lunedì 30 settembre 2013

Lettera di Benedetto XVI a Piergiorgio Odifreddi. L'intervento del matematico a Porta a Porta (YouTube)

Grazie al grande lavoro della nostra Gemma vediamo questo video tratto dalla puntata di "Porta a Porta" di mercoledì 25 settembre 2013. Il matematico Piergiorgio Odifreddi parla della lettera ricevuta giorni fa da Benedetto XVI.




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Il ritorno della curia dei "vecchi tempi" (Gagliarducci)

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Mariateresa. Qui una traduzione sommaria.
Sto seguendo con particolare attenzione le nomine di questi giorni. Se verranno confermati certi "rumors internettiani" riguardo una Prefettura molto importante, non potro' che trarne le dovute conseguenze. Anticipo che considererei una certa scelta una grave mancanza di rispetto verso Benedetto XVI. Spero di essere smentita. Davvero non vorrei che venissero confermate le mie preoccupazioni.

sabato 28 settembre 2013

L'incontro-scontro fra Joseph Ratzinger e Flores d'Arcais. Modera Gad Lerner (YouTube)

Grazie al grande lavoro della nostra Gemma vediamo nel primo video segnalato qui sotto alcuni stralci del confronto fra l'allora cardinale Ratzinger ed il filosofo Paolo Flores d'Arcais svoltosi a Roma il 21 settembre 2000 con la moderazione di Gad Lerner. Il tema della conferenza era "Dio esiste?".
La qualita' audio-video della registrazione non e' eccelsa a causa dei problemi tecnici del filmato originale. Vale la pena ascoltare e vedere questo confronto fra un cardinale ed un filosofo ateo con la moderazione di un giornalista di religione ebraica :-) Trovate la registrazione integrale dell'incontro a questo indirizzo o cliccando sul secondo video segnalato in questo post.


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venerdì 27 settembre 2013

Quella chiesa che si sente a disagio con Francesco e le strategie della fede (Introvigne)

Clicca qui per leggere l'articolo.
La dittatura del relativismo attacca la morale per distruggere la fede...questo e' esattamente il punto!

giovedì 26 settembre 2013

Pudzo! Il primo Angelus di Benedetto XVI a Les Combes (YouTube)

Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo il primo Angelus recitato da Papa Benedetto a Les Combes nel luglio del 2005. Pudzo! Il tipico saluto della Valle d'Aosta...



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martedì 24 settembre 2013

Un dialogo aperto. Lettera di Benedetto XVI al matematico Piergiorgio Odifreddi (Galeotti)

Lettera di Benedetto XVI al matematico Piergiorgio Odifreddi

Un dialogo aperto

di Giulia Galeotti

Il rispetto dell'interlocutore si misura con la capacità di ascolto. Quanto più è minuziosa l'attenzione che viene dedicata alle parole che ci sono rivolte, tanto più il confronto diventa dialogo. Atteggiamento questo che diventa costruttivo solo nella misura in cui sia autenticamente vicendevole.
Tempo fa Piergiorgio Odifreddi ha mandato a Benedetto XVI il suo libro Caro Papa, ti scrivo (Milano, Mondadori, 2011). E il Papa emerito gli ha risposto con una lunga lettera, che il quotidiano romano «la Repubblica» di oggi, 24 settembre, anticipa in parte (poco meno della metà), mentre il testo integrale uscirà nella nuova edizione del libro di Odifreddi.
Joseph Ratzinger si scusa per l'intervallo temporale intercorso tra la ricezione del libro e la sua replica, datata 30 agosto 2013 e indirizzata all'abitazione torinese dello scienziato. Un intervallo di tempo non imputabile certo ai 698 chilometri di distanza tra il monastero in Vaticano e la casa del matematico, nel verde della città sabauda, ma ascrivibile all'attenzione che, tra i suoi tanti impegni, Benedetto XVI ha voluto dedicare al volume.
È preciso e accurato Joseph Ratzinger. Nella lunga lettera -- che rivela una gentilezza naturale e una mano tesa non formalmente verso il suo interlocutore -- Benedetto XVI va dritto al punto delle pagine lette, dei tratti di vicinanza colti dallo scienziato ateo e condivisi dal Papa teologo, dei piccoli (e meno piccoli) errori presenti nel testo, soffermandosi dunque -- con la competenza che gli è riconosciuta anche dagli avversari -- tanto sui punti d'incontro quanto sulle discrepanze, riassumibili, queste ultime, in una tripartizione. Alcune accettabili in un'ottica di confronto tra posizioni che sono, e restano, differenti; altre non accettabili perché ingiuriose (anche quando sono formulate, con abilità, solo come domande); altre infine per nulla convincenti. Il tutto, però, sempre in un tono di autentica ricerca di dialogo, nel rispetto e nella stima dell'interlocutore. In un percorso che parte dalle Scritture sacre a ebraismo e cristianesimo, attraversa la storia, arrivando fino ai giorni, anche sofferti, della Chiesa di oggi, non dimenticando né gli aspetti più belli e fecondi, né quelli più terribili e scandalosi.
Piergiorgio Odifreddi contesta -- bollandolo come distinzione ormai superata dal lontano 1968 in virtù della comparsa sulla scena delle intelligenze artificiali -- il fatto che una ragione oggettiva necessiti sempre un soggetto, una ragione dunque consapevole di se stessa. Ebbene, con precisione, Benedetto XVI ribatte spiegando come in realtà sia proprio (e anche) la stessa intelligenza artificiale a dimostrare l'assunto, trattandosi di una intelligenza affidata ad apparecchiature e trasmessa loro da soggetti coscienti, imputabile cioè all'intelligenza umana di chi ha creato le apparecchiature medesime.
È questo solo uno tra i tanti punti analizzati nella lunga, ricca, appassionata e nitida lettera di risposta da parte di un uomo che vuole -- e che per tutta la sua vita ha sempre voluto -- un vero dialogo tra la fede dei cristiani e la fede scientifica. Una ricerca di dialogo evidentemente colta dal matematico italiano. Del resto, leggendo tutto il testo del Papa emerito, risulta chiaramente come il suo sia un interesse autentico volto a dialogare anche con quella parte di mondo e di fede scientifica che, a ben vedere, interrompe la ricerca del confronto in maniera che finisce per risultare dogmatica, quasi non volesse più domandare ma solo ammaestrare l'interlocutore.
I tanti esempi che si potrebbero riportare tra quelli presentati da Benedetto XVI ruotano però inevitabilmente tutti attorno a quello che per Joseph Ratzinger è il punto nodale, che non può essere tralasciato, del dialogo tra la fede cosiddetta scientifica e la fede dei cristiani. È l'aspetto del passaggio dai lògoi al Logos, un passaggio che la fede cristiana ha compiuto assieme con la filosofia greca. Un passaggio che può anche non essere compiuto, ma che va necessariamente considerato e valutato -- in modo scientifico, verrebbe da dire -- affinché le parti in dialogo rimangano entrambe realmente in ricerca.
Nella lettera sono evocate anche la questione dibattutissima degli antropomorfismi -- per la quale Benedetto XVI richiama la validità permanente dell'affermazione del concilio Lateranense iv del 1215 sulla possibilità solo analogica di pensare Dio -- e quella incandescente dell'evoluzione.
Cita lo Pseudo-Dionigi Areopagita, Benedetto XVI, e poi cita non solo Francesco, Chiara, Teresa d'Avila e Madre Teresa, ma anche Agostino, Martin Buber, Jacques Monod e l'ispirazione della musica di Bach, Mozart, Haydn, Beethoven. E, chiaramente, cita Piergiorgio Odifreddi.
Perché Ratzinger ha scelto di rispondere a un professore universitario italiano che, mosso dalla franchezza, ha cercato un dialogo aperto con la fede della Chiesa. Tra contrasti e convergenze.

(©L'Osservatore Romano 25 settembre 2013)

Benedetto XVI ad Odifreddi: Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione

Ecco un altro passaggio della Lettera di Benedetto XVI al matematico Odifreddi:

3. Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione. Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l'umanità. Nel mio dialogo con Habermas ho mostrato che esistono patologie della religione e - non meno pericolose - patologie della ragione. Entrambe hanno bisogno l'una dell'altra, e tenerle continuamente connesse è un importante compito della teologia.

Benedetto XVI ad Odifreddi: la mia critica al Suo libro in parte è dura. Ma del dialogo fa parte la franchezza; solo così può crescere la conoscenza

Ecco un altro passaggio della Lettera di Benedetto XVI al matematico Odifreddi:

"Ill. mo Signor Professore, la mia critica al Suo libro in parte è dura. Ma del dialogo fa parte la franchezza; solo così può crescere la conoscenza. Lei è stato molto franco e così accetterà che anch'io lo sia. In ogni caso, però, valuto molto positivamente il fatto che Lei, attraverso il Suo confrontarsi con la mia Introduzione al cristianesimo, abbia cercato un dialogo così aperto con la fede della Chiesa cattolica e che, nonostante tutti i contrasti, nell'ambito centrale, non manchino del tutto le convergenze".

Benedetto XVI ad Odifreddi: Quanto a ciò che Lei dice dell'abuso morale di minorenni da parte di sacerdoti, posso prenderne atto solo con profonda costernazione. Mai ho cercato di mascherare queste cose

Che piacere leggere queste parole! Danno un rinnovato senso a tutto il lavoro fatto dal blog per dimostrare lo strenuo impegno di Benedetto XVI sul fronte della condanna della pedofilia nella chiesa:

LE DECISIONI E L'ESEMPIO DI BENEDETTO XVI NEL COMBATTERE LA PIAGA DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA. CRONOLOGIA

Leggiamo le parole di Benedetto:

"Quanto a ciò che Lei dice dell'abuso morale di minorenni da parte di sacerdoti, posso  -  come Lei sa  -  prenderne atto solo con profonda costernazione. Mai ho cercato di mascherare queste cose. Che il potere del male penetri fino a tal punto nel mondo interiore della fede è per noi una sofferenza che, da una parte, dobbiamo sopportare, mentre, dall'altra, dobbiamo al tempo stesso, fare tutto il possibile affinché casi del genere non si ripetano. 
Non è neppure motivo di conforto sapere che, secondo le ricerche dei sociologi, la percentuale dei sacerdoti rei di questi crimini non è più alta di quella presente in altre categorie professionali assimilabili
In ogni caso, non si dovrebbe presentare ostentatamente questa deviazione come se si trattasse di un sudiciume specifico del cattolicesimo".

Lettera di Joseph Ratzinger a Piergiorgio Odifreddi: Le racconto chi era Gesù. L'emozione e la sorpresa del matematico

Clicca qui per leggere stralci della Lettera di Benedetto XVI a Piergiorgio Odifreddi.
Qui le considerazioni del matematico italiano.

lunedì 23 settembre 2013

Benedetto XVI, la misericordia e la memoria cortissima dei mass media

Cari amici, ritengo doveroso scrivere questo post affinché possa restare "a futura memoria" come esempio di memoria selettiva dei mass media e della stessa chiesa. Qui non si tratta di volere dimostrare a tutti i costi una continuità fra Pontificati (non è nelle mie intenzioni almeno), ma di restituire luce alla verità facendola emergere dalle ombre che persone più o meno interessate vorrebbero mettere di fronte ai nostri occhi.
Innanzitutto ringrazio Gemma per il grande lavoro fatto nei giorni scorsi alla ricerca di documenti utilissimi e che non dovrebbero finire nel dimenticatoio.
Parliamo, quindi, del concetto di misericordia.
Quanto e' bella questa parola, quanto e' importante! Quanto puo' essere, pero', anche "vuota" se non si spiega bene che la misericordia di Dio non puo' mai essere a buon prezzo perche' e' costata il sangue di Cristo.
Detto questo, occorre gridare a gran voce che la chiesa non ha iniziato a parlare di misericordia il 13 marzo 2013. Anche prima i Papi hanno usato e spiegato il significato di questo straordinario vocabolo anche se tutti, dai mezzi di comunicazione alla stessa chiesa, hanno preferito evidenziare altri termini, altri concetti, altri ragionamenti. Vedremo come anche i media cattolici non si sono sottratti a questo gioco.
Ma rileggiamo qualche documento.

Anche Benedetto XVI e Giovanni Paolo II parlavano di misericordia verso le donne che avevano abortito.

Dall'udienza ai partecipanti all'Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita (26 febbraio 2011):

.....È necessario che la società tutta si ponga a difesa del diritto alla vita del concepito e del vero bene della donna, che mai, in nessuna circostanza, potrà trovare realizzazione nella scelta dell’aborto. Parimenti sarà necessario - come indicato dai vostri lavori - non far mancare gli aiuti necessari alle donne che, avendo purtroppo già fatto ricorso all’aborto, ne stanno ora sperimentando tutto il dramma morale ed esistenziale. Molteplici sono le iniziative, a livello diocesano o da parte di singoli enti di volontariato, che offrono sostegno psicologico e spirituale, per un recupero umano pieno. La solidarietà della comunità cristiana non può rinunciare a questo tipo di corresponsabilità.
Vorrei richiamare a tale proposito l’invito rivolto dal Venerabile Giovanni Paolo II alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto: "La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.
Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita
" (Enc. Evangelium vitae, 99).


http://magisterobenedettoxvi.blogspot.it/2011/02/il-papa-nella-coscienza-morale-dio.html 

A proposito di questa udienza è da segnalare il singolare atteggiamento anche dei media cattolici. Ecco come viene riassunto il discorso di Benedetto XVI:





Nessun cenno alla misericordia verso le donne che hanno abortito. Si punta invece l'accento sulla condanna dell'aborto. Non e' strano? 
Raccontando Francesco, la misericordia per il peccatore viene sempre messa al primo posto o fa addirittura il titolo (la condanna del peccato finisce invece occultata), con Benedetto valeva il contrario: contava solo la condanna, mai la misericordia. E in questo caso non parliamo dei media "laici".

Ed ecco come titolava il Corriere della sera in occasione della Gmg di Madrid del 2011: "Indulgenza per le donne e i medici dell'interruzione di gravidanza". Madrid, la Chiesa concede il perdono per gli aborti.

"...confessori con un' autorità eccezionale, autorizzati a concedere il perdono («se il rimorso è autentico e con una penitenza adeguata») anche alle donne che hanno abortito e ai medici che le hanno aiutate..."

http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/15/Madrid_Chiesa_concede_perdono_per_co_8_110815020.shtml

E qui un bollettino della chiesa di Milano

http://www.chiesadimilano.it/polopoly_fs/1.70629.1360580522!/menu/standard/file/1002MI74_2.pdf

Si parla delle modalità dell'indulgenza plenaria concessa da Papa Benedetto per l'Anno della Fede (ormai caduto nel dimenticatoio) con riferimento anche alla confessione per le donne che hanno abortito e chiedono l'assoluzione. Altro punto: attenzione cordiale verso chi si è risposato.
Il bollettino porta la data del 10 febbraio 2013, il giorno precedente la rinuncia di Benedetto XVI.

Sempre a proposito del concetto di misericordia e della distinzione fra peccato e peccatore, dovremmo rileggere tutti il testo del bellissimo Angelus del 21 marzo 2010. Benedetto XVI ebbe a dire, fra l'altro: "Cari amici, impariamo dal Signore Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo. Impariamo ad essere intransigenti con il peccato – a partire dal nostro! – e indulgenti con le persone". Di seguito il video integrale.




E passiamo alla misericordia verso i divorziati risposati.

Dovremmo tutti rileggere il meraviglioso colloquio di Benedetto XVI con i parroci della diocesi di Aosta (25 luglio 2005). Da cardinale Joseph Ratzinger tento' di trovare una soluzione per alleviare la sofferenza di questi fedeli ma lascio' intendere di essere stato in qualche modo "frenato" dai "colleghi". Anche durante il Sinodo sull'Eucarestia del 2005 si parlo' di possibili aperture del Papa ma furono gli stessi vescovi a ribadire il divieto di accostarsi all'Eucarestia da parte dei divorziati risposati.
Di misericordia per questi fedeli Benedetto XVI parlò anche rispondendo a Milano ad una domanda in occasione della Veglia per l'Incontro Mondiale delle Famiglia (2 giugno 2012). 
Clicca qui per leggere il testo e vedere la registrazione. 
La stessa Esortazione "Sacramentum Caritatis" fa piu' volte riferimento alla misericordia verso i fedeli che vivono questa condizione di sofferenza.

Come abbiamo visto, la misericordia verso i peccatori non e' spuntata come un fungo il 13 marzo 2013 ma affonda le radici nell'intero Magistero dei Papi.
Certo! Fa comodo presentare Benedetto XVI come il "cattivo" e Francesco come il "buono" ma le persone che usano la testa dovrebbero porre fine a questo giochetto che fa del male a tutti.
Da marzo ad oggi e' sicuramente cambiata la percezione a proposito della chiesa e dei suoi insegnamenti.
Prima la chiesa era matrigna, brutta ed arcigna, oggi e' madre, bella e misericordiosa.
E' bastato davvero poco per convincere i media a dimenticare tutto cio' che e' stato riversato su Benedetto XVI in otto anni. 
Attenzione: io non sto dando ai media tutta la responsabilita'. Diciamo che, a mio avviso, c'e' un incastro perfetto, una comunione di intenti, fra la chiesa ed il mondo della comunicazione.
Ma forse e' giusto cosi'...chissa'! Non possiamo certo essere noi a giudicare cio' che e' giusto e cio' che e' sbagliato. Spero solo che in futuro nessun altro Papa debba patire la sofferenza di Benedetto XVI. A volte mi chiedo a che cosa sia servita la sua pena e, in fondo, anche la nostra.
Raffaella

Benedetto XVI firma autografi a Les Combes ed abbraccia i fedeli

Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo il bellissimo incontro di Benedetto XVI con la popolazione di Les Combes ed i fedeli giunti in Valle d'Aosta (luglio 2005).




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domenica 22 settembre 2013

Fuori dal "coro osannante". Intervista a Michael Novak a cura di Paolo Mastrolilli

Clicca qui per leggere l'intervista.
Si'...ci sono cattolici che in questi anni hanno investito buona parte del proprio tempo, della propria energia e del proprio entusiasmo per controbattere alle accuse che arrivavano dai poteri forti che controllano i mass media, la politica, l'economia etc. Ora la parola "ferita" mi pare riassumere perfettamente lo stato d'animo di molti.

venerdì 20 settembre 2013

Francesco e i cari estinti. I principi non negoziabili, bandiera di due Papi, sono ormai lettera morta (Tiliacos)

Clicca qui per leggere la prima parte dell'articolo pubblicato dal Foglio.
Preferisco astenermi da ogni commento. Come ho gia' scritto in un'altra occasione, la vita ci pone di fronte a molte scelte ed a diversi bivi. Ieri ne ho trovato uno che mi ha indicato la strada ma mi ha posto anche una domanda angosciante: a che cosa sono serviti il sacrificio e la sofferenza di Benedetto XVI? Chissa'...forse un giorno avremo la risposta ma non certo ora...

giovedì 19 settembre 2013

I Papi e i non credenti (Mancini)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

mercoledì 18 settembre 2013

Joseph Ratzinger arcivescovo di Monaco e Frisinga: documentario (YouTube)

La nostra Gemma ha trovato una "chicca" straordinaria: un documentario tedesco su Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Purtroppo la lingua non ci aiuta ma vale la pena di vedere questi tre contributi per le bellissime immagini, molte delle quali inedite.





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martedì 17 settembre 2013

Benedetto XVI: Nella visione di Santa Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto... Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva


Nel giorno della Memoria Liturgica di Santa Ildegarda, proclamata Dottore della Chiesa lo scorso anno, rileggiamo questo importante discorso di Benedetto XVI:

UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI, 20.12.2010

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e sorelle
!

È con vivo piacere che vi incontro, cari Membri del Collegio Cardinalizio, Rappresentanti della Curia Romana e del Governatorato, per questo appuntamento tradizionale. Rivolgo a ciascuno un cordiale saluto, ad iniziare dal Cardinale Angelo Sodano, che ringrazio per le espressioni di devozione e di comunione, e per i fervidi auguri che mi ha rivolto a nome di tutti. Prope est jam Dominus, venite, adoremus! Contempliamo come un’unica famiglia il mistero dell’Emmanuele, del Dio-con-noi, come ha detto il Cardinale Decano. Ricambio volentieri i voti augurali e desidero ringraziare vivamente tutti, compresi i Rappresentanti Pontifici sparsi per il mondo, per l’apporto competente e generoso che ciascuno presta al Vicario di Cristo e alla Chiesa.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni" – con queste e con simili parole la liturgia della Chiesa prega ripetutamente nei giorni dell’Avvento. Sono invocazioni formulate probabilmente nel periodo del tramonto dell’Impero Romano. Il disfacimento degli ordinamenti portanti del diritto e degli atteggiamenti morali di fondo, che ad essi davano forza, causavano la rottura degli argini che fino a quel momento avevano protetto la convivenza pacifica tra gli uomini. Un mondo stava tramontando. Frequenti cataclismi naturali aumentavano ancora questa esperienza di insicurezza. Non si vedeva alcuna forza che potesse porre un freno a tale declino. Tanto più insistente era l’invocazione della potenza propria di Dio: che Egli venisse e proteggesse gli uomini da tutte queste minacce.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni". Anche oggi abbiamo motivi molteplici per associarci a questa preghiera di Avvento della Chiesa. 

Il mondo con tutte le sue nuove speranze e possibilità è, al tempo stesso, angustiato dall’impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano; di conseguenza, le forze mobilitate per la difesa di tali strutture sembrano essere destinate all’insuccesso.

Excita – la preghiera ricorda il grido rivolto al Signore, che stava dormendo nella barca dei discepoli sbattuta dalla tempesta e vicina ad affondare. Quando la sua parola potente ebbe placato la tempesta, Egli rimproverò i discepoli per la loro poca fede (cfr Mt 8,26 e par.). Voleva dire: in voi stessi la fede ha dormito. La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l’ordine giusto alle cose del mondo.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni": nelle grandi angustie, alle quali siamo stati esposti in quest’anno, tale preghiera di Avvento mi è sempre tornata di nuovo alla mente e sulle labbra. 

Con grande gioia avevamo iniziato l’Anno sacerdotale e, grazie a Dio, abbiamo potuto concluderlo anche con grande gratitudine, nonostante si sia svolto così diversamente da come ce l’eravamo aspettati. 

In noi sacerdoti e nei laici, proprio anche nei giovani, si è rinnovata la consapevolezza di quale dono rappresenti il sacerdozio della Chiesa Cattolica, che ci è stato affidato dal Signore. Ci siamo nuovamente resi conto di quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare in nome di Dio e con pieno potere la parola del perdono, e così siano in grado di cambiare il mondo, la vita; quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare le parole della consacrazione, con cui il Signore attira dentro di sé un pezzo di mondo, e così in un certo luogo lo trasforma nella sua sostanza; quanto sia bello poter essere, con la forza del Signore, vicino agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore importanti come in quelle buie dell’esistenza; quanto sia bello avere nella vita come compito non questo o quell’altro, ma semplicemente l’essere stesso dell’uomo – per aiutare che si apra a Dio e sia vissuto a partire da Dio.

Tanto più siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti, che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita.


In questo contesto, mi è venuta in mente una visione di sant’Ildegarda di Bingen che descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno. "Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: ‘Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!

E proseguì: ‘Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa.
Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità
’.

E sentii una voce dal cielo che diceva: ‘Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che sono destinati alla guida e all’istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli, è stato detto: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»’ (Mc 16,15)" (Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale: PL 197, 269ss).

Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva. 

Dobbiamo interrogarci su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l’ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell’intero nostro modo di configurare l’essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere. Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. 

È questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio. Nei miei incontri con le vittime di questo peccato, ho sempre trovato anche persone che, con grande dedizione, stanno a fianco di chi soffre e ha subito danno. È questa l’occasione per ringraziare anche i tanti buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio.

Siamo consapevoli della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti e della nostra corrispondente responsabilità. Ma non possiamo neppure tacere circa il contesto del nostro tempo in cui è dato vedere questi avvenimenti. Esiste un mercato della pornografia concernente i bambini, che in qualche modo sembra essere considerato sempre più dalla società come una cosa normale. La devastazione psicologica di bambini, in cui persone umane sono ridotte ad articolo di mercato, è uno spaventoso segno dei tempi. Da Vescovi di Paesi del Terzo Mondo sento sempre di nuovo come il turismo sessuale minacci un’intera generazione e la danneggi nella sua libertà e nella sua dignità umana. L’Apocalisse di san Giovanni annovera tra i grandi peccati di Babilonia – simbolo delle grandi città irreligiose del mondo – il fatto di esercitare il commercio dei corpi e delle anime e di farne una merce (cfr Ap 18,13). In questo contesto, si pone anche il problema della droga, che con forza crescente stende i suoi tentacoli di polipo intorno all’intero globo terrestre – espressione eloquente della dittatura di mammona che perverte l’uomo. Ogni piacere diventa insufficiente e l’eccesso nell’inganno dell’ebbrezza diventa una violenza che dilania intere regioni, e questo in nome di un fatale fraintendimento della libertà, in cui proprio la libertà dell’uomo viene minata e alla fine annullata del tutto.

Per opporci a queste forze dobbiamo gettare uno sguardo sui loro fondamenti ideologici. Negli anni Settanta, la pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino. Questo, però, faceva parte di una perversione di fondo del concetto di ethos. Si asseriva – persino nell’ambito della teologia cattolica – che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé. Esisterebbe soltanto un "meglio di" e un "peggio di". Niente sarebbe in se stesso bene o male. Tutto dipenderebbe dalle circostanze e dal fine inteso. A seconda degli scopi e delle circostanze, tutto potrebbe essere bene o anche male. La morale viene sostituita da un calcolo delle conseguenze e con ciò cessa di esistere. Gli effetti di tali teorie sono oggi evidenti. Contro di esse Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Veritatis splendor del 1993, indicò con forza profetica nella grande tradizione razionale dell’ethos cristiano le basi essenziali e permanenti dell’agire morale. Questo testo oggi deve essere messo nuovamente al centro come cammino nella formazione della coscienza. È nostra responsabilità rendere nuovamente udibili e comprensibili tra gli uomini questi criteri come vie della vera umanità, nel contesto della preoccupazione per l’uomo, nella quale siamo immersi.

Come secondo punto vorrei dire una parola sul Sinodo delle Chiese del Medio Oriente. Esso ebbe inizio con il mio viaggio a Cipro dove potei consegnare l’Instrumentum laboris per il Sinodo ai Vescovi di quei Paesi lì convenuti. Rimane indimenticabile l’ospitalità della Chiesa ortodossa che abbiamo potuto sperimentare con grande gratitudine. Anche se la piena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioia che la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con gli altri: il ministero sacramentale dei Vescovi come portatore della tradizione apostolica, la lettura della Scrittura secondo l’ermeneutica della Regula fidei, la comprensione della Scrittura nell’unità multiforme incentrata su Cristo sviluppatasi grazie all’ispirazione di Dio e, infine, la fede nella centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Così abbiamo incontrato in modo vivo la ricchezza dei riti della Chiesa antica anche all’interno della Chiesa Cattolica. Abbiamo avuto liturgie con Maroniti e con Melchiti, abbiamo celebrato in rito latino e abbiamo avuto momenti di preghiera ecumenica con gli Ortodossi, e, in manifestazioni imponenti, abbiamo potuto vedere la ricca cultura cristiana dell’Oriente cristiano. Ma abbiamo visto anche il problema del Paese diviso. Si rendevano visibili colpe del passato e profonde ferite, ma anche il desiderio di pace e di comunione quali erano esistite prima. Tutti sono consapevoli del fatto che la violenza non porta alcun progresso – essa, infatti, ha creato la situazione attuale. Solo nel compromesso e nella comprensione vicendevole può essere ristabilita un’unità. Preparare la gente per questo atteggiamento di pace è un compito essenziale della pastorale.

Nel Sinodo lo sguardo si è poi allargato sull’intero Medio Oriente, dove convivono fedeli appartenenti a religioni diverse ed anche a molteplici tradizioni e riti distinti. Per quanto riguarda i cristiani, ci sono le Chiese pre-calcedonesi e quelle calcedonesi; Chiese in comunione con Roma ed altre che stanno fuori di tale comunione ed in entrambe esistono, uno accanto all’altro, molteplici riti. 

Negli sconvolgimenti degli ultimi anni è stata scossa la storia di condivisione, le tensioni e le divisioni sono cresciute, così che sempre di nuovo con spavento siamo testimoni di atti di violenza nei quali non si rispetta più ciò che per l’altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell’umanità. Nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata. Per secoli sono vissuti pacificamente insieme con i loro vicini ebrei e musulmani. Nel Sinodo abbiamo ascoltato parole sagge del Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano contro gli atti di violenza nei confronti dei cristiani. 

Egli diceva: con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi. Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli. Anche qui l’ostacolo è il collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico. Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza, il Sinodo ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell’accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo. 

L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti. Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione. In ultima analisi, il risanamento può venire soltanto da una fede profonda nell’amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest’ora.

Mi piacerebbe parlare dettagliatamente dell’indimenticabile viaggio nel Regno Unito,voglio però limitarmi a due punti che sono correlati con il tema della responsabilità dei cristiani in questo tempo e con il compito della Chiesa di annunciare il Vangelo. 

Il pensiero va innanzitutto all’incontro con il mondo della cultura nella Westminster Hall, un incontro in cui la consapevolezza della responsabilità comune in questo momento storico creò una grande attenzione, che, in ultima analisi, si rivolse alla questione circa la verità e la stessa fede. Che in questo dibattito la Chiesa debba recare il proprio contributo, era evidente per tutti. Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica di cui ho parlato poco fa. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo.

Infine, vorrei ancora ricordare la beatificazione del Cardinale John Henry Newman. Perché è stato beatificato? Che cosa ha da dirci? A queste domande si possono dare molte risposte, che nel contesto della beatificazione sono state sviluppate. Vorrei rilevare soltanto due aspetti che vanno insieme e, in fin dei conti, esprimono la stessa cosa. Il primo è che dobbiamo imparare dalle tre conversioni di Newman, perché sono passi di un cammino spirituale che ci interessa tutti. Vorrei qui mettere in risalto solo la prima conversione: quella alla fede nel Dio vivente

Fino a quel momento, Newman pensava come la media degli uomini del suo tempo e come la media degli uomini anche di oggi, che non escludono semplicemente l’esistenza di Dio, ma la considerano comunque come qualcosa di insicuro, che non ha alcun ruolo essenziale nella propria vita. Veramente reale appariva a lui, come agli uomini del suo e del nostro tempo, l’empirico, ciò che è materialmente afferrabile. È questa la "realtà" secondo cui ci si orienta. Il "reale" è ciò che è afferrabile, sono le cose che si possono calcolare e prendere in mano. Nella sua conversione Newman riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili. Questa conversione significa una svolta copernicana. Ciò che fino ad allora era apparso irreale e secondario si rivela come la cosa veramente decisiva. Dove avviene una tale conversione, non cambia semplicemente una teoria, cambia la forma fondamentale della vita. Di tale conversione noi tutti abbiamo sempre di nuovo bisogno: allora siamo sulla via retta.

La forza motrice che spingeva sul cammino della conversione era in Newman la coscienza. Ma che cosa si intende con ciò? Nel pensiero moderno, la parola "coscienza" significa che in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, l’individuo, costituisce l’ultima istanza della decisione. Il mondo viene diviso negli ambiti dell’oggettivo e del soggettivo. All’oggettivo appartengono le cose che si possono calcolare e verificare mediante l’esperimento. La religione e la morale sono sottratte a questi metodi e perciò sono considerate come ambito del soggettivo. Qui non esisterebbero, in ultima analisi, dei criteri oggettivi. 

L’ultima istanza che qui può decidere sarebbe pertanto solo il soggetto, e con la parola "coscienza" si esprime, appunto, questo: in questo ambito può decidere solo il singolo, l’individuo con le sue intuizioni ed esperienze. La concezione che Newman ha della coscienza è diametralmente opposta. 

Per lui "coscienza" significa la capacità di verità dell’uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto. 

Il cammino delle conversioni di Newman è un cammino della coscienza – un cammino non della soggettività che si afferma, ma, proprio al contrario, dell’obbedienza verso la verità che passo passo si apriva a lui. La sua terza conversione, quella al Cattolicesimo, esigeva da lui di abbandonare quasi tutto ciò che gli era caro e prezioso: i suoi averi e la sua professione, il suo grado accademico, i legami familiari e molti amici. La rinuncia che l’obbedienza verso la verità, la sua coscienza, gli chiedeva, andava ancora oltre. Newman era sempre stato consapevole di avere una missione per l’Inghilterra. Ma nella teologia cattolica del suo tempo, la sua voce a stento poteva essere udita. Era troppo aliena rispetto alla forma dominante del pensiero teologico e anche della pietà. Nel gennaio del 1863 scrisse nel suo diario queste frasi sconvolgenti: "Come protestante, la mia religione mi sembrava misera, non però la mia vita. E ora, da cattolico, la mia vita è misera, non però la mia religione". Non era ancora arrivata l’ora della sua efficacia. Nell’umiltà e nel buio dell’obbedienza, egli dovette aspettare fino a che il suo messaggio fosse utilizzato e compreso. 

Per poter asserire l’identità tra il concetto che Newman aveva della coscienza e la moderna comprensione soggettiva della coscienza, si ama far riferimento alla sua parola secondo cui egli – nel caso avesse dovuto fare un brindisi – avrebbe brindato prima alla coscienza e poi al Papa. Ma in questa affermazione, "coscienza" non significa l’ultima obbligatorietà dell’intuizione soggettiva. È espressione dell’accessibilità e della forza vincolante della verità: in ciò si fonda il suo primato. Al Papa può essere dedicato il secondo brindisi, perché è compito suo esigere l’obbedienza nei confronti della verità.

Devo rinunciare a parlare dei viaggi così significativi a Malta, in Portogallo e in Spagna. In essi si è reso nuovamente visibile che la fede non è una cosa del passato, ma un incontro con il Dio che vive ed agisce adesso. Egli ci chiama in causa e si oppone alla nostra pigrizia, ma proprio così ci apre la strada verso la gioia vera.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni!". Siamo partiti dall’invocazione della presenza della potenza di Dio nel nostro tempo e dall’esperienza della sua apparente assenza. Se apriamo i nostri occhi, proprio nella retrospettiva sull’anno che volge al termine, può rendersi visibile che la potenza e la bontà di Dio sono presenti in maniera molteplice anche oggi. Così tutti noi abbiamo motivo per ringraziarLo. Con il ringraziamento al Signore rinnovo il mio ringraziamento a tutti i collaboratori. Voglia Dio donare a tutti noi un Santo Natale ed accompagnarci con la sua bontà nel prossimo anno.

Affido questi voti all’intercessione della Vergine Santa, Madre del Redentore, e a voi tutti e alla grande famiglia della Curia Romana imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Buon Natale!

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

Il prefetto della Casa pontificia a Urbisaglia (O.R.)

Il prefetto della Casa pontificia a Urbisaglia

«La domenica è la festa dell'abbraccio di Dio; la festa della grande misericordia, che è raro trovare nel mondo, dove tanto spesso si incontra l'assenza del perdono». Così l'arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa pontificia, ha sintetizzato le tre parabole della misericordia secondo il vangelo di Luca (15, 1-32) durante la messa che ha celebrato a Urbisaglia, la cittadina marchigiana sua sede titolare che ha visitato ieri, domenica 15 settembre.
All'omelia il presule ha ricordato che nessun uomo è «del tutto perduto fin quando vive», perché «Dio lo cerca». In particolare, la messa «è il momento del perdono. Subito siamo rivestiti della misericordia». Nonostante questo, però, tra gli uomini «è normale l'affermazione di se stessi, la rivendicazione dei propri diritti e l'insensibilità al perdono». Lo si vede bene nella parabola del Padre misericordioso, dove il figlio «preferisce una parte al tutto». Con una precisazione: il termine «dissoluto» riferito alla condotta di vita del figlio prodigo nel Vangelo «significa voler far da sé, senza dipendere da nessuno». Ecco allora che alla fine conta solo «la capacità di accorgersi della tristezza della propria condizione e di ritornare alla casa del Padre». E, in tal senso, «la domenica è il giorno benedetto per tornare» perché allarga il cuore, fa cadere i muri, fa aprire le porte della mente, fa vedere lontano verso i poveri. La domenica è larga, come la misericordia di Dio».
Per questo, concludendo la sua omelia l'arcivescovo ha citato un testo di san Giovanni Crisostomo: «Se uno è amico di Dio, goda di questa festa bella e luminosa. Chi ha lavorato e chi non l'ha fatto, chi è nella pace e chi è nel dolore, chi si è smarrito e chi è stato a casa, chi è appesantito e chi è sollevato, tutti vengano e saranno accolti».

(©L'Osservatore Romano 16-17 settembre 2013)

lunedì 16 settembre 2013

domenica 15 settembre 2013

Boff: “Con Francesco dialogo continuo anche se a distanza” (Bardazzi)

Clicca qui per leggere l'intervista segnalataci da Gemma.
Direi che non ci sono parole per commentare certe cadute di stile. O, meglio, di parole ne avrei tante, probabilmente fin troppe.
Aggiungo un bel: complimenti! E la chiudo qui...

Mons. Tobin di dice "deluso" da Papa Francesco. L'indignazione di Winters

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Mariateresa.
Due annotazioni: innanzitutto il coraggio di Mons. Tobin, dote rarissima ormai soprattutto fra i vescovi e piu' in generale fra gli uomini di chiesa.
In secondo luogo mi diverte moltissimo notare come il mondo giri in senso contrario rispetto a sei mesi fa.
Regnante Papa Benedetto, erano i giornalisti ad andare a scovare vescovi e cardinali disposti a criticare il Pontefice. Non era difficile trovarli: visto il "coraggio" di certi personaggi non c'era da stupirsi per il fatto che attaccassero il Vicario di Cristo: la cosa era chic, politicamente e mediaticamente corretta e soprattutto valeva il plauso incondizionato dei salotti buoni.
Ora invece? Se un vescovo, educatamente e con rispetto, osa muovere una critica al Papa regnante, ecco che scatta immediatamente la difesa d'ufficio non solo dell'apparato ecclesiastico ma anche, e soprattutto, dei mass media. Emblematica la frase di Winters sulla risposta potente della gente. Piace molto questo plauso incondizionato del mondo ma siamo proprio sicuri che sia un bene?

sabato 14 settembre 2013

Anche a Martini piaceva il “Gesù” di Joseph Ratzinger (Caruso)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da tanti amici del blog.

Relativismus (Ferrara)

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Arcangela e Fabiola.

venerdì 13 settembre 2013

Lettera a Scalfari, Catholic Culture si lamenta del modo di titolare dei media inglesi e Fr. Z. spiega ai lettori il senso della lettera papale

Clicca qui per leggere l'articolo di Catholic Culture e qui per il commento di Fr. Z.
Grazie a Mariateresa per le segnalazioni :-)

Secondo Introvigne Francesco non è Martini

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

12 settembre 2006: Benedetto XVI pronuncia la "lectio magistralis" di Ratisbona: Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni

Clicca qui per rileggere il testo della lectio magistralis la cui portata profetica e' ormai innegabile. Sia occasione per tutti di riflettere anche per coloro che l'hanno interpretata con i piedi invece di usare la testa ed il cuore.

Tim Stanley: i media non capiscono Francesco

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Mariateresa.
Stanley si dice stanco di dovere spiegare e parafrasare ogni parola di Papa Francesco per arginare le strumentalizzazioni. Non e' il solo...e forse e' questa stanchezza generalizzata che e' pericolosissima (per la chiesa).

Benedetto XVI ai Paolini: «Avanti con fiducia» (Rizzolo)

Clicca qui per leggere la bella notizia segnalataci da Mariateresa.

Eugenio Scalfari risponde a Papa Francesco

Clicca qui per leggere il testo.
Su che cosa si sofferma Scalfari se non sul concetto di coscienza? Era ovvio...
Peccato che Papa Francesco non intenda la coscienza come voce del relativismo ma questa e' tutta un'altra storia...
Il fondatore di Repubblica si stupisce e si esalta per quella che chiama una novita' assoluta nella chiesa. Forse dovrebbe leggersi qualche altro testo. Due nomi a caso: Joseph Ratzinger (cardinale e Papa) ed il beato Newman.

Qual era l'obiettivo del segretario di stato Bertone? (Gagliarducci)

Clicca qui per leggere il commento.
La strenua opposizione di una buona parte della curia romana (e di molti vescovi diocesani) al progetto di riforma di Benedetto XVI e del card. Bertone e' sempre stato sotto gli occhi di tutti come, tuttavia, sono sempre stati evidenti gli errori di gestione e di comunicazione della segreteria di stato che spesso non ha fatto scudo al Papa ma si e' fatta scudo del Papa. In questo senso vorrei ascoltare un bel "mea culpa".
Credo che nessuno di noi abbia dimenticato quanto accaduto nel 2009 e soprattutto nel 2010. Si poteva e si doveva fare meglio. C'erano tutti gli strumenti a disposizione. Mi fa francamente ridere vedere oggi certi personaggi uscire allo scoperto per prendere gli applausi che il pubblico riserva a Papa Francesco quando quegli stessi soggetti, fino a qualche mese fa, si nascondevano dietro la veste bianca, sempre piu' larga, di Benedetto XVI.
La chiesa nel senso istituzionale del termine ha davanti a se una montagna da scalare alta il doppio del Monte Bianco se vuole riconquistare la mia fiducia.

mercoledì 11 settembre 2013

Lumen Fidei, Papa Francesco risponde a Eugenio Scalfari. Il testo della lettera

Clicca qui per leggere il testo della lettera.
Come sospettavo (clicca qui) il contenuto della missiva non corrisponde ai titoli sparati ovunque in queste ore. Si tratta di riflessioni che riprendono il pensiero ed il Magistero dei predecessori ed in particolare di Benedetto XVI.
La vulgata sara' ben diversa ma il testo e' chiaro. Purtroppo, pero', viviamo in un'epoca in cui contano le sensazioni e le vulgate mediatiche e non le parole scritte. La frase sulla coscienza verra' interpretata come il famoso "chi sono io per giudicare?".
Tuttavia chi usa la propria testa, evitando di darla in "comodato d'uso" ad altri, non puo' che scorgere la continuita' fra i due Papi non solo per quanto riguarda il concetto di coscienza ma anche per quello di Verita'.
Sicuramente un testo importante e denso.

martedì 10 settembre 2013

sabato 7 settembre 2013

Oggi in Piazza San Pietro la Veglia per la pace in Siria, le parole dell'anima per disarmare i cannoni

Oggi in Piazza San Pietro la Veglia per la pace in Siria, le parole dell'anima per disarmare i cannoni

Un “esercito” della pace si riunirà questai sera in Piazza San Pietro per condividere con Papa Francesco la Veglia di preghiera per la crisi in Siria. Dalle 16.30, i varchi della Piazza saranno aperti all’afflusso di chi vorrà partecipare, mentre la Veglia inizierà alle 19 e durerà fino alle 23. Alessandro De Carolis spiega i momenti che scandiranno l’evento:

Il grido disarmato per la pace e le parole sommesse di milioni di anime in preghiera per ridurre al silenzio il ruggito dei cannoni e alla ragione gli strateghi della guerra. È per questo che Papa Francesco ha mobilitato la Chiesa, suscitando un’adesione planetaria anche da parte di chi nella Chiesa non si riconosce. Il grido sarà quello del Papa dell’ultimo Angelus, ripetuto in apertura della Veglia: “Scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra!”. Le preghiere scaturiranno invece dalle parole sacre con cui da secoli e millenni l’uomo chiede a Dio di vivere in pace. Come i versi del canto iniziale, l’antichissimo Veni Creator, che alla quinta strofa entra già nel cuore del momento: “Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male”. Poi, l’intronizzazione dell’icona di Maria Salus populi Romani e le parole del Rosario, cinquanta invocazioni per affidare coralmente le sorti contingenti del pianeta alla Regina della pace. Per l’occasione, Papa Francesco ha voluto che ogni Mistero della gioia del Rosario sia preceduto da parole tratte da Santa Teresa di Lisieux.

Dopo il Rosario, gli occhi del mondo della fede e le telecamere internazionali saranno tutti per Papa Francesco, che offrirà la sua riflessione, quindi al centro della scena sarà l’Ostia consacrata, esposta per l’adorazione eucaristica, mentre l’alternarsi di letture bibliche e preghiere di pace dei Papi del Novecento fino ai giorni nostri guiderà la riflessione interiore trasformandola fin da subito, con la celebre Profezia di Isaia, in un nuovo messaggio ai potenti della terra: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri”, “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”. Al termine di ognuno dei cinque tempi dell’adorazione guidata, sulle note dell’organo cinque coppie di persone – in rappresentanza di Siria, Egitto, Terra Santa, Stati Uniti e Russia – faranno l’offerta dell’incenso. Il penultimo momento della Veglia sarà caratterizzato dall’Ufficio delle letture – tre brani di Geremia, San Leone Magno e l’Evangelista Giovanni – poi ogni voce tacerà e per circa mezz’ora, fin verso le 22.40, solo la musica riempirà la Piazza e i suoi dintorni. L’ultimo atto della Veglia sarà la benedizione eucaristica impartita da Papa Francesco.

© Copyright Radio Vaticana 

giovedì 5 settembre 2013

Istantanee musicali: Santa Messa di Benedetto XVI con i suoi ex allievi (video YouTube)

Grazie al lavoro della nostra preziosissima Gemma vediamo queste belle immagini con sottofondo musicale degno di nota :-)
Naturalmente le foto presentano le famose "scritte" perche' protette dal copyright dell'Osservatore Romano.






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mercoledì 4 settembre 2013

Viaggio di Benedetto XVI in Libano: "istantaneee musicali" (YouTube)

Grazie al lavoro della nostra Gemma possiamo vedere questo bellissimo collage musicale:




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martedì 3 settembre 2013

Benedetto XVI ha salvato un ragazzo da un tumore

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Mariateresa.

Miracolo di Benedetto XVI? (Tosatti)

Clicca qui per leggere il commento.
Un giorno, non ora naturalmente, vi parlero' di un altro "regalo" di Benedetto XVI. 

lunedì 2 settembre 2013

Chi scende per servire. Messa di Benedetto XVI per i partecipanti all'incontro annuale dei suoi ex alunni (O.R.)

Su segnalazione di Laura leggiamo:

Messa di Benedetto XVI per i partecipanti all'incontro annuale dei suoi ex alunni

Chi scende per servire

Ci troviamo sulla via giusta se proviamo a diventare persone che «scendono» per servire, portando la gratuità di Dio al mondo. Lo ha affermato Benedetto XVI nella messa celebrata domenica mattina, 1° settembre, nella cappella di Santa Maria Madre della Famiglia, nel palazzo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, in occasione del tradizionale seminario estivo dei suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis.
L'incontro degli studenti di Joseph Ratzinger si è svolto, come di consueto, a Castel Gandolfo: quest'anno, però, Benedetto XVI non ha preso parte ai lavori. La trentottesima edizione è stata dedicata alla «questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione» alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague, filosofo e storico francese premiato con il Premio Ratzinger 2012 per la teologia.
Alla messa hanno partecipato circa cinquanta persone. Con Benedetto XVI hanno concelebrato, tra gli altri, i cardinali Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; l'arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, monsignor Hans-Jochen Jaschke.
Ognuno nella vita vuole trovare il suo posto buono: ma quale è veramente il posto giusto? L'omelia di Ratzinger è stata, in fondo, una risposta a questa domanda a partire dal Vangelo domenicale, nel quale Gesù invita proprio a scegliere l'ultimo posto. «Un posto che può sembrare molto buono, può rivelarsi per essere un posto molto brutto» ha detto: accade così che «i primi» siano stati rovesciati e improvvisamente siano diventati «ultimi». Anche durante l'ultima Cena i discepoli litigano per i posti migliori: Gesù si presenta invece come colui che serve. «Nato nella stalla» e «morto sulla Croce» -- ha affermato Benedetto XVI -- «ci dice che il posto giusto è quello vicino a lui, il posto secondo la sua misura». E l'apostolo, in quanto inviato di Cristo, «è l'ultimo nell'opinione del mondo» ma proprio per questo è vicino a Gesù.
«Chi in questo mondo e in questa storia -- ha affermato -- forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo; deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a lui, misurarsi alla responsabilità per l'altro, deve diventare colui che serve, quello che nella realtà è seduto ai piedi dell'altro, e così benedice e a sua volta diventa benedetto».
Nella pagina evangelica il Signore ricorda che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. E così Benedetto XVI ha rimarcato che «Cristo, il Figlio di Dio, scende per servire noi e questo fa l'essenza di Dio», che «consiste nel piegarsi verso di noi: l'amore, il sì ai sofferenti, l'elevazione dall'umiliazione». Ecco perché «noi -- ha spiegato -- ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via se in sua vece e come lui proviamo a diventare persone che “scendono” per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell'amore». Del resto, «la croce, nella storia, è l'ultimo posto» e «il crocifisso non ha nessun posto, è un non-posto»: è stato spogliato, «è un nessuno», eppure Giovanni nel Vangelo vede «questa umiliazione estrema» come «la vera esaltazione».
«Così, Gesù è più alto; sì, è all'altezza di Dio -- ha continuato -- perché l'altezza della croce è l'altezza dell'amore di Dio, l'altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione agli altri. Così, questo è il posto divino, e noi vogliamo pregare Dio che ci doni di comprendere questo sempre di più e di accettare con umiltà, ciascuno a modo proprio, questo mistero dell'esaltazione e dell'umiliazione».
Benedetto XVI ha quindi ricordato che Gesù esorta a «invitare» i paralitici, gli storpi, i poveri, perché lui stesso lo ha fatto invitando «noi alla mensa di Dio» e mostrandoci in questo modo cosa sia la gratuità. L'economia si poggia sulla «giustizia commutativa», sul do ut des. Ma persino in questo ambito rimane qualcosa di gratuito, ha precisato Benedetto XVI, sottolineando che «senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere»; tanto è vero che le più grandi cose della vita, cioè «l'amore, l'amicizia, la bontà, il perdono», «non le possiamo pagare», perché «sono gratis, nello stesso modo in cui Dio ci dona a titolo gratuito».
«Così, pur nella lotta per la giustizia nel mondo, non dobbiamo mai dimenticare -- ha spiegato -- la gratuità di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano gratis la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi gratis; e poi, a nostra volta, donare questa gratuità per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a lui, per aprirci a lui».

(©L'Osservatore Romano 2-3 settembre 2013)