di Salvatore De Giorgi*
La beatificazione di don Pino Puglisi rappresenta il dono di Dio più atteso da tutta la Sicilia, e non solo. Ma è anche uno splendido e stimolante messaggio per tutti nell'Anno della fede. Il riconoscimento del suo martirio da parte della Chiesa è la conferma della grandezza morale e spirituale di un sacerdote fedele ed esemplare, autentico testimone di Gesù Cristo e annunciatore della speranza cristiana soprattutto in mezzo alle nuove generazioni.
Ma è anche il sigillo della perenne attualità del suo messaggio, che con la voce del sangue invita tutti al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell'esercizio sia del ministero sacerdotale come di ogni altro servizio nella Chiesa, per il trionfo delle forze del bene su tutte le aggressioni del male, soprattutto se, come quello mafioso, agisce da perversa struttura di peccato, antiumana e antievangelica, tanto più subdola e pericolosa quanto più si ammanta o si circonda di segni e di riferimenti religiosi.
A vent'anni dalla sua uccisione, don Puglisi parla ancora. Parla più forte. Parla a tutti. E come non può morire o appannarsi la sua memoria, così non può essere soffocata la sua voce, la voce del sangue, che invita a chiedere perdono delle nostre inadempienze e la grazia di seguire il suo esempio di fedeltà alla sequela di Cristo per combattere con coraggio, con fermezza, senza tentennamenti e senza compromessi, la lotta del bene contro il male.
«Generoso ministro di Cristo», come lo ha definito Giovanni Paolo II, sacerdote innamorato del suo sacerdozio e appassionato promotore della pastorale vocazionale, don Puglisi si rivolge anzitutto a noi, suoi confratelli, per ricordarci che il nostro ministero -- come d'altronde la vita di ogni cristiano -- è per sua natura vocazione al martirio di ogni giorno nella donazione totale, serena, gioiosa, generosa, al popolo di Dio e che dalla preghiera, culminante nella celebrazione quotidiana dell'Eucaristia, trae la forza per andare avanti nonostante le difficoltà, le incomprensioni, le avversità che esso comporta: il prezzo della carità pastorale è la Croce.
«Coraggioso testimone del Vangelo», don Puglisi ci ripete che il nostro primo dovere è l'annunzio del Vangelo, soprattutto ai giovani, per aiutare i fratelli a seguire Cristo e quindi a vivere onestamente nell'osservanza dei suoi comandamenti, per formare le coscienze al rispetto delle persone, all'amore vicendevole, al gusto della solidarietà, al senso della legalità, alla capacità del perdono, e vincere così ogni forma di prepotenza, di violenza, di sopruso, di ritorsione, di ingiustizia, di collaborazione col crimine: piaghe antiche che non si riesce ancora a sanare, soprattutto dove maggiore è il degrado ambientale e morale. Ci ricorda che l'impegno di promozione umana è parte integrante della evangelizzazione e quindi del nostro ministero presbiterale.
La voce di don Pino giunge a tutti i cristiani per ricordare che la testimonianza del Vangelo oggi è necessaria come non mai per l'affievolirsi della fede in tanti cristiani. Cristiani che ne ignorano le verità fondamentali, che vivono come se Dio non esistesse, che non ascoltano la sua parola, che non mettono in pratica la sua legge, che non partecipano al sacrificio eucaristico, che non santificano il giorno del Signore. Cristiani, che pur dicendosi tali o mostrandosi praticanti, aderiscono alle forze del male, alle strutture di peccato assolutamente incompatibili col Vangelo, come la mafia, infangando così il nome di Cristo, che è il Dio della vita e dell'amore. Erano queste le contraddizioni e le incoerenze che turbavano il cuore sacerdotale di don Puglisi e lo stimolavano a una instancabile e molteplice azione pastorale, animata dalla preghiera e aliena da ogni forma di protagonismo, di esibizionismo e di preoccupazione massmediatica.
La sua voce giunge particolarmente ai genitori, perché con l'esempio e con la parola educhino al bene i propri figli, oggi esposti come non mai alle suggestioni della droga, dell'alcool, dei paradisi artificiali, e anche, soprattutto in certe zone, alla dispersione scolastica, alle peggiori forme di sfruttamento sociale e ai tentacoli della malavita diffusa e organizzata. Era questo il suo più assillante tormento pastorale, e per questo creò il centro Padre Nostro. «Il primo dovere a Brancaccio -- diceva alcuni mesi prima di essere ucciso -- è rimboccarsi le maniche. E i primi obiettivi sono i bambini e gli adolescenti: con loro siamo ancora in tempo, l'azione pedagogica può essere efficace».
La sua voce giunge a quanti hanno responsabilità politiche e amministrative perché abbiano sempre più a cuore la soluzione dei problemi dei quartieri più a rischio o più abbandonati, come don Pino non si stancava di chiedere quando era vivo per Brancaccio, dove purtroppo i suoi sogni non sono stati ancora del tutto realizzati. Egli era convinto che la mancanza dei servizi essenziali non solo li rende meno vivibili, ma ostacola ogni serio tentativo di liberazione, di riscatto, di risanamento, di rinnovamento, di formazione, con grande vantaggio delle organizzazioni criminali. Egli continua a ripetere: «Ciò che è un diritto non si deve chiedere come un favore». Ascoltare chi si fa voce del popolo, soprattutto degli ultimi, è un atto di responsabilità e di amore alla città.
La sua voce, infine, giunge anche, e direi soprattutto, ai criminali di ogni genere con la forza profetica di Giovanni Paolo II nella valle dei Templi, per ricordare loro che egli, come Gesù, ha versato il suo sangue per la loro conversione, per la loro redenzione, per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato, più dura del carcere più duro. Il sorriso con il quale ha detto al suo killer: «me l'aspettavo», è un invito a tornare decisamente a Dio, che nella sua misericordia infinita li aspetta come il padre della parabola evangelica. Solo tornando a Dio, essi potranno ritrovare la pace del cuore e ridonare alla società e alle proprie famiglie la serenità perduta e la speranza nel futuro.
*Cardinale arcivescovo emerito di Palermo
(©L'Osservatore Romano 25 maggio 2013)
1 commento:
...uomo coraggioso!
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