il proprio Io e non parlano con Dio, né cristiani deboli, cristiani che non hanno volontà, cristiani telecomandati, incapaci di creatività, che cercano sempre di collegarsi alla volontà di un altro, e non sono liberi. Gesù ci vuole liberi e questa libertà, dove si fa? Si fa nel dialogo con Dio nella propria coscienza”.
“Se un cristiano non sa parlare con Dio, non sa sentire Dio nella propria coscienza – è stato il suo monito - non è libero”. “Anche noi – ha avvertito - dobbiamo imparare ad ascoltare di più la nostra coscienza”:
“Ma attenzione! Questo non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace... Non è questo! La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio”.
La coscienza, ha soggiunto, “è il luogo interiore della mia relazione” con Dio, che “parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele”:
“Noi abbiamo avuto un esempio meraviglioso di come è questo rapporto con Dio nella propria coscienza, un recente esempio, meraviglioso: il Papa Benedetto XVI ci ha dato questo grande esempio, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore”.
E “questo esempio”, ha aggiunto, “ci fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire”. La Madonna, “con grande semplicità”, ha poi rammentato, “ascoltava e meditava nell’intimo di se stessa la Parola di Dio e ciò che accadeva a Gesù” e “seguì il suo Figlio con intima convinzione, con ferma speranza”. Di qui l’invocazione affinché Maria ci aiuti “a diventare sempre più uomini e donne di coscienza, liberi nella coscienza”, “capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Pontefice ha ricordato che in Italia si celebra la Giornata della carità del Papa:
“Desidero ringraziare i Vescovi e tutte le parrocchie, specialmente le più povere, per le preghiere e le offerte che sostengono tante iniziative pastorali e caritative del Successore di Pietro in ogni parte del mondo. Grazie a tutti!
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Gesù ci invita ad ascoltare la nostra coscienza in piena unione con il Padre, così saremo cristiani liberi e non "telecomandati": è quanto sottolineato da Papa Francesco all’Angelus, in Piazza San Pietro. Il Pontefice ha indicato Benedetto XVI come “grande esempio” in questo senso, giacché ha seguito con coraggio e discernimento la “volontà di Dio che parlava al suo cuore”. Nella Giornata della Carità del Papa, ha quindi espresso particolare gratitudine a quanti sostengono le sue iniziative caritative. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Papa Francesco svolge la sua meditazione partendo da questo passo del Vangelo domenicale e osserva che, una volta presa la decisione, Gesù chiede ai suoi discepoli di non “imporre nulla” a quanti incontreranno nel loro cammino:
“Gesù non impone mai: Gesù è umile. Gesù invita. Se tu vuoi, vieni. E l’umiltà di Gesù è così: Lui ci invita sempre, non impone”.
“Tutto questo – ha osservato – ci fa pensare”, “ci dice, ad esempio, l’importanza che, anche per Gesù, ha avuto la coscienza: l’ascoltare nel suo cuore la voce del Padre e seguirla”:
“Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, ‘telecomandato’: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo, e a un certo punto ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l’ultima volta; una decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui!”
Gesù, ha proseguito, “ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà”. E per questo “la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre”.
“E Gesù era libero: in quella decisione era libero! Gesù, a noi cristiani, ci vuole liberi, come Lui. Con quella libertà che viene dal dialogo con il Padre, da questo dialogo con Dio. Non vuole, Gesù, né cristiani egoisti che seguono il proprio Io e non parlano con Dio, né cristiani deboli, cristiani che non hanno volontà, cristiani telecomandati, incapaci di creatività, che cercano sempre di collegarsi alla volontà di un altro, e non sono liberi. Gesù ci vuole liberi e questa libertà, dove si fa? Si fa nel dialogo con Dio nella propria coscienza”.
“Se un cristiano non sa parlare con Dio, non sa sentire Dio nella propria coscienza – è stato il suo monito - non è libero”. “Anche noi – ha avvertito - dobbiamo imparare ad ascoltare di più la nostra coscienza”:
“Ma attenzione! Questo non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace... Non è questo! La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio”.
La coscienza, ha soggiunto, “è il luogo interiore della mia relazione” con Dio, che “parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele”:
“Noi abbiamo avuto un esempio meraviglioso di come è questo rapporto con Dio nella propria coscienza, un recente esempio, meraviglioso: il Papa Benedetto XVI ci ha dato questo grande esempio, quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere. Ha seguito, con grande senso di discernimento e coraggio, la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore”.
E “questo esempio”, ha aggiunto, “ci fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire”. La Madonna, “con grande semplicità”, ha poi rammentato, “ascoltava e meditava nell’intimo di se stessa la Parola di Dio e ciò che accadeva a Gesù” e “seguì il suo Figlio con intima convinzione, con ferma speranza”. Di qui l’invocazione affinché Maria ci aiuti “a diventare sempre più uomini e donne di coscienza, liberi nella coscienza”, “capaci di ascoltare la voce di Dio e di seguirla con decisione”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Pontefice ha ricordato che in Italia si celebra la Giornata della carità del Papa:
“Desidero ringraziare i Vescovi e tutte le parrocchie, specialmente le più povere, per le preghiere e le offerte che sostengono tante iniziative pastorali e caritative del Successore di Pietro in ogni parte del mondo. Grazie a tutti!
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Papa Francesco: "Benedetto XVI esempio di coraggio. Ascoltiamo di più la nostra coscienza"
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Iniziata sotto Benedetto XVI, la politica di traparenza finanziaria ha dato origine a forti tensioni tra responsabili della Chiesa cattolica (Le Bars)
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Ior, cadono le prime teste. In bilico il direttore generale (Galeazzi)
Ior, cadono le prime teste.In bilico il direttore generale
L’avvocato del prelato arrestato: “Non ha agito per interesse personale”
GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO
Una fondazione per lo Ior. Mentre Francesco ribadisce il suo no alla «logica di potere che ci rende pietra d’inciampo», l’arresto di monsignor Nunzio Scarano accelera la trasformazione dell’Istituto Opere di Religione in banca etica o fondazione esterna alla Santa Sede. Vengono consultati vari esperti per riformare gli statuti e garantire una gestione trasparente dei depositi e degli investimenti dei singoli e degli enti: niente più «zona grigia» al Torrione di Niccolò. L’ex prelato di Curia, detenuto a Regina Coeli con l’accusa di corruzione e calunnia, sarà interrogato domani e la sua linea difensiva sarà quella di negare interessi personali. Il confronto con i magistrati è fissato alle 10 e i contraccolpi sullo Ior si prospettano pesanti. Da una parte il gip Barbara Callari ed i pm Stefano Rocco Fava e Stefano Pesci, dall’altra l’ex responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), l’organismo che gestisce i beni della Santa Sede. I magistrati contesteranno le accuse di corruzione e di calunnia legate al tentativo, naufragato, di far rientrare in Italia 20 milioni di euro, sospettati di essere frutto di un’evasione fiscale, degli armatori d’Amico. Il prelato dovrà difendersi e, come ribadito ieri dal suo legale Silverio Sica, «chiarirà il suo ruolo e, soprattutto, la sua mancanza di un interesse personale nella vicenda».
Scarano, in particolare, dovrà rispondere a domande su quella che, per gli inquirenti, è una disinvolta ed anche spregiudicata movimentazione di danaro. Un’attività che ha indotto gli inquirenti ad aprire un altro fronte di indagini: quello dell’origine delle ingenti disponibilità finanziarie ed immobiliari del prelato, il quale risulta titolare di due conti correnti allo Ior, uno personale e l’altro, denominato «fondo anziani», per la raccolta di donazioni. All’interrogatorio di garanzia di Scarano faranno seguito quelli dei suoi due complici: il broker finanziario Giovanni Carenzio, detenuto a Napoli, e dell’ex sottufficiale dei carabinieri Giovanni Maria Zito, all’epoca dei fatti, luglio 2012, distaccato agli 007 dell’Aisi ed ora recluso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Questi ultimi due atti istruttori saranno tenuti per rogatoria da gip delle città in cui sono detenuti i due indagati. Per tutti e tre i protagonisti della vicenda l’accusa è di concorso in corruzione. Per Scarano l’ulteriore imputazione di calunnia si riferisce ad una falsa denuncia di smarrimento di un assegno da 200mila euro consegnato, in realtà, a Carenzio come saldo del compenso per il suo ruolo svolto. Ci sono poi le posizioni degli armatori d’Amico: alcuni di loro sarebbero indagati per evasione fiscale e nei prossimi giorni dovrebbero ricevere l’avviso di garanzia per essere interrogati. A commento della vicenda, si sono dichiarati estranei e pronti a fornire ogni chiarimento all’autorità giudiziaria. E sugli affari che toccano lo Ior torna il Codacons con l’annuncio di un esposto alla Procura di Roma in cui si chiede di indagare per frode fiscale e riciclaggio «in relazione ad alcune compravendite sospette di immobili in capo alla banca vaticana». Nel mirino dell’associazione gli immobili appartenuti ad una famiglia romana e donati alla banca vaticana.
Intanto negli organismi finanziari della Santa Sede (Apsa, Governatorato, Prefettura degli affari economici, Ior) le grandi manovre sono iniziate. Sono in uscita il direttore generale della banca vaticana Paolo Cipriani e il suo vice Massimo Tulli. Ieri nel rito in cui ha imposto il pallio a 34 arcivescovi metropoliti, le parole di Francesco sul ruolo del Papa, la necessità di spendersi senza barriere e di superare una logica mondana e di potere, di edificare la Chiesa sulla comunione e non sul conflitto evocano suoi precedenti interventi contro la mondanizzazione e le divisioni. Occorre «superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa». E «quando lasciamo prevalere la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio, pietra di inciampo». Caffarra è stato prorogato per due anni a Bologna e Sciacca lascerà il Governatorato per la Segnatura Apostolica. I cinque commissari daranno conto a Bergoglio della loro indagine sullo Ior. E a quel punto nulla resterà più com’è sempre stato.
© Copyright La Stampa, 30 giugno 2013
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Bologna, Papa Francesco conferma Caffarra per altri due anni
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“Senza se e senza ma”, padre Gheddo racconta i suoi 60 anni di missione (Amicone)
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Collegialità, ma il primato di Pietro non si tocca (Massimo Introvigne)
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La presidente Kirchner scrive a Papa Francesco: Le è arrivato il mate? (Izzo)
PAPA: LA KIRCHNER GLI SCRIVE, "LE E' ARRIVATO IL MATE?"
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Mi auguro che le siano arrivati i francobolli e l'ormai famoso mate". La presidente dell'Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, lo scrive a Papa Francesco in occasione della "celebrazione del 'Giorno del Pontefice'".
Il riferimento e' a una promessa fatta dalla presidente al Papa in occasione del loro incontro alla Domus Santa Marta nei primi giorni del Pontificato e il "mate" e' una specie di te' che si usa molto in Argentina, una bevanda che Bergoglio apprezza molto. La lettera e' stata diffusa su Twitter dalla stessa presidente Kirchner che nel testo confessa di "non avere idea" di come ci si debba rivolgere al Papa in una lettera di auguri. "Mi hanno detto - confida - che questo lo faceva sempre il ministero degli Esteri", ma ora che il Papa e' argentino, "lo dovrebbe fare la presidente".
"Mi hanno mandato un esempio di lettera", ma sembrava un testo del "XIII secolo", e "ho detto 'questo non lo firmo'". Quindi, racconta la presidente, "mi sono presa la licenza di indirizzarle una lettera e ho pure accettato che fosse indirizzata a Sua Santita' bla, bla, bla".
"La mia idea - continua Cristina Kirchner - era di cominciare con il suo nome come Lei preferisce, ma mi hanno detto 'no presidente'. Bene, e' tutto.
Hanno ragione? In realta' non lo so. Ma non era nemmeno un problema per cui litigare". La Kirchner, che scrive a Papa Francesco di prendere il mate, conclude infine con un: "Lei mi capisce. La verita' e' che e' la prima volta che scrivo una lettera a un Papa".
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Mi auguro che le siano arrivati i francobolli e l'ormai famoso mate". La presidente dell'Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, lo scrive a Papa Francesco in occasione della "celebrazione del 'Giorno del Pontefice'".
Il riferimento e' a una promessa fatta dalla presidente al Papa in occasione del loro incontro alla Domus Santa Marta nei primi giorni del Pontificato e il "mate" e' una specie di te' che si usa molto in Argentina, una bevanda che Bergoglio apprezza molto. La lettera e' stata diffusa su Twitter dalla stessa presidente Kirchner che nel testo confessa di "non avere idea" di come ci si debba rivolgere al Papa in una lettera di auguri. "Mi hanno detto - confida - che questo lo faceva sempre il ministero degli Esteri", ma ora che il Papa e' argentino, "lo dovrebbe fare la presidente".
"Mi hanno mandato un esempio di lettera", ma sembrava un testo del "XIII secolo", e "ho detto 'questo non lo firmo'". Quindi, racconta la presidente, "mi sono presa la licenza di indirizzarle una lettera e ho pure accettato che fosse indirizzata a Sua Santita' bla, bla, bla".
"La mia idea - continua Cristina Kirchner - era di cominciare con il suo nome come Lei preferisce, ma mi hanno detto 'no presidente'. Bene, e' tutto.
Hanno ragione? In realta' non lo so. Ma non era nemmeno un problema per cui litigare". La Kirchner, che scrive a Papa Francesco di prendere il mate, conclude infine con un: "Lei mi capisce. La verita' e' che e' la prima volta che scrivo una lettera a un Papa".
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Le amicizie, gli affari e quel sodalizio esclusivo di monsignor «500 euro» (Calabrò)
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Papa Francesco lavora al documento che ridefinirà il ruolo della curia (Vecchi)
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IL VANGELO DEL GIORNO
CALENDARIO ROMANO
Dal Vangelo secondo Luca 9,51-62.
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme
e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.
Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
Ma Gesù si voltò e li rimproverò.
E si avviarono verso un altro villaggio.
Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre».
Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa».
Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
CALENDARIO AMBROSIANO
Dal Vangelo secondo Giovanni 19,30-35.
E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.
Venuti però da Gesù e vedendo che era gia morto, non gli spezzarono le gambe,
ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
LETTURE DEL GIORNO
CALENDARIO ROMANO
Primo libro dei Re 19,16b.19-21.
Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto.
Partito di lì, Elia incontrò Eliseo figlio di Safàt. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il decimosecondo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quegli lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: "Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò". Elia disse: "Và e torna, perché sai bene che cosa ho fatto di te".
Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con gli attrezzi per arare ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.
Salmi 16(15),1-2.5.7-8.9-10.11.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto a Dio: "Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene".
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Lettera di san Paolo apostolo ai Galati 5,1.13-18.
Fratelli, Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri.
Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso.
Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne;
la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge.
CALENDARIO AMBROSIANO
Libro dell’Esodo 24,3-18.
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: "Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!".
Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele.
Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare.
Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: "Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!".
Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!".
Poi Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele.
Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, simile in purezza al cielo stesso.
Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero.
Il Signore disse a Mosè: "Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli".
Mosè si alzò con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio.
Agli anziani aveva detto: "Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro".
Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte.
La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube.
La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna.
Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.
Salmi 50(49),1-6.
Salmo. Di Asaf. Parla il Signore, Dio degli dei, convoca la terra da oriente a occidente.
Da Sion, splendore di bellezza, Dio rifulge.
Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta.
Convoca il cielo dall'alto e la terra al giudizio del suo popolo:
"Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno sancito con me l'alleanza offrendo un sacrificio".
Il cielo annunzi la sua giustizia, Dio è il giudice.
Lettera agli Ebrei 8,6-13a.
Ora invece egli ha ottenuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l'alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse.
Se la prima infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un'altra.
Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco vengono giorni, dice il Signore, quando io stipulerò con la casa d'Israele e con la casa di Giuda un'alleanza nuova;
non come l'alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto; poiché essi non son rimasti fedeli alla mia alleanza, anch'io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.
E questa è l'alleanza che io stipulerò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.
Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore! Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro.
Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati.
Dicendo però alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire.
Papa Francesco: la Chiesa di Roma è fondata sul martirio non sul potere. Vi invito a pregare un'Ave Maria per il Patriarca Bartolomeo I. L'incoraggiamento al popolo centroafricano ed il saluto ad Iglesias, Aragona e Casale Popolo (Izzo)
PAPA: LA CHIESA DI ROMA E' FONDATA SU MARTIRIO NON SU POTERE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"La Chiesa di Roma e' diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo, non per il potere dell'Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo!". Papa Francesco lo ha ricordato all'Angelus, commentando il martirio dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Sede Apostolica, la cui festa si celebra oggi. "In fondo - ha sottolineato - e' sempre e soltanto l'amore di Cristo che genera la fede e che manda avanti la Chiesa".
"Pensiamo a Pietro", ha suggerito il Papa alla folla dei presenti, parlando appunto del messaggio della Festa dei Santi Pietro e Paolo. "Quando Pietro confesso' la sua fede in Gesu', non lo fece - ha spiegato - per le sue capacita' umane, ma perche' era stato conquistato dalla grazia che Gesu' sprigionava, dall'amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesu' era l'amore di Dio in persona!
E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani, e quando Cristo Risorto lo chiamo' sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capi' che Gesu' non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico!".
"Ecco - ha commentato il Pontefice - l'esperienza della Misericordia, del perdono di Dio in Gesu' Cristo: questa e' la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita". "Cari fratelli - ha sottolineato infine - che gioia credere in un Dio che e' tutto amore, tutto grazia! Questa e' la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore - ha esortato Francesco - per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo". "Preghiamo - ha poi concluso - per gli Arcivescovi Metropoliti di diverse Chiese del mondo ai quali poco fa ho consegnato il Pallio, simbolo di comunione. Ci accompagni e ci sostenga tutti la nostra Madre amata, Maria Santissima".
© Copyright (AGI)
PAPA: VI INVITO A PREGARE AVE MARIA PER PATRIARCA BARTOLOMEO I
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Vi invito a pregare un'Ave Maria per il patriarca Bartolomeo I". Con queste parole Papa Francesco si e' rivolto oggi ai 50 mila fedeli che gremivano piazza San Pietro per l'Angelus.
"Pensiamo a Pietro", ha suggerito il Papa alla folla dei presenti, parlando appunto del messaggio della Festa dei Santi Pietro e Paolo. "Quando Pietro confesso' la sua fede in Gesu', non lo fece - ha spiegato - per le sue capacita' umane, ma perche' era stato conquistato dalla grazia che Gesu' sprigionava, dall'amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesu' era l'amore di Dio in persona! E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani, e quando Cristo Risorto lo chiamo' sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capi' che Gesu' non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico!". "Ecco - ha commentato il Pontefice - l'esperienza della Misericordia, del perdono di Dio in Gesu' Cristo: questa e' la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita". "Cari fratelli - ha sottolineato infine - che gioia credere in un Dio che e' tutto amore, tutto grazia! Questa e' la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore - ha esortato Francesco - per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo". "Preghiamo - ha poi concluso - per gli Arcivescovi Metropoliti di diverse Chiese del mondo ai quali poco fa ho consegnato il Pallio, simbolo di comunione. Ci accompagni e ci sostenga tutti la nostra Madre amata, Maria Santissima".
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PAPA: INCORAGGIO POPOLO CENTROAFRICANO DURAMENTE PROVATO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"In particolare incoraggio il popolo centroafricano, duramente provato, a camminare con fede e speranza". Lo ha detto Papa Francesco dopo la preghiera dell'Angelus.
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PAPA: SALUTA IGLESIAS, ARAGONA E CASALE POPOLO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
A conclusione dell'Angelus, Papa Francesco ha salutato "tutti con affetto" augurando "buon pranzo" a "famiglie, fedeli di tante parrocchie e associazioni" presenti in piazza San Pietro. E ha citato "in particolare" quelli della diocesi di Iglesias (in Sardegna), della citta' di Aragona (in provincia di Agrigento) e di Casale Popolo (frazione del comune di Casal Monferrato).
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"La Chiesa di Roma e' diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo, non per il potere dell'Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo!". Papa Francesco lo ha ricordato all'Angelus, commentando il martirio dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Sede Apostolica, la cui festa si celebra oggi. "In fondo - ha sottolineato - e' sempre e soltanto l'amore di Cristo che genera la fede e che manda avanti la Chiesa".
"Pensiamo a Pietro", ha suggerito il Papa alla folla dei presenti, parlando appunto del messaggio della Festa dei Santi Pietro e Paolo. "Quando Pietro confesso' la sua fede in Gesu', non lo fece - ha spiegato - per le sue capacita' umane, ma perche' era stato conquistato dalla grazia che Gesu' sprigionava, dall'amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesu' era l'amore di Dio in persona!
E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani, e quando Cristo Risorto lo chiamo' sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capi' che Gesu' non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico!".
"Ecco - ha commentato il Pontefice - l'esperienza della Misericordia, del perdono di Dio in Gesu' Cristo: questa e' la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita". "Cari fratelli - ha sottolineato infine - che gioia credere in un Dio che e' tutto amore, tutto grazia! Questa e' la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore - ha esortato Francesco - per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo". "Preghiamo - ha poi concluso - per gli Arcivescovi Metropoliti di diverse Chiese del mondo ai quali poco fa ho consegnato il Pallio, simbolo di comunione. Ci accompagni e ci sostenga tutti la nostra Madre amata, Maria Santissima".
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PAPA: VI INVITO A PREGARE AVE MARIA PER PATRIARCA BARTOLOMEO I
Salvatore Izzo
"Vi invito a pregare un'Ave Maria per il patriarca Bartolomeo I". Con queste parole Papa Francesco si e' rivolto oggi ai 50 mila fedeli che gremivano piazza San Pietro per l'Angelus.
"Pensiamo a Pietro", ha suggerito il Papa alla folla dei presenti, parlando appunto del messaggio della Festa dei Santi Pietro e Paolo. "Quando Pietro confesso' la sua fede in Gesu', non lo fece - ha spiegato - per le sue capacita' umane, ma perche' era stato conquistato dalla grazia che Gesu' sprigionava, dall'amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesu' era l'amore di Dio in persona! E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani, e quando Cristo Risorto lo chiamo' sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capi' che Gesu' non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico!". "Ecco - ha commentato il Pontefice - l'esperienza della Misericordia, del perdono di Dio in Gesu' Cristo: questa e' la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita". "Cari fratelli - ha sottolineato infine - che gioia credere in un Dio che e' tutto amore, tutto grazia! Questa e' la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore - ha esortato Francesco - per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo". "Preghiamo - ha poi concluso - per gli Arcivescovi Metropoliti di diverse Chiese del mondo ai quali poco fa ho consegnato il Pallio, simbolo di comunione. Ci accompagni e ci sostenga tutti la nostra Madre amata, Maria Santissima".
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PAPA: INCORAGGIO POPOLO CENTROAFRICANO DURAMENTE PROVATO
Salvatore Izzo
"In particolare incoraggio il popolo centroafricano, duramente provato, a camminare con fede e speranza". Lo ha detto Papa Francesco dopo la preghiera dell'Angelus.
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PAPA: SALUTA IGLESIAS, ARAGONA E CASALE POPOLO
Salvatore Izzo
A conclusione dell'Angelus, Papa Francesco ha salutato "tutti con affetto" augurando "buon pranzo" a "famiglie, fedeli di tante parrocchie e associazioni" presenti in piazza San Pietro. E ha citato "in particolare" quelli della diocesi di Iglesias (in Sardegna), della citta' di Aragona (in provincia di Agrigento) e di Casale Popolo (frazione del comune di Casal Monferrato).
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sabato 29 giugno 2013
Alle origini del culto per i patroni di Roma. Le tre vie della devozione (Carletti)
Alle origini del culto per i patroni di Roma
Le tre vie della devozione
di Carlo Carletti
«Grandi folle si dirigono verso una città così illustre: in tre vie si celebra la festa dei santi martiri». Così un inno in onore di Pietro e Paolo dell'inizio del v secolo attribuito a sant'Ambrogio. Un'immagine indubbiamente incisiva che coglie il movimento in itinere dei pellegrini verso i tre diversi siti della città (trinis VIIs celebrantur), dove il 29 giugno si commemorava la memoria congiunta dei due apostoli: sul colle Vaticano, sulla via Ostiense, nella località in catacumbas sulla via Appia. Questa triplice commemorazione è già accennata nel più antico calendario liturgico della Chiesa romana -- la depositio martyrum del tempo di Papa Marco (336) -- con la notazione cronologica dell'anno 258, che si riferisce all'avvio di una celebrazione apostolica sulla via Appia. Di qui, in epoca successiva, confluisce in forma più definita e meglio articolata nella redazione bernense del Martirologium Hieronymianum, compilata al tempo di Stefano ii (752-757): «29 giugno. A Roma il giorno anniversario degli apostoli: di Pietro sulla via Aurelia in Vaticano, di Paolo sulla via Ostiense; di ambedue in catacumbas dall'anno del consolato di Tuscus e Bassus (258)».
Il centro cultuale apostolico sulla via Appia indicato dalle fonti liturgiche corrisponde senza alcun dubbio alla macroscopica evidenza di un insediamento monumentale, ubicato al III miglio della via Appia nella località detta in catacumbas, inaspettatamente venuto alla luce nelle indagini archeologiche condotte da Paolo Styger a partire dal 1915.
Si tratta di un impianto di modeste dimensioni, semplice nelle strutture e nella morfologia, ma sufficientemente adeguato alle funzioni cui era destinato: un cortile porticato (triclia) con sedili in muratura e approvigionamento dell'acqua. Fin dalla sua nascita si propone come punto di aggregazione di una pratica devozionale rivolta a Pietro e Paolo come indicato da oltre seicento graffiti tracciati sull'intonaco rosso delle pareti (Inscriptiones Christianae urbis Romae, v, In «Civitate Vaticana» 1971, nn. 12907-13096). Se si considera che quanto rimane è costituito da circa un centinaio di frammenti di intonaco di diversa dimensione in più di un caso ricongiungibili, se ne deve dedurre -- in relazione all'intera superfice parietale -- che il numero complessivo di queste scritte dovesse raggiungere almeno mille unità grafiche: in proiezione si può ragionevolmente calcolare il passaggio di non meno di 2000/2500 visitatori, distribuiti nell'arco di un cinquantennio, fino a quando la triclia cessò la sua attività, perché resa inagibile in seguito ai lavori per la costruzione della basilica Apostolorum voluta dalla dinastia costantiniana.
Non è qui il luogo (né forse sarebbe produttivo) di riprendere le annose questioni relative alla memoria di una presenza degli apostoli nella località in catacumbas, se da vivi (temporanea abitazione, oggettivamente improbabile) ovvero da morti (in seguito a una traslazione -- da situare secondo alcuni nel 258 al tempo della persecuzione di Valeriano -- dai sepolcri originari in Vaticano e sull'Ostiense) secondo una tradizione sedimentata nel tempo e poi ripresa da Papa Damaso (366-384) nel celebre epigramma hic habitasse prius sanctos cognoscere debes (Inscriptiones Christianae, v, n. 13273).
Il dato emergente è che la comunità romana nel III secolo aveva individuato e fissato una memoria di Pietro e Paolo nel sito al III miglio della via Appia, dove già dal i secolo si erano insediati numerosi impianti sepolcrali. Questa l'oggettiva realtà effettuale: le infrastrutture della triclia (pozzo, canalizzazione, banchi in muratura) e soprattutto il gran numero di graffiti indicano in questo ambiente un centro di culto di carattere funerario, nel quale i visitatori consumavano un pasto rituale (refrigerium) e lasciavano testimonianza scritta dell'atto devozionale compiuto.
La gran parte di queste scritte -- latine e greche -- presentano sul piano testuale un'unica struttura di base, articolata in preghiere, invocazioni, specifiche richieste rivolte espressamente alla coppia apostolica con locuzioni che si formalizzano nell'uso in moduli fissi senza variazioni rilevanti. «Pietro e Paolo ricordatevi» o «ricordatevi nelle vostre preghiere» (in orationibus vestris in mente habete, eis mnèan èchete), «pregate» (petite, orate, rogate pro), «proteggete» (synterèsate, terèsate), «aiutate» (subvenite, adiuvate). Nella sostanziale genericità dei messaggi emerge talvolta la contingenza specifica che ha sollecitato una richiesta alla coppia apostolica: il favore per una buona navigazione o per il cavallo prediletto nelle corse circensi come indicano le immagini graffite di cavalli paludati con la testa palmata, ovvero lo scioglimente di un voto -- «ciò che a loro avevo promesso sciolse felicemente insieme ai suoi» (Inscriptiones Christianae, v nn. 12973, 13088 a-c, 13089 a-d). Anche il pasto rituale consumato in onore dei due apostoli -- a conferma della sua centralità nella pratica devozionale -- è più volte richiamato con moduli formulari costruiti su refrigerare/refrigerium (12981, 12993, 12967). «In onore di Pietro e Paolo Io, Tomio Celio, ho consumato il pasto»; «Il 19 marzo io, Partenio, ho consumato il pasto e noi tutti in (nome di) Dio»; «Felicissimo insieme ai suoi ha consumato il pasto»; «Dalmazio gli (eis, cioè agli apostoli) promise un voto: il refrigerium» (Inscriptiones Christianae v, 12981, 12993, 12967, 12931).
Questa documentazione costituisce allo stato attuale un unicum assoluto come testimonianza non solo di una documentazione eccezionale di cultura scritta estemporanea di evidente estrazione popolare (per la forma e i contenuti), ma anche per il rilevante e precoce valore «identitario» che la devozione apostolica aveva assunto negli strati meno elevati della società cristiana di Roma.
Non sembra esservi dubbio che queste manifestazioni siano nate dal basso nel cuore stesso della comunità, che aveva sedimentato nel tempo un patrimonio di tradizione la cui fase genetica si intravede già nel corso dei primi due secoli, quando Clemente romano nella prima epistola ai Corinzi (capitolo 5) indicava Pietro e Paolo come «le maggiori e giuste colonne (...) i nostri gloriosi apostoli»; quando Ignazio di Antiochia nella lettera ai Romani (4, 3), scritta durante il viaggio che doveva condurlo a Roma come condannato al supplizio, ricordava Pietro e Paolo come esempi della comunità romana: «quelli erano apostoli, io un condannato; quelli liberi, io finora uno schiavo»; quando infine il presbitero romano Gaio, in un contesto polemico con il montanista Proclo, sottolineava con orgoglio che lui a Roma «poteva mostrare i trofei degli apostoli: vai sul colle Vaticano e sulla via Ostia e troverai i trofei (le memorie funerarie) di coloro che hanno fondato questa comunità» (Eusebio, Historia ecclesiastica, 2, 25, 7)
La stessa pratica devozionale del banchetto, così come documentata dalle strutture e dalle iscrizioni della memoria apostolorum sulla via Appia, si propone come indicatore eloquente della percezione -- si può ben dire ante litteram -- della coppia apostolica come catalizzatrice dei valori di concordia e unità, che dovevano caratterizzare intra ed extra la Chiesa di Roma. Il banchetto sacro, il sito che lo accoglieva, la presenza e la partecipazione simbolica dei due santi eponimi sembrano esprimere compiutamente la dimensione devozionale e comunitaria maturata nella comunità nel corso della seconda metà del III secolo. All'insediamento sulla via Appia si andava in gruppo, insieme si consumava il pasto rituale e ancora insieme ci si rivolgeva agli apostoli con preghiere e acclamazioni personalizzate, che nella loro immediata semplicità sembrano travalicare il confine della rigidità rituale-sacrale per assestarsi in un canale di comunicazione diretto che vedeva nei due apostoli non già figure idealizzate ma “patroni” e “amici”, interlocutori personali seppure invisibili.
Non a caso -- e sempre in coppia -- i due apostoli sono ricordati nelle scritte devozionali pressoché esclusivamente con il solo nome proprio, senza i tituli -- poi divenuti tecnici -- di sanctus, beatus, martyr, dominus.
Il potenziale inespresso documentato nella straordinaria esperienza devozionale maturata nella memoria apostolorum sull'Appia viene acquisito e riproposto in veste ufficiale e segnatamente autoritativa -- è un vescovo che parla -- nel corso degli anni 380-384 da Damaso, che aveva penetrato con lucidità quanto la coppia apostolica fosse penetrata in profondità nella sfera devozionale della comunità. Sollecitato anche dalle pretese primaziali della chiesa di Costantinopoli, con una solenne iscrizione in versi, Damaso presenta ufficialmente -- ormai urbi et orbi -- i due apostoli come nova sidera e li elegge a patroni, protettori della città, quasi a volerli svincolare dalla immediata semplicità di un culto, che almeno per tutta l'età precostantiniana era rimasto in una sfera di utenza popolare e quasi privata: Roma suos potius meruit meruit defendere cives. Haec Damasus vestras referat -- nova sidera -- laudes (Inscriptiones Christianae, n. 13273).
Anche nella storia cultuale di Pietro e Paolo emerge il concetto storiografico dei “due piani”, che spesso accompagna e diversifica nei suoi variegati processi di trasformazione la nascita e il susseguente sviluppo della devozione martiriale.
(©L'Osservatore Romano 29 giugno 2013)
Le tre vie della devozione
di Carlo Carletti
«Grandi folle si dirigono verso una città così illustre: in tre vie si celebra la festa dei santi martiri». Così un inno in onore di Pietro e Paolo dell'inizio del v secolo attribuito a sant'Ambrogio. Un'immagine indubbiamente incisiva che coglie il movimento in itinere dei pellegrini verso i tre diversi siti della città (trinis VIIs celebrantur), dove il 29 giugno si commemorava la memoria congiunta dei due apostoli: sul colle Vaticano, sulla via Ostiense, nella località in catacumbas sulla via Appia. Questa triplice commemorazione è già accennata nel più antico calendario liturgico della Chiesa romana -- la depositio martyrum del tempo di Papa Marco (336) -- con la notazione cronologica dell'anno 258, che si riferisce all'avvio di una celebrazione apostolica sulla via Appia. Di qui, in epoca successiva, confluisce in forma più definita e meglio articolata nella redazione bernense del Martirologium Hieronymianum, compilata al tempo di Stefano ii (752-757): «29 giugno. A Roma il giorno anniversario degli apostoli: di Pietro sulla via Aurelia in Vaticano, di Paolo sulla via Ostiense; di ambedue in catacumbas dall'anno del consolato di Tuscus e Bassus (258)».
Il centro cultuale apostolico sulla via Appia indicato dalle fonti liturgiche corrisponde senza alcun dubbio alla macroscopica evidenza di un insediamento monumentale, ubicato al III miglio della via Appia nella località detta in catacumbas, inaspettatamente venuto alla luce nelle indagini archeologiche condotte da Paolo Styger a partire dal 1915.
Si tratta di un impianto di modeste dimensioni, semplice nelle strutture e nella morfologia, ma sufficientemente adeguato alle funzioni cui era destinato: un cortile porticato (triclia) con sedili in muratura e approvigionamento dell'acqua. Fin dalla sua nascita si propone come punto di aggregazione di una pratica devozionale rivolta a Pietro e Paolo come indicato da oltre seicento graffiti tracciati sull'intonaco rosso delle pareti (Inscriptiones Christianae urbis Romae, v, In «Civitate Vaticana» 1971, nn. 12907-13096). Se si considera che quanto rimane è costituito da circa un centinaio di frammenti di intonaco di diversa dimensione in più di un caso ricongiungibili, se ne deve dedurre -- in relazione all'intera superfice parietale -- che il numero complessivo di queste scritte dovesse raggiungere almeno mille unità grafiche: in proiezione si può ragionevolmente calcolare il passaggio di non meno di 2000/2500 visitatori, distribuiti nell'arco di un cinquantennio, fino a quando la triclia cessò la sua attività, perché resa inagibile in seguito ai lavori per la costruzione della basilica Apostolorum voluta dalla dinastia costantiniana.
Non è qui il luogo (né forse sarebbe produttivo) di riprendere le annose questioni relative alla memoria di una presenza degli apostoli nella località in catacumbas, se da vivi (temporanea abitazione, oggettivamente improbabile) ovvero da morti (in seguito a una traslazione -- da situare secondo alcuni nel 258 al tempo della persecuzione di Valeriano -- dai sepolcri originari in Vaticano e sull'Ostiense) secondo una tradizione sedimentata nel tempo e poi ripresa da Papa Damaso (366-384) nel celebre epigramma hic habitasse prius sanctos cognoscere debes (Inscriptiones Christianae, v, n. 13273).
Il dato emergente è che la comunità romana nel III secolo aveva individuato e fissato una memoria di Pietro e Paolo nel sito al III miglio della via Appia, dove già dal i secolo si erano insediati numerosi impianti sepolcrali. Questa l'oggettiva realtà effettuale: le infrastrutture della triclia (pozzo, canalizzazione, banchi in muratura) e soprattutto il gran numero di graffiti indicano in questo ambiente un centro di culto di carattere funerario, nel quale i visitatori consumavano un pasto rituale (refrigerium) e lasciavano testimonianza scritta dell'atto devozionale compiuto.
La gran parte di queste scritte -- latine e greche -- presentano sul piano testuale un'unica struttura di base, articolata in preghiere, invocazioni, specifiche richieste rivolte espressamente alla coppia apostolica con locuzioni che si formalizzano nell'uso in moduli fissi senza variazioni rilevanti. «Pietro e Paolo ricordatevi» o «ricordatevi nelle vostre preghiere» (in orationibus vestris in mente habete, eis mnèan èchete), «pregate» (petite, orate, rogate pro), «proteggete» (synterèsate, terèsate), «aiutate» (subvenite, adiuvate). Nella sostanziale genericità dei messaggi emerge talvolta la contingenza specifica che ha sollecitato una richiesta alla coppia apostolica: il favore per una buona navigazione o per il cavallo prediletto nelle corse circensi come indicano le immagini graffite di cavalli paludati con la testa palmata, ovvero lo scioglimente di un voto -- «ciò che a loro avevo promesso sciolse felicemente insieme ai suoi» (Inscriptiones Christianae, v nn. 12973, 13088 a-c, 13089 a-d). Anche il pasto rituale consumato in onore dei due apostoli -- a conferma della sua centralità nella pratica devozionale -- è più volte richiamato con moduli formulari costruiti su refrigerare/refrigerium (12981, 12993, 12967). «In onore di Pietro e Paolo Io, Tomio Celio, ho consumato il pasto»; «Il 19 marzo io, Partenio, ho consumato il pasto e noi tutti in (nome di) Dio»; «Felicissimo insieme ai suoi ha consumato il pasto»; «Dalmazio gli (eis, cioè agli apostoli) promise un voto: il refrigerium» (Inscriptiones Christianae v, 12981, 12993, 12967, 12931).
Questa documentazione costituisce allo stato attuale un unicum assoluto come testimonianza non solo di una documentazione eccezionale di cultura scritta estemporanea di evidente estrazione popolare (per la forma e i contenuti), ma anche per il rilevante e precoce valore «identitario» che la devozione apostolica aveva assunto negli strati meno elevati della società cristiana di Roma.
Non sembra esservi dubbio che queste manifestazioni siano nate dal basso nel cuore stesso della comunità, che aveva sedimentato nel tempo un patrimonio di tradizione la cui fase genetica si intravede già nel corso dei primi due secoli, quando Clemente romano nella prima epistola ai Corinzi (capitolo 5) indicava Pietro e Paolo come «le maggiori e giuste colonne (...) i nostri gloriosi apostoli»; quando Ignazio di Antiochia nella lettera ai Romani (4, 3), scritta durante il viaggio che doveva condurlo a Roma come condannato al supplizio, ricordava Pietro e Paolo come esempi della comunità romana: «quelli erano apostoli, io un condannato; quelli liberi, io finora uno schiavo»; quando infine il presbitero romano Gaio, in un contesto polemico con il montanista Proclo, sottolineava con orgoglio che lui a Roma «poteva mostrare i trofei degli apostoli: vai sul colle Vaticano e sulla via Ostia e troverai i trofei (le memorie funerarie) di coloro che hanno fondato questa comunità» (Eusebio, Historia ecclesiastica, 2, 25, 7)
La stessa pratica devozionale del banchetto, così come documentata dalle strutture e dalle iscrizioni della memoria apostolorum sulla via Appia, si propone come indicatore eloquente della percezione -- si può ben dire ante litteram -- della coppia apostolica come catalizzatrice dei valori di concordia e unità, che dovevano caratterizzare intra ed extra la Chiesa di Roma. Il banchetto sacro, il sito che lo accoglieva, la presenza e la partecipazione simbolica dei due santi eponimi sembrano esprimere compiutamente la dimensione devozionale e comunitaria maturata nella comunità nel corso della seconda metà del III secolo. All'insediamento sulla via Appia si andava in gruppo, insieme si consumava il pasto rituale e ancora insieme ci si rivolgeva agli apostoli con preghiere e acclamazioni personalizzate, che nella loro immediata semplicità sembrano travalicare il confine della rigidità rituale-sacrale per assestarsi in un canale di comunicazione diretto che vedeva nei due apostoli non già figure idealizzate ma “patroni” e “amici”, interlocutori personali seppure invisibili.
Non a caso -- e sempre in coppia -- i due apostoli sono ricordati nelle scritte devozionali pressoché esclusivamente con il solo nome proprio, senza i tituli -- poi divenuti tecnici -- di sanctus, beatus, martyr, dominus.
Il potenziale inespresso documentato nella straordinaria esperienza devozionale maturata nella memoria apostolorum sull'Appia viene acquisito e riproposto in veste ufficiale e segnatamente autoritativa -- è un vescovo che parla -- nel corso degli anni 380-384 da Damaso, che aveva penetrato con lucidità quanto la coppia apostolica fosse penetrata in profondità nella sfera devozionale della comunità. Sollecitato anche dalle pretese primaziali della chiesa di Costantinopoli, con una solenne iscrizione in versi, Damaso presenta ufficialmente -- ormai urbi et orbi -- i due apostoli come nova sidera e li elegge a patroni, protettori della città, quasi a volerli svincolare dalla immediata semplicità di un culto, che almeno per tutta l'età precostantiniana era rimasto in una sfera di utenza popolare e quasi privata: Roma suos potius meruit meruit defendere cives. Haec Damasus vestras referat -- nova sidera -- laudes (Inscriptiones Christianae, n. 13273).
Anche nella storia cultuale di Pietro e Paolo emerge il concetto storiografico dei “due piani”, che spesso accompagna e diversifica nei suoi variegati processi di trasformazione la nascita e il susseguente sviluppo della devozione martiriale.
(©L'Osservatore Romano 29 giugno 2013)
In un tweet Bergoglio cita Ratzinger: seguendo Cristo non perdiamo nulla. Nell'omelia: il mio ruolo è confermare l'amore di Cristo senza barriere e limiti. Le guerre continuano ad insanguinare il mondo (Izzo)
PAPA: IN TWEET CITA RATZINGER, SEGUENDO CRISTO NON PERDIAMO NULLA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Impariamo a 'perdere' la vita per Cristo, secondo la logica del dono, del sacrificio. Con Cristo non perdiamo nulla!".
Lo scrive Papa Francesco su Twitter, dall'account "@Pontifex_it". La frase e' molto simile ad un'affermazione di Benedetto XVI nell'omelia del 15 agosto scorso a Castelgandolfo: "Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande. E cosi', fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro e' che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore".
© Copyright (AGI)
PAPA: MIO RUOLO CONFERMARE AMORE CRISTO SENZA BARRIERE E LIMITI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Il Vescovo di Roma e' chiamato a vivere e confermare in questo amore verso Cristo e verso tutti senza distinzioni, limiti e barriere". Papa Francesco lo ha detto nell'omelia della messa per la festa dei Santi Pietro e Paolo, ricordando "le commoventi parole di san Paolo: 'Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede'".
Commentando l'affermazione di San Paolo, Papa Bergoglio si e' chiesto: "di quale battaglia si tratta?" "Non quella delle armi umane, che purtroppo insanguina ancora il mondo; ma - ha chiarito alludendo a quello che e' inevitabilmente il destino di ogni Pontefce Romano - e' la battaglia del martirio". San Paolo ha un'unica arma: il messaggio di Cristo e il dono di tutta la sua vita per Cristo e per gli altri". "Ed e' proprio l'esporsi in prima persona, il lasciarsi consumare per il Vangelo, il farsi tutto a tutti, senza risparmiarsi, che - ha detto parlando di Paolo ma dunque anche di se' stesso, essendo l'omelia dedicata al ruolo del vescovo di Roma - lo ha reso credibile e ha edificato la Chiesa".
© Copyright (AGI)
PAPA: LE GUERRE CONTINUANO A INSANGUINARE IL MONDO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
La battaglia portata avanti dalle "armi umane purtroppo insanguina ancora il mondo". Papa Francesco lo ha detto nell'omelia della messa per la festa dei Santi Pietro e Paolo, celebrata nella Basilica di San Pietro. Il Papa ha ricordato che - per i cristiani - la vera battaglia da combattere "e' la battaglia del martirio. L'esporsi in prima persona" per annunciare il Vangelo e portare ovunque l'amore di Gesu' che trasforma ogni cosa.
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
"Impariamo a 'perdere' la vita per Cristo, secondo la logica del dono, del sacrificio. Con Cristo non perdiamo nulla!".
Lo scrive Papa Francesco su Twitter, dall'account "@Pontifex_it". La frase e' molto simile ad un'affermazione di Benedetto XVI nell'omelia del 15 agosto scorso a Castelgandolfo: "Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande. E cosi', fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro e' che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore".
© Copyright (AGI)
PAPA: MIO RUOLO CONFERMARE AMORE CRISTO SENZA BARRIERE E LIMITI
Salvatore Izzo
"Il Vescovo di Roma e' chiamato a vivere e confermare in questo amore verso Cristo e verso tutti senza distinzioni, limiti e barriere". Papa Francesco lo ha detto nell'omelia della messa per la festa dei Santi Pietro e Paolo, ricordando "le commoventi parole di san Paolo: 'Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede'".
Commentando l'affermazione di San Paolo, Papa Bergoglio si e' chiesto: "di quale battaglia si tratta?" "Non quella delle armi umane, che purtroppo insanguina ancora il mondo; ma - ha chiarito alludendo a quello che e' inevitabilmente il destino di ogni Pontefce Romano - e' la battaglia del martirio". San Paolo ha un'unica arma: il messaggio di Cristo e il dono di tutta la sua vita per Cristo e per gli altri". "Ed e' proprio l'esporsi in prima persona, il lasciarsi consumare per il Vangelo, il farsi tutto a tutti, senza risparmiarsi, che - ha detto parlando di Paolo ma dunque anche di se' stesso, essendo l'omelia dedicata al ruolo del vescovo di Roma - lo ha reso credibile e ha edificato la Chiesa".
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PAPA: LE GUERRE CONTINUANO A INSANGUINARE IL MONDO
Salvatore Izzo
La battaglia portata avanti dalle "armi umane purtroppo insanguina ancora il mondo". Papa Francesco lo ha detto nell'omelia della messa per la festa dei Santi Pietro e Paolo, celebrata nella Basilica di San Pietro. Il Papa ha ricordato che - per i cristiani - la vera battaglia da combattere "e' la battaglia del martirio. L'esporsi in prima persona" per annunciare il Vangelo e portare ovunque l'amore di Gesu' che trasforma ogni cosa.
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Papa Francesco dà il pallio al suo successore a Buenos Aires ed a 33 arcivescovi. La Chiesa è pietra di inciampo se segue la strada umana del potere. Con la sinodalità superare ogni conflitto che ferisce la Chiesa (Izzo)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 giu.
Un sorriso, uno sguardo d'intesa, e un gesto della mano per rinviare il colloquio ad un appuntamento privato che certamenete avra' luogo oggi. E' stato forse piu' breve che con gli altri 33 nuovi arcivescovi il rito dell'imposizione del pallio a Mario Aurelio Poli, il successore di Bergoglio alla guida dell'arcidiocesi di Buenos Aires. Papa Francesco ha riservato a tutti un sorriso ed un abbraccio, soffermandosi qualche istante in piu' se il presule accennava a dirgli qualcosa a bassa voce. Come deciso l'anno scorso da Benedetto XVI per sottolineare il valore della liturgia eucaristica, la consegna ha avuto luogo prima della messa della festa dei Santi Pietro e Paolo, protettori della Sede Apostolica.
Viene dall'Argentina anche un altro dei 34 nuovi arcivescovi che hanno ricevuto il pallio oggi: monsignor Carlos Maria Franzini, arcivescovo di Mendoza e certamente di origine italiana, come il Papa e monsignor Poli. Di origine italiana, a ricevere il Pallio ci sono anche il nuovo arcivescovo di di San Francisco negli Usa, monsignor Salvatore Joseph Cordileone, il nuovo arcivescovo di Beira in Mozambico Claudio Dalla Zuanna, il nuovo arcivescovo di Passo Fundo in Brasile, il salesiano Antonio Cralos Altieri, e il nuovo ordinario di Santa Cruz in Boliva, monsignor Alfredo Gualberti Calandrina. L'episcopato italiano e' rappresentato invece direttamente dal nuovo arcivescovo di Gorizia, monsignor Roberto Maria Radaelli, da monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, e da monsignor Giuseppe Petrocchi nominato solo nei giorni scorsi nuovo arcivescovo dell'Aquila (lascera' la sede di Latina).
Tra gli arcivescovi metropoliti c'e' anche l'arcivescovo di Indianapolis, Joseph William Tobin, allontanato dalla Curia Romana nel momento piu' buio della fine del Pontificato di Benedetto XVI, che lo aveva fortemente voluto in quel posto: Tobin era segretario della Congregazione dei religiosi e aveva preso le difese delle suore statunitensi sotto inchiesta presso la Congregazione della Dottrina della Fede. All'Arcivescovo di Hue' in Vietnam, il 35esimo della lista il sacro pallio verra' consegnato nella sua Sede Metropolitana. Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della citta' di Roma, e' presente una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata dal metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), copresidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa, il quale e' accompagnato dal vescovo di Sinope Athenagoras (Peckstadt), assistente del Metropolita di Belgio, e dall'archimandrita padre Prodromos Xenakis, vice segretario del Santo Sinodo Eparchiale della Chiesa di Creta.
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PAPA: CHIESA E' PIETRA INCIAMPO SE SEGUE STRADA UMANA POTERE
Salvatore Izzo
"Quando lasciamo prevalere i nostri pensieri, i nostri sentimenti, la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio, diventiamo pietra d'inciampo". Papa Francesco lo ha ricordato ai 34 nuovi arcivescovi ai quali ha consegnato questa mattina il pallio in San Pietro. Francesco ha messo in guardia gli arcivescovi metropoliti dal "pericolo di pensare in modo mondano". "Quando Gesu' parla della sua morte e risurrezione, della strada di Dio che non corrisponde alla strada umana del potere, in Pietro - ha ricordato - riemergono la carne e il sangue: 'si mise a rimproverare il Signore: questo non ti accadra' mai'. E Gesu' ha una parola dura: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo'".
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PAPA: CON SINODALITA' SUPERARE OGNI CONFLITTO CHE FERISCE CHIESA
Salvatore Izzo
"Dobbiamo andare avanti sulla strada della sinodalita', non c'e' un altro modo cattolico: la varieta', che e' una grande ricchezza, si fonde sempre nell'armonia dell'unita', come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l'unico grande disegno di Dio". Sono parole del nuovo Papa nell'omelia della sua prima festa dei Santi Pietro e Paolo, protettori della Sede Apostolica. "E questo - ha aggiunto - deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: questa e' la strada di Gesu'".
Papa Francesco ha spiegato ai 34 nuovi arcivescovi metropoliti - che lo hanno appena ricevuto dalle sue mani - il significato del "pallio", la stola bianca con le croci nere che, ha detto, "e' simbolo di comunione con il Successore di Pietro, principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unita' della fede e della comunione". "E la vostra presenza oggi, cari confratelli - ha sottolineato il Pontefice rivolto ai 34 neo arcivescovi - e' il segno che la comunione della Chiesa non significa uniformita'". In merito, Francesco ha citato "il Vaticano II, che riferendosi alla struttura gerarchica della Chiesa afferma che il Signore costitui' gli Apostoli a modo di collegio o gruppo stabile, a capo del quale mise Pietro, scelto di mezzo a loro. "Questo Collegio, in quanto composto da molti, esprime la varieta' e universalita' del Popolo di Dio. Nella Chiesa!", ha escluso il Papa citando ancora il Concilio. "Il Pallio - ha spiegato - se e' segno della comunione con il vescovo di Roma, con la Chiesa universale, e' anche un impegno per ciascuno di voi ad essere strumenti di comunione". Ai neo arcivescovi il Papa ha poi ricordato "le consegne che i Santi Apostoli Pietro e Paolo affidano a ciascuno di noi, perche' siano vissute da ogni cristiano: confessare il Signore lasciandosi istruire da Dio; consumarsi per amore di Cristo e del suo Vangelo; essere servitori dell'unita'".
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Monsignor Scarano, l’ex impiegato di banca diventato prete (Galeazzi)
Dallo sportello alla tonaca Vita e opere di “don 500”
Monsignor Scarano, l’ex impiegato di banca diventato prete La Procura di Salerno lo ha indagato anche per riciclaggio
GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO
Passo veloce, modi garbati, sorriso rassicurante. Il monsignore con la ventiquattr’ore era di casa in Curia ma lo si ricorda soprattutto per il soprannome «don 500» per la consuetudine con le banconote di grosso taglio. Chissà se la società internazionale «Spencer Stuart» che cura il rilancio d’immagine dello Ior aveva ipotizzato un correntista così ingombrante. In fondo monsignor Nunzio Scarano non aveva mai perso di vista la sua prima passione, quella per le banche e gli affari, passando dallo sportello della Banca d’America e d’Italia, dove fu impiegato fino al 1983, al mondo ovattato dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, l’organismo che gestisce i beni della Santa Sede, complice la vocazione che lo portò a farsi prete nel 1987 a 35 anni. Una vocazione tardiva, come quella di un altro «prelato di denari», monsignor Renato Dardozzi, ingegnere e uomo di fiducia per la finanza del segretario di Stato Agostino Casaroli.
È singolare la parabola di Scarano, 61 anni, originario di Salerno, appartenente al clero della diocesi campana. Nel 1986 l’allora impiegato di banca prese i voti e l’anno dopo fu ordinato sacerdote. Addetto tecnico di prima categoria il suo esordio all’Apsa, di cui diventerà quel che si suol dire «un pezzo grosso» conosciuto ben oltre i confini del Vaticano, grazie anche alla partecipazione a diversi incontri pubblici sul ruolo dei cattolici nella società.
Il nome di Scarano finisce sotto i riflettori dell’opinione pubblica nei primi giorni di giugno di quest’anno, quando il responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Apsa viene iscritto nel registro degli indagati della Procura di Salerno con l’accusa di riciclaggio in un’inchiesta su presunte donazioni, ritenute fittizie dall’accusa. Secondo l’ipotesi investigativa, in realtà le donazioni sarebbero servite a mascherare un maxi riciclaggio di denaro, che ruotava proprio intorno alla figura di Scarano. Il prelato avrebbe contattato alcune decine di persone (56 gli indagati tra Salerno e provincia) e avrebbe chiesto a ognuno di loro di compilare un assegno circolare da 10mila euro, spiegando di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare di alcune case nel centro di Salerno. Quegli assegni, però, sarebbero stati solo una partita di giro, perché al momento della consegna i «donatori» avrebbero trovato sul tavolo l’equivalente in contanti, per risarcirli in toto dell’esborso.
Scarano, sospeso cautelativamente dal Vaticano nei giorni scorsi, ha sempre negato ogni addebito. Ma proprio sull’origine delle sue ingenti disponibilità finanziarie e immobiliari (è titolare di due conti correnti allo Ior) la Procura di Roma vuole veder chiaro.
Ieri la nuova accusa che lo ha portato in carcere perché ritenuto responsabile di un’attività di illecita importazione in Italia, poi fallita, di 20 milioni di euro in contanti dalla Svizzera per conto degli armatori Paolo, Cesare e Maurizio D’Amico, nell’ambito di un filone dell’inchiesta romana sullo Ior. Accuse gravi, tanto più per un prelato, da cui ora «don 500», recluso nel carcere di Regina Coeli, dovrà difendersi. Vite parallele con don Evaristo Biasini, soprannominato «don Bancomat»: comparve nelle indagini avviate a Perugia sulla cosiddetta «cricca» degli appalti per i grandi eventi. Il sospetto era che il sacerdote, ex economo della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo sangue e amico di Diego Anemone, costruttore romano al centro dell’indagine, custodisse fondi neri. In varie operazioni da lui annotate ricorre l’Istituto opere religione. Ma ora le vie dello Ior non sembrano più infinite.
© Copyright La Stampa, 29 giugno 2013
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