sabato 6 luglio 2013

IL VANGELO DEL GIORNO

Sabato 6 luglio 2013

CALENDARIO ROMANO

Dal Vangelo secondo Matteo 9,14-17. 

Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». 
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. 
Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. 
Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano».  

CALENDARIO AMBROSIANO

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,15-23. 

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. 
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, 
lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. 
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. 
Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 
In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. 
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui». 
Gli disse Giuda, non l'Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». 
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

LETTURE DEL GIORNO

CALENDARIO ROMANO

Libro della Genesi 27,1-5.15-29. 

Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: "Figlio mio". Gli rispose: "Eccomi". 
Riprese: "Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. 
Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, esci in campagna e prendi per me della selvaggina. 
Poi preparami un piatto di mio gusto e portami da mangiare, perché io ti benedica prima di morire". 
Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa. 
Rebecca prese i vestiti migliori del suo figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; 
con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. 
Poi mise in mano al suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. 
Così egli venne dal padre e disse: "Padre mio". Rispose: "Eccomi; chi sei tu, figlio mio?". 
Giacobbe rispose al padre: "Io sono Esaù, il tuo primogento. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica". 
Isacco disse al figlio: "Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!". Rispose: "Il Signore me l'ha fatta capitare davanti". 
Ma Isacco gli disse: "Avvicinati e lascia che ti palpi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no". 
Giacobbe si avvicinò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò e disse: "La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù". 
Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e perciò lo benedisse. 
Gli disse ancora: "Tu sei proprio il mio figlio Esaù?". Rispose: "Lo sono". 
Allora disse: "Porgimi da mangiare della selvaggina del mio figlio, perché io ti benedica". Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. 
Poi suo padre Isacco gli disse: "Avvicinati e baciami, figlio mio!". 
Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo benedisse: "Ecco l'odore del mio figlio come l'odore di un campo che il Signore ha benedetto. 
Dio ti conceda rugiada del cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e di mosto. 
Ti servano i popoli e si prostrino davanti a te le genti. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!". 

Salmi 135(134),1-2.3-4.5-6. 

Alleluia. Lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore, 
voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio. 
Lodate il Signore: il Signore è buono; cantate inni al suo nome, perché è amabile. 
Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come suo possesso. 
Io so che grande è il Signore, il nostro Dio sopra tutti gli dei. 
Tutto ciò che vuole il Signore, egli lo compie in cielo e sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi.     

CALENDARIO AMBROSIANO

Libro dei Numeri 1,48-54. 

Il Signore disse a Mosè: 
"Della tribù di Levi non farai il censimento e non unirai la somma a quella degli Israeliti; 
ma incarica tu stesso i leviti del servizio della Dimora della testimonianza, di tutti i suoi accessori e di quanto le appartiene. Essi porteranno la Dimora e tutti i suoi accessori, vi presteranno servizio e staranno accampati attorno alla Dimora. 
Quando la Dimora dovrà partire, i leviti la smonteranno; quando la Dimora dovrà accamparsi in qualche luogo, i leviti la erigeranno; ogni estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte. 
Gli Israeliti pianteranno le tende ognuno nel suo campo, ognuno vicino alla sua insegna, secondo le loro schiere. 
Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della testimonianza; così la mia ira non si accenderà contro la comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora". 
Gli Israeliti si conformarono in tutto agli ordini che il Signore aveva dato a Mosè e così fecero. 

Salmi 95(94),1-5. 

Venite, applaudiamo al Signore, 
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. 
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, 
a lui acclamiamo con canti di gioia. 

Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei. 
Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. 
Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra. 

Lettera agli Ebrei 7,11-19. 

Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote alla maniera di Melchìsedek, e non invece alla maniera di Aronne? 
Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge. 
Questo si dice di chi è appartenuto a un'altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all'altare. 
È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. 
Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, a somiglianza di Melchìsedek, sorge un altro sacerdote, 
che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile. 
Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek. 
Si ha così l'abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità - 
la legge infatti non ha portato nulla alla perfezione - e si ha invece l'introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale ci avviciniamo a Dio. 

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