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mercoledì 5 giugno 2013

La rivoluzione ancristiana in Europa. Introvigne: l'area più delicata è l'obiezione di coscienza

La rivoluzione ancristiana in Europa. Introvigne: l'area più delicata è l'obiezione di coscienza

Sta suscitando un ampio dibattito l’articolo dello storico ed editorialista Ernesto Galli della Loggia, pubblicato domenica sul Corriere della Sera, che parla di una rivoluzione che sta investendo l’Europa e che riguarda la mentalità e i costumi: una rivoluzione antireligiosa - si afferma - che in Europa per ragioni storiche è essenzialmente anticristiana. “Abbiamo contato in Europa 41 leggi suscettibili di influire negativamente sulla libertà religiosa dei cristiani in 15 Paesi, tra cui fortunatamente non c’è l’Italia”, ha osservato di recente Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della Libertà religiosa istituito dal Ministero degli Esteri. Debora Donnini lo ha intervistato proprio a partire dalla questione dell’obiezione di coscienza:  


R. – L’area più delicata riguarda l’obiezione di coscienza che in quasi tutti i Paesi è riconosciuta ai medici nei confronti dell’aborto - ancorché vediamo proprio in Italia, in queste settimane, una campagna per limitarla - ma in genere è riconosciuta in modo molto modesto ai farmacisti nei confronti delle pillole anticoncezionali e anche delle pillole abortive. La questione delle pillole abortive e dei farmacisti si pone in molti Paesi europei più in generale all’interno di un clima, documentato da varie indagini, che dall’Europa si sta estendendo agli Stati Uniti e al Canada e che tende a mettere in discussione il principio stesso dell’obiezione di coscienza per motivi religiosi.


D. – Un altro fronte è quello della celebrazione dei cosiddetti matrimoni tra persone dello stesso sesso. “In Francia – ricorda Galli della Loggia – in base alla legislazione vigente è di fatto impossibile per i cristiani sostenere pubblicamente che le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso costituiscono secondo la loro religione un peccato”…


R. – Ci sono due tipi di legislazione da prendere in considerazione, dal punto di vista della libertà religiosa. A proposito delle unioni civili c’è stato purtroppo un caso, che si è concluso negativamente dal punto di vista della libertà religiosa anche presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, che riguarda una funzionaria di stato civile che in Gran Bretagna in ragione delle sue convinzioni cristiane si è rifiutata di celebrare un’unione civile tra due persone omosessuali. Il suo licenziamento è stato considerato “giustificato” dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale ha scritto che il diritto delle persone omosessuali a vedere riconosciuta la loro unione prevale sul diritto di libertà religiosa. Il caso è in appello. Anche in Italia purtroppo le proposte di legge depositate già in questa nuova legislatura sulle unioni civili in alcuni casi escludono esplicitamente la possibilità dell’obiezione di coscienza, prevedendo anzi gravi sanzioni per gli ufficiali dei comuni che avessero a rifiutare di prestare il loro concorso alla celebrazione e alla registrazione di queste unioni civili. La seconda area evocata da Galli della Loggia è quella delle leggi sull’omofobia, norme che naturalmente sono giustificate quando si tratti di proteggere le persone omosessuali da aggressioni o da violenze ma che in diversi Paesi europei – non solo in Francia – sono utilizzate per multare persone per reati di opinione, cioè per avere affermato, per esempio, che il comportamento omosessuale è oggettivamente disordinato.


D. – Galli della Loggia parla di consapevolezza che in Europa la libertà religiosa ha rappresentato storicamente l’origine (e la condizione) di tutte le libertà civili e politiche. Dal cristianesimo sono nati per esempio gli ospedali, le banche, perché anche i poveri potessero migliorare la loro condizione... E’ preoccupante che l’Europa stia rifiutando la sua matrice?


R. – Molte volte l’intolleranza e la discriminazione, in questo caso contro i cristiani, si fondano sull’ignoranza e sulla falsificazione della storia. I diritti delle donne sono un’invenzione del cristianesimo: non c’erano nel mondo antico. Le donne erano totalmente soggette prima ai padri, poi ai mariti, in alcuni tempi storici e culture con un diritto di vita e di morte. I diritti delle donne, come quelli dei bambini con il divieto dell’aborto e dell’infanticidio, si affermano in Europa con l’avvento del cristianesimo, così come quella della cura dei malati, così come quella che poi fiorisce in tante istituzioni, dall’economia attorno ai monasteri fino alla nascita della banca nel Medioevo, che permette a tutti senza distinzione di vedere il loro denaro custodito e di potere partecipare all’attività economica. Senza fare paragoni spiacevoli, tanti sociologi della storia – penso a Rodney Stark – ci hanno mostrato come in altre aree dove il cristianesimo non è passato, queste istituzioni abbiano fatto molta più fatica ad affermarsi e siano arrivate molto più tardi. Quindi, i diritti della persona, che piaccia o no, sono un portato del cristianesimo.


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giovedì 30 maggio 2013

Aiuto alla Chiesa che soffre: le persecuzioni anticristiane non fanno notizia

Aiuto alla Chiesa che soffre: le persecuzioni anticristiane non fanno notizia

Ogni anno oltre centomila cristiani vengono uccisi per ragioni legate in qualche modo alla propria fede. E’ la denuncia levata nei giorni scorsi all’Onu di Ginevra da mons. Silvano Maria Tomasi. Un dato che mostra, in modo impressionante, quanto la persecuzione dei cristiani sia di drammatica attualità e non storia del passato. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Marta Petrosillo, portavoce dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” in Italia: 

R. – E’ davvero un dato scioccante, come ha detto mons. Tomasi, e purtroppo registriamo degli aumenti nelle violenze anticristiane, negli ultimi anni. Noi, come Aiuto alla Chiesa che Soffre, l’abbiamo riscontrato anche nel nostro ultimo Rapporto sulla libertà religiosa, che prende in esame 196 Paesi. Di questi, 131 sono a maggioranza cristiana e non vengono riscontrate persecuzioni, mentre ad esempio nei 49 Paesi a maggioranza musulmana si riscontrano molti episodi di vere e proprie persecuzioni. Anche perché, ad esempio, in 17 di questi 49 Paesi, l’islam è la religione di Stato.

D. – Colpisce forse una certa indifferenza, una stanchezza, da una parte dei media, in generale, ma poi forse anche dei fratelli cristiani, che magari vivono in Occidente…

R. – Questo sì, sicuramente è legato anche al nostro modo di vivere la fede in maniera anche più blanda. Si riscontrano non delle persecuzioni, ma delle discriminazioni in Europa proprio per motivi legati al modo di vivere la religione. Oggi si crede che la religione, soprattutto quella cristiana, debba essere vissuta solamente nel privato. Si rispetta l’altro e si crede erroneamente che, rispettare l’altro, voglia dire nascondere il proprio credo religioso. Sì, è vero, purtroppo, la persecuzione cristiana non fa notizia. Questo credo dipenda anche da noi, da noi cristiani. Un sacerdote egiziano mi ha detto che dai tempi di Diocleziano ogni centimetro della terra egiziana è stato bagnato dal sangue di un martire cristiano.

D. – Il sangue dei martiri è seme dei nuovi cristiani, come diceva Tertulliano, per cui questa Chiesa che soffre è una Chiesa che testimonia…

R. – Sì, è una Chiesa che testimonia. Le persecuzioni non sono solamente perpetrate da movimenti nazionalisti o da fondamentalisti, ci sono anche quelle perpetrate dagli Stati. Quello però che riscontriamo è sicuramente un aumento di questi fondamentalisti, una maggiore radicalizzazione. Purtroppo è un fenomeno che si sta allargando.

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mercoledì 29 maggio 2013

Difendere i diritti dei cristiani nella zona dell'Osce contro la discriminazione. Il testo dell'intervento della Santa Sede a Tirana

Intervento della Santa Sede a Tirana

Difendere i diritti dei cristiani nella zona dell'Osce contro la discriminazione

Pubblichiamo in una nostra traduzione l'intervento pronunciato, a Tirana, in Albania, il 21 maggio dal vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, alla Conferenza d'alto livello sulla tolleranza e la non discriminazione (anche in relazione all'educazione dei giovani alla tolleranza e alla non discriminazione nel contesto dei diritti umani) promossa dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce). Seconda seduta plenaria: Combattere l'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani e dei membri di altre religioni (21-22 maggio 2013).

Signor Presidente,

all'ultima Conferenza d'alto livello sulla tolleranza e la non discriminazione, che si è tenuta tre anni fa ad Astana, gli Stati partecipanti si sono impegnati, inter alia, a contrastare il pregiudizio, la discriminazione, l'intolleranza e la violenza nei confronti dei cristiani e dei membri di altre religioni, comprese quelle minoritarie, che continuano ad essere presenti nell'area Osce. Sono stati inoltre invitati ad affrontare la negazione dei diritti, l'esclusione e l'emarginazione dei cristiani e dei membri di altre religioni nelle nostre società.
Purtroppo, in diverse parti dell'area Osce gli episodi di intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati, malgrado i numerosi incontri e le conferenze sul tema, organizzati anche dall'Osce e dall'Odihr (Office for Democratic Institutions and Human Rights).

Signor Presidente,

quest'anno celebriamo il 1700° anniversario dell'editto di Milano, promulgato nel 313 dall'imperatore Costantino, che è tra i documenti riguardanti la libertà di religione più importanti della storia. Con tale decreto venne finalmente posta fine alla persecuzione dei cristiani, il cristianesimo fu legalizzato e la libertà religiosa fu concessa e garantita in tutto l'Impero Romano.
Dispiace, dunque, osservare che in tutta l'area Osce sia stata disegnata una linea divisoria netta tra credenza religiosa e pratica religiosa, sicché spesso ai cristiani viene ricordato, nel pubblico dibattito (e sempre più di frequente anche nei tribunali), che possono credere tutto ciò che vogliono nelle loro case e nelle loro teste, e che possono rendere culto come desiderano nelle loro chiese private, ma che semplicemente non possono agire in base a queste credenze in pubblico. Si tratta di una distorsione deliberata e di una limitazione del vero significato della libertà di religione, e non corrisponde alla libertà prevista nei documenti internazionali, compresi quelli dell'Osce, a partire dall'Atto finale di Helsinki del 1975, passando dal Documento finale di Vienna del 1989 e dal Documento di Copenaghen del 1990, fino alla Dichiarazione commemorativa del vertice di Astana del 2010.
Sono molti gli ambiti in cui emerge in modo evidente l'intolleranza nei confronti dei cristiani, ma due di essi appaiono oggi particolarmente importanti.
Il primo è l'intolleranza nei confronti del discorso cristiano. Negli ultimi anni si è verificato un aumento significativo di episodi in cui dei cristiani sono stati arrestati e perfino perseguiti per essersi espressi su questioni cristiane. Alcuni leader religiosi sono stati minacciati con l'intervento della polizia dopo aver predicato sul comportamento immorale, e alcuni sono stati addirittura condannati al carcere per aver predicato sugli insegnamenti biblici relativi all'immoralità sessuale. Perfino le conversazioni private tra cittadini, compresa l'espressione di opinioni nelle reti sociali, in molti paesi europei possono diventare motivo di denuncia penale o perlomeno di intolleranza.
Il secondo ambito nel quale si può constatare chiaramente l'intolleranza nei confronti dei cristiani è quello della coscienza cristiana, specialmente sul posto di lavoro. In tutta Europa si sono verificati numerosi casi di cristiani allontanati dal luogo di lavoro solo perché hanno cercato di agire secondo la propria coscienza. Alcuni di essi sono ben noti, poiché sono apparsi anche dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
È degno di nota il fatto che, dopo secoli di lotta per la libertà di coscienza, ora, nel XXI secolo, alcuni cittadini dell'area Osce sono costretti a scegliere tra due scenari improbabili: possono abbandonare la propria fede e agire contro la loro coscienza, oppure resistere e affrontare il fatto di perdere il loro sostentamento. Gli Stati partecipanti all'Osce devono dunque garantire che si ponga fine all'intolleranza e alla discriminazione nei confronti dei cristiani, permettendo loro di parlare liberamente su questioni che il governo o altri potrebbero considerare spiacevoli, e di agire secondo la propria coscienza sul posto di lavoro e altrove. La discriminazione nei confronti dei cristiani -- anche laddove costituiscono una maggioranza -- deve essere considerata una grave minaccia all'intera società, e quindi va combattuta proprio come giustamente si fa con l'antisemitismo e l'islamofobia.
Occorre prestare particolare attenzione anche al vandalismo diffuso, che prende di mira chiese e cimiteri cristiani. Graffiti insultanti o dileggianti, vetri infranti, luoghi di preghiera e di culto incendiati, profanati o devastati, lapidi danneggiate o frantumate, specialmente le croci sulle tombe, sono stati registrati in tutta l'area Osce. Questi episodi non sono atti innocui compiuti da adolescenti irresponsabili o da persone con disturbi mentali, come spesso si dice, ma piuttosto il risultato di un piano premeditato, e quindi vanno trattati come un chiaro messaggio di odio e un crimine d'odio contro i cristiani, che sono rappresentati da questi simboli della loro fede e s'identificano con essi.

Signor Presidente,

l'intolleranza nel nome della “tolleranza” deve essere chiamata con il suo vero nome e condannata pubblicamente. Negare a un argomento morale, basato sulla religione, un posto nella pubblica piazza è un atto di intolleranza ed è antidemocratico. O, per dirlo in altre parole, laddove potrebbe esservi uno scontro di diritti, la libertà di religione non deve mai essere considerata come inferiore. D'altro canto, la questione della libertà religiosa non può e non deve essere incorporata in quella della tolleranza. Di fatto, se fosse questo il valore umano e civile supremo, allora qualsiasi convinzione autenticamente veritiera che ne escluda un'altra equivarrebbe all'intolleranza. Inoltre, se una convinzione valesse l'altra, si potrebbe finire con l'essere compiacenti anche verso le aberrazioni.
Per quanto riguarda la prevenzione e la risposta all'intolleranza, alla discriminazione e ai crimini d'odio verso i cristiani, la mia Delegazione ritiene che dovrebbero essere considerate in stretto collegamento con la promozione della libertà religiosa. Il diritto di credere in Dio e di praticare tale credo è un diritto umano fondamentale, centrale agli impegni dell'Osce.
Per concludere, desidero esprimere la fiducia della Santa Sede nel fatto che questa Conferenza d'alto livello contribuirà allo sviluppo di proposte concrete ed efficaci per combattere l'intolleranza e la discriminazione, come anche i crimini d'odio e i reati contro i cristiani.

(©L'Osservatore Romano 29 maggio 2013)

martedì 28 maggio 2013

Mons Toso: aumentano gli atti di intolleranza anticristiana nell'area Ocse

Mons Toso: aumentano gli atti di intolleranza anticristiana nell'area Ocse

La discriminazione nei confronti dei cristiani “deve essere considerata una grave minaccia all’intera società” e va combattuta come si fa “con l’antisemitismo e l’islamofobia”. Lo ha affermato nei giorni scorsi a Tirana, in Albania, il vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Occasione dell’intervento, la Conferenza di alto livello sulla tolleranza e la non discriminazione promossa dall’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

La storia, verrebbe da dire, ha insegnato poco o niente. Con l’Editto di Milano, 1700 anni fa, l’imperatore Costantino “liberava” dalle persecuzioni sistematiche i seguaci di Cristo. Diciassette secoli dopo, nello stesso teatro europeo, “gli episodi di intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati”. A fronte di una notevole crescita globale di sensibilità nel campo dei diritti umani, molte sono le ombre che mons. Toso rileva quando si tocca la situazione delle comunità cristiane oggi nel mondo. A cominciare dall’emarginazione più strisciante tra “credenza religiosa e pratica religiosa”, quella per cui – osserva con schiettezza mons. Toso – “spesso ai cristiani viene ricordato, nel pubblico dibattito (e sempre più di frequente anche nei tribunali), che possono credere tutto ciò che vogliono nelle loro case e nelle loro teste, e che possono rendere culto come desiderano nelle loro chiese private, ma che semplicemente non possono agire in base a queste credenze in pubblico”. Si tratta, prosegue, “di una distorsione deliberata e di una limitazione del vero significato della libertà di religione”, che ha ricadute in almeno due ambiti.

Il primo è “l’intolleranza nei confronti del discorso cristiano”. A riprova, mons. Toso ha ricordato l’aumento di minacce e arresti contro cristiani rei di essersi espressi su questioni riguardanti la loro fede, braccati perfino sui social network. Il secondo ambito è quello della “coscienza cristiana”, specialmente sul posto di lavoro. “In tutta Europa – ha riferito mons. Toso – si sono verificati numerosi casi di cristiani allontanati dal luogo di lavoro solo perché hanno cercato di agire secondo la propria coscienza”. Il risultato è che alcuni cittadini dell’area Osce “sono costretti a scegliere tra due scenari improbabili: possono abbandonare la propria fede e agire contro la loro coscienza, oppure resistere e affrontare il fatto di perdere il loro sostentamento”. 

Considerando anche gli atti di vandalismo o dileggio avvenuti nei luoghi di culto, ciò che la Santa Sede chiede agli Stati Osce è che la discriminazione nei confronti dei cristiani – anche laddove costituiscono una maggioranza – sia “considerata una grave minaccia all’intera società” e quindi “combattuta proprio come giustamente si fa con l’antisemitismo e l’islamofobia”. “Negare a un argomento morale, basato sulla religione, un posto nella pubblica piazza è un atto di intolleranza ed è antidemocratico”, incalza mons. Toso. “O, per dirlo in altre parole, laddove potrebbe esservi uno scontro di diritti, la libertà di religione non deve mai essere considerata come inferiore”. E sulla tolleranza, il presule osserva che la questione della libertà religiosa non può e non deve esservi “incorporata”. E spiega: “Se fosse questo il valore umano e civile supremo, allora qualsiasi convinzione autenticamente veritiera che ne escluda un’altra equivarrebbe all’intolleranza”. E “se una convinzione valesse l’altra, si potrebbe finire con l’essere compiacenti anche verso le aberrazioni”.

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