La civile battaglia
Luigi Geninazzi
«Se il popolo non la pensa come il governo, occorrerà sciogliere il popolo», diceva ironicamente Bertolt Brecht. È quel che viene in mente di fronte all’accelerazione estrema con cui il governo e la maggioranza socialista di Francia, in un clima di grande tensione e in una Parigi blindata dalle forze dell’ordine, ha approvato ieri pomeriggio in via definitiva la legge che consentirà alle coppie omosessuali di sposarsi e di adottare dei figli. La decisione presa dall’Assemblée nationale tradisce la volontà d’archiviare in gran fretta le obiezioni e le resistenze di una larga parte della società che ha manifestato in modo massiccio e pacifico contro il cosiddetto mariage pour tous, il matrimonio per tutti, e si mostra decisa a continuare a farlo in attesa che si pronunci il Consiglio costituzionale.
Il governo socialista ha cercato di rinchiudere questa civile battaglia dentro il recinto dei catho e reac, vale a dire cattolici integralisti e reazionari, ma ha fallito il tentativo. Non solo per l’impressionante mobilitazione che va avanti dall’inizio dell’anno e riempie le piazze di milioni di persone. Ma soprattutto per il carattere trasversale del movimento che vede insieme credenti e agnostici, intellettuali e no, padri e madri con bimbi al seguito e perfino alcuni esponenti di associazioni gay.
Non sono arrabbiati o indignati. Al contrario, sono pieni d’ammirazione per un dato evidente qual è la fecondità del rapporto d’amore tra uomo e donna. «Le nostre manifestazioni non sono quelle di una corporazione, ma dei nostri corpi. Non hanno uno scopo politico, ma mirano ad un riconoscimento antropologico. Non vogliono prendere il potere, ma rendere una testimonianza culturale a un dato naturale, in uno slancio di gratitudine», ha scritto recentemente Fabrice Hadjadj, filosofo francese d’origine ebrea convertitosi al cattolicesimo, nel suo "Manifesto dei meravigliati", un inno alla carnalità di chi si riconosce nato da un uomo e una donna secondo un ordinamento che nessuna autorità ha prescritto né potrà cambiare a suo piacimento.
Al fondo della Manif pour tous, della corale presa di parola e discesa in piazza in motivata obiezione al matrimonio omosessuale e alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, c’è la preoccupazione che tutto si dissolva in un’equivalenza formale di diritti dove in realtà niente ha più un valore specifico, che si tratti della famiglia o della procreazione. La cosa curiosa è che in questo dibattito di decisiva importanza per la collettività nazionale e per le coscienze dei singoli ci sia una clamorosa assenza, quella del presidente François Hollande.
Dopo aver promesso una legge sul matrimonio gay nel suo programma elettorale (cosa di cui si è parlato pochissimo durante la campagna per le presidenziali dello scorso anno) si è dato subito da fare per realizzarla in tempi record senza spiegarne mai le ragioni. Incerto e inefficace davanti alla grave crisi economica, indebolito dagli scandali, con un indice di popolarità precipitato al 25%, il leader socialista tenta di risalire la china con un provvedimento che non costa nulla in termini economici e paga molto in consensi di tipo ideologico nel mondo della gauche caviar, gli ambienti pseudo-intellettuali della sinistra. Intanto il suo ministro per l’educazione nazionale, Vincent Peillon, sta pensando di introdurre l’insegnamento obbligatorio, dalle elementari al liceo, di «morale laica». Una morale che si vuole ispirare a valori comuni e a princìpi condivisi nello spirito repubblicano.
Potrebbe anche essere una buona cosa. Ma scrivere all’articolo 1 di una legge, come quella approvata ieri, che «il matrimonio è un contratto tra due persone di diverso sesso o anche dello stesso sesso» e sancire che un bambino o una bambina possono fare a meno programmaticamente delle distinte ed entrambi essenziali figure di mamma e papà non è precisamente quello che ci vuole per creare una società più coesa. È importante che la laica e credente Francia dei grandi valori non si sia lasciata svuotare e zittire.
© Copyright Avvenire, 24 aprile 2013
1 commento:
la cosa che fa ridere e piangere insieme e' che tutto e' cominciato da un preservativo. nel momento stesso in cui questo innocuo presidio igienico e' stato presentato come il simbolo della liberta' sessuale senza piu' tema di incombenti malattie veneree, il sesso e' diventato un oggetto di consumo da usare alla bisogna per le diverse tipologie di necessita' personali (ricreativa o procreativa). quello che i preti avevano intuito decenni fa si e' rivelato vero: la masturbazione rende ciechi. con la differenza che non e' una cecita' fisica ma morale ed etica. ancora una volta mi torna in mente il discorso di Benedetto al Bundestang: quella mostruosa casa senza finestre
Posta un commento