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domenica 19 maggio 2013

Papa Francesco, un sabato di parole forti (Rusconi)

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PAPA FRANCESCO: UN SABATO DI PAROLE FORTI

di GIUSEPPE RUSCONI

www.rossoporpora.org – 19 maggio 2013

Sabato 18 maggio papa Francesco ha offerto con le sue parole materia abbondante di riflessione: la mattina nell’omelia a Santa Marta ai cattolici, il pomeriggio a tutti, oltre che ai duecentomila membri di associazioni e movimenti laicali convenuti in piazza san Pietro e dintorni per la Veglia di Pentecoste, un incontro di grande rilievo ecclesiale inaugurato da Giovanni Paolo II nel 1998 e proseguito da Benedetto XVI nel 2006.

Se nell’ormai tradizionale celebrazione mattutina a Santa Marta il Papa ha sferzato chi nella Chiesa alimenta la chiacchiera (con gravi conseguenze per il corpo ecclesiale), qualche ora dopo ha toccato temi di grande rilievo sociale, a incominciare da quelli sulla condizione umana in un tempo di profonda crisi esistenziale della società.
Estrapoliamo subito qualche passaggio molto impegnativo dalle risposte date da papa Francesco a quattro domande postegli in piazza san Pietro da rappresentanti della grande galassia dei movimenti ecclesiali. Rispondendo alla seconda domanda, sul come si può “comunicare efficacemente la fede”,  Jorge Mario Bergoglio ha evidenziato tre parole connesse a tale atto. La prima è “Gesù”: “Se noi andiamo avanti con l’organizzazione, con altre cose, con belle cose, pure, ma senza Gesù, non andiamo, la cosa non va”. La seconda è “preghiera”: “Guardare il volto di Dio, ma soprattutto sentirsi guardati”. A volte, ha confessato papa Francesco, la sera pregando mi addormento, come capita a chi è stanco per la giornata o ai giovani che rientrano in treno dopo aver vissuto una giornata faticosa a Roma: eppure l’importante è “guardare il volto di Gesù ma soprattutto sentirsi guardati”. Perciò “quando prego sento il conforto di Gesù che mi guarda e questo mi dà forza e mi aiuta a testimoniarlo”. La terza parola è “testimonianza”: come hanno ricordato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI “ il mondo di oggi ha bisogno dei testimoni, non tanto di maestri”.
Nella terza domanda si chiedeva come affrontare la “grave crisi di oggi”, in cui emerge in tutta la sua drammaticità la sfida della povertà. “Prima di tutto vivendo il Vangelo – ha detto papa Francesco. Precisando poi subito: “La Chiesa non è un movimento politico o una struttura bene organizzata. Non è nemmeno una ong. Perché quando la Chiesa diventa una ong, perde il sale, non ha sapore e diventa una vuota organizzazione”. La Chiesa non può chiudersi: “Quando si chiude, si ammala. Pensate di entrare in una stanza che resta chiusa per un anno. Quando la si riapre, c’è umidità, c’è odore. Ecco, per la Chiesa è lo stesso”. La Chiesa “deve uscire da se stessa. Certo, se uno va fuori, come quando va in strada, può succedere un incidente. Ma io vi dico che preferisco mille volte una Chiesa incidentata che una Chiesa malata di chiusura” col rischio di restare vittima di “strutture caduche che ci fanno schiavi e non Figli di Dio”.  I cristiani dunque non siano “inamidati, troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè”. Essi invece devono andare a “cercare quelli che sono la carne di Cristo”, cioè i poveri, nelle “periferie esistenziali”. Sulla grave crisi odierna papa Francesco ha detto che “questa è una crisi dell’uomo, che distrugge l’uomo”. Ad esempio “nella vita pubblica, politica, se non c’è l’etica, tutto è possibile, tutto si può fare”. Per avvalorare le sue parole ha citato un midrash del XII secolo in cui si parla della costruzione della Torre di Babele, per la quale ogni mattone era importantissimo. Tanto prezioso che, “se si frantumava un mattone, era una tragedia; ma se invece cadeva un operaio e moriva, era un’altra cosa”. L’esempio delmidrash può essere attualizzato e qui l’osservazione di papa Francesco è dirompente: “Se calano gli investimenti nelle banche, questa è una tragedia; se le famiglie stanno male o la gente non ha niente da mangiare, allora non fa niente. Questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità”.
Nella risposta alla quarta domanda sulla “Chiesa dei martiri”, papa Francesco ha rilevato che “ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa”. Da notare che, al termine della Professione di fede successiva alle risposte, Jorge Mario Bergoglio ha chiesto alla Piazza se per questa fede era disposta “a vivere e a morire”. E dalla folla si è levato un forte, impressionante e commovente “Sì”!
La mattina a Santa Marta papa Francesco si era occupato invece di un tarlo doloroso che rode la Chiesa dal di dentro: le chiacchiere: “Quanto si chiacchiera nella Chiesa! Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi, eh? Farsi male l’un l’altro (…) Invece di crescere io, faccio che l’altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va”. Ha ancora osservato il papa: “la chiacchiera è così: è dolce all’inizio e poi ti rovina, ti rovina l’anima! Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa, sono distruttive… E’ un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello con la lingua, ammazzare il fratello”. Tra sono i gradi della chiacchiera: dapprima la disinformazione, poi la diffamazione, infine la calunnia. “Tutte e tre sono peccato! Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli!”
Il sabato di papa Francesco si è rivelato un’altra grande occasione di riflessione. Ognuna delle affermazioni fatte (con lo stile diretto e colloquiale che caratterizza Jorge Mario Bergoglio e che gli permette di raggiungere facilmente il cuore della gente) merita di essere approfondita. Perché riguarda la vita quotidiana di ogni cristiano e i suoi rapporti con il mondo, che è carne e non teoria. Che poi quanto papa Francesco dice, riesca anche a cambiare concretamente la vita di chi lo ascolta, questo è un altro discorso. Come minimo costringe in ogni caso a porsi le domande fondamentali dell’esistenza. E questo è già più di qualcosa.


www.rossoporpora.org – 19 maggio 2013

La Santa Messa di Pentecoste celebrata da Papa Francesco nella cronaca di Salvatore Izzo

PAPA: RISCHIO CHIESA E' DI CHIUDERSI IN STRUTTURE CADUCHE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mar. 

"Domandiamoci: siamo aperti alle 'sorprese di Dio'? O ci chiudiamo, con paura, alla novita' dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novita' di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacita' di accoglienza?". Papa Francesco pone questo quesito nella messa di Pentecoste concelebrata con un centinaio di cardinali in piazza San Pietro, davanti al "popolo" dei movimenti ecclesiali e delle principali associazioni e aggregazioni laicali.
"La novita' - osserva il Pontefice - ci fa sempre un po' di paura, perche' ci sentiamo piu' sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio". "Spesso - spiega - lo seguiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto; ci e' difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l'anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti".
"In tutta la storia della salvezza - ricorda pero' Francesco - quando Dio si rivela porta novita', trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui: Noe' costruisce un'arca deriso da tutti e si salva; Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa; Mose' affronta la potenza del faraone e guida il popolo verso la liberta'; gli Apostoli, timorosi e chiusi nel cenacolo, escono con coraggio per annunciare il Vangelo". Dunque, ragiona il nuovo Papa, "non e' la novita' per la novita', la ricerca del nuovo per superare la noia, come avviene spesso nel nostro tempo. La novita' che Dio porta nella nostra vita e' cio' che veramente ci realizza, cio' che ci dona la vera gioia, la vera serenita', perche' Dio ci ama e vuole solo il nostro bene".
"Sara' bene che queste domande ci accompagnino in questa giornata", suggerisce il Pontefice ricordando che "lo Spirito Santo ci fa entrare nel mistero del Dio vivente e ci salva dal pericolo di una Chiesa gnostica e di una Chiesa autoreferenziale, chiusa nel suo recinto; ci spinge ad aprire le porte per uscire, per annunciare e testimoniare la vita buona del Vangelo, per comunicare la gioia della fede, dell'incontro con Cristo". "Lo Spirito Santo - insiste Francesco - e' l'anima della missione, il dono per eccellenza di Cristo risorto ai suoi Apostoli, ma Egli vuole che giunga a tutti". 
Cosi' "lo Spirito Santo ci fa vedere l'orizzonte e ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesu' Cristo. Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione". 
"La liturgia di oggi - conclude - e' una grande preghiera che la Chiesa con Gesu' eleva al Padre, perche' rinnovi l'effusione dello Spirito Santo. Ciascuno di noi, ogni gruppo, ogni movimento, nell'armonia della Chiesa, si rivolga al Padre per chiedere questo dono. Anche oggi, come al suo nascere, insieme con Maria la Chiesa invoca: 'Veni Sancte Spiritus!' Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!". 

© Copyright (AGI)

PAPA: AMMONISCE MOVIMENTI, SEGUIRE VESCOVI PER EVITARE DEVIAZIONI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

I movimenti e le associazioni e aggregazioni ecclesiali debbono seguire le indicazioni dei vescovi. Lo chiede Papa Francesco che ammonisce: "i cammini paralleli sono pericolosi". 
"Quando ci si avventura andando oltre - spiega nell'omelia della messa di Pentecoste - la dottrina e la Comunita' ecclesiale e non si rimane in esse, non si e' uniti al Dio di Gesu' Cristo".
Per Francesco, "il camminare insieme nella Chiesa, guidati dai Pastori, che hanno uno speciale carisma e ministero, e' segno dell'azione dello Spirito Santo; l'ecclesialita' e' una caratteristica fondamentale per ogni cristiano, per ogni comunita', per ogni movimento". 
"E' la Chiesa - ricorda - che mi porta Cristo e mi porta a Cristo". "Chiediamoci allora - suggerisce all'immensa platea dei movimenti ecclesiali - sono aperto all'armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo? Mi faccio guidare da Lui vivendo nella Chiesa e con la Chiesa?". 

© Copyright (AGI)

PAPA: SPIRITO SEMBRA CREARE DISORDINE, UNITA' NON E' UNIFORMITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"Lo Spirito Santo, apparentemente, sembra creare disordine nella Chiesa, perche' porta la diversita' dei carismi, dei doni; ma tutto questo invece, sotto la sua azione, e' una grande ricchezza, perche' lo Spirito Santo e' lo Spirito di unita', che non significa uniformita', ma ricondurre il tutto all'armonia". 
Ne e' convinto Papa Francesco che incoraggia i movimenti e le associazioni ecclesiali a mantenere le proprie specificita' e dunque i vescovi e le parrocchie a rispettarle evitando conflitti ma anche il rischio dell'omologazione.
"Nella Chiesa - spiega Francesco - l'armonia la fa lo Spirito Santo. 
Solo Lui puo' suscitare la diversita', la pluralita', la molteplicita' e, nello stesso tempo, operare l'unita'". E "quando siamo noi a voler fare la diversita' e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l'unita' secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l'uniformita', l'omologazione". "Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varieta', la diversita' non diventano mai conflitto, perche' - afferma il Papa - Egli ci spinge a vivere la varieta' nella comunione della Chiesa". 

© Copyright (AGI)

PAPA: L'ANIMA E' UNA SPECIE DI BARCA A VELA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"L'anima e' una specie di barca a vela, lo Spirito Santo e' il vento che soffia nella vela per farla andare avanti, gli impulsi e le spinte del vento sono i doni dello Spirito. Senza la sua spinta, senza la sua grazia, noi non andiamo avanti". E' l'immagine usata da Papa Francesco, citando "i teologi antichi" nell'omelia della messa di Pentecoste. 

© Copyright (AGI)

PAPA: OLTRE 200MILA PERSONE AI RITI IN PIAZZA S. PIETRO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

Sono presenti oltre 200mila persone alla messa di Papa Francesco e al Regina Coeli, nel giorno della Pentecoste: sono gremiti infatti piazza San Pietro, piazza Pio XII, via della Conciliazione, Borgo Santo Spirito, via dei Corridori e Borgo S. Angelo. Il dato e' stato confermato dalla Sala Stampa della Santa Sede e dagli organi di Polizia. 

(AGI

PAPA: UN PENSIERO AI VOLONTARI CHE ASSISTONO MALATI ONCOLOGICI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

Papa Francesco ha rivolto il suo pensiero, al termine della messa di Pentecoste, ai volontari impegnati nell'assistenza ai malati oncologici. "Prego anche - ha detto - per la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia".

© Copyright (AGI)

PAPA: RICORDIAMO POPOLAZIONI EMILIA COLPITE DA TERREMOTO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"Ricordiamo nella preghiera le popolazioni dell'Emilia Romagna che il 20 maggio dell'anno scorso furono colpite dal terremoto". 
Lo ha chiesto Papa Francesco al termine della messa di Pentecoste. Le vittime del sisma furono 26, tra le quali anche un sacerdote, e i danni immani. Benedetto XVI si reco' il 26 giugno successivo nelle zone colpite per testimoniare la solidarieta' sua personale e dell'intera Chiesa Cattolica. 

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PAPA: SALUTA LA FOLLA, "GRAZIE PER IL VOSTRO AMORE ALLA CHIESA"

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"Cari fratelli e sorelle grazie per il vostro amore alla Chiesa. Buona domenica e buon pranzo". Con queste parole Papa Francesco ha salutato la folla al termine della celebrazione di oggi, alla quale hanno partecipato oltre 200mila persone. 

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PAPA: PIAZZA SAN PIETRO TRASFORMATA IN UN CENACOLO A CIELO APERTO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"Una rinnovata Pentecoste che ha trasformato Piazza San Pietro in un Cenacolo a cielo aperto". Cosi' Papa Francesco ha descritto il suo incontro di ieri e oggi con i movimenti ecclesiali, che hanno radunato per due giorni di seguito oltre 200mila persone. "Sta per concludersi - ha aggiunto - questa festa della fede, iniziata ieri con la Veglia e culminata stamani nell'Eucaristia", nella quale "abbiamo rivissuto l'esperienza della Chiesa nascente, concorde in preghiera con Maria, la Madre di Gesu'". 

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PAPA: I MOVIMENTI SONO UN DONO E UNA RICCHEZZA PER LA CHIESA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

"Siete un dono e una ricchezza per la Chiesa!". Con queste parole Papa Francesco ha ringraziato e incoraggiato i movimenti ecclesiali e le associazioni e aggregazioni laicali che hanno partecipato al grande incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione in occasione dell'Anno della Fede. "Nella varieta' dei carismi - ha detto ancora - abbiamo sperimentato la bellezza dell'unita', di essere una cosa sola".
Per Francesco, "questo e' opera dello Spirito Santo, che crea sempre nuovamente l'unita' nella Chiesa. Vorrei ringraziare tutti i Movimenti, le Associazioni, le Comunita', le Aggregazioni ecclesiali". "Ringrazio, in modo particolare - ha poi concluso - tutti voi che siete venuti da Roma e da tante parti del mondo. Portate sempre la forza del Vangelo! Abbiate sempre la gioia e la passione per la comunione nella Chiesa! Il Signore risorto sia sempre con voi e la Madonna vi protegga!". Movimenti ecclesiali e associazionismo cattolico, impegnati in "un cammino impegnativo e faticoso", ha osservato nell'indirizzo di saluto rivolto a Bergoglio, l'arcivescovo Rino Fisichella, capo del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, "sanno che possono contare sulla preghiera e il sostegno del Papa". Il presule ha invocato la protezione dei "santi e beati che hanno reso possibile questa nuova avventura della Chiesa, in particolare il beato Giovanni XXIII, il beato Giovanni Paolo II e da alcuni giorni il beato Luigi novarese, antesignano in questa Chiesa di Roma del movimento dei volontari della sofferenza. 

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PAPA:IN JEEP SCOPERTA PERCORRE VIA CONCILIAZIONE TRA ALI DI FOLLA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 19 mag. 

Compiuto il consueto giro tra i settori di piazza San Pietro, la jeep scoperta di Papa Francesco ha attraversato piazza Pio XII gremita di folla e ha imboccato via Conciliazione servendosi del canale di sicurezza tenuto sgombro al centro della strada. Il Pontefice ha cosi' percorso quasi l'intera via della Conciliazione giungendo fino all'incrocio con via della Traspontina, dove la folla si era accalcata impedendo all'auto di continuare il percorso. Proprio in quel momento il vento ha tolto lo zucchetto al Pontefice, che ha ripercorso l'itinerario a capo scoperto, stavolta salutando i fedeli presenti sul lato destro. 

© Copyright (AGI)

Il Papa incoraggia la Merkel a essere solidale (Calabrò)

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Papa Francesco: La politica pensa solo alle banche e ignora i poveri (Galeazzi)

Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:

LA CRISI L’INTERVENTO DEL PONTEFICE

Il Papa: “La politica pensa solo alle banche e ignora i poveri”

Ai 200mila in piazza San Pietro:“C’è un problema morale”

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Si pensa alle banche invece che alle famiglie e la mancanza di etica nella vita pubblica fa male all’umanità. «Questa è una crisi dell’uomo, che distrugge l’uomo» è preoccuparsi delle banche e non delle famiglie, di chi muore di fame. Ha parlato con parole sentite, commosse, Francesco, della crisi che oggi colpisce la società. Durante la veglia in piazza San Pietro con i movimenti ecclesiali, davanti a 200mila persone, il Pontefice chiarisce che la crisi è prima di tutto etica. «Nella vita pubblica, politica se non c’è l’etica tutto è possibile, tutto si può fare. Allora vediamo, leggiamo i giornali, come la mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all’umanità intera». 
Il Papa ha risposto a braccio a domande rivoltegli dai rappresentanti delle aggregazioni laicali e delle nuove comunità, in particolare a una su come si possa vivere «una Chiesa povera per i poveri». Ha quindi raccontato, citando un rabbino del 12° secolo, la storia della costruzione della Torre di Babele. «Quando cadeva una torre era una tragedia nazionale, veniva punito l’operaio, perché i mattoni erano preziosi, ma se cadeva l’operaio non succedeva niente». Oggi, ha proseguito, «se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se invece le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, allora questo non fa niente». Ecco «la nostra crisi di oggi». Dunque «la Chiesa povera per i poveri va contro una simile mentalità». Bergoglio puntualizza che «la Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata». Infatti, «noi non siamo una ong, quando la Chiesa diventa una ong perde il sale, non ha sapore, diventa una vuota organizzazione». Perciò «siate furbi perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’efficientismo, e una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficienza». Inoltre, «quando la Chiesa diventa chiusa si ammala, come una stanza che rimane chiusa e dove l’aria è viziata». Quindi «preferisco mille volte una Chiesa incidentata, che subisce degli incidenti, piuttosto che una Chiesa malata per chiusura». Occorre andare incontro agli altri, combattere la «cultura dello scontro, la cultura della frammentazione». E anche la «cultura dello scarto», quella che emargina anziani e bambini. Insomma, «dobbiamo fare con la nostra fede una cultura dell’incontro, una cultura dell’amicizia». Bergoglio esorta ad «andare incontro a chi non la pensa come noi, perché tutti sono figli di Dio, senza negoziare la nostra presenza». È uno «scandalo» che non faccia notizia la morte di un barbone per il freddo, che ci siano bambini che non hanno da mangiare. «Non dobbiamo essere cristiani inamidati, come persone che prendono il tè: dobbiamo essere cristiani coraggiosi, andare incontro a quelli che sono la carne di Cristo». Ha parlato per 40 minuti, anche con momenti sorridenti. Come quando ha ricordato la nonna che da bambino gli ha insegnato la fede. O la confessione a 17 anni che gli ha fatto sentire la vocazione al sacerdozio. Ha ammesso che delle volte si addormenta guardando il sacrario. 
Ha rimproverato bonariamente i pellegrini perché al suo passaggio gridavano «Francesco, Francesco» e non «Gesù, Gesù». 
Dunque, «mai più Francesco, gridate Gesù». 
Il Papa ironizza anche sui vincoli a cui è sottoposto in Vaticano: «Quando vado a confessare anzi, quando andavo, adesso non si può, perché uscire da qui non è possibile». E giù gli applausi della folla. Presenti in piazza 150 movimenti, tra cui Cl, Azione Cattolica, Focolari, Sant’Egidio, Neocatecumenali, Rns, gli Scout, tra canti, preghiere, letture bibliche. In prima fila anche i ministri ciellini Mauro e Lupi. Il Papa invita tutti a dare «testimonianza» della propria fede. Oggi «ci sono più martiri che nei primi secoli della Chiesa, ma un cristiano deve sempre rispondere al male con il bene». Nella messa mattutina a Santa Marta ha condannato senza appello le «chiacchiere» nella Chiesa: una pratica dettata dallo «spirito di Caino» perché rivolta ad «ammazzare il fratello, con la lingua». Il Papa ha stigmatizzato «disinformazione, diffamazione e calunnia» come «peccati», come «dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli». Poi un lungo colloquio a tu per tu nella Sala della Biblioteca, di oltre tre quarti d’ora, alla presenza di un interprete, ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel. Hanno parlato molto di Europa e solidarietà auspicando l’impegno di tutte le componenti civili e religiose a favore di uno sviluppo fondato sulla dignità della persona e ispirato ai principi della sussidiarietà ed eguaglianza.

© Copyright La Stampa, 19 maggio 2013

Il coraggio della fede e la centralità dell'uomo: così Papa Francesco ai Movimenti e alle Aggregazioni laicali in Piazza San Pietro

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sabato 18 maggio 2013

Papa Francesco, Chiesa contro mentalità banche. In 200 mila in piazza San Pietro a veglia movimenti (Ansa)

Papa Francesco, Chiesa contro mentalita' banche

In 200 mila in piazza San Pietro a veglia movimenti

"Se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità". Lo ha detto Papa Francesco durante la veglia con i movimenti.

MANCANZA DI ETICA IN POLITICA FA MALE A UMANITA' - "Questa è una crisi dell'uomo, che distrugge l'uomo. Nella vita pubblica, politica se non c'é l'etica tutto èpossibile, tutto si può fare. Allora vediamo, leggiamo i giornali come la mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all'umanità intera". Lo ha detto papa Francesco durante la veglia con i movimenti. Il Papa rispondeva a una domanda su come si possa vivere una Chiesa povera per i poveri. Bergoglio ha quindi raccontato, citando un rabbino del dodicesimo secolo, la storia della costruzione della Torre di Babele. "Quando cadeva una torre era una tragedia nazionale, veniva punito l'operaio, perché i mattoni erano preziosi - ha detto -. Ma se cadeva l'operaio non succedeva niente". Oggi, ha proseguito, "se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità".

SALA STAMPA, 200 MILA A S.PIETRO PER VEGLIA MOVIMENTI  - Sono circa 200 mila le persone presenti a Piazza San Pietro e lungo Via della Conciliazione per la veglia di Pentecoste dei movimenti cattolici presieduta da papa Francesco. Lo riferisce la sala stampa vaticana in base ai dati delle forze di polizia.

© Copyright Ansa

Francesco: La gente muore di fame ma ci si occupa di banche (Galeazzi)

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Papa Francesco: "La nostra crisi è preoccuparsi di banche mentre c'è gente che muore di fame" (Gualtieri)

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Veglia di Pentecoste: i movimenti ecclesiali incontrano Papa Francesco. La testimonianza di Giulia Folonari

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giovedì 16 maggio 2013

Benedetto XVI ai Movimenti: Il Cristo risorto non è un fantasma, non è semplicemente uno spirito, un pensiero, un'idea soltanto. Egli è rimasto l'Incarnato...e continua sempre ad edificare il suo Corpo, fa di noi il suo Corpo

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I movimenti ecclesiali e le nuove comunità nel pensiero del cardinale Joseph Ratzinger (Clemens)


I movimenti ecclesiali e le nuove comunità nel pensiero del cardinale Joseph Ratzinger

Un gesto del buon Dio che non avevamo programmato

di Josef Clemens

In più occasioni il cardinale Joseph Ratzinger rileva che, verso la metà degli anni Sessanta, ha conosciuto come primo movimento, tramite un suo allievo, il Cammino neocatecumenale, poi alla fine degli anni Sessanta Comunione e liberazione e il Rinnovamento carismatico e agli inizi degli anni Settanta il movimento dei Focolari. Il cardinale-teologo propone una definizione del concetto di “movimento” nella sua lezione magistrale «I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica», tenuta nel 1998, in occasione del primo Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali a Roma. Partendo dal movimento francescano del Duecento, afferma: «I movimenti nascono per lo più da una personalità carismatica guida, si configurano in comunità concrete che in forza della loro origine rivivono il Vangelo nella sua interezza e senza tentennamenti riconoscono nella Chiesa la loro ragione di vita, senza di cui non potrebbero sussistere».
Le sue affermazioni nel Rapporto sulla fede allargano l'orizzonte sopra tracciato, e sono più una descrizione fenomenologica che una definizione vera e propria: «Ciò che apre alla speranza a livello di Chiesa universale -- e ciò avviene proprio nel cuore della crisi della Chiesa nel mondo occidentale -- è il sorgere di nuovi movimenti, che nessuno ha progettato, ma che sono scaturiti spontaneamente dalla vitalità interiore della fede stessa. Si manifesta in essi -- per quanto sommessamente -- qualcosa come una stagione di Pentecoste nella Chiesa. In numero crescente, mi capita ora di incontrare gruppi di giovani, nei quali c'è una cordiale adesione a tutta la fede della Chiesa. 
Giovani che vogliono vivere pienamente questa fede e che portano in loro un grande slancio missionario. Tutta l'intensa vita di fede presente in questi movimenti non implica una fuga nell'intimismo o un riflusso nel privato, ma semplicemente una piena e integrale cattolicità. La gioia della fede che vi si sperimenta ha in sé qualcosa di contagioso. E qui crescono ora in maniera spontanea nuove vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa».
L'ampia risposta del cardinale al giornalista Vittorio Messori si trova nel contesto di una sua valutazione del periodo postconciliare. Dopo la constatazione dell'interpretazione incompleta e unilaterale dei testi conciliari e la discussione di alcuni sviluppi meno positivi del post-concilio, il giornalista italiano chiede al cardinale se può elencare anche qualche elemento positivo di questo periodo travagliato della Chiesa. Il cardinale indica la nascita dei movimenti come primo elemento positivo a livello della Chiesa universale.
Per il cardinale-teologo Ratzinger i movimenti sono nati dalla forza interiore della fede stessa, sono veri doni dello Spirito Santo, segni di speranza ed elementi veramente vivificanti nel periodo postconciliare. Vorrei citare alcune delle sue espressioni, piene di entusiasmo: «Ma ecco, all'improvviso, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco che lo Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola». Oppure: «Trovo meraviglioso che lo Spirito sia ancora una volta più forte dei nostri programmi e valorizzazioni ben altro da ciò che noi ci eravamo immaginati». Oppure: «Devono essere donati, e sono donati». C'è da rilevare che l'origine pneumatica costituisce il presupposto e il fondamento delle sue riflessioni.
Si pone naturalmente la domanda come mai una persona dal giudizio piuttosto moderato e ponderato sia talmente entusiasta di queste nuove «irruzioni delle Spirito». 
La risposta si trova nel dialogo con i vescovi del 1999, quando il cardinale parla di due esperienze molto negative del periodo postconciliare, fatte in prima persona come professore universitario a Münster, Tubinga e Ratisbona, e poi come arcivescovo nella diocesi di München und Freising. Si tratta della perdita di entusiasmo e di profilo ecclesiale della teologia accademica e della crescente burocratizzazione della Chiesa in Germania. 
Dice il cardinale-teologo: «Vedendo questi due pericoli per la Chiesa -- una teologia che non è più un arrivare della fede alla ragionevolezza, ma una oppressione della fede da parte di una ragione ridotta, e la burocratizzazione, che non serve più ad aprire le porte per la fede, ma si chiude in sé stessa -- in un momento in cui questi due fattori erano fin troppo evidenti, ho salutato realmente la novità dei movimenti come un gesto del buon Dio: vedevo che il concilio portava frutti, che il Signore era presente nella sua Chiesa e dove tutti i nostri forzi, che pure erano ben intenzionati non portavano frutto, ma, al contrario, diventavano controproducenti, il Signore trovava le porte e spalancava addirittura le porte per la sua presenza là dove le sole risorse erano quelle della fede e della grazia».
Il cardinale torna nelle sue prese di posizione più volte sul secondo elemento, quello della burocratizzazione. Alcuni ambienti della Chiesa, particolarmente in Germania, si aspettavano un rinnovamento ecclesiale tramite un potenziamento dei vari uffici ecclesiastici o una massimizzata progettazione pastorale. Essi sopravvalutavano l'utilità pastorale di numerose commissioni e consigli ed erano diventati ciechi davanti all'insuccesso delle iniziative intraprese. In questo contesto si colloca anche l'insistenza sulla necessaria (e continua) riforma delle strutture ecclesiali. 
Il cardinale Ratzinger, invece, è fermamente convinto che una teologia concepita e insegnata come “pura scienza accademica” e una crescente “burocratizzazione” della Chiesa non favoriscano l'ingresso dei doni dello Spirito Santo, ma erigono piuttosto delle “barriere” davanti al suo agire. Una pianificazione pastorale di tipo burocratico provoca l'effetto di una certa uniformità nella vita della Chiesa, che così si sente “disturbata” dalla varietà dei movimenti, tra i quali ci potrà essere «una religiosità “focolare” e una catecumenale, una religiosità di matrice Schönstatt, o Cursillo, o di Comunione e liberazione, così come ce n'è una francescana, o domenicana, o benedettina. La ricchezza della fede consente a tanti indirizzi di coabitare sotto lo stesso tetto, entro lo stesso condominio».
Così nascono i “contrasti” tra i movimenti e un certo establishment ecclesiale, che respinge questa varietà di approcci e percorsi e l'espressione “semplice” della fede e, di conseguenza, frappone resistenze e ostacoli, sia nel momento del loro inserimento nella Chiesa locale o in occasione dell'approvazione dei relativi statuti. Per il cardinale Ratzinger, invece, la diversità è una legittima e necessaria espressione della vivacità e della cattolicità della Chiesa.
Un inserimento fruttuoso dei movimenti nel tessuto ecclesiale richiede una chiarezza in merito ai criteri basilari di discernimento delle varie esperienze. Come primo criterio essenziale, il cardinale Ratzinger elenca il radicamento nella fede della Chiesa. «Chi non condivide la fede apostolica non può pretendere di svolgere attività apostolica». Dall'unità della fede sorge anche la forte volontà di “unità”, di stare nella comunità viva della Chiesa, cioè di trovarsi in unione con i successori degli apostoli e con il Successore di Pietro. Da qui consegue l'obbligo di integrarsi nella vita della Chiesa locale e universale.
Il secondo criterio riguarda la volontà della vita apostolica. Naturalmente, i tre elementi essenziali della vita apostolica (povertà, castità, obbedienza) non possono valere in modo identico per tutti i membri di un movimento (consacrati, amici, famiglie) ma sono per tutti dei punti d'orientamento nella vita personale. L'intenzione alla vita apostolica implica, inoltre, la ferma decisione di voler servire: in primo luogo l'annuncio del Vangelo e, a esso legato, il servizio al prossimo in necessità. «Tutto questo presuppone un profondo incontro con Cristo. Solo quando la persona è colpita e segnata da Cristo nel più profondo del suo intimo, solo allora può aversi riconciliazione nello Spirito Santo, solo allora può crescere una vera comunione». Questa basilare struttura cristologico-pneumatologica ed esistenziale può avere accentuazioni diverse, nelle quali avviene incessantemente la novità del cristianesimo e il rinnovamento della giovinezza della Chiesa da parte dello Spirito.
Come maggior pericolo presente nei movimenti il cardinale ravvisa l'“unilateralità” e l'“esclusività”, che provengono dalla “assolutizzazione” di un “carisma particolare”, quando una “parte” viene ritenuta come il “tutto”. Da qui nasce anche il rischio di uno scontro con la Chiesa locale, che è dovuto a una certa colpa da ambedue le parti.
Il cardinale Ratzinger rispondendo a Vittorio Messori pone l'accento sui giovani che aderiscono “senza condizioni” alla fede cattolica e la vogliono anche vivere nella sua “pienezza”. Questa piena e integrale cattolicità porta a una gioia che “contagia”, e suscita non poche vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa. A differenza dell'esperienza di un cattolicesimo stanco e che dubita di se stesso, in questi giovani membri e amici dei movimenti si trova una fede fresca ed entusiasta, com'è del resto visibile nelle Giornate mondiali della gioventù, istituite da Papa Giovanni Paolo II nell'anno 1984.
Circa un anno dopo la chiusura del concilio Vaticano II, l'allora professore di dogmatica e di storia del dogma a Tubinga dedica un saggio alle dichiarazioni conciliari sulla missione al di fuori del decreto Ad gentes. Commentando il decreto sull'apostolato dei laici, insiste già allora sulla necessità di una rinnovata presa di coscienza del “carattere dinamico” e “missionario” dell'essere cristiano: «Essere cristiano significa di per sé spingersi al di là della propria persona, è perciò caratterizzato da una impronta missionaria e si deve quindi esprimere necessariamente -- in ogni tempo e in ogni vero credente -- in un'attività esterna, atta a realizzare la sua natura più profonda».
Una delle grandi speranze che il professor Ratzinger lega all'evento conciliare, al quale iniziò a partecipare come perito all'età di trentotto anni, è la riscoperta della dimensione missionaria dell'esistenza cristiana. L'accoglienza così aperta dei movimenti da parte dell'arcivescovo di Monaco e Frisinga e la valutazione così positiva del cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si spiega alla luce di questa specifica attesa. Dal momento che molti nostri contemporanei non sono più raggiunti dalla Parola di Dio, esiste sempre di più un urgente bisogno di uomini e donne che vivono la loro fede “integra” e in “modo integrale”. 
L'«esplosione del secolarismo» o l'«apostasia di massa» in alcuni Paesi europei potrebbe spingere i cristiani a un altro “movimento”, cioè a ritirarsi in cerchie chiuse. Ma il cristiano non deve mai dimenticare che gli è stata affidata una missione universale «perché a essere in gioco è sempre il Dio Creatore, il Dio di tutti e se noi abbiamo conosciuto, per grazia, la sua voce, la sua rivelazione, abbiamo la responsabilità di fare risuonare questo messaggio nel mondo».
Per questo c'è un urgente bisogno di una rinvigorita presa di coscienza -- e di azione -- perché il Vangelo possa giungere a tutti gli uomini. Grazie al loro slancio missionario i movimenti sono di grande aiuto per la Chiesa intera di fronte a questa sfida. Così il cardinale saluta con entusiasmo la forza controcorrente dei movimenti «come un gesto del buon Dio» che «trovava le porte e spalancava addirittura le porte per la sua presenza là dove le sole risorse erano quelle della fede e della grazia».
Fra le obiezioni contro i movimenti si trova l'accusa di essere ciechi o passivi davanti alle grandi sfide sociali del nostro tempo, cioè le nuove realtà associative sarebbero troppo auto-referenziali e prevalentemente “spirituali”. C'è da rispondere che per il cristiano non può esistere una vera alternativa fra la cura della spiritualità e l'impegno sociale. Inoltre, è vero che ogni impegno per il prossimo richiede un fondamento e un indirizzo stabile. Così il cardinale chiarisce che «la pura attività infatti non può sopravvivere senza un fondamento dottrinale e se essa non scaturisce più dalla fede si cercano altri fondamenti». L'aiuto ai poveri e gli sforzi per un ordinamento giusto della società e una pacifica convivenza internazionale trovano in Cristo la misura e un continuo punto di riferimento, per creare un'autentica civilizzazione che si apre a una civiltà dell'amore.
Vale in genere che la “finalità” dei movimenti di voler vivere un'autentica vita apostolica non permette una contrapposizione fra l'evangelizzazione e l'impegno sociale, come testimoniano tante nuove realtà ecclesiali. Si vede in tante di esse realizzata la concezione che il cardinale descrive nella conferenza del 1998, dove afferma che «la vita apostolica non è fine a se stessa, ma dona la libertà di servire. Vita apostolica chiama azione apostolica: al primo posto sta l'annuncio del Vangelo: l'elemento missionario». Ma il cardinale aggiunge: «Nella sequela di Cristo l'evangelizzazione è sempre, in primissimo luogo, evangelizare pauperibus, annunciare il Vangelo ai poveri. Ma ciò non si attua mai soltanto con parole; l'amore, che dell'annuncio costituisce il cuore, il centro di verità e il centro operativo, deve essere vissuto e farsi così annuncio esso medesimo. Ecco quindi che all'evangelizzazione è sempre legato, in qualsivoglia forma, il servizio sociale». Questo approccio rigetta alcune tendenze teologiche degli ultimi decenni che, a causa della grande miseria presente in molti parti del mondo, danno la priorità all'impegno sociale, anzi, sembra che sostituiscano l'evangelizzazione col servizio sociale, trovando in certe ideologie, e non più nella fede della Chiesa, il proprio radicamento. Contro queste tendenze, il cardinale afferma che la fede autentica, quale incontro con Cristo ed esperienza della vicinanza di Dio, ispira ogni azione del cristiano e nutre anche il suo impegno sociale.

(©L'Osservatore Romano 17 maggio 2013)