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lunedì 20 maggio 2013

Mons. Negri: “A un anno dal terremoto a Ferrara, la Chiesa testimonia la vita buona”

Clicca qui per leggere il testo del Messaggio inviato da Mons. Negri alla diocesi di Ferrara in occasione dell'anniversario del sisma che colpi' duramente l'Emilia.

giovedì 16 maggio 2013

Diritto «incondizionato» all’Eucaristia? Riflessione di Mons. Luigi Negri

Su segnalazione di Fabiola leggiamo:

STUDI CATTOLICI      Maggio 2013

«OPPORTUNE ET IMPORTUNE»

di mons. Luigi Negri

Diritto «incondizionato» all’Eucaristia?

Basili-Negri.qxp 06/05/2013 11.56 Pagina 369

Ormai è diventato dominante, nella mentalità  di questa nostra società, affermare che il valore delle scelte non sta nel loro contenuto specifico ma dipende dall’intensità, dall’affezione, dalla sincerità, dalla permanenza di benessere che queste scelte assicurano. Siamo in pieno soggettivismo etico. Questo vuol dire che la famiglia naturale, quella fondata sul matrimonio – una, indissolubile, feconda, con la responsabilità  della procreazione e dell’educazione, quella su cui i padri costituenti, tanto omaggiati e osannati, hanno fondato la nostra società – è diventata una mera scelta.
Una scelta che qualcuno può fare se ritiene che tale tipologia lo soddisfi.
Anche la famiglia cattolica, che sostanzialmente ha la stessa dinamica della famiglia naturale ma possiede in più una rivelazione adeguata della natura della famiglia stessa e soprattutto l’indicazione di un compito e gli aiuti che la Grazia dona per attuare pienamente tale vocazione, è un’altra scelta possibile, che ha le stesse motivazioni della prima, cioè di immediata corrispondenza.
Poi ci sono le convivenze: anch’esse hanno la stessa dignità perché sono fatte per corrispondere immediatamente ai propri istinti, desideri e programmi.
Poi c’è la coppia omosessuale: anch’essa ha la sua dignità che, appunto, deriva dalle condizioni psico-affettive o sociali per cui è fatta.
In questo bailamme l’ecclesiasticità italiana rischia di subire come contraccolpo il fatto che la famiglia cristiana è difesa in quanto una tra le opzioni possibili ma non entra in dialettica con nessun’altra fondazione.
Come dire: noi che siamo bravi, che siamo intelligenti, che abbiamo la fede, che abbiamo anche un pizzico di eroismo per restare fedeli agli impegni del matrimonio, possiamo farlo. Gli altri che non vogliono farlo, non lo fanno e chiuso.
È necessario, a mio parere, che il mondo cattolico riprenda con vigore quella che il mio maestro, mons. Giussani, chiamava «la priorità dell’ontologia sull’etica».
C’è un’impostazione globale della realtà umana, storica, naturale, sociale. Una è la posizione che è pienamente nella linea della Rivelazione e quindi in corrispondenza con le esigenze del cuore umano.
Il pluralismo di fatto, che nessuno, e tanto meno il sottoscritto, si sogna di contestare, non conferisce valore alle scelte errate che soggettivamente si possono fare. La carenza del senso dell’oggettività del reale è una conseguenza della carenza della ragione e certamente, oggi, il pericolo non è l’eccesso di fede ma la debolezza della ragione.
Forse se i vescovi cattolici e i sacerdoti non solo riprendessero a fondo la Fides et Ratio del beato Giovanni Paolo II ma, in questo anno della fede, la facessero diventare uno strumento sistematico di insegnamento, si potrebbe ovviare a quello che è, secondo me, l’equivoco più grande della nostra società. Se si concepisce la Chiesa come una struttura sociale nella quale ciascuno ha tutti i diritti possibili, e quindi l’autorità diventa in qualche modo la controparte sindacale di questi detentori di diritti totali, viene alterata la natura stessa della Chiesa, come ci hanno ricordato tante volte Benedetto XVI e papa Francesco.
La Chiesa è una realtà organica alla quale si partecipa totalmente nella misura in cui si accettano le regole che lo stesso Gesù Cristo ha fissato.
Se il Signore Gesù Cristo ha stabilito che condizione sine qua non per partecipare validamente all’Eucaristia,
che è fons et culmen totius vitae christianae, è una regolarità di posizione matrimoniale, diventa perfettamente
inutile che ogni giorno noi siamo assediati da torme di persone che chiedono il diritto alla Comunione.
Ma soprattutto è grave che noi cominciamo a pensare alla concessione dell’Eucaristia a coloro che oggettivamente si sono messi in posizione contraddittoria, a come favorirli, magari in maniera soft, nel potere partecipare a questi diritti.
Il card. Scola nella sua bellissima relazione generale al Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia e soprattutto le limpide prese di posizione di Benedetto XVI all’Incontro mondiale delle famiglie a Milano, a me sembrava che avessero una volta ancora e definitivamente chiuso la questione.
In ogni caso il problema dei nostri fratelli divorziati o separati che intendono partecipare, per quanto in modo contratto, a certi momenti significativi della vita della Chiesa da cui certamente non sono esclusi, esige l’impegno di un itinerario da fare con loro.
Questo è faticoso; non il combattere, anche da parte del clero, per il riconoscimento o la concessione di certi diritti che non possono essere né riconosciuti né concessi, poiché sono state violate le condizioni essenziali per partecipare in pienezza alla vita della Chiesa. Io sono molto colpito in questi tempi dalla necessità di dover richiamare cose come queste, che sono di assoluto buon senso ancor prima che di coscienza cristiana. Forse aveva ragione il Manzoni quando diceva, all’epoca della grande peste di Milano, che il buon senso si era tenuto nascosto e prevaleva il senso comune che è la cosa più equivoca, più generica, più manipolabile e più falsa che la società possa produrre.

domenica 5 maggio 2013

Attacchi e bestemmie, la Chiesa non può tacere. Monumentale commento di Mons. Luigi Negri

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Sam.
Davvero straordinario, come sempre, Mons. Negri che non ha peli sulla lingua e soprattutto non e' politicamente, religiosamente e mediaticamente corretto. La Chiesa esca dal silenzio e non abbia paura di rompere quella pax mediatica che rende tiepidi ed irrilevanti i Cristiani.

"Per la prima volta da quando il papa Giovanni Paolo II mi ha chiamato ad essere vescovo della Chiesa cattolica in Italia sono profondamente a disagio. Chi siamo, che cosa vogliamo? Chi siamo noi vescovi in Italia e che cosa vogliamo? Educare un popolo cristiano che diventi cosciente della sua identità, e sia in grado di essere quella minoranza creativa di cui ha parlato Benedetto XVI? O siamo gente che ritaglia in questo coacervo di bestialità lo spazio per i piccoli servizi religiosi che saranno chiesti da sempre meno persone. E poi alle stesse persone diciamo cose ovvie come la necessità che ci siano governi efficienti e così via. Cose peraltro giuste, ma non è su questo che  si gioca il destino del popolo italiano, del suo presente e del suo futuro.
Non nascondo il disagio, ma non nascondo anche la determinazione di andare fino in fondo in questa battaglia.
...

Duemila anni di dottrina sociale della Chiesa, mirabilmente sintetizzata nei valori non negoziabili di Benedetto XVI, esigono questo andare controcorrente, come ricordava il Papa ai giovani: ma non solo i giovani devo andare controcorrente, anche i vecchi e i più vecchi dei vecchi, che hanno nella Chiesa e nella società una autorità che è inderogabilmente fissata dalla ordinazione sacra e dalla responsabilità di guida della comunità".