Grazie alla nostra Gemma leggiamo questo brano tratto da un testo dell'allora cardinale Bergoglio a colloquio con il rettore del seminario rabbinico Skorka.
Da Jorge Mario Bergoglio, Abraham Skorka, "Il Cielo e La Terra", Mondadori 2013
Sui discepoli
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Bergoglio:
Se uno viene da me e mi dice che ha messo incinta una donna, lo ascolto, cerco di tranquillizzarlo e a poco a poco gli faccio capire che il diritto naturale viene prima del suo diritto in quanto prete.
Di conseguenza deve lasciare il ministero e farsi carico del figlio, anche nel caso decida di non sposare la donna.
Perché come quel bambino ha diritto ad avere una madre, ha anche il diritto di avere un padre con un volto. Io mi impegno a regolarizzare tutti i suoi documenti a Roma, ma lui deve lasciare tutto. Ora, se un prete mi dice che si è lasciato trascinare dalla passione, che ha commesso un errore, lo aiuto a correggersi. Ci sono preti che si correggono e altri no. Alcuni purtroppo non vengono nemmeno a dirlo al vescovo.
Skorka:
Che cosa significa correggersi?
Bergoglio:
Fare penitenza, rispettare il celibato. La doppia vita non ci fa bene, non mi piace, significa dare sostanza alla falsità.
A volte dico loro: «Se non sei in grado di sopportarlo, prendi una decisione».
Skorka:
Vorrei puntualizzare che una cosa è il prete che si è innamorato di una ragazza e si confessa, e un’altra molto diversa sono i casi di pedofilia. Questa piaga va estirpata alla radice, è molto grave. Se due persone adulte hanno una relazione, se si amano, è un’altra cosa.
Bergoglio:
Sì, ma devono correggersi.
Che il celibato abbia come conseguenza la pedofilia è escluso. Oltre il settanta per cento dei casi di pedofilia si verificano in contesti familiari o di vicinato: nonni, zii, patrigni, vicini di casa.
Il problema non è legato al celibato. Se un prete è pedofilo, lo è prima di farsi prete. Ebbene, quando accade, non bisogna mai far finta di non vedere.
Non si può stare in una posizione di potere e distruggere la vita a un’altra persona. Non è mai accaduto nella mia diocesi, ma una volta mi telefonò un vescovo per chiedermi che cosa doveva fare in una situazione del genere, e gli dissi di togliere le licenze al soggetto in questione, di non permettergli più di esercitare il sacerdozio, e di intentare un processo canonico nel tribunale di pertinenza della sua diocesi.
È questo per me l’atteggiamento da assumere; non credo nelle posizioni che sostengono un certo spirito corporativo per evitare di danneggiare l’immagine dell’istituzione. Mi pare che questa soluzione venne proposta in qualche caso negli Stati Uniti: sostituire i preti della parrocchia.
Ma questa è un’idiozia, perché così il prete si porta via il problema con sé. La reazione corporativa conduce a queste conseguenze, perciò non mi trovo d’accordo con simili soluzioni. Di recente sono venuti alla luce in Irlanda casi che andavano avanti da quasi vent’anni, e il Papa disse chiaramente: «Tolleranza zero verso questo crimine».
Ammiro il coraggio e la rettitudine di Benedetto XVI a questo proposito.
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Da Jorge Mario Bergoglio, Abraham Skorka, "Il Cielo e La Terra", Mondadori 2013
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