sabato 6 aprile 2013

Presentata la nuova veste grafica della «Civiltà Cattolica» (O.R.)

Presentata la nuova veste grafica della «Civiltà Cattolica»

Più invecchia più è giovane


di Antoine Camilleri*


Oggi siamo qui per presentare il rinnovamento grafico della «Civiltà Cattolica», che approda anche nell'ambiente digitale grazie alle applicazioni per tablet e la presenza nei social networks, ma anche per dare l'avvio ufficiale a una serie di innovazioni importanti che rafforzano e rendono ancora più attuale questa storica rivista, la più antica d'Italia che mai ha interrotto le pubblicazioni. Tra queste, la possibilità per chiunque, comodamente da casa, di consultare liberamente l'archivio di 158 anni.

L'editoriale del primo numero rinnovato ha per titolo una frase che Benedetto XVI rivolse agli Scrittori del Collegio durante l'udienza del 17 febbraio 2006: «“La Civiltà Cattolica”, per essere fedele alla sua natura e al suo compito, non mancherà di rinnovarsi continuamente». E noi siamo qui per celebrare un rinnovamento. Non è solamente esteriore, come potrebbe apparire superficialmente, ma è un aggiornamento che colloca «La Civiltà Cattolica» in maniera adeguata nel panorama contemporaneo del giornalismo culturale di alto profilo.
In questo senso i gesuiti del 2013 sono eredi dei primi gesuiti della rivista che furono innovatori, immaginando l'uso della stampa che era il mezzo stesso di cui si servivano i rivoluzionari, i liberali e gli anarchici, e la diffusione ampia sul territorio italiano che allora non era ancora unito. Paolo VI definì la fondazione della rivista un «gesto d'audacia» in un contesto «privo di cultura proporzionata ai bisogni e alle aspirazioni delle nuove generazioni» (discorso ai responsabili della rivista «La Civiltà Cattolica», 14 giugno 1975). E definì la rivista stessa «giovanile e pugnace». Oggi occorre quella stessa audacia, e sono qui, non solo per testimoniare il consolidato legame tra la Segreteria di Stato e «La Civiltà Cattolica», ma anche per augurarvi la stessa audacia dei vostri predecessori.
La rivista è nata il 6 aprile 1850 ed è stata voluta da Pio IX, il quale con il breve Gravissimum supremi del 12 febbraio 1866 ha dato a essa uno statuto e l'ha posta alle dirette dipendenze del superiore generale della Compagnia di Gesù. Da allora «La Civiltà Cattolica» ha sempre avuto un vincolo particolare col Papa e con la Santa Sede: «un vincolo di amore e di fedeltà» che i vari Pontefici fino a Benedetto XVI hanno riconosciuto come «carattere essenziale di questa rivista».
Giovanni Paolo II, parlando di questo vincolo nel suo discorso agli Scrittori della «Civiltà Cattolica» ha affermato: «È mio vivo desiderio che questo vincolo non solo si mantenga, ma si rafforzi. Ciò impone a voi tutti uno sforzo costante di fedeltà alla Santa Sede e alle sue direttive, anche se questo può costare talvolta sacrifici e rinunzie a giudizio e punti di vista personali. Siate sicuri che questi sacrifici e queste rinunzie, compiuti nello spirito del voto di speciale obbedienza al Papa che è proprio della Compagnia di Gesù, non mancheranno di produrre frutti spirituali per il bene della Chiesa e per la vostra vita religiosa» (discorso agli Scrittori della «Civiltà Cattolica», 19 gennaio 1990). Nella stessa occasione il Pontefice esortava: «siate certi che esso è benedetto da Dio e ricco di frutti abbondanti: adempie infatti a un servizio che la Santa Sede apprezza molto e sul quale è sicura di poter contare in ogni circostanza» (ibid.).
«La Civiltà Cattolica» non è una rivista specializzata, ma è una rivista di cultura. Il suo taglio è specificamente “cattolico”, nel senso che intende aiutare il lettore a pensare “cristianamente” la realtà odierna. Inizialmente l'atteggiamento e lo stile della rivista furono combattivi e spesso anche aspramente polemici, in sintonia con il clima generale di tensione, quando non addirittura di lotta frontale, allora imperante. Oggi la situazione è molto cambiata. Col concilio Vaticano II, la Chiesa desidera stabilire con tutti gli uomini «un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità», e un confronto e un dibattito con coloro che non condividono la fede cristiana, ma «hanno il culto di alti valori umani», e perfino «con coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in varie maniere» (Gaudium et spes, n. 92).
In questa situazione una rivista come «La Civiltà Cattolica» deve necessariamente aprirsi ai grandi problemi del mondo di oggi: sociali, politici, economici, morali, scientifici, artistici e religiosi. Ecco, allora, dove si colloca la missione di una rivista di cultura come «La Civiltà Cattolica»: partecipare attivamente al dibattito culturale contemporaneo. Paolo VI vi aveva chiesto di prendere «viva parte al travaglio del secolo, interpretandone le correnti, indicandone i traviamenti, sceverandone gli elementi positivi, costituendo una sicura pietra di paragone». La fedeltà alla Chiesa richiede oggi l'intelligenza e la volontà della ricerca, lo sforzo di indagare, di accostare il pensiero degli altri, la fatica della conquista personale. Il «disegno costituzionale» della rivista rimane quello delineato in termini moderni da Paolo VI:

-- l'osservazione informativa, ampia, eclettica, obiettiva e tempestiva;


-- il giudizio sereno, sincero e forte, circa gli avvenimenti alla luce del Vangelo;


-- lo sguardo profetico e dinamico verso l'avvenire per scoprire, indovinare se occorre, le vie aperte all'avvenire della società e della Chiesa.


Leone XIII nel breve Sapienti consilio dell'8 luglio 1890 ha insistito esplicitamente sull'importanza di attenersi a quella collegialità che fin dall'inizio caratterizzò la redazione della rivista. «Gli Scrittori -- si legge nel breve -- continuino ad applicarsi con impegno collegialmente (collatis inter se consiliis) in quella varietà di materie, alle quali fin dal principio si dedicarono». In fondo, è proprio quello che il nostro tempo ha bisogno di scorgere in ogni manifestazione della vita della Chiesa: l'esempio vissuto di un'autentica comunione, nel rispetto e nell'armonia delle voci, del pensiero e delle esperienze, il cui legittimo pluralismo sia motivo di arricchimento. Come in un coro affiatato, ciascuno deve avere la sua voce e porla in armonia con quella degli altri; ciascuno deve contribuire, con il suo pensiero e con la sua esperienza, all'orientamento appunto collegiale della rivista a vantaggio della sua capacità d'incidere nel dibattito culturale.

Vi auguro dunque di vivere la vocazione del giornalista così come l'ha presentata di recente Papa Francesco dicendo agli operatori dei media: «voi avete la capacità di raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del nostro tempo, di offrire gli elementi per una lettura della realtà. Il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza». Nel mutare degli uomini, degli eventi e delle situazioni storiche, «La Civiltà Cattolica» si è mantenuta fedele, meritando una fitta trama di gesti concreti e amabili da parte dei Pontefici, oltre che la stima e l'affetto dei lettori cattolici e il rispetto e l'attenzione di quelli non cattolici.
Auguro anch'io alla rivista, a nome della Segreteria di Stato, che questa stima e questo rispetto -- anche grazie al rinnovamento che avete attuato -- si mantengano e anzi si accrescano nel tempo. E, usando le parole di Giovanni XXIII al direttore dell'epoca, il padre Tucci, oggi cardinale, rinnovo l'augurio che la «rivista sia sempre più giovane a misura del suo invecchiare»! (9 febbraio 1963).

*Sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato


(©L'Osservatore Romano 6 aprile 2013)


Ma la “cucina” è la stessa


«La nostra rivista non sta cedendo all'ideologia del nuovo, ma cambia per essere davvero se stessa» ha sottolineato Antonio Spadaro, direttore di «La Civiltà Cattolica» -- la rivista più antica d'Italia tra quelle che non hanno mai interrotto le pubblicazioni -- durante l'incontro di questa mattina, venerdì 5 aprile, presso la Sala Stampa della Santa Sede, per la presentazione della nuova versione cartacea e digitale del quindicinale dei gesuiti.

Un rinnovamento grafico -- curato da Turi Di Stefano, di Aleteia Communication -- non “di faccia” ma “di cuore”, come è stato ribadito più volte durante l'incontro, frutto di mesi di discussioni, ripensamenti, approfondimenti successivi che hanno permesso di alleggerire e rendere più elegante ed essenziale la copertina, di privilegiare un font più tondo e chiaro come il cardo, che facilita una lettura più riposante, e di valorizzare un logo da sempre presente nella tradizione gesuita ma che, come tutto il patrimonio culturale tramandato dalle passate generazioni, rischia di essere dato per scontato, passando inosservato. Un lavoro collegiale, nello spirito di una rivista che dal 1850 al 1933 non firmava gli articoli, per significare che essi sono espressione non di un singolo ma di una comunità, il cosiddetto «collegio degli scrittori», composto attualmente da sette gesuiti.
«Oggi più che mai -- ha continuato Spadaro -- la cultura è diversificata. Aumenterà dunque, rispetto al passato, la presenza di firme internazionali di padri gesuiti e la varietà degli argomenti trattati, anche se la rivista sarà sempre “cucinata” in casa all'interno di una redazione stabile. Aumenterà l'attenzione per i temi scientifici e per la musica, non solo classica».
«La Civiltà Cattolica», nata nel 1850, ha solcato decenni nei quali sono cambiate non solamente le modalità della comunicazione, ma i suoi stessi significati. «Il nostro tempo -- ha proseguito Spadaro -- è segnato profondamente dalle reti sociali e dai nuovi media digitali. Oggi comunicare significa sempre meno “trasmettere” notizie e sempre più essere testimoni e “condividere” con altri visioni e idee».
«Il mondo culturale del web 2.0 -- ha precisato monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali -- implica necessariamente condivisione e dialogo con i propri lettori». Per questo il contenuto della rivista nella forma essenziale dell'abstract è reso “aperto” alle reti sociali per la fruizione, la condivisione, il commento, il dibattito, «nelle forme che saranno possibili nell'ambito proprio: non il nostro sito ma i networks sociali come Facebook e Twitter».
Inoltre, grazie alla collaborazione di Google, è stato avviato un progetto per cui saranno resi fruibili sul web tutti i fascicoli pubblicati dal 1850 al 2008. Google aveva infatti digitalizzato i volumi nel contesto del suo progetto Google Libri, attraverso accordi con diverse biblioteche in Europa e negli Stati Uniti. Anche i volumi ancora tutelati da copyright verranno ora resi disponibili.
«Cerchiamo di rispondere alla sfida lanciata da Pio IX -- ha continuato il direttore della rivista -- che invitava i gesuiti a diffondere i loro scritti in tutto il mondo, nel modo più ampio possibile. Non intendiamo semplicemente “seguire” e commentare eventi culturali o riflessioni già formulate. Per quanto ci è possibile vogliamo intuire ciò che sarà, anticipare le tendenze e i fenomeni, prevederne l'impatto, tenere desta l'attenzione dei nostri lettori. Paolo VI ci aveva chiesto di avere uno «sguardo profetico e dinamico verso l'avvenire (...) per scoprire, indovinare se occorre, i segni dei tempi, cioè i doveri, i bisogni, le vie aperte all'avvenire della società e specialmente della Chiesa pellegrinante verso il domani». «Pochi giorni fa -- ha detto Spadaro -- un nostro lettore che aveva deciso di non rinnovare l'abbonamento ci ha scritto dicendo di averci ripensato per “la sensazione di aver acquisito, attraverso la rivista, una forma mentale più introspettiva e, probabilmente, più umile” che -- continuava -- “spero di trasmettere a mio figlio”».

(©L'Osservatore Romano 6 aprile 2013)

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