venerdì 28 giugno 2013

Nozze gay, Albacete: una sentenza che condanna il relativismo di certi cristiani

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1 commento:

alberto ha detto...

bel ragionamento di albacete: si è detto per decenni che andava tutto sommato bene anche il matrimonio in comune, laico, perché comunque era un progetto di Dio ( e chissenefregava se Cristo non vi aveva parte), ragionamento che fa il paio con quello di ieri del teologo morale su vaticaninsider: Gesù era preso in giro perché era eunuco di fatto perché aveva scelto di non utilizzare la sua potenza sessuale come prescritto da Genesi (secondo l'ebraismo dell'epoca). Così si è fatto passare un concetto di matrimonio del tutto senza Dio, perché Dio vuole abitare nella coppia e farla una, si è svalutata la castità come scelta per Dio anche per le persone non ordinate, e quindi si è continuato a guardare indietro verso una marginalizzazione dei gay, senza porsi il problema di valorizzare i gay credenti che sceglievano Cristo preferendolo a tutto il resto...e così un matrimonio pienamente senza Dio diviene incerto nella sua definizione e allargabile anche ai gay, che d'altronde non sono mai stati messi dalla Chiesa nella consapevolezza della loro straordinaria condizione di persone caste per il Regno, che accettano pienamente la volontà di Dio, per cambiare la loro vita e quella degli altri, con l'esempio della castità. E così un giudice cattolico, nominato da Reagan nel 1988, ha fatto pendere la bilancia dalla parte del matrimonio gay...proprio perché non c'è la rilevanza pubblica dell'omosessuale come risorsa casta per la vita sua e degli altri, in unione con Dio...e dunque effettivamente cosa resta all'omosessuale cattolico...isolamento, nascondimento, solitudine, cuore spezzato, e per favore non testimoniare che potresti dare fastidio agli altri fedeli...e allora un buon/buonista cattolico si trova a dovere dare più dignità a queste persone, anche se il matrimonio non è fatto per loro, e anche se si manda a macello il progetto di Dio.