venerdì 31 maggio 2013
Benedetto XVI: il Corpus Domini è una manifestazione di Dio, un’attestazione che Dio è amore. In un modo unico e peculiare, questa festa ci parla dell’amore divino, di ciò che è e di ciò che fa
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"Hablando con el Papa": 50 personalità spagnole della politica dello sport e della cultura pubblicano un libro in cui riflettono sull'eredità di Papa emerito Benedetto XVI
La meditazione di Papa Francesco al termine del mese mariano
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Bergoglio, professione servo dei servi di Dio. Un articolo di Magister del 2002
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Leggiamo:
"Da allora il pensiero di farlo tornare a Roma come successore di Pietro ha cominciato a propagarsi con intensità crescente. I cardinali latinoamericani sono sempre più orientati su di lui. Il cardinale Joseph Ratzinger altrettanto".
Leggiamo:
"Da allora il pensiero di farlo tornare a Roma come successore di Pietro ha cominciato a propagarsi con intensità crescente. I cardinali latinoamericani sono sempre più orientati su di lui. Il cardinale Joseph Ratzinger altrettanto".
Incontro di Papa Francesco con un gruppo di bambini malati. Nota informativa e testo del saluto di una bimba
Nota informativa di Padre Lombardi.
Questa sera, alle ore 18, nella Cappella della Casa di Santa Marta, dove abita, il Papa ha incontrato un gruppo di bambini ospiti del reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma. I bambini, gravemente ammalati, erano 22, accompagnati dai loro genitori e da rappresentanti del personale del Gemelli e da volontari dell’Unitalsi, dalle religiose e dai sacerdoti che li seguono e li accompagnano in pellegrinaggi a Lourdes o a Loreto. In tutto circa 70 persone.
Tra i presenti anche tre sorelline, tutte e tre ammalate, con i loro genitori. In occasione di un pellegrinaggio a Lourdes i bambini del gruppo avevano inviato al Papa i loro disegni della Grotta di Lourdes (il disegno giudicato più bello era stato fatto in Braille da un bimbo cieco), accompagnandoli con una lettera in cui avevano offerto al Papa di venire a pregare con lui.
L’incontro si è svolto in un clima di preghiera e di grande commozione, ma anche di gioia, come ogni volta che i bimbi sono protagonisti. Dopo il segno della croce e il saluto di pace del Papa e la recita del Padre Nostro, una bimba ha rivolto al Papa alcune parole di saluto chiedendogli di pregare per tutti i bambini malati del mondo e di benedire i loro genitori. E’ stata cantata da tutti insieme la “Ave Maria di Lourdes”.
Il Papa ha rivolto ai bambini e ai presenti alcune parole in forma di dialogo con i piccoli, ascoltando le loro domande e ricevendo piccoli doni, e invitandoli a sentire sempre la presenza di Gesù vicino a loro, “perché Gesù vuole loro tanto bene”. Dopo un’Ave Maria recitata insieme, il Papa impartito la benedizione, che è “come un abbraccio di Dio”. Infine – come suo solito – ha salutato con grande affetto singolarmente tutti i presenti, ogni bambino con i suoi genitori.
L’incontro è durato circa mezz’ora.
IL SALUTO DELLA BIMBA NUGNES MICHELLE
Caro Papa Francesco,
sono proprio contenta di essere qui a casa tua con gli amici del Gemelli, i medici, i volontari, e con i sacerdoti che ci accompagnano a Lourdes con l'Unitalsi.
E' bello poterti vedere davvero e non come alla televisione!
A Lourdes abbiamo pregato per te, ti abbiamo disegnato la grotta della Madonna, come nostro dono.
Ti promettiamo che pregheremo ancora e ti chiediamo di pregare per tutti i bambini malati del Gemelli e del Mondo.
Benedici tutte le mamme e i papà, perché possano avere sempre un sorriso bello come il tuo.
Questa sera, alle ore 18, nella Cappella della Casa di Santa Marta, dove abita, il Papa ha incontrato un gruppo di bambini ospiti del reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma. I bambini, gravemente ammalati, erano 22, accompagnati dai loro genitori e da rappresentanti del personale del Gemelli e da volontari dell’Unitalsi, dalle religiose e dai sacerdoti che li seguono e li accompagnano in pellegrinaggi a Lourdes o a Loreto. In tutto circa 70 persone.
Tra i presenti anche tre sorelline, tutte e tre ammalate, con i loro genitori. In occasione di un pellegrinaggio a Lourdes i bambini del gruppo avevano inviato al Papa i loro disegni della Grotta di Lourdes (il disegno giudicato più bello era stato fatto in Braille da un bimbo cieco), accompagnandoli con una lettera in cui avevano offerto al Papa di venire a pregare con lui.
L’incontro si è svolto in un clima di preghiera e di grande commozione, ma anche di gioia, come ogni volta che i bimbi sono protagonisti. Dopo il segno della croce e il saluto di pace del Papa e la recita del Padre Nostro, una bimba ha rivolto al Papa alcune parole di saluto chiedendogli di pregare per tutti i bambini malati del mondo e di benedire i loro genitori. E’ stata cantata da tutti insieme la “Ave Maria di Lourdes”.
Il Papa ha rivolto ai bambini e ai presenti alcune parole in forma di dialogo con i piccoli, ascoltando le loro domande e ricevendo piccoli doni, e invitandoli a sentire sempre la presenza di Gesù vicino a loro, “perché Gesù vuole loro tanto bene”. Dopo un’Ave Maria recitata insieme, il Papa impartito la benedizione, che è “come un abbraccio di Dio”. Infine – come suo solito – ha salutato con grande affetto singolarmente tutti i presenti, ogni bambino con i suoi genitori.
L’incontro è durato circa mezz’ora.
IL SALUTO DELLA BIMBA NUGNES MICHELLE
Caro Papa Francesco,
sono proprio contenta di essere qui a casa tua con gli amici del Gemelli, i medici, i volontari, e con i sacerdoti che ci accompagnano a Lourdes con l'Unitalsi.
E' bello poterti vedere davvero e non come alla televisione!
A Lourdes abbiamo pregato per te, ti abbiamo disegnato la grotta della Madonna, come nostro dono.
Ti promettiamo che pregheremo ancora e ti chiediamo di pregare per tutti i bambini malati del Gemelli e del Mondo.
Benedici tutte le mamme e i papà, perché possano avere sempre un sorriso bello come il tuo.
Ior, von Freyberg: non ho parlato con Papa Francesco sul futuro dell'Istituto. Con la reputazione che abbiamo, non abbiamo reso un buon servizio al Papa (Izzo)
IOR: VON FREYBERG, NON HO PARLATO COL PAPA SU FUTURO ISTITUTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
Nominato presidente dello Ior il 15 febbraio scorso dal Consiglio cardinalizio di sorveglianza dell'Istituto, dopo un lungo e attento processo di selezione delle candidature, Ernst von Freyberg spiega, in un'intervista alla Radio Vaticana, di aver "iniziato nel mezzo di un mandato", qundi, chiarisce, "il mio incarico finisce nel 2015".
Ai microfoni dell'emittente confida "il privilegio di alloggiare a Santa Marta" e dunque "talvolta di partecipare alla messa celebrata dal Papa". Ma al Corriere della Sera rivela di non aver parlato con Bergoglio dei problemi dello Ior. "Ho incontrato Papa Francesco - spiega - quando ho partecipato alla messa a Santa Marta. Ma non ho mai parlato con lui del futuro dello Ior, ho solo ascoltato le sue omelie".
© Copyright (AGI)
IOR: "CON REPUTAZIONE CHE ABBIAMO NON BUON SERVIZIO AL PAPA"
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Con la reputazione che abbiamo, non abbiamo reso un buon servizio al Santo Padre e questo e' il primo e piu' importante compito da affrontare". Lo afferma il presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, in un'intervista alla Radio Vaticana. "L'Istituto - sottolinea - ha 19mila clienti, tra cui 5.200 istituzioni cattoliche, titolari dell'85 per cento dei fondi amministrati e 13mila 700 altri correntisti".
Riguardo ai soggetti ammessi ad aprire i conti allo Ior, il presidente cita "gli impiegati vaticani, oltre a religiosi e alcune altre categorie specifiche autorizzate, come i diplomatici accreditati presso la Santa Sede". "Quando sono arrivato - rivela von Freyberg - pensavo di dovermi concentrare su quello che normalmente viene definito 'fare pulizia' e 'mettere in ordine' fra i conti correnti irregolari. A tutt'ora non vi e' nulla di tutto questo che io abbia potuto rilevare". "Questo - ammette - non significa che non ci sia niente, ma piuttosto che questa non e' la nostra preoccupazione maggiore". "La nostra preoccupazione maggiore - spiega il presidente dello Ior - e' la nostra reputazione. Il nostro lavoro - dunque - riguarda la comunicazione molto piu' di quanto non avessi pensato originariamente: c'e' da fare molta piu' comunicazione all'interno della Chiesa: non abbiamo fatto abbastanza in passato. Il lavoro inizia in casa nostra, con i nostri stessi dipendenti, con coloro che lavorano per la Chiesa di Roma, con coloro che sono nella Chiesa in tutto il mondo. A loro in primo luogo siamo debitori di trasparenza e di una chiara spiegazione in merito a quel che facciamo e del modo in cui cerchiamo di servire".
Nell'intervista von Freyberg descrive lo Ior come "un ufficio di famiglia". "Ci sono - spiega - 112 persone che gestiscono i clienti che in larga maggioranza sono suore o religiosi e molto spesso essi conoscono la persona che allo Ior si occupa di loro da 20 o 30 anni. Noi sappiamo esattamente di cosa hanno bisogno e loro qui trovano una persona fidata, ed e' questo rapporto personale che li spinge a venire qui. Siamo in competizione come qualsiasi altro istituto finanziario nel mondo. Ogni singolo nostro cliente viene costantemente sollecitato dalle banche di appoggiarsi a loro. Rimangono con noi perche' vogliono rimanere con noi". "Se chiedessimo ai nostri clienti: 'Chiudiamo lo Ior?', al 99,99 per cento - assicura - essi risponderebbero di no". "Vogliono - scandisce - rimanere qui, vogliono portare i loro denari qui. Trovano un'assistenza personalizzata e l'esperienza ha dimostrato che qui sono al sicuro. Lo Ior e' altamente capitalizzato, ha un patrimonio netto di circa 800 milioni su un bilancio di 5 miliardi. E' il doppio di quello che si potrebbe trovare nelle banche al di fuori del Vaticano. In tutta la crisi finanziaria non siamo mai stati in difficolta'. Nessun governo ha dovuto salvarci; siamo molto, molto al sicuro".
Von Freyberg risponde anche a una domanda sui recenti rilievi ricevuti dall'AIF, l'organismo vaticano che fa da supervisore allo Ior, dal quale si e' appreso di conti "sospetti" attualmente in essere e di operazioni segnalate alla magistratura vaticana. Secondo il presidente dell'Istituto, "in realta' cio' dimostra che il nostro sistema di monitoraggio interno incomincia a funzionare". "Questo significa - osserva - che siamo diligenti e che abbiamo identificato sei transazioni delle quali abbiamo pensato che fossero inappropriate e per questo le abbiamo riferite al nostro supervisore". In concreto, per von Freyberg si e' sulla strada giusta e anche altre banche di altri Paesi hanno gli stessi problemi. "Se torniamo indietro di 15 anni, probabilmente - aggiunge - allora eravamo molto normali, nel senso che tutte le istituzioni finanziarie private nel mondo, e anche quelle pubbliche, operavano sulla base del segreto bancario". "La trasparenza - commenta - e' una chiave, ma non solo la trasparenza; anche cio' a cui si mira, una volta diventati trasparenti: e cioe', che siamo completamente puliti, come e' necessario essere se si vuole essere accettati nel sistema finanziario internazionale". "La trasparenza - chiarisce pero' - non e' una cosa che il mondo ha da sempre e alla quale il Vaticano deve essere trascinato". Per alcuni aspetti, conviene il presidente dello Ior, "noi siamo arrivati in ritardo, ad adeguarci a questo nuovo mondo". Ma, giura in merito all'adeguamento in corso su richiesta di Moneyval, "ora stiamo correndo per recuperare e per tornare dove eravamo 15 anni fa: relativamente normali in confronto con altre istituzioni finanziarie"."Si' - conclude - ora stiamo riguadagnando la nostra reputazione. Questa e' la cosa piu' importante che devo fare: cacciare quell'ombra".
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
Nominato presidente dello Ior il 15 febbraio scorso dal Consiglio cardinalizio di sorveglianza dell'Istituto, dopo un lungo e attento processo di selezione delle candidature, Ernst von Freyberg spiega, in un'intervista alla Radio Vaticana, di aver "iniziato nel mezzo di un mandato", qundi, chiarisce, "il mio incarico finisce nel 2015".
Ai microfoni dell'emittente confida "il privilegio di alloggiare a Santa Marta" e dunque "talvolta di partecipare alla messa celebrata dal Papa". Ma al Corriere della Sera rivela di non aver parlato con Bergoglio dei problemi dello Ior. "Ho incontrato Papa Francesco - spiega - quando ho partecipato alla messa a Santa Marta. Ma non ho mai parlato con lui del futuro dello Ior, ho solo ascoltato le sue omelie".
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IOR: "CON REPUTAZIONE CHE ABBIAMO NON BUON SERVIZIO AL PAPA"
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Con la reputazione che abbiamo, non abbiamo reso un buon servizio al Santo Padre e questo e' il primo e piu' importante compito da affrontare". Lo afferma il presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, in un'intervista alla Radio Vaticana. "L'Istituto - sottolinea - ha 19mila clienti, tra cui 5.200 istituzioni cattoliche, titolari dell'85 per cento dei fondi amministrati e 13mila 700 altri correntisti".
Riguardo ai soggetti ammessi ad aprire i conti allo Ior, il presidente cita "gli impiegati vaticani, oltre a religiosi e alcune altre categorie specifiche autorizzate, come i diplomatici accreditati presso la Santa Sede". "Quando sono arrivato - rivela von Freyberg - pensavo di dovermi concentrare su quello che normalmente viene definito 'fare pulizia' e 'mettere in ordine' fra i conti correnti irregolari. A tutt'ora non vi e' nulla di tutto questo che io abbia potuto rilevare". "Questo - ammette - non significa che non ci sia niente, ma piuttosto che questa non e' la nostra preoccupazione maggiore". "La nostra preoccupazione maggiore - spiega il presidente dello Ior - e' la nostra reputazione. Il nostro lavoro - dunque - riguarda la comunicazione molto piu' di quanto non avessi pensato originariamente: c'e' da fare molta piu' comunicazione all'interno della Chiesa: non abbiamo fatto abbastanza in passato. Il lavoro inizia in casa nostra, con i nostri stessi dipendenti, con coloro che lavorano per la Chiesa di Roma, con coloro che sono nella Chiesa in tutto il mondo. A loro in primo luogo siamo debitori di trasparenza e di una chiara spiegazione in merito a quel che facciamo e del modo in cui cerchiamo di servire".
Nell'intervista von Freyberg descrive lo Ior come "un ufficio di famiglia". "Ci sono - spiega - 112 persone che gestiscono i clienti che in larga maggioranza sono suore o religiosi e molto spesso essi conoscono la persona che allo Ior si occupa di loro da 20 o 30 anni. Noi sappiamo esattamente di cosa hanno bisogno e loro qui trovano una persona fidata, ed e' questo rapporto personale che li spinge a venire qui. Siamo in competizione come qualsiasi altro istituto finanziario nel mondo. Ogni singolo nostro cliente viene costantemente sollecitato dalle banche di appoggiarsi a loro. Rimangono con noi perche' vogliono rimanere con noi". "Se chiedessimo ai nostri clienti: 'Chiudiamo lo Ior?', al 99,99 per cento - assicura - essi risponderebbero di no". "Vogliono - scandisce - rimanere qui, vogliono portare i loro denari qui. Trovano un'assistenza personalizzata e l'esperienza ha dimostrato che qui sono al sicuro. Lo Ior e' altamente capitalizzato, ha un patrimonio netto di circa 800 milioni su un bilancio di 5 miliardi. E' il doppio di quello che si potrebbe trovare nelle banche al di fuori del Vaticano. In tutta la crisi finanziaria non siamo mai stati in difficolta'. Nessun governo ha dovuto salvarci; siamo molto, molto al sicuro".
Von Freyberg risponde anche a una domanda sui recenti rilievi ricevuti dall'AIF, l'organismo vaticano che fa da supervisore allo Ior, dal quale si e' appreso di conti "sospetti" attualmente in essere e di operazioni segnalate alla magistratura vaticana. Secondo il presidente dell'Istituto, "in realta' cio' dimostra che il nostro sistema di monitoraggio interno incomincia a funzionare". "Questo significa - osserva - che siamo diligenti e che abbiamo identificato sei transazioni delle quali abbiamo pensato che fossero inappropriate e per questo le abbiamo riferite al nostro supervisore". In concreto, per von Freyberg si e' sulla strada giusta e anche altre banche di altri Paesi hanno gli stessi problemi. "Se torniamo indietro di 15 anni, probabilmente - aggiunge - allora eravamo molto normali, nel senso che tutte le istituzioni finanziarie private nel mondo, e anche quelle pubbliche, operavano sulla base del segreto bancario". "La trasparenza - commenta - e' una chiave, ma non solo la trasparenza; anche cio' a cui si mira, una volta diventati trasparenti: e cioe', che siamo completamente puliti, come e' necessario essere se si vuole essere accettati nel sistema finanziario internazionale". "La trasparenza - chiarisce pero' - non e' una cosa che il mondo ha da sempre e alla quale il Vaticano deve essere trascinato". Per alcuni aspetti, conviene il presidente dello Ior, "noi siamo arrivati in ritardo, ad adeguarci a questo nuovo mondo". Ma, giura in merito all'adeguamento in corso su richiesta di Moneyval, "ora stiamo correndo per recuperare e per tornare dove eravamo 15 anni fa: relativamente normali in confronto con altre istituzioni finanziarie"."Si' - conclude - ora stiamo riguadagnando la nostra reputazione. Questa e' la cosa piu' importante che devo fare: cacciare quell'ombra".
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La "modesta" residenza del card. Marx!
Usa, Francesco (come Benedetto) mette in guardia le suore “ribelli” (Tosatti)
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Papa Francesco: alcuni fedeli sembrano andare ad un funerale e non a lodare Dio. Perchè certe volte la Messa ci sembra lunga. Il presidente Onu regala al Pontefice un'icona del popolo serbo (Izzo)
PAPA: ALCUNI FEDELI SEMBRANO ANDARE A FUNERALE E NON A LODARE DIO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Tante volte i cristiani hanno faccia di andare piu' ad un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no?". Papa Francesco interrompe la sua omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta e interroga i 50 fedeli presenti. "Senza gioia - spiega - noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze". In merito il Pontefice cita "il grande Paolo VI che diceva: 'non si puo' portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati'".
"Non si puo' - conviene -. Questo atteggiamento e' un po' funebre, eh?"
© Copyright (AGI)
PAPA: PERCHE' CERTE VOLTE LA MESSA CI SEMBRA LUNGA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Questa messa che lunga s'e' fatta!". Nell'omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta, nella quale ha destritto come "un po' funebre" l'atteggiamento di molti fedeli, Papa Francesco presta la sua voce ad una sensazione abbastanza diffusa tra i fedeli: la noia che li assale durante le liturgie. E spiega che "se tu non lodi Dio, non sai quella gratuita' di perdere il tempo lodando a Dio, e' lunga la messa". "Ma - aggiunge - se tu vai con questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, quello e' bello!". "L'eternita' - assicura Francesco - sara' quello: lodare Dio! E quello non sara' noioso: sara' bellissimo! Questa gioia ci fa liberi".
Per il Pontefice, "il modello di questa lode, e di questa gioia, e' ancora una volta la Madre di Gesu'". "La Chiesa - ricorda Papa Francesco - la chiama 'causa della nostra gioia' perche' porta la gioia piu' grande che e' Gesu'". "Dobbiamo pregare la Madonna - esorta - perche' portando Gesu' ci dia la grazia della gioia, della liberta' della gioia. Ci dia la grazia di lodare, di lodare con una preghiera di lode gratuita, di lode, perche' Lui e' degno di lode sempre. Pregare la Madonna e dirle come le dice la Chiesa: Signora, tu che sei tanto grande, visita noi e donaci la gioia!". In realta' le messe di Papa Francesco fanno eccezione perche' nessuno si annoia ad assistervi, anzi le richieste sono tantissime, con un elenco di "prenotati" che la segreteria particolare del Pontefice fatica a smaltire. Ad esempio i giornalisti accreditati non sono stati ancora ammessi alla cappella della Domus Santa Marta, anche se sono proprio loro tutte le mattine a dare risalto alle parole di Francesco. Tra i concelebranti di oggi vi erano il cardinale Jozef Tomko, l'arcivescovo di Faridabad-Delhi, Kuriakose Bharanikulangara, e quello di Belo Horizonte, Walmor Oliveira de Azevedo. Tra i fedeli, un gruppo di dipendenti dei Servizi economici del Vaticano, con il direttore Sabatino Napolitano, e collaboratori delle Guardie Svizzere.
© Copyright (AGI)
PAPA: PRESIDENTE ONU GLI REGALA ICONA DEL PADRE DEL POPOLO SERBO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
Colloquio di 20 minuti in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente dell'Assemblea dell'Onu, il 38enne Vuk Jeremic gia' esponente del governo di Belgrado, che gli ha portato in dono un'icona di San Sava, patrono del popolo serbo. Il nuovo Papa, come e' noto, e' stato invitato a parlare all'Onu (come i suoi predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) dal segretario generale, Ban- Ki-moon, ricevuto in Vaticano lo scorso 9 aprile.
Il presidente dell'Assemblea dell'Onu si e' successivamente incontrato con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, il quale era accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. "Nei cordiali colloqui - informa una nota vaticana - sono state passate in rassegna alcune questioni di reciproco interesse, in particolare la risoluzione dei conflitti internazionali attraverso mezzi pacifici, con riferimento specifico al Medio Oriente, e alle gravi emergenze umanitarie da essi provocate". In tale contesto, si legge nel comunicato, "e' stata rilevata l'importanza della riconciliazione fra le comunita' che compongono le varie societa' e del rispetto dei diritti delle minoranze etniche e religiose".
Jeremic si e' confrontato con il Papa e con Bertone anche "sul problema della tratta delle persone e sul dramma dei rifugiati e dei migranti". Riguardo alla presente crisi economica mondiale, al centro dei colloqui e' stato "il ruolo che potrebbe assumere l'Assemblea Generale dell'ONU nei programmi per l'agenda di sviluppo sostenibile dopo il 2015, rispettoso dell'ambiente e nello stesso tempo capace di ridurre la distanza tra ricchi e poveri. "L'incontro odierno - sottolinea infine la nota - ha confermato l'apprezzamento della Santa Sede per il ruolo centrale dell'Organizzazione nella ricerca del bene comune dell'umanita'". E ugualmente "non si e' mancato di ricordare il contributo della Chiesa Cattolica, con i mezzi che le sono propri e nel rispetto della sua identita', a favore della promozione della dignita' umana integrale, della pace e di una cultura dell'incontro, auspicando che tali valori possano sempre ispirare i dibattiti e le deliberazioni dell'Assemblea Generale".
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Tante volte i cristiani hanno faccia di andare piu' ad un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no?". Papa Francesco interrompe la sua omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta e interroga i 50 fedeli presenti. "Senza gioia - spiega - noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze". In merito il Pontefice cita "il grande Paolo VI che diceva: 'non si puo' portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati'".
"Non si puo' - conviene -. Questo atteggiamento e' un po' funebre, eh?"
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PAPA: PERCHE' CERTE VOLTE LA MESSA CI SEMBRA LUNGA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
"Questa messa che lunga s'e' fatta!". Nell'omelia di questa mattina alla Domus Santa Marta, nella quale ha destritto come "un po' funebre" l'atteggiamento di molti fedeli, Papa Francesco presta la sua voce ad una sensazione abbastanza diffusa tra i fedeli: la noia che li assale durante le liturgie. E spiega che "se tu non lodi Dio, non sai quella gratuita' di perdere il tempo lodando a Dio, e' lunga la messa". "Ma - aggiunge - se tu vai con questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, quello e' bello!". "L'eternita' - assicura Francesco - sara' quello: lodare Dio! E quello non sara' noioso: sara' bellissimo! Questa gioia ci fa liberi".
Per il Pontefice, "il modello di questa lode, e di questa gioia, e' ancora una volta la Madre di Gesu'". "La Chiesa - ricorda Papa Francesco - la chiama 'causa della nostra gioia' perche' porta la gioia piu' grande che e' Gesu'". "Dobbiamo pregare la Madonna - esorta - perche' portando Gesu' ci dia la grazia della gioia, della liberta' della gioia. Ci dia la grazia di lodare, di lodare con una preghiera di lode gratuita, di lode, perche' Lui e' degno di lode sempre. Pregare la Madonna e dirle come le dice la Chiesa: Signora, tu che sei tanto grande, visita noi e donaci la gioia!". In realta' le messe di Papa Francesco fanno eccezione perche' nessuno si annoia ad assistervi, anzi le richieste sono tantissime, con un elenco di "prenotati" che la segreteria particolare del Pontefice fatica a smaltire. Ad esempio i giornalisti accreditati non sono stati ancora ammessi alla cappella della Domus Santa Marta, anche se sono proprio loro tutte le mattine a dare risalto alle parole di Francesco. Tra i concelebranti di oggi vi erano il cardinale Jozef Tomko, l'arcivescovo di Faridabad-Delhi, Kuriakose Bharanikulangara, e quello di Belo Horizonte, Walmor Oliveira de Azevedo. Tra i fedeli, un gruppo di dipendenti dei Servizi economici del Vaticano, con il direttore Sabatino Napolitano, e collaboratori delle Guardie Svizzere.
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PAPA: PRESIDENTE ONU GLI REGALA ICONA DEL PADRE DEL POPOLO SERBO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 31 mag.
Colloquio di 20 minuti in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente dell'Assemblea dell'Onu, il 38enne Vuk Jeremic gia' esponente del governo di Belgrado, che gli ha portato in dono un'icona di San Sava, patrono del popolo serbo. Il nuovo Papa, come e' noto, e' stato invitato a parlare all'Onu (come i suoi predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) dal segretario generale, Ban- Ki-moon, ricevuto in Vaticano lo scorso 9 aprile.
Il presidente dell'Assemblea dell'Onu si e' successivamente incontrato con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, il quale era accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. "Nei cordiali colloqui - informa una nota vaticana - sono state passate in rassegna alcune questioni di reciproco interesse, in particolare la risoluzione dei conflitti internazionali attraverso mezzi pacifici, con riferimento specifico al Medio Oriente, e alle gravi emergenze umanitarie da essi provocate". In tale contesto, si legge nel comunicato, "e' stata rilevata l'importanza della riconciliazione fra le comunita' che compongono le varie societa' e del rispetto dei diritti delle minoranze etniche e religiose".
Jeremic si e' confrontato con il Papa e con Bertone anche "sul problema della tratta delle persone e sul dramma dei rifugiati e dei migranti". Riguardo alla presente crisi economica mondiale, al centro dei colloqui e' stato "il ruolo che potrebbe assumere l'Assemblea Generale dell'ONU nei programmi per l'agenda di sviluppo sostenibile dopo il 2015, rispettoso dell'ambiente e nello stesso tempo capace di ridurre la distanza tra ricchi e poveri. "L'incontro odierno - sottolinea infine la nota - ha confermato l'apprezzamento della Santa Sede per il ruolo centrale dell'Organizzazione nella ricerca del bene comune dell'umanita'". E ugualmente "non si e' mancato di ricordare il contributo della Chiesa Cattolica, con i mezzi che le sono propri e nel rispetto della sua identita', a favore della promozione della dignita' umana integrale, della pace e di una cultura dell'incontro, auspicando che tali valori possano sempre ispirare i dibattiti e le deliberazioni dell'Assemblea Generale".
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Mons. Capovilla: quando Papa Francesco mi ha telefonato ho pensato ad uno scherzo (Izzo)
PAPA: CAPOVILLA, QUANDO MI HA TELFONATO HO PENSATO A UNO SCHERZO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"Pensavo fosse uno scherzo. Squilla il telefono, io rispondo e dall'altra parte dicono: 'monsignor Capovilla, sono Papa Francesco'. Aveva fatto lui il numero, senza passare dal centralino".
Lo storico segretario di Giovanni XXIII, che rivela la conversazione con Bergoglio in un'intervista al sito cattolico Aleteia, aveva fatto giungere al nuovo Pontefice l'invito per le imminenti celebrazioni del 50esimo della morte di Roncalli.
"Lei mi invita a questo convito di memorie - ha risposto Papa Francesco - e io la ringrazio, ma visto che siamo in conversazione la prego di un favore: preghi Papa Giovanni perche' io diventi piu' buono". "Semplice come la preghiera di un bambino", commenta oggi l'ultranovantenne arcivescovo che individua diversi punti di contatto tra i due Papi. "Come Giovanni XXIII - sottolinea - anche Francesco avvicinando le persone non da' l'impressione di chiedersi se sia cattolico o se vada a Messa tutte le domeniche, ma per prima cosa vede in lui una creatura di Dio, un uomo, una persona che ha dei diritti inalienabili che sono il diritto all’ascolto e al rispetto, in ogni caso al buon rapporto, al tentativo dell'amicizia". "Mi hanno colpito - confida il presule - le immagini del papa nel carcere minorile di Casal del Marmo il Giovedì santo: un vecchio prete inginocchiato a lavare i piedi di quei ragazzi, non spruzzando un po' d'acqua, ma lavandoli davvero, baciandoli e guardando ogni ragazzo in volto. Uno di loro gli ha chiesto: 'cosa sei venuto a fare?'. 'Sono venuto perche' mi ha mandato l'amore perche' mi devo occupare anche di te”. Ma non e' questo che aspetta il mondo? Non e' questo cio' in cui confidiamo?". "Al termine della mia vita - rileva - tocco con mano che alcune intuizioni di Papa Giovanni vengono oggi messe sul tappeto da Francesco. Nel discorso agli ambasciatori che hanno presentato le credenziali qualche giorno fa, lui ha detto che la Chiesa deve preoccuparsi in particolar modo degli ultimi. Ha ripetuto la stessa frase di Papa Giovanni nel radiomessaggio un mese prima dell'apertura del Concilio, l'11 settembre: 'La Chiesa e' di tutti e nessuno e' escluso, ma e' particolarmente la Chiesa dei poveri'". "Qualcuno - conclude Capovilla - ha detto che questa e' demagogia ma dove e' la demagogia se tuo fratello muore di fame? E' un grande discorso che quelli che si vogliono chiamare cristiani devono vivificare dentro di loro: non accontentarsi solo di battere le mani al Papa".
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"Pensavo fosse uno scherzo. Squilla il telefono, io rispondo e dall'altra parte dicono: 'monsignor Capovilla, sono Papa Francesco'. Aveva fatto lui il numero, senza passare dal centralino".
Lo storico segretario di Giovanni XXIII, che rivela la conversazione con Bergoglio in un'intervista al sito cattolico Aleteia, aveva fatto giungere al nuovo Pontefice l'invito per le imminenti celebrazioni del 50esimo della morte di Roncalli.
"Lei mi invita a questo convito di memorie - ha risposto Papa Francesco - e io la ringrazio, ma visto che siamo in conversazione la prego di un favore: preghi Papa Giovanni perche' io diventi piu' buono". "Semplice come la preghiera di un bambino", commenta oggi l'ultranovantenne arcivescovo che individua diversi punti di contatto tra i due Papi. "Come Giovanni XXIII - sottolinea - anche Francesco avvicinando le persone non da' l'impressione di chiedersi se sia cattolico o se vada a Messa tutte le domeniche, ma per prima cosa vede in lui una creatura di Dio, un uomo, una persona che ha dei diritti inalienabili che sono il diritto all’ascolto e al rispetto, in ogni caso al buon rapporto, al tentativo dell'amicizia". "Mi hanno colpito - confida il presule - le immagini del papa nel carcere minorile di Casal del Marmo il Giovedì santo: un vecchio prete inginocchiato a lavare i piedi di quei ragazzi, non spruzzando un po' d'acqua, ma lavandoli davvero, baciandoli e guardando ogni ragazzo in volto. Uno di loro gli ha chiesto: 'cosa sei venuto a fare?'. 'Sono venuto perche' mi ha mandato l'amore perche' mi devo occupare anche di te”. Ma non e' questo che aspetta il mondo? Non e' questo cio' in cui confidiamo?". "Al termine della mia vita - rileva - tocco con mano che alcune intuizioni di Papa Giovanni vengono oggi messe sul tappeto da Francesco. Nel discorso agli ambasciatori che hanno presentato le credenziali qualche giorno fa, lui ha detto che la Chiesa deve preoccuparsi in particolar modo degli ultimi. Ha ripetuto la stessa frase di Papa Giovanni nel radiomessaggio un mese prima dell'apertura del Concilio, l'11 settembre: 'La Chiesa e' di tutti e nessuno e' escluso, ma e' particolarmente la Chiesa dei poveri'". "Qualcuno - conclude Capovilla - ha detto che questa e' demagogia ma dove e' la demagogia se tuo fratello muore di fame? E' un grande discorso che quelli che si vogliono chiamare cristiani devono vivificare dentro di loro: non accontentarsi solo di battere le mani al Papa".
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Papa Francesco: Dio è gioia, il Vangelo non si porta avanti con i cristiani sfiduciati
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“Il cardinale O’Brien? Ha fatto tante opere buone”. Polemiche in Gran Bretagna per le dichiarazioni del nunzio Mennini (Galeazzi)
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Bergoglio contro i corrotti. Un saggio sul degrado etico contemporaneo (Calabrò)
Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:
I Corsivi
In Rete Si amplia con un testo di papa Francesco la collana di approfondimento in ebook del «Corriere»
Bergoglio contro i corrotti
Un saggio sul degrado etico contemporaneo per il Pontefice che si fa «curato» di anime
La condanna non riguarda solo mazzette e appalti gonfiati. Ma tutto ciò che contamina l'uomo
di Maria Antonietta Calabrò
«Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento».
Nei frammenti lirici dell'antico poeta greco Simonide, morto cinquecento anni prima di Cristo, risuona la «parola temeraria» e «l'urlo», a quel «cambiamento di narrativa» che cinquanta giorni fa si è ripetuto per la Chiesa cattolica e per il mondo, con l'elezione di Papa Francesco. Sì, «cambiamento di narrativa», cambiamento stesso di contenuto delle parole, cambiamento della storia.
Corvi, scandali, accuse e controaccuse, dissolti, allontanati. Non perché non esistano più, ma perché il lavacro che li ripulirà sarà quello della Misericordia, prima ancora di quello della giustizia. «Misereando atque eligendo», come recita il motto di cardinale e di Papa di Francesco. E con corvi, scandali e documenti rubati è volato via anche il clima da «manipulitismo» di ritorno che si è respirato intorno al Vaticano nell'ultimo anno, e che ha trovato il suo climax esattamente nel maggio scorso, per molti aspetti ricalcando, quasi in una scimmiottatura, quello mondano degli anni Novanta.
«Corruzione», denunciavano i documenti di Vatileaks, «corruzione» e «mancanza di trasparenza».
«Guarire dalla corruzione» per Bergoglio non è un programma politico o sociale, e neppure l'adeguamento ad uno standard internazionale.
Per lui l'orizzonte della corruzione non è quello di mazzette, di appalti, di costi gonfiati. E il problema della corruzione non è quello di fare piazza pulita, ma di guarire da «quelle cose cattive che vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo» (Mc 7,20-23).
Si tratta, insomma, di guarire il cuore. Di curare. Bergoglio è arrivato per noi, come il «Curato» del mondo e della Chiesa, colui che si prende cura, che pulisce e sana le ferite, alimenta di cibo, accarezza. «Non abbiate paura della tenerezza», ha detto. Curato, molto più che parroco. Perché parrocchia ha purtroppo acquisito un significato di chiusura, di cerchia ristretta, e invece il curato si prendeva cura delle anime dei cristiani di un vasto territorio, quello ancora non costituito in una parrocchia, in istituzione. Il curato si prendeva cura delle anime di quelle che Bergoglio chiamerebbe oggi, ai tempi della globalizzazione, «le periferie del mondo». E come il Curato d'Ars, Bergoglio va verso le periferie. In un abbraccio.
Non parroco del mondo, meglio, curato del mondo, a cominciare dalla sua Chiesa di Roma. Curato di ognuno di noi, che siamo tutti — ad essere sinceri — delle «periferie del mondo». Ecco allora che si comprendono le brevi omelie della Casa Santa Marta. Casa, sì, casa, non «Palazzo Apostolico», non «Appartamento pontificio». Casa. Eppure, quella finestra spenta dell'Appartamento, la sera, quel buio che sovrasta il colonnato del Bernini, per un romano è un po' come un occhio accecato, un occhio senza luce. Accettato dai romani, solo come necessaria contrizione, dopo tutto quello che è accaduto lì dentro con il maggiordomo Corvo.
Francesco continuamente sottolinea che il problema della Chiesa non sono le strutture, l'organizzazione, che la Chiesa non è una Ong. E c'è come un'urgenza in questo ripetersi, come a dire «attenzione» — innanzitutto ai cattolici, ai preti, alla Curia — «attenzione, l'essenziale è questo» dice il curato che vuole confessare in parrocchia, e già lo ha fatto. La corruzione — scrive Bergoglio — «non si identifica affatto con una serie di peccati. Uno può essere un gran peccatore e, tuttavia, non essere caduto nella corruzione». E nel testo pubblicato ne I Corsivi fa esplicito riferimento a Zaccheo e Matteo, due pubblicani, esattori delle tasse romane, due che con i soldi avevano ben a che fare, e alla Samaritana, la donna che aveva avuto cinque mariti.
«Curato» però è un participio passato, significa anche «colui che è curato ed amato». E forse per questo che il curato Francesco ha aperto il cuore e «piace» a credenti e non credenti. Ed è lui stesso amato, sinceramente, dal popolo, al di là dell'uso ideologico della sua immagine. È amato dal popolo, vox Dei, che segue con semplicità, forse con l'istinto del gregge, la sua voce.
C'è invece chi (dentro e fuori il Vaticano) è rimasto fermo all'altra narrativa, quella precedente le dimissioni di Ratzinger (perché bisognerà anche ricordare che la novità di Francesco è potuta arrivare solo grazie al gesto di Benedetto). Magari per negare quella narrativa. Se corvi, veleni, misteri li vogliamo definire «A». Tutti a invocare la negazione di «A», il «non A».
E così è accaduto che le affermazioni di Bergoglio siano anche state grandemente banalizzate.
Da attese del tipo: «la Curia sarà rovesciata come un calzino», «ci saranno pensionamenti eccellenti», «vedrete che spoil system» e, «chiuderà lo Ior». Francesco invece non ha scelto «non A». Ha scelto «B», ha imboccato una strada diversa, la sua. Da quasi tre mesi: il tempo del reset del cuore. Anche se dopo le strutture cambieranno, l'organizzazione cambierà.
Tanto che ha già designato il cosiddetto G8, la Commissione di cardinali da tutto il mondo per la riforma della Curia e l'ha fatta presiedere al presidente della Caritas, Maradiaga. «Una chiesa povera per i poveri».
«Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento» scriveva Simonide di Ceo, cinquecento anni prima di Cristo. Il problema umano, ci dice Francesco, è tutto qui. Un miracolo, un fatto inatteso che irrompe nella vita e nella storia. Un caso, un accidente, come dicono gli atei, i materialisti («Democrito che il mondo a caso pone», scriveva Dante, nel canto IV dell'Inferno). Il caso, che, a guardar bene, è il nome laico di Dio. Il caso, o meglio, un amore, una grazia.
© Copyright Corriere della sera, 31 maggio 2013
I Corsivi
In Rete Si amplia con un testo di papa Francesco la collana di approfondimento in ebook del «Corriere»
Bergoglio contro i corrotti
Un saggio sul degrado etico contemporaneo per il Pontefice che si fa «curato» di anime
La condanna non riguarda solo mazzette e appalti gonfiati. Ma tutto ciò che contamina l'uomo
di Maria Antonietta Calabrò
«Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento».
Nei frammenti lirici dell'antico poeta greco Simonide, morto cinquecento anni prima di Cristo, risuona la «parola temeraria» e «l'urlo», a quel «cambiamento di narrativa» che cinquanta giorni fa si è ripetuto per la Chiesa cattolica e per il mondo, con l'elezione di Papa Francesco. Sì, «cambiamento di narrativa», cambiamento stesso di contenuto delle parole, cambiamento della storia.
Corvi, scandali, accuse e controaccuse, dissolti, allontanati. Non perché non esistano più, ma perché il lavacro che li ripulirà sarà quello della Misericordia, prima ancora di quello della giustizia. «Misereando atque eligendo», come recita il motto di cardinale e di Papa di Francesco. E con corvi, scandali e documenti rubati è volato via anche il clima da «manipulitismo» di ritorno che si è respirato intorno al Vaticano nell'ultimo anno, e che ha trovato il suo climax esattamente nel maggio scorso, per molti aspetti ricalcando, quasi in una scimmiottatura, quello mondano degli anni Novanta.
«Corruzione», denunciavano i documenti di Vatileaks, «corruzione» e «mancanza di trasparenza».
«Guarire dalla corruzione» per Bergoglio non è un programma politico o sociale, e neppure l'adeguamento ad uno standard internazionale.
Per lui l'orizzonte della corruzione non è quello di mazzette, di appalti, di costi gonfiati. E il problema della corruzione non è quello di fare piazza pulita, ma di guarire da «quelle cose cattive che vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo» (Mc 7,20-23).
Si tratta, insomma, di guarire il cuore. Di curare. Bergoglio è arrivato per noi, come il «Curato» del mondo e della Chiesa, colui che si prende cura, che pulisce e sana le ferite, alimenta di cibo, accarezza. «Non abbiate paura della tenerezza», ha detto. Curato, molto più che parroco. Perché parrocchia ha purtroppo acquisito un significato di chiusura, di cerchia ristretta, e invece il curato si prendeva cura delle anime dei cristiani di un vasto territorio, quello ancora non costituito in una parrocchia, in istituzione. Il curato si prendeva cura delle anime di quelle che Bergoglio chiamerebbe oggi, ai tempi della globalizzazione, «le periferie del mondo». E come il Curato d'Ars, Bergoglio va verso le periferie. In un abbraccio.
Non parroco del mondo, meglio, curato del mondo, a cominciare dalla sua Chiesa di Roma. Curato di ognuno di noi, che siamo tutti — ad essere sinceri — delle «periferie del mondo». Ecco allora che si comprendono le brevi omelie della Casa Santa Marta. Casa, sì, casa, non «Palazzo Apostolico», non «Appartamento pontificio». Casa. Eppure, quella finestra spenta dell'Appartamento, la sera, quel buio che sovrasta il colonnato del Bernini, per un romano è un po' come un occhio accecato, un occhio senza luce. Accettato dai romani, solo come necessaria contrizione, dopo tutto quello che è accaduto lì dentro con il maggiordomo Corvo.
Francesco continuamente sottolinea che il problema della Chiesa non sono le strutture, l'organizzazione, che la Chiesa non è una Ong. E c'è come un'urgenza in questo ripetersi, come a dire «attenzione» — innanzitutto ai cattolici, ai preti, alla Curia — «attenzione, l'essenziale è questo» dice il curato che vuole confessare in parrocchia, e già lo ha fatto. La corruzione — scrive Bergoglio — «non si identifica affatto con una serie di peccati. Uno può essere un gran peccatore e, tuttavia, non essere caduto nella corruzione». E nel testo pubblicato ne I Corsivi fa esplicito riferimento a Zaccheo e Matteo, due pubblicani, esattori delle tasse romane, due che con i soldi avevano ben a che fare, e alla Samaritana, la donna che aveva avuto cinque mariti.
«Curato» però è un participio passato, significa anche «colui che è curato ed amato». E forse per questo che il curato Francesco ha aperto il cuore e «piace» a credenti e non credenti. Ed è lui stesso amato, sinceramente, dal popolo, al di là dell'uso ideologico della sua immagine. È amato dal popolo, vox Dei, che segue con semplicità, forse con l'istinto del gregge, la sua voce.
C'è invece chi (dentro e fuori il Vaticano) è rimasto fermo all'altra narrativa, quella precedente le dimissioni di Ratzinger (perché bisognerà anche ricordare che la novità di Francesco è potuta arrivare solo grazie al gesto di Benedetto). Magari per negare quella narrativa. Se corvi, veleni, misteri li vogliamo definire «A». Tutti a invocare la negazione di «A», il «non A».
E così è accaduto che le affermazioni di Bergoglio siano anche state grandemente banalizzate.
Da attese del tipo: «la Curia sarà rovesciata come un calzino», «ci saranno pensionamenti eccellenti», «vedrete che spoil system» e, «chiuderà lo Ior». Francesco invece non ha scelto «non A». Ha scelto «B», ha imboccato una strada diversa, la sua. Da quasi tre mesi: il tempo del reset del cuore. Anche se dopo le strutture cambieranno, l'organizzazione cambierà.
Tanto che ha già designato il cosiddetto G8, la Commissione di cardinali da tutto il mondo per la riforma della Curia e l'ha fatta presiedere al presidente della Caritas, Maradiaga. «Una chiesa povera per i poveri».
«Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento» scriveva Simonide di Ceo, cinquecento anni prima di Cristo. Il problema umano, ci dice Francesco, è tutto qui. Un miracolo, un fatto inatteso che irrompe nella vita e nella storia. Un caso, un accidente, come dicono gli atei, i materialisti («Democrito che il mondo a caso pone», scriveva Dante, nel canto IV dell'Inferno). Il caso, che, a guardar bene, è il nome laico di Dio. Il caso, o meglio, un amore, una grazia.
© Copyright Corriere della sera, 31 maggio 2013
Il neopresidente Ernst von Freyberg: «Controlli sui 19 mila clienti. Il mio piano per il nuovo Ior» (Calabrò)
Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:
Il neopresidente: ci dobbiamo comportare come ogni istituzione finanziaria, il sito web partirà il 1 ottobre e avremo regolari rapporti con i media
«Controlli sui 19 mila clienti Il mio piano per il nuovo Ior»
In contanti il 20% delle transazioni eseguite nel 2012: le offerte in chiesa si fanno ancora per la maggior parte così
di Maria Antonietta Calabrò
«Ho incontrato papa Francesco quando ho partecipato alla messa a Santa Marta. Ma non ho mai parlato con lui del futuro dello Ior, ho solo ascoltato le sue omelie», dice così il nuovo presidente — nominato negli ultimi giorni del pontificato di Ratzinger — della cosiddetta banca vaticana, al centro di indiscrezioni su una sua riforma, dopo l'elezione di Bergoglio.
Presidente Ernst von Freyberg, parlando dello Ior il cardinale Maradiaga ha dichiarato: «Dicono che è una fondazione, ma pare una banca». Per il Rapporto Moneyval siete a tutti gli effetti un'istituzione finanziaria. Che idea se n'è fatta dopo tre mesi che è qui?
«In tre mesi ho conosciuto le persone: gli impiegati, i cardinali del Consiglio di sorveglianza, altri cardinali, le altre autorità, in particolare l'Aif e il suo direttore generale, René Bruelhart. Ho fatto un piano, ho creato una squadra, e quindi ho eseguito il piano».
Che piano?
«È focalizzato in tre direzioni. La prima è la nostra reputazione, ed essa è strettamente legata alla trasparenza e alla comunicazione. La seconda è l'adesione agli standard internazionali. La terza, il futuro dello Ior. Per raggiungere questi obiettivi, ho costruito una squadra interna allo Ior, aiutata dall'esterno da alcune primarie società di consulenza. Voglio sottolineare la completa libertà di azione che ho avuto: non ho trovato nessuna resistenza né dai superiori, né dalle autorità, né all'interno. Questo mi ha molto impressionato».
Lo Ior aprirà un proprio sito web e pubblicherà il bilancio. Perché?
«Per la trasparenza e la reputazione. Per essere trasparenti, bisogna rendere pubblico quello che si fa. Così da essere membri rispettati del sistema finanziario internazionale e della stessa Chiesa. Perciò abbiamo deciso che ci dobbiamo comportare come ci si aspetta da ogni altra istituzione finanziaria. Il sito sarà attivo dal 1 ottobre e avremo un regolare rapporto con i media».
Il punto vero però è l'adeguatezza agli standard internazionali. Dopo la buona pagella del luglio scorso a Strasburgo non ci sono stati altri passi avanti e nel dicembre 2012 la Banca d'Italia ha bloccato l'uso dei bancomat che collegavano il Vaticano alla rete bancaria italiana...
«Dobbiamo essere aderenti alla legge vaticana e al sistema di controllo che Bruelhart, direttore dell'Aif, ha messo in piedi molto bene. Questo è un sistema a "tolleranza zero": nessuna transazione sospetta, nessun cliente improprio, e volontà di essere "contro" chiunque sia coinvolto in attività improprie. Anche "contro" i nostri stessi impiegati. Il secondo aspetto è che abbiamo circa 40 banche "corrispondenti", quindi dobbiamo essere aderenti alle regole del mondo che ci circonda. Per questo abbiamo rafforzato le procedure interne e la nostra struttura regolatoria. E ci siamo affidati alla consulenza di Promontory, che è leader nell'antiriciclaggio».
Parliamo della squadra. È soddisfatto dei dirigenti?
«Il direttore generale, Paolo Cipriani, il vicedirettore, Massimo Tulli e io, costituiamo un buon team. Noi lavoriamo insieme in modo veramente felice».
Lo Ior genera profitti. Quant'è l'utile 2012?
«Circa 86,6 milioni di euro (contro una media di 69 milioni negli anni 2009-2012), con una redditività dei portafogli gestiti che è raddoppiata nel 2012, rispetto ai 4 anni precedenti».
La banca però è coinvolta ciclicamente in inchieste giudiziarie. Nel settembre 2010, è scoppiato il caso del Credito Artigiano, si disse allora: «Un equivoco che sarebbe stato presto chiarito». Sono passati quasi tre anni. A che punto siamo?
«I conti erano stati bloccati nel 2010 per un totale di 23 milioni di euro. L'inchiesta giudiziaria è stata chiusa già nel 2011 e i soldi sono stati sbloccati. Per utilizzarli la Banca d'Italia deve ancora approvare il nostro agreement con il Credito Artigiano del novembre 2010. Per quanto riguarda il rapporto con la Banca d'Italia, questo riguarda l'Aif».
Cosa state facendo per migliorare la situazione?
«Oltre al miglioramento sistematico dei nostri processi interni ho avviato un progetto per rivedere ogni singola posizione-cliente in stretta collaborazione con l'Aif: chi sono i proprietari, chi sono i delegati a operare sul deposito. Questo sta avvenendo al ritmo di mille posizioni-cliente al mese. La maggior parte di questa review sarà conclusa entro fine anno».
Perché, quanti sono i clienti attivi?
«Erano 18.900, alla fine del 2012. Cioè controlleremo circa 12 mila posizione-cliente per la fine del 2013, ma abbiamo cominciato da quelle più a rischio».
Come riportato da tutti i giornalisti presenti all'open day del 28 giugno 2012, il dg Cipriani ha detto che i clienti, le posizioni, erano 25.000 e circa 33.000 i conti. Il numero dei clienti alla fine dell'anno scorso è sceso a 18.900. E il numero dei conti, quindi, potrebbe essere sceso ancora di più: come spiega questo fenomeno?
«Lo Ior ha chiuso i conti dormienti o con depositi minimi, spesso inferiori a 100 euro, di circa 6.000 clienti. Ma gli asset complessivi sono invariati».
Nel Rapporto Moneyval è scritto che l'indagine conoscitiva sui clienti (Customer Due Diligence) avrebbe dovuto essere completata entro il 31 dicembre, cioè cinque mesi fa. È stato fatto?
«Ho posto a tutti, dirigenti, funzionari e impiegati dello Ior, la deadline del 31 luglio per concludere questo progetto di aggiornamento. Lo scriva: 31 luglio, così tutti vedono pubblicata questa data e se la ricordano, 31 luglio 2013».
L'Aif ha scritto che ci sono state 6 transazioni sospette nel 2012, ci può fornire i dati dei primi 5 mesi del 2013?
«Sette casi dal 1° gennaio 2013 fino a oggi. Due segnalati dall'Aif, cinque da noi».
L'avvocato Michele Briamonte, indagato a Siena e a Roma, dello studio Grande Stevens, è ancora vostro consulente?
«Non ho potuto accertare niente di improprio nella relazione tra Briamonte-Ior e Mps. Nostro consulente in ogni caso è lo studio legale Grande Stevens e lo è stato per cinquant'anni: l'ho ereditato tre mesi fa. Attualmente, lo studio Grande Stevens è uno dei nostri consulenti, ma non attraverso l'avvocato Briamonte».
L'Aif ha indicato che un flusso di denaro contante attraversa Porta Sant'Anna. Gran parte di esso finisce sui vostri conti?
«I numeri forniti dall'Aif sono i nostri sulle transazioni in contanti. La nostra impressione è che la maggioranza dei fondi dichiarati alla dogana sono per depositi o prelievi da e per lo Ior. Nel 2012 lo Ior ha eseguito circa il 20 per cento delle sue transazioni in contanti. Questo ha a che fare con la natura dei nostri clienti. Il nostro sistema di monitoraggio deve essere adeguato per controllare un flusso di contanti più alto della media di un altro istituto, perché le offerte in chiesa si fanno ancora oggi per la maggior parte in contanti».
© Copyright Corriere della sera, 31 maggio 2013
Il neopresidente: ci dobbiamo comportare come ogni istituzione finanziaria, il sito web partirà il 1 ottobre e avremo regolari rapporti con i media
«Controlli sui 19 mila clienti Il mio piano per il nuovo Ior»
In contanti il 20% delle transazioni eseguite nel 2012: le offerte in chiesa si fanno ancora per la maggior parte così
di Maria Antonietta Calabrò
«Ho incontrato papa Francesco quando ho partecipato alla messa a Santa Marta. Ma non ho mai parlato con lui del futuro dello Ior, ho solo ascoltato le sue omelie», dice così il nuovo presidente — nominato negli ultimi giorni del pontificato di Ratzinger — della cosiddetta banca vaticana, al centro di indiscrezioni su una sua riforma, dopo l'elezione di Bergoglio.
Presidente Ernst von Freyberg, parlando dello Ior il cardinale Maradiaga ha dichiarato: «Dicono che è una fondazione, ma pare una banca». Per il Rapporto Moneyval siete a tutti gli effetti un'istituzione finanziaria. Che idea se n'è fatta dopo tre mesi che è qui?
«In tre mesi ho conosciuto le persone: gli impiegati, i cardinali del Consiglio di sorveglianza, altri cardinali, le altre autorità, in particolare l'Aif e il suo direttore generale, René Bruelhart. Ho fatto un piano, ho creato una squadra, e quindi ho eseguito il piano».
Che piano?
«È focalizzato in tre direzioni. La prima è la nostra reputazione, ed essa è strettamente legata alla trasparenza e alla comunicazione. La seconda è l'adesione agli standard internazionali. La terza, il futuro dello Ior. Per raggiungere questi obiettivi, ho costruito una squadra interna allo Ior, aiutata dall'esterno da alcune primarie società di consulenza. Voglio sottolineare la completa libertà di azione che ho avuto: non ho trovato nessuna resistenza né dai superiori, né dalle autorità, né all'interno. Questo mi ha molto impressionato».
Lo Ior aprirà un proprio sito web e pubblicherà il bilancio. Perché?
«Per la trasparenza e la reputazione. Per essere trasparenti, bisogna rendere pubblico quello che si fa. Così da essere membri rispettati del sistema finanziario internazionale e della stessa Chiesa. Perciò abbiamo deciso che ci dobbiamo comportare come ci si aspetta da ogni altra istituzione finanziaria. Il sito sarà attivo dal 1 ottobre e avremo un regolare rapporto con i media».
Il punto vero però è l'adeguatezza agli standard internazionali. Dopo la buona pagella del luglio scorso a Strasburgo non ci sono stati altri passi avanti e nel dicembre 2012 la Banca d'Italia ha bloccato l'uso dei bancomat che collegavano il Vaticano alla rete bancaria italiana...
«Dobbiamo essere aderenti alla legge vaticana e al sistema di controllo che Bruelhart, direttore dell'Aif, ha messo in piedi molto bene. Questo è un sistema a "tolleranza zero": nessuna transazione sospetta, nessun cliente improprio, e volontà di essere "contro" chiunque sia coinvolto in attività improprie. Anche "contro" i nostri stessi impiegati. Il secondo aspetto è che abbiamo circa 40 banche "corrispondenti", quindi dobbiamo essere aderenti alle regole del mondo che ci circonda. Per questo abbiamo rafforzato le procedure interne e la nostra struttura regolatoria. E ci siamo affidati alla consulenza di Promontory, che è leader nell'antiriciclaggio».
Parliamo della squadra. È soddisfatto dei dirigenti?
«Il direttore generale, Paolo Cipriani, il vicedirettore, Massimo Tulli e io, costituiamo un buon team. Noi lavoriamo insieme in modo veramente felice».
Lo Ior genera profitti. Quant'è l'utile 2012?
«Circa 86,6 milioni di euro (contro una media di 69 milioni negli anni 2009-2012), con una redditività dei portafogli gestiti che è raddoppiata nel 2012, rispetto ai 4 anni precedenti».
La banca però è coinvolta ciclicamente in inchieste giudiziarie. Nel settembre 2010, è scoppiato il caso del Credito Artigiano, si disse allora: «Un equivoco che sarebbe stato presto chiarito». Sono passati quasi tre anni. A che punto siamo?
«I conti erano stati bloccati nel 2010 per un totale di 23 milioni di euro. L'inchiesta giudiziaria è stata chiusa già nel 2011 e i soldi sono stati sbloccati. Per utilizzarli la Banca d'Italia deve ancora approvare il nostro agreement con il Credito Artigiano del novembre 2010. Per quanto riguarda il rapporto con la Banca d'Italia, questo riguarda l'Aif».
Cosa state facendo per migliorare la situazione?
«Oltre al miglioramento sistematico dei nostri processi interni ho avviato un progetto per rivedere ogni singola posizione-cliente in stretta collaborazione con l'Aif: chi sono i proprietari, chi sono i delegati a operare sul deposito. Questo sta avvenendo al ritmo di mille posizioni-cliente al mese. La maggior parte di questa review sarà conclusa entro fine anno».
Perché, quanti sono i clienti attivi?
«Erano 18.900, alla fine del 2012. Cioè controlleremo circa 12 mila posizione-cliente per la fine del 2013, ma abbiamo cominciato da quelle più a rischio».
Come riportato da tutti i giornalisti presenti all'open day del 28 giugno 2012, il dg Cipriani ha detto che i clienti, le posizioni, erano 25.000 e circa 33.000 i conti. Il numero dei clienti alla fine dell'anno scorso è sceso a 18.900. E il numero dei conti, quindi, potrebbe essere sceso ancora di più: come spiega questo fenomeno?
«Lo Ior ha chiuso i conti dormienti o con depositi minimi, spesso inferiori a 100 euro, di circa 6.000 clienti. Ma gli asset complessivi sono invariati».
Nel Rapporto Moneyval è scritto che l'indagine conoscitiva sui clienti (Customer Due Diligence) avrebbe dovuto essere completata entro il 31 dicembre, cioè cinque mesi fa. È stato fatto?
«Ho posto a tutti, dirigenti, funzionari e impiegati dello Ior, la deadline del 31 luglio per concludere questo progetto di aggiornamento. Lo scriva: 31 luglio, così tutti vedono pubblicata questa data e se la ricordano, 31 luglio 2013».
L'Aif ha scritto che ci sono state 6 transazioni sospette nel 2012, ci può fornire i dati dei primi 5 mesi del 2013?
«Sette casi dal 1° gennaio 2013 fino a oggi. Due segnalati dall'Aif, cinque da noi».
L'avvocato Michele Briamonte, indagato a Siena e a Roma, dello studio Grande Stevens, è ancora vostro consulente?
«Non ho potuto accertare niente di improprio nella relazione tra Briamonte-Ior e Mps. Nostro consulente in ogni caso è lo studio legale Grande Stevens e lo è stato per cinquant'anni: l'ho ereditato tre mesi fa. Attualmente, lo studio Grande Stevens è uno dei nostri consulenti, ma non attraverso l'avvocato Briamonte».
L'Aif ha indicato che un flusso di denaro contante attraversa Porta Sant'Anna. Gran parte di esso finisce sui vostri conti?
«I numeri forniti dall'Aif sono i nostri sulle transazioni in contanti. La nostra impressione è che la maggioranza dei fondi dichiarati alla dogana sono per depositi o prelievi da e per lo Ior. Nel 2012 lo Ior ha eseguito circa il 20 per cento delle sue transazioni in contanti. Questo ha a che fare con la natura dei nostri clienti. Il nostro sistema di monitoraggio deve essere adeguato per controllare un flusso di contanti più alto della media di un altro istituto, perché le offerte in chiesa si fanno ancora oggi per la maggior parte in contanti».
© Copyright Corriere della sera, 31 maggio 2013
Card. Bagnasco: il matrimonio omosessuale "è un vulnus grave alla famiglia"
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Intervista al presidente dello Ior Ernst von Freyberg: trasparenza con bilanci on line e controlli sui 19mila conti (Radio Vaticana)
Prendendo con decisione l’iniziativa di una nuova “politica di comunicazione” dell’Istituto per le Opere di Religione, il presidente del Consiglio di sorveglianza, Ernst von Freyberg, ha concesso una serie di interviste a qualificati rappresentanti della stampa internazionale, che vengono pubblicate oggi, 31 maggio. Per la Radio Vaticana l’intervista è stata realizzata dal padre Bernd Hagenkord, responsabile della Sezione Tedesca. L’originale è in lingua inglese e viene pubblicato integralmente in scritto e audio sulla pagina web in lingua inglese del sito della Radio Vaticana.
Ernst von Freyberg è stato nominato presidente dello Ior il 15 febbraio scorso dal Consiglio cardinalizio di sorveglianza dell’Istituto, dopo un lungo e attento processo di selezione delle candidature.
Lo Ior, nella forma attuale, è stato fondato da Pio XII nel 1942 “per custodire e amministrare beni trasferiti o affidati all’Istituto da persone fisiche o giuridiche, per finalità di opere di religione o di carità”. L’Istituto, sito nella Città del Vaticano, amministra oggi fondi per un valore totale di circa 7 miliardi di Euro, ha circa 19.000 clienti (5.200 istituzioni cattoliche, titolari di oltre l’85% dei fondi amministrati, e 13.700 individui, fra cui gli impiegati vaticani, oltre a religiosi e alcune altre categorie specifiche autorizzate, come i diplomatici accreditati presso la Santa Sede).
D. – Presidente von Freyberg, le piace il suo lavoro, venendo a Roma da Francoforte? Le piace lavorare in Vaticano?
R. – It is a great privilege to work here; it is the most inspiring environment …
E’ un grande privilegio lavorare qui; è l’atmosfera più ispiratrice che si possa immaginare, lavorare in Vaticano … Ed è anche una grande sfida servire il Papa nel ristabilire la reputazione di questo Istituto.
D. – Come aveva immaginato – prima di iniziarlo – il suo lavoro qui?
R. – Different from what it is. When I came here I thought I would need …
Diversamente da quello che è. Quando sono venuto, pensavo di dovermi concentrare su quello che normalmente viene definito “fare pulizia” e “mettere in ordine” fra i conti correnti irregolari. A tutt’ora non vi è nulla di tutto questo che io abbia potuto rilevare. Questo non significa che non ci sia niente, ma piuttosto che questa non è la nostra preoccupazione maggiore. La nostra preoccupazione maggiore è la nostra reputazione. Il nostro lavoro – il mio lavoro – riguarda la comunicazione molto più di quanto non avessi pensato originariamente. E’ c’è da fare molta più comunicazione all’interno della Chiesa: non abbiamo fatto abbastanza in passato. Il lavoro inizia in casa nostra, con i nostri stessi dipendenti, con coloro che lavorano per la Chiesa di Roma, con coloro che sono nella Chiesa in tutto il mondo. A loro in primo luogo siamo debitori di trasparenza e di una chiara spiegazione in merito a quel che facciamo e del modo in cui cerchiamo di servire.
D. – Come avviene che una persona come lei, con la sua esperienza, possa voler lavorare per il Vaticano, dopo tutte le avventure che ha passato lo Ior?
R. – You don’t want to. It is not something you sit at home and dream of. …
Non è una cosa che vuoi. Non è che stai seduto a casa e lo sogni. Anche quando sei al colloquio, non dici a te stesso “Voglio fortemente questo incarico”. Quando poi sei convocato, sei contento di accettare la convocazione e questo penso che sia vero anche per gli altri candidati che hanno fatto il colloquio per questo incarico. Una volta che sei qui, poi, ti rendi conto che si tratta veramente di una bella esperienza e che è molto meno irta di complicazioni e di problemi interni di quanto ci si possa aspettare dall’esterno.
D. – Come si svolge una giornata-tipo in ufficio? Certo, guardare fuori dalla finestra e trovarsi davanti Piazza San Pietro è certamente una vista alla quale la maggior parte della gente non è abituata … E’ come una giornata-tipo nel suo ufficio a Francoforte?
R. – A normal day starts in the most extraordinary way, because I have the privilege …
Una giornata normale che inizia nel modo più straordinario, perché ho il privilegio di alloggiare a Santa Marta e mi è concesso talvolta di partecipare alla Messa celebrata dal Papa. Questo è già un privilegio in sé: essere qui alle sette del mattino ed ascoltare le sue omelie, brevi e sempre molto intense. In ufficio, la mia giornata è strutturata secondo dei progetti. Sono un grande sostenitore dell’affrontare le questioni nella maniera sistematica di gestione del progetto. Il nostro impegno maggiore, qui, è di suddividere il compito in progetti e sotto-progetti, ed io partecipo ai comitati che portano avanti questi progetti. Incontro tutti i giorni il direttore ed il vice direttore per esaminare il lavoro del giorno, preparo riunioni di consiglio e poi comunico. Parlo all’interno della Chiesa, parlo con i giornalisti, oggi [martedì] sono stato a pranzo con l’ambasciatore di uno dei grandi Paesi del mondo per spiegare quello che stiamo facendo. Il mio impegno è diviso tra gestione dei progetti, ordinaria amministrazione e comunicazione.
D. – E per questo, la ringraziamo per parlare anche con noi. Si è parlato del fatto che lei sarebbe una sorta di direttore part-time. Lei non vive sempre a Roma: riesce a gestire questa situazione?
R. – When you look at our statutes, they say that we [the board] meet every …
Se ci attenessimo agli statuti, questi prevedono che noi – il consiglio – ci incontriamo ogni tre mesi in quanto comitato; e che una volta al mese io passi in esame il risultato economico con il direttore generale. Questo è quello che i padri fondatori hanno previsto per la mia posizione. Quando ho fatto il colloquio, mi era stato detto “uno o due giorni alla settimana”; ora sto tre giorni a Roma e uno o due giorni lavoro in altre parti del mondo, ma sempre per l’Istituto. Penso che ad un certo punto dovrò riprendere ad attenermi un po’ di più agli statuti …
D. – Ma per il momento, va bene per il suo lavoro …
R. – When I look at the challenges we have, we need every hour on this.
Se penso alle sfide che abbiamo di fronte, abbiamo bisogno di ogni singola ora di lavoro.
D. – Lei lavora alle dipendenze di una commissione cardinalizia. In pratica, cosa vuol dire?
R. – We have a commission of five cardinals, which is the highest instance …
C’è una commissione di cinque cardinali, la più alta istanza del nostro istituto. Li incontriamo all’incirca ogni due-tre mesi, normalmente nel contesto di una riunione di consiglio. Il direttore generale ed io incontriamo ogni mese il presidente della commissione cardinalizia per rendere conto del nostro operato ma anche per coordinare quello che stiamo facendo.
D. – Ci sono anche altre agenzie, come società di consulenza, che collaborano al vostro lavoro?
R. – There is one principal agency, which is not a consulting firm but …
C’è un’agenzia principale, che non è una società di consulenza ma il nostro supervisore, ed è l’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria). Essa è l’autorità finanziaria che ha la supervisione di tutte le istituzioni finanziarie vaticane. A questa agenzia io riferisco regolarmente e con questa lavoro a stretto contatto. Per quando riguarda consulenti esterni: ne ho assunti un certo numero. Penso di avere assunto i consulenti più rinomati a livello mondiale nel campo della consulenza anti-riciclaggio, al fine di esaminare ogni singolo nostro conto corrente e per esaminare le nostre strutture e i nostri procedimenti volti all’identificazione del riciclaggio di denaro. Abbiamo assunto anche esperti della comunicazione ed uno dei più importanti studi legali perché ci assista nella migliore comprensione del quadro normativo nel quale ci muoviamo e nel nostro essere conformi alle leggi.
D. – Parliamo di riciclaggio di denaro: immagino che ci siano delle norme da applicare …
R. – The Holy See has committed to international standards. …
La Santa Sede si è impegnata a rispettare gli standard internazionali. Noi applichiamo le leggi e gli standard più elevati richiesti dalle nostre banche corrispondenti. Personalmente, mi trovo sullo scrittoio ogni settimana tutti i casi sospetti e ho riunioni settimanali con il responsabile nell’impegno anti-riciclaggio. Inoltre, applichiamo una politica di tolleranza zero nei riguardi di clienti e di impiegati coinvolti in attività di riciclaggio.
D. – Parliamo della banca, “la Banca del Vaticano”: anche se questo termine non è esatto, è così che è conosciuto il suo istituto. E’ legato a molti miti, ma al di là dei miti: cos’è esattamente, lo Ior?
R. – The Ior is the same a sit was set up in 1942. It only does two things: …
Lo Ior è quello che era quando è stato istituito nel 1942. Fa soltanto due cose: riceve depositi dai suoi clienti e li custodisce. Prima di tutto siamo una sorta di ufficio di famiglia, che protegge i fondi dei membri della famiglia. I membri di questa famiglia sono la Santa Sede, le istituzioni collegate con la Santa Sede, soprattutto le congregazioni religiose con le loro attività estese a livello mondiale, i membri del clero e i dipendenti del Vaticano. Il secondo servizio che forniamo, accanto alla protezione e alla custodia, sono servizi di pagamento: questo significa che forniamo il servizio di trasferimento di fondi – in particolare alle entità vaticane ed alle congregazioni che hanno attività sparse nel mondo – nei luoghi nei quali si svolgono le loro attività.
D. – Quindi, in termini stretti, non siete una banca?
R. – We are not a bank. We do not lend money, we do not make investments, …
Non siamo una banca. Non prestiamo denaro, non facciamo investimenti diretti, non operiamo da controparte finanziaria. Non speculiamo in valuta o merci; il nostro principio è che riceviamo denaro e lo investiamo in titoli di Stato, in alcune obbligazioni societarie e nel mercato inter-bancario, nell’ambito del quale depositiamo ad un tasso d’interesse leggermente più alto rispetto a quello che riceviamo al fine di poter restituire il denaro ai nostri clienti in qualsiasi momento.
D. – Quello che avete in comune con altre banche è che guadagnate denaro, e alla fine della giornata c’è un certo guadagno. Questo è voluto o è una cosa che succede?
R. – Our mission is to serve. If we do our job well, we can expect to gain …
La nostra missione è servire. Se svolgiamo bene il nostro compito, possiamo aspettarcene un guadagno. Forniamo un contributo di circa 55 milioni di euro al budget del Vaticano e siamo un pilastro economico importante. Ora, lei potrebbe chiedermi come facciamo a guadagnare 55 milioni di euro. Analizzando il nostro conto economico, se ne rilevano tre elementi fondamentali: uno sono gli interessi che versiamo a chi deposita. Poi gli interessi attivi che percepiamo da questo. E questa è la parte più rilevante del nostro reddito, che ammonta annualmente a 50-70 milioni di euro, dai quali noi deduciamo poi le nostre spese. Poi abbiamo il guadagno sui prezzi delle obbligazioni, che salgono e scendono: ecco, così si costituisce il nostro profitto. Quindi, margine d’interesse e il cambiamento nei valori dei titoli che possediamo; da questo vanno detratti i costi operativi che ammontano a circa 25 milioni di euro.
D. – E tutto questo finisce, immagino, su un conto corrente a vantaggio del Vaticano, no?
R. – It goes into an account which is for the Vatican.
Finisce su un conto corrente che è per il Vaticano.
D. – Facciamo un’ipotesi: io vengo da lei; ho appena fondato una congregazione religiosa. Quali servizi lei può fornire a me e alla mia congregazione?
R. – Only two: you could deposit your funds which you have received …
Solo due: può depositare i fondi che ha ricevuti da chiunque la sostenga, noi li custodiamo, le versiamo gli interessi su questi fondi e le restituiamo tutto in qualsiasi momento lei ne abbia bisogno. Se lei mi dice che ha istituito tre province, una in Asia, una in Africa e una in America Latina, io potrei garantirle il trasferimento dei fondi ai suoi confratelli che sono sul posto per svolgere opera di carità, e le garantirei anche che il denaro possa raggiungerli anche nei posti più strani del mondo.
D. – Quale servizio rende lo Ior unico? Quale servizio che una normale banca – grande o media – non possa fornire?
R. – What is really unique is that we really understand the world of the Church …
Ciò che realmente è unico è che noi veramente comprendiamo il mondo della Chiesa e la missione della Chiesa. Nello Ior ci sono 112 persone che gestiscono 19.000 clienti. In larga maggioranza, essi sono suore o religiosi e molto spesso essi conoscono la persona che allo Ior si occupa di loro da 20 o 30 anni. Noi sappiamo esattamente di cosa hanno bisogno e loro qui trovano una persona fidata, ed è questo rapporto personale che li spinge a venire qui. Siamo in competizione come qualsiasi altri istituto finanziario nel mondo. Ogni singolo nostro cliente viene costantemente sollecitato dalle banche di appoggiarsi a loro. Rimangono con noi perché vogliono rimanere con noi. Vede, se chiedessimo ai nostri clienti: “Chiudiamo lo Ior?”, al 99,99% risponderebbero di no. Vogliono rimanere qui, vogliono portare i loro denari qui. Trovano un’assistenza personalizzata e l’esperienza ha dimostrato che qui sono al sicuro. Lo Ior è altamente capitalizzato, ha un patrimonio netto di circa 800 milioni su un bilancio di 5 miliardi. E’ il doppio di quello che si potrebbe trovare nelle banche al di fuori del Vaticano. In tutta la crisi finanziaria non siamo mai stati in difficoltà. Nessun governo ha dovuto salvarci; siamo molto, molto al sicuro.
D. – Quindi: il vostro servizio speciale consiste nel fatto che la vostra gente conosce i clienti e la Chiesa, ma a lungo termine anche un’altra istituzione potrebbe fornire questo tipo di servizio. Ci sono altre banche – anche banche cattoliche, ad esempio – che potrebbero fornire servizi uguali, non pensa?
R. – They also could provide a very good service. I would not say …
Potrebbero fornire anche un servizio molto buono: non direi uguale, perché ogni servizio è diverso. Probabilmente, molti dei nostri clienti si appoggiano anche ad altre banche e confrontano il nostro servizio con il loro.
D. – Ma perché il Vaticano dovrebbe avere una “banca”? Questa è una domanda che si sente ripetere spesso, specialmente oggi, dopo l’elezione di Papa Francesco. Qual è la sua risposta?
R. – I would look at it from two perspectives. One is our customers. They want us …
Io guarderei alla domanda da due prospettive diverse: una è quella dei nostri clienti. Loro vogliono che noi ci siamo. Questo è il motivo per cui 19.000 clienti hanno scelto di depositare lì i loro denari. L’altro punto di vista è chiedersi se offriamo un buon servizio al Santo Padre. E con la reputazione che abbiamo, non abbiamo reso un buon servigio al Santo Padre, perché questa reputazione oscura il messaggio. E questo per me è il primo e più importante compito da affrontare.
D. – Per uscire dall’angolo?
R. – To get out of the limelight and into a corner (ridono): …
In realtà, per uscire dalle luci della ribalta e tornare nell’angolo (ridono): per svolgere umilmente il nostro servizio e non trovarci costantemente sotto ai riflettori.
D. – Diceva del numero dei clienti: a confronto con altre banche, è alto, piccolo, medio?
R. – It’s tiny. There are few smaller banks than our institute.
E’ piccolo: ci sono solo poche banche più piccole del nostro istituto.
D. – Il Rapporto dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), a cui lei faceva riferimento prima, ha indicato sei casi illeciti. Questo significa che lo Ior è implicato in comportamenti non idonei, o cosa ci dicono queste cifre?
R. – The number first of all tells u show rumours start. …
Prima di tutto, queste cifre ci fanno capire come nascono le “voci”. Non sono “illeciti”, ma “sospetti” e in realtà ciò dimostra che il nostro sistema di monitoraggio interno incomincia a funzionare. Questo significa che siamo diligenti e che abbiamo identificato sei transazioni delle quali abbiamo pensato che fossero inappropriate e per questo le abbiamo riferite al nostro supervisore. Quando identifichiamo una tale transazione, immediatamente la segnaliamo all’Aif, che è il nostro supervisore.
D. – Questo è il metodo di trasparenza da parte dell’Aif e anche da parte vostra …
R. – That is the reporting system, in place within the Holy See, applicable to …
Questo è il sistema di segnalazione in atto all’interno della Santa Sede, che può essere applicato ad ogni istituzione finanziaria. E’ quello che ci si aspetterebbe in un sistema finanziario moderno: un sistema che controlli ogni transazione. Noi non siamo una banca, ma in quanto istituzione finanziaria, questa disposizione vale anche per noi. Noi controlliamo ogni transazione; se rileviamo un qualsiasi comportamento sospetto, presentiamo un cosiddetto “Rapporto di transazione sospetta” all’Aif. Questo sistema è progettato per prevenire il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo.
D. – Si è parlato molto anche della “lista bianca” dell’Ocse: il Vaticano vorrebbe essere accolto in quella “lista bianca”. Come il suo Istituto può contribuire affinché ciò avvenga?
R. – There is no white list. The purpose of the Moneyval process is to identify …
Non c’è nessuna “lista bianca”. Lo scopo della procedura Moneyval è identificare Paesi e giurisdizioni che possano mettere a rischio il sistema finanziario globale. Questo avviene eseguendo valutazioni riguardo al quadro giuridico di ogni Paese e giurisdizione. Si identificano quei Paesi e quelle giurisdizioni che vengono definiti critici. La Santa Sede si è sottoposta a questa valutazione l’anno scorso e secondo il Rapporto Moneyval, pubblicato l’anno scorso, la Santa Sede ha in atto un sistema funzionale e non è considerata una giurisdizione critica. Detto ciò, noi dello Ior siamo un elemento di tale sistema. Siamo chiamati, in particolare, a mettere in atto procedimenti e strutture più severi al fine di individuare transazione sospette e clienti sospetti. Perciò ora mi avvalgo dell’opera della migliore agenzia di consulenza del mondo per queste faccende per riscrivere il nostro manuale su come individuare transazioni e clienti sospetti e come ricontrollare tutti i nostri conti correnti. Strutture e procedure saranno pronte alla fine dell’estate, e con questo avremo compiuto questa parte dell’opera. Ma andremo oltre e controlleremo ogni singolo deposito, e questo sarà portato a conclusione entro la fine dell’anno.
D. – Nel suo istituto ci sono conti cifrati? Corrono sempre voci su somme enormi senza padrone …
R. – That is another good example. That is pure fiction. There are no …
Questo è un altro buon esempio: è pura fantasia. Non esistono conti cifrati. Fin dal 1996 è tecnicamente impossibile, con il nostro sistema, aprire un deposito cifrato. Sarebbe anche contro la legge del Vaticano. Io stesso sono andato a controllare nel sistema ho fatto controlli a campione: non ho trovato traccia di conti cifrati.
D. – Nemmeno per quanto riguarda il passato?
R. – They would not work in the system.
Non potrebbero esistere in questo sistema.
D. – Noi ora seduti qui per questa intervista; la settimana scorsa c’è stato il rapporto all’Autorità di informazione finanziaria: trasparenza è la nuova parola d’ordine allo Ior?
R. – Transparency is a key, but not only transparency but also what …
La trasparenza è una chiave, ma non solo la trasparenza; anche ciò a cui si mira, una volta diventati trasparenti: e cioè, che siamo completamente puliti, come è necessario essere se si vuole essere accettati nel sistema finanziario internazionale. La trasparenza non è una cosa che il mondo ha da sempre e alla quale il Vaticano dev’essere trascinato. Se torniamo indietro di 15 anni, probabilmente allora eravamo molto normali, nel senso che tutte le istituzioni finanziarie private nel mondo, e anche quelle pubbliche, operavano sulla base del segreto bancario. Oggi è ancora al centro di un grande dibattito all’interno dell’Unione Europea fino a che punto debba valere il segreto bancario. Poi, sono accadute tre cose: la prima è stata l’11 settembre, quando gli americani sono partiti all’attacco per identificare i finanziamenti ai terroristi. Questo processo ovviamente è iniziato dalle maggiori banche del mondo ed ora ha raggiunto anche la più piccola banca o il più piccolo istituto nel più piccolo Stato: per arrivare a questo, ci sono voluti alcuni anni. Poi sono arrivati i social media, e con i mezzi di comunicazione sociale nella pubblica opinione è venuto formandosi un concetto completamente nuovo di segretezza, anche nell’ambito della finanza. Poi è venuta la crisi finanziaria insieme alla necessità e al desiderio che le autorità fiscali trattassero in maniera equa i contribuenti, richiamando gli evasori alle loro responsabilità. Questo, a sua volta, ha costretto le istituzioni finanziarie a rinunciare ad una parte del segreto bancario. Questi tre eventi hanno trasformato l’ambito finanziario nel mondo, e noi siamo arrivati in ritardo, ad adeguarci a questo nuovo mondo. Ora stiamo correndo per recuperare e per tornare dove eravamo 15 anni fa: relativamente normali in confronto con altre istituzioni finanziarie.
D. – Pure, come lei ha detto, in questo momento c’è una sorta di ombra sul Vaticano, che un po’ scolora l’immagine e del papato e del Vaticano stesso. C’è stato qualcosa di sbagliato o non ancora applicato …
R. – Yes. Now we are coming back to our reputation. That is the most important …
Sì: ora stiamo riguadagnando la nostra reputazione. Questa è la cosa più importante che devo fare: cacciare quell’ombra.
D. – Sarà possibile?
R. – Yes. I believe we are a well managed, clean financial institution. …
Sì, perché credo che siamo un’istituzione finanziaria ben gestita e pulita. Possiamo migliorare in tutti gli ambiti, come tutti gli altri, e ci stiamo impegnando ad essere validi come lo sono istituti simili. Poi, abbiamo bisogno di comunicare. Nel passato, non parlavamo con nessuno, a cominciare dai nostri interlocutori più prossimi. Non abbiamo parlato in maniera sistematica con i cardinali, non con la Curia, non con la Chiesa. E’ diritto di ciascun membro della Chiesa cattolica in ogni parte del mondo di essere informato dettagliatamente su questa istituzione. Cosa faremo ora? Inizieremo a parlare con i media, parleremo nella Chiesa ed informeremo in maniera sistematica i nostri interlocutori fondamentali; presenteremo un rapporto annuale come farebbe ogni altra istituzione finanziaria e lo pubblicheremo in internet il 1° ottobre, sul nostro sito.
D. – Il suo incarico dura cinque anni, vero?
R. – To be precise, I stepped in the middle on a term, my term ends in 2015.
Ad essere precisi, ho iniziato nel mezzo di un mandato: il mio incarico finisce nel 2015.
D. – Nel 2015, che cosa considererebbe un successo del suo lavoro?
R. – My dream is a very clear one. My dream is that our reputation is such …
Il mio sogno è molto chiaro: il mio sogno è che la nostra reputazione sia tale che la gente non pensi più tanto a noi; che quando la gente pensa “Vaticano”, non pensi più “Ior” ma ascolti le parole del Papa.
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Gobber: «La fortuna di papa Francesco? Si è perso il ’68 perché non era in Europa» (Cervo)
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Papa Francesco: non dobbiamo avere paura della solidarietà. Il servizio liturgico affidato ai Legionari di Cristo. Il Pontefice in processione a piedi ed a capo scoperto (Izzo)
PAPA: NON DOBBIAMO AVERE PAURA DELLA SOLIDARIETA'
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"Nella Chiesa, ma anche nella societa', una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura e' solidarieta': una parola malvista dallo spirito mondano".
Papa Francesco ha voluto sottolinearlo nell'omelia della messa del Corpus Domini, celebrata questa sera sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, gremito di fedeli. Dobbiamo, ha spiegato, "saper mettere a disposizione di Dio quello che abbiamo, cioe' le nostre umili capacita', perche' solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sara' feconda, portera' frutto".
In proposito, il Pontefice ha evocato il miracolo delle moltiplicazione dei pani e dei pesci. "Di fronte alla necessita' della folla, ecco - ha ricordato Francesco - la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a se stesso; congedare la folla" che era rimasta fino alla sera tardi ad ascoltare Gesu' e che ora non era possibile trattenere perche' mancavano viveri sufficienti: "non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a
comprare viveri per tutta questa gente", dissero al Maestro. "Quante volte noi cristiani - ha esclamato il Papa -abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessita' degli altri, congedandoli con un pietoso: 'Che Dio ti aiuti', intanto io non ti vedo". Invece, ha spiegato il Pontefice, "la soluzione di Gesu' va in un'altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli: 'Voi stessi date loro da mangiare'. 'Ma come e' possibile che siamo noi a dare da mangiare ad una moltitudine?' replicarono. Gesu' non si scoraggia: chiede ai discepoli di far sedere la gente in comunita' di cinquanta persone, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione,
spezza i pani e li da' ai discepoli perche' li distribuiscano". "E' questo - ha commentato Bergoglio - un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, e' ora nutrita dal suo pane di vita. E tutti ne furono saziati".
"Questa sera - ha poi sottolineato il Papa - ancora una volta il Signore distribuisce per noi il pane che e' il suo Corpo, si fa dono. E anche noi sperimentiamo la 'solidarieta' di Dio' con l'uomo, una solidarieta' che mai si esaurisce, una solidarieta' che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l'egoismo, la morte".
"Gesu' - ha spiegato - anche questa sera si dona a noi nell'Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell'Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perche' la potenza di Dio, che e' quella dell'amore, scende nella nostra poverta' per trasformarla".
"Chiediamoci allora questa sera - ha esortato Bergoglio rivolto ai fedeli di piazza San Giovanni - adorando il Cristo presente realmente nell'Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di piu' dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?".
"Preghiamo - ha cinvocato - perche' la partecipazione all'Eucaristia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sara' veramente feconda".
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PAPA: SERVIZIO LITURGICO AFFIDATO A LEGIONARI DI CRISTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Papa Francesco ha fatto ingresso sul sagrato della Basilica Lateranense portando anche oggi la croce astile di Paolo VI. Lo seguivano i ministranti che sono oggi alcuni chierici dell'Istituto dei Legionari di Cristo (lo scorso 19 marzo alla messa d'inizio del Pontificato tocco' invece ai francescani de La Verna).
Sono migliaia i fedeli che assistono alla messa del Corpus Domini e la prima fila e' tutta per i numerosi cardinali presenti, che hanno preso posto in ordine di precedenza: il primo e' il decano Angelo Sodano, seguito dal prefetto emerito dei vescovi Giovanni Battista Re e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone. Tra i vescovi ci sono il prefetto della Casa Pontificia Georg Gaenswein e il presidente del dicatero per la Nuova Evangelizzazione Rino Fisichella.
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PAPA: IN PROCESSIONE A PIEDI E A CAPO SCOPERTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
A piedi e a capo scoperto, Papa Francesco guida oggi per la prima volta la processione del Corpus Domini, che partita da piazza San Giovanni percorrendo la via Merulana raggiunge la Basilica di Santa Maria Maggiore. Il camion altare con l'ostensorio - sul quale prendeva posto Benedetto XVI e che era entrato in servizio negli ultimi anni del Pontificato di Giovanni Paolo II - precede il Pontefice che non vi e' salito, lasciando l'inginocchiatoio a un giovane diacono. Francesco indossa un semplice piviale e sta passando tra due ali di folla, che e' trattenuta dalle transenne. Precedono il Santissimo la Croce astile portata dai ministranti con le candele, e, nell'ordine, le confraternite e i sodalizi, i cavalieri del Santo Sepolcro e quelli di Malta, religiose, religiosi, sacerdoti e diaconi, i parroci di Roma, i canonici lateranensi, cappellani e prelati, vescovi, arcivescovi e cardinali, i bambini della prima comunione, 4 turiferai con due navicelle con l'incenso, e sei ministranti con le torce. Con la sua particolare andatura, ma senza mostrare particolare affaticamento, Francesco procede proprio sulla linea spartitraffico che divide in due corsie la via Merulana. Gli sono accanto il maestro delle cerimonie, monsignor Guido Marini, ed altri cerimonieri. Cardinali e vescovi camminano invece ai lati della strada, ognuno con una candela. Dopo il passaggio del Pontefice le transenne vengono aperte in modo che la gente possa seguirlo verso Santa Maria Maggiore ed e' impressionante l'immagine della folla dei fedeli in marcia dietro al camion altare e a Francesco. Il camion altare ha la targa "Scv 1" che e' quella delle vetture papali.
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PAPA: BENEDICE LA FOLLA IN PIAZZA S. MARIA MAGGIORE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Giunto a piedi alla Basilica di Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha impartito la benedizione eucaristica alzando l'Ostensorio che era stato poco prima posato su un altare, all'esterno della chiesa, dal diacono sceso con il Santissimo dal camion altare sul quale il nuovo Pontefice, a differenza dei predecessori, non e' mai salito. La piazza era gremita da una folla impressionante, come tutta via Merulana, dove mano mano, subito dopo il passaggio del Papa, venivano tolte le transenne per consentire alla gente di seguirlo aggiungendosi alla processione partita da piazza San Giovanni al termine della messa del Corpus Domini. Dopo la benedizione Francesco si e' fermato a pregare davanti all'icona di Maria "Salus Populi Romani" che era stata ugualmente posta all'esterno in attesa dell'arrivo della processione.
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"Nella Chiesa, ma anche nella societa', una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura e' solidarieta': una parola malvista dallo spirito mondano".
Papa Francesco ha voluto sottolinearlo nell'omelia della messa del Corpus Domini, celebrata questa sera sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, gremito di fedeli. Dobbiamo, ha spiegato, "saper mettere a disposizione di Dio quello che abbiamo, cioe' le nostre umili capacita', perche' solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sara' feconda, portera' frutto".
In proposito, il Pontefice ha evocato il miracolo delle moltiplicazione dei pani e dei pesci. "Di fronte alla necessita' della folla, ecco - ha ricordato Francesco - la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a se stesso; congedare la folla" che era rimasta fino alla sera tardi ad ascoltare Gesu' e che ora non era possibile trattenere perche' mancavano viveri sufficienti: "non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a
comprare viveri per tutta questa gente", dissero al Maestro. "Quante volte noi cristiani - ha esclamato il Papa -abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessita' degli altri, congedandoli con un pietoso: 'Che Dio ti aiuti', intanto io non ti vedo". Invece, ha spiegato il Pontefice, "la soluzione di Gesu' va in un'altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli: 'Voi stessi date loro da mangiare'. 'Ma come e' possibile che siamo noi a dare da mangiare ad una moltitudine?' replicarono. Gesu' non si scoraggia: chiede ai discepoli di far sedere la gente in comunita' di cinquanta persone, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione,
spezza i pani e li da' ai discepoli perche' li distribuiscano". "E' questo - ha commentato Bergoglio - un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, e' ora nutrita dal suo pane di vita. E tutti ne furono saziati".
"Questa sera - ha poi sottolineato il Papa - ancora una volta il Signore distribuisce per noi il pane che e' il suo Corpo, si fa dono. E anche noi sperimentiamo la 'solidarieta' di Dio' con l'uomo, una solidarieta' che mai si esaurisce, una solidarieta' che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l'egoismo, la morte".
"Gesu' - ha spiegato - anche questa sera si dona a noi nell'Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell'Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perche' la potenza di Dio, che e' quella dell'amore, scende nella nostra poverta' per trasformarla".
"Chiediamoci allora questa sera - ha esortato Bergoglio rivolto ai fedeli di piazza San Giovanni - adorando il Cristo presente realmente nell'Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di piu' dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?".
"Preghiamo - ha cinvocato - perche' la partecipazione all'Eucaristia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sara' veramente feconda".
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PAPA: SERVIZIO LITURGICO AFFIDATO A LEGIONARI DI CRISTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Papa Francesco ha fatto ingresso sul sagrato della Basilica Lateranense portando anche oggi la croce astile di Paolo VI. Lo seguivano i ministranti che sono oggi alcuni chierici dell'Istituto dei Legionari di Cristo (lo scorso 19 marzo alla messa d'inizio del Pontificato tocco' invece ai francescani de La Verna).
Sono migliaia i fedeli che assistono alla messa del Corpus Domini e la prima fila e' tutta per i numerosi cardinali presenti, che hanno preso posto in ordine di precedenza: il primo e' il decano Angelo Sodano, seguito dal prefetto emerito dei vescovi Giovanni Battista Re e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone. Tra i vescovi ci sono il prefetto della Casa Pontificia Georg Gaenswein e il presidente del dicatero per la Nuova Evangelizzazione Rino Fisichella.
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PAPA: IN PROCESSIONE A PIEDI E A CAPO SCOPERTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
A piedi e a capo scoperto, Papa Francesco guida oggi per la prima volta la processione del Corpus Domini, che partita da piazza San Giovanni percorrendo la via Merulana raggiunge la Basilica di Santa Maria Maggiore. Il camion altare con l'ostensorio - sul quale prendeva posto Benedetto XVI e che era entrato in servizio negli ultimi anni del Pontificato di Giovanni Paolo II - precede il Pontefice che non vi e' salito, lasciando l'inginocchiatoio a un giovane diacono. Francesco indossa un semplice piviale e sta passando tra due ali di folla, che e' trattenuta dalle transenne. Precedono il Santissimo la Croce astile portata dai ministranti con le candele, e, nell'ordine, le confraternite e i sodalizi, i cavalieri del Santo Sepolcro e quelli di Malta, religiose, religiosi, sacerdoti e diaconi, i parroci di Roma, i canonici lateranensi, cappellani e prelati, vescovi, arcivescovi e cardinali, i bambini della prima comunione, 4 turiferai con due navicelle con l'incenso, e sei ministranti con le torce. Con la sua particolare andatura, ma senza mostrare particolare affaticamento, Francesco procede proprio sulla linea spartitraffico che divide in due corsie la via Merulana. Gli sono accanto il maestro delle cerimonie, monsignor Guido Marini, ed altri cerimonieri. Cardinali e vescovi camminano invece ai lati della strada, ognuno con una candela. Dopo il passaggio del Pontefice le transenne vengono aperte in modo che la gente possa seguirlo verso Santa Maria Maggiore ed e' impressionante l'immagine della folla dei fedeli in marcia dietro al camion altare e a Francesco. Il camion altare ha la targa "Scv 1" che e' quella delle vetture papali.
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PAPA: BENEDICE LA FOLLA IN PIAZZA S. MARIA MAGGIORE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Giunto a piedi alla Basilica di Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha impartito la benedizione eucaristica alzando l'Ostensorio che era stato poco prima posato su un altare, all'esterno della chiesa, dal diacono sceso con il Santissimo dal camion altare sul quale il nuovo Pontefice, a differenza dei predecessori, non e' mai salito. La piazza era gremita da una folla impressionante, come tutta via Merulana, dove mano mano, subito dopo il passaggio del Papa, venivano tolte le transenne per consentire alla gente di seguirlo aggiungendosi alla processione partita da piazza San Giovanni al termine della messa del Corpus Domini. Dopo la benedizione Francesco si e' fermato a pregare davanti all'icona di Maria "Salus Populi Romani" che era stata ugualmente posta all'esterno in attesa dell'arrivo della processione.
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Benedetto e Francesco secondo Bisignani (Biraghi)
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Su Papa Francesco siamo alla pura e semplice "profezia laica" e per ora non abbiamo elementi. Su Papa Benedetto concordo sulla prima parte: passera' alla storia per avere salvato la Chiesa dalla deriva.
Aggiungo io: e non solo per questo...
Su Papa Francesco siamo alla pura e semplice "profezia laica" e per ora non abbiamo elementi. Su Papa Benedetto concordo sulla prima parte: passera' alla storia per avere salvato la Chiesa dalla deriva.
Aggiungo io: e non solo per questo...
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giovedì 30 maggio 2013
Benedetto XVI: la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti
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"Non dobbiamo avere paura della solidarietà!" Il messaggio di Papa Francesco alla Messa per il Corpus Domini
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Testo integrale dell'omelia di Papa Francesco nella Messa del Corpus Domini
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Card. Pell: È possibile che il celibato sia stato uno dei fattori all’origine di alcuni degli episodi di abuso sui minori (Peloso)
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Mi limito a ricordare rispettosamente al cardinale che la maggiorparte degli abusi sono commessi da rispettabilissimi padri (e madri) di famiglia e che nessuno ha ancora proposto l'abolizione del matrimonio per scongiurare tale piaga. Inoltre, con tali affermazioni, il card. Pell si pone in contrasto sia con Papa Benedetto sia con Papa Francesco. Entrambi, infatti, hanno sempre sostenuto che non vi sia alcuna relazione fra celibato e pedofilia.
Gli abusi su minori non hanno alcuna giustificazione...tanto meno il celibato.
Mi limito a ricordare rispettosamente al cardinale che la maggiorparte degli abusi sono commessi da rispettabilissimi padri (e madri) di famiglia e che nessuno ha ancora proposto l'abolizione del matrimonio per scongiurare tale piaga. Inoltre, con tali affermazioni, il card. Pell si pone in contrasto sia con Papa Benedetto sia con Papa Francesco. Entrambi, infatti, hanno sempre sostenuto che non vi sia alcuna relazione fra celibato e pedofilia.
Gli abusi su minori non hanno alcuna giustificazione...tanto meno il celibato.
Aiuto alla Chiesa che soffre: le persecuzioni anticristiane non fanno notizia
Ogni anno oltre centomila cristiani vengono uccisi per ragioni legate in qualche modo alla propria fede. E’ la denuncia levata nei giorni scorsi all’Onu di Ginevra da mons. Silvano Maria Tomasi. Un dato che mostra, in modo impressionante, quanto la persecuzione dei cristiani sia di drammatica attualità e non storia del passato. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Marta Petrosillo, portavoce dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” in Italia:
R. – E’ davvero un dato scioccante, come ha detto mons. Tomasi, e purtroppo registriamo degli aumenti nelle violenze anticristiane, negli ultimi anni. Noi, come Aiuto alla Chiesa che Soffre, l’abbiamo riscontrato anche nel nostro ultimo Rapporto sulla libertà religiosa, che prende in esame 196 Paesi. Di questi, 131 sono a maggioranza cristiana e non vengono riscontrate persecuzioni, mentre ad esempio nei 49 Paesi a maggioranza musulmana si riscontrano molti episodi di vere e proprie persecuzioni. Anche perché, ad esempio, in 17 di questi 49 Paesi, l’islam è la religione di Stato.
D. – Colpisce forse una certa indifferenza, una stanchezza, da una parte dei media, in generale, ma poi forse anche dei fratelli cristiani, che magari vivono in Occidente…
R. – Questo sì, sicuramente è legato anche al nostro modo di vivere la fede in maniera anche più blanda. Si riscontrano non delle persecuzioni, ma delle discriminazioni in Europa proprio per motivi legati al modo di vivere la religione. Oggi si crede che la religione, soprattutto quella cristiana, debba essere vissuta solamente nel privato. Si rispetta l’altro e si crede erroneamente che, rispettare l’altro, voglia dire nascondere il proprio credo religioso. Sì, è vero, purtroppo, la persecuzione cristiana non fa notizia. Questo credo dipenda anche da noi, da noi cristiani. Un sacerdote egiziano mi ha detto che dai tempi di Diocleziano ogni centimetro della terra egiziana è stato bagnato dal sangue di un martire cristiano.
D. – Il sangue dei martiri è seme dei nuovi cristiani, come diceva Tertulliano, per cui questa Chiesa che soffre è una Chiesa che testimonia…
R. – Sì, è una Chiesa che testimonia. Le persecuzioni non sono solamente perpetrate da movimenti nazionalisti o da fondamentalisti, ci sono anche quelle perpetrate dagli Stati. Quello però che riscontriamo è sicuramente un aumento di questi fondamentalisti, una maggiore radicalizzazione. Purtroppo è un fenomeno che si sta allargando.
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