mercoledì 5 giugno 2013

A casa del cardinale per parlare di America latina (Metalli)

Il legame intellettuale tra Jorge Mario Bergoglio e il filosofo Alberto Methol Ferré

A casa del cardinale per parlare di America latina

di Alver Metalli

Alberto Methol Ferré auspicò e previde l'elezione di Benedetto XVI e intravvide all'orizzonte quella di Papa Francesco. Nel 2005, il 6 aprile per l'esattezza, dunque tredici giorni prima della fumata bianca che portò Ratzinger sulla cattedra di Pietro, da Montevideo dove viveva, Methol Ferré spezzò una lancia in suo favore. Al quotidiano argentino «La Nación» disse di essere un grande sostenitore di Joseph Ratzinger. «Penso -- aggiunse -- che sia l'uomo più indicato per essere Papa in questo momento della storia». Ma allora, quando fece queste dichiarazioni, Methol Ferré, che aveva auspicato il pontificato di Benedetto XVI, non considerava ancora giunto il momento di un Papa latinoamericano.
Era convinto che la Chiesa latinoamericana fosse la più matura tra quelle non europee. «Ha cinque secoli, contro il secolo delle Chiese d'Africa; ma non mi sembra che ancora le Chiese della periferia europea siano in condizione di realizzare una leadership mondiale». Ci voleva altro tempo secondo lui. Non molto, si premuniva di precisare.
Il rapporto tra Bergoglio e Methol Ferré viene da lontano. Elbio López, un amico uruguayano, sostiene che i due si siano conosciuti “intellettualmente” negli anni Settanta, «quando, tra le altre cose, l'offensiva antiromana scuoteva le fondamenta dell'autorità petrina e metteva in discussione le basi ecclesiologiche del Vaticano II». Di persona, invece, si sono incontrati per la prima volta nel 1978, sull'onda dello slancio che entrambi cercavano di imprimere anche in Argentina al dibattito preparatorio per la terza Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano già annunciata a Puebla, in Messico.
Francisco Piñón, rettore dell'università del Salvador tra il 1975 e il 1980, ricorda bene quel momento. «Con Ferré, Lucio Gera, Luis Meyer, Hernán Alessandri, Joaquín Allende, Juan Lumermaz, Carlos Bruno e altri ancora ci incontravamo per discutere il Documento di consultazione di Puebla». Circolava in ambienti alquanto ristretti -- ricorda Piñón -- «e noi cercammo di allargare il perimetro proponendo la riflessione in altri ambiti, come fu il caso dell'università del Salvador».
Piñón rievoca il momento del primo incontro tra Bergoglio e Methol Ferré. «L'occasione fu un pranzo a tre, che ebbe luogo nel Colegio Máximo di San Miguel, allora sede pontificia della Facoltà di filosofia e teologia dei gesuiti, parte dell'università del Salvador. Si parlò del momento storico dell'America latina, e della responsabilità della Chiesa in quel frangente. Uno sguardo cattolico sulla situazione del continente alla vigilia dell'incontro di Puebla. Il tema della cultura, come si stava delineando nelle fasi preparatorie della Conferenza in cui Methol Ferré aveva parte attiva, quello della religiosità popolare, la stessa teologia della liberazione, argomenti tutti che entrarono nella conversazione con molta vivacità».
In Argentina si era formata una linea teologica che poneva l'accento sull'esistenziale, sulla religiosità e sulla cultura popolare. Più sulla storia e il popolo, cioè, che sulla sociologia e le classi sociali. Ne facevano parte, tra altri, gli argentini Lucio Gera, Gerardo Farrell, Juan Carlos Scannone, tutti nomi conosciuti e frequentati tanto da Bergoglio come da Ferré.
Tante riflessioni di questi autori confluirono nella rivista «Nexo» inaugurata e diretta in seguito da Methol Ferré. La fondò nel 1955 con la finalità, per l'appunto, di creare nessi, vincoli tra nazione e nazione, intrecciare legami e storie tra pensatori di Paesi diversi. Il ponte, soprattutto, doveva essere lanciato dall'Uruguay verso l'Argentina, attraversare il Rio de la Plata per poi diramarsi lungo tutto il continente. Bergoglio era un lettore assiduo di «Nexo».
Nel 1992 Methol Ferré pone termine a un ventennio di collaborazione con il Celam e torna a risiedere stabilmente in Uruguay, dove riprende l'attività accademica e i corsi per diplomatici nell'Istituto Artigas del ministero degli Esteri. Nelle sue frequenti visite a Buenos Aires imbocca spesso il portone di viale Rivadavia n. 415 e sale al secondo piano. Erano visite a cui teneva, che si prolungavano ben oltre i tempi protocollari, peraltro così poco rispettati anche dal suo interlocutore.
Chi scrive è stato più di una volta testimone di quelle visite, e della soddisfazione con cui Methol Ferré usciva dalla casa del cardinale. Soddisfazione reciproca. Il 16 maggio 2009 Bergoglio accetta di presentare il libro-intervista a Methol Ferré L'America latina del XXI secolo nell'auditorium di viale Santa Fé, a Buenos Aires. Il salone è gremito, con il vicepresidente della Repubblica Daniel Scioli sul palco, e, nel parterre ad ascoltare, politici, esponenti del potere giudiziario, del sindacalismo argentino, imprenditori, uomini di cultura, docenti universitari, allievi e discepoli di Ferré. Bergoglio prende la parola per primo, parlando del libro come di un testo «di profonda metafisica» e acquista un buon numero di copie, per regalarle ai sacerdoti che lo sarebbero andati a visitare.
Ci sono affinità di pensiero, concordanze spontanee tra Bergoglio e Methol Ferré e altre che Bergoglio ha condiviso e fatto proprie, peculiari nella visione del filosofo uruguayano. Nel 2005, nella prefazione all'edizione spagnola di Una scommessa per l'America latina di Guzmán Carriquiry (Una apuesta por América Latina, Buenos Aires), Bergoglio scrive della necessità di «percorrere le vie dell'integrazione verso la configurazione dell'Unione Sudamericana e la Patria Grande Latinoamericana». Soli, isolati, argomenta, «contiamo molto poco e non andremo da nessuna parte». Parole che ricalcano quasi alla lettera quelle di Ferré, convinto che «chi non fa parte di uno Stato-continente finirà, in un mondo globale, ai margini della storia, dove ci si può esprimere solo in termini di lamento, furia o silenzio».
Da lettore e insegnante di letteratura negli anni Settanta, Bergoglio utilizzò un'immagine tratta da una lettura che aveva amato, commentato e consigliato, Il signore del mondo di Robert Hugh Benson. Quella di un mondo unificato su scala planetaria, dove la filantropia ha soppiantato la morale e la tolleranza uniformato ogni identità. «Una concezione imperiale della globalizzazione», per Bergoglio, «che risucchia i popoli all'interno di una uniformità omologante, un vero e proprio totalitarismo postmoderno». Gli echi di Ferré sono forti, con la sua analisi del nuovo ateismo in cui si è decomposta la fallita sintesi marxista. In un mondo uniformato e omologato, in cui «l'unico valore che rimane è quello del più forte».
A poco meno di un anno dalla morte di Methol Ferré (2009) organizzammo un simposio per ricordarne la figura e dare avvio a un censimento della sua vasta produzione intellettuale dispersa per tutta l'America latina. L'incontro si realizzò nel mese di giugno del 2010 nel Centro Culturale Borges, nell'università nazionale Tres de Febrero di Buenos Aires. Bergoglio, allora arcivescovo, inviò una lettera in cui invitava a ricordare Ferré come «un grande uomo che tanto bene ha fatto alla coscienza latinoamericana e alla Chiesa». Nel settembre 2011 è stata costituita l'Associazione civile Alberto Methol Ferré, di cui Bergoglio è socio onorario.


(©L'Osservatore Romano 5 giugno 2013)

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