venerdì 7 giugno 2013

Come si coniuga la carità. La presentazione del documento sui rifugiati. La difficile vita di chi chiede asilo (O.R.)

La presentazione del documento sui rifugiati

Come si coniuga la carità

La Chiesa intensificherà al massimo la propria azione di assistenza a rifugiati, sfollati e sradicati in Siria e nella regione mediorientale. Lo ha affermato il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, intervenendo giovedì mattina, 6 giugno, alla presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede del documento Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate. Orientamenti pastorali, elaborato insieme con il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.
«La situazione della Siria -- ha denunciato il porporato -- ci mostra l'impatto devastante e rapido dell'escalation della violenza tra le parti in lotta, che ha avuto come “effetto collaterale” oltre ottantamila morti in meno due anni, secondo varie fonti». Il cardinale Sarah ha poi ricordato la tragedia che vivono «le popolazioni del Sahel, in attesa di una pioggia che tarda a venire e che li condanna alla certezza della fame e all'incertezza del prossimo raccolto». E non ha mancato di far riferimento ai «disoccupati nei tanti Paesi, anche europei, vittime dell'attuale crisi. Sono persone che si ritrovano intrappolate in quella che viene definita una “povertà strutturale” e che pagano in prima persona il prezzo di scelte politiche che troppo a lungo hanno fatto vivere molti Stati al di sopra dei loro mezzi». C'è poi, secondo il presidente di Cor Unum, la questione «dei figli degli immigrati, nati nel Paese che li ospita, che parlano con l'accento del luogo dove vivono, anche se il loro aspetto non è certo autoctono».
«La carità -- ha concluso il cardinale Sarah -- si coniuga dunque prima di tutto al singolare, non è uno sportello o un registro, ma ha anche una dimensione plurale: il rifugiato, il povero, il sofferente, necessitano di una rete di sostegno ecclesiale che li accolga e li integri con la dovuta attenzione e sensibilità, riconoscendone la dignità di persona e li faccia di nuovo sentire di far parte della famiglia umana, nel rispetto della loro identità e della loro fede».
Il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, ha presentato nei dettagli il nuovo documento che scaturisce dalla constatazione delle impressionanti dimensioni del problema: cento milioni di persone sono state costrette a lasciare la loro casa; sedici milioni sono i rifugiati; quasi ventinove milioni gli sfollati interni ai Paesi a causa di conflitto; quindici milioni i profughi a motivo di disastri ambientali, quindici milioni i profughi a causa di progetti di sviluppo e dodici milioni non possiedono alcuna cittadinanza e non sono ammessi ai diritti che spettano ai cittadini.
Il documento, ha spiegato il cardinale Vegliò, si propone come «una guida pastorale che parte da una premessa fondamentale: ogni politica, iniziativa o intervento deve ispirarsi al principio della centralità e della dignità della persona umana». Non si tratta di fare elemosina ma giustizia. Oggi, ha rilevato il porporato, si adottano misure di deterrenza invece che di accoglienza e di tutela della dignità umana, e sembra che il vero obiettivo sia tenere lontani profughi e sfollati.
Con il documento la Chiesa rilancia la propria azione in favore dei rifugiati e delle persone forzatamente sradicate, e «non ha paura di assumerne le difese. Questo si concretizza in molte forme diverse, come alzare la voce per farsi interprete di chi non riesce a farsi sentire, il soccorso immediato e l'aiuto materiale nelle situazioni di crisi e nelle emergenze, l'assistenza nelle necessità spirituali». Infine il cardinale ha invitato a non chiudere gli occhi davanti alla «piaga vergognosa» del «traffico di esseri umani», all'«industria del sesso» e al «traffico per il trapianto di organi». E ha anche proposto «campagne mirate ai consumatori» per dare «consapevolezza delle condizioni di produzione dei manufatti e di coltivazione dei prodotti di consumo».
Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Johan Ketelers, segretario generale della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni, e Katrine Camilleri, vice direttore del Jesuit refugee service a Malta.

 (©L'Osservatore Romano 7 giugno 2013)

Secondo un'indagine condotta dal Jesuit Refugee Service Europa

La difficile vita di chi chiede asilo

Roma, 6. Chi cerca asilo in Europa spesso si trova di fronte a norme che rendono difficile, se non impossibile, essere accolti in un Paese europeo dove godere della massima protezione. È quanto si evince da un recente rapporto del Jesuit Refugee Service Europa, «Protection Interrupted», basato su interviste rilasciate in nove Paesi dell'Ue da un totale di 257 richiedenti asilo e migranti. A breve, «l'Unione europea -- spiega Philip Amaral del Jrs Europa e autore del rapporto -- adotterà un sistema comune europeo di asilo incentrato sul dettato del regolamento di Dublino (Dublin Regulation). Va detto però che per un richiedente asilo questo nuovo regolamento sarà fonte di frustrazione, ansia e in certa misura ostacolerà l'accesso a forme di protezione». Nel rapporto si sottolinea ampiamente come il Dublin Regulation renda difficile di fatto per il richiedente asilo la ricerca di protezione in Europa. Innanzitutto, i richiedenti -- si legge sul sito del Jsr -- non sanno come funzioni e quali siano in effetti i propri diritti. Circa la metà degli intervistati nel contesto del progetto hanno dichiarato di non avere che vaghe nozioni, se non addirittura nulle, riguardo al Dublin Regulation; né sapevano come rivolgersi a un tribunale per avere riconosciuti i propri diritti. In secondo luogo, le persone vengono spesso trasferite in Paesi che non offrono servizi dignitosi né in ambito abitativo né dei servizi di base, lasciando molti senza tetto e in condizioni di estrema povertà. Terzo, in molti Paesi Ue i richiedenti asilo vengono posti in detenzione senza apparente motivo se non quello di chiedere asilo.
Secondo Amaral, «nella media, le persone che abbiamo intervistato erano già state allontanate da tre o quattro Paesi dell'Unione europea, avendo peraltro trascorso buona parte dei rispettivi periodi di presenza in centri di detenzione. Le persone vengono divise dai loro familiari e sono letteralmente schiacciate da un sistema rigido che trascura le loro necessità in fatto di protezione. L'essere trasferiti da una parte all'altra nell'Ue pesa non poco sui richiedenti asilo».
Il Dublin Regulation è stato adottato dall'Ue nel 2003 con l'obiettivo di identificare quali Stati membri fossero tenuti a prendere in considerazione domande di asilo.

(©L'Osservatore Romano 7 giugno 2013)

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