Nella basilica Vaticana il Pontefice presiede l'adorazione eucaristica in contemporanea mondiale
L'ora del silenzio
Le vittime delle guerre, delle nuove schiavitù, della tratta delle persone, del narcotraffico e del lavoro «schiavo»; i bambini e le donne che soffrono ogni forma di violenza; le persone che vivono nella precarietà economica, soprattutto i disoccupati, gli anziani, gli immigrati, i senzatetto, i carcerati, gli emarginati, gli ammalati. Papa Francesco non ha dimenticato proprio nessuno nella lista di coloro che ha voluto spiritualmente accanto a sé nell'ora di adorazione eucaristica in contemporanea mondiale, celebrata nella basilica Vaticana domenica pomeriggio, 2 giugno, per la solennità del Corpus Domini.
Il Pontefice non ha tenuto l'omelia ma è bastato il silenzio dell'adorazione eucaristica a dare forza alle sue intenzioni di preghiera. Per un'ora, dalle 17 alle 18 di Roma, tutto il mondo cattolico -- nelle cattedrali, nelle basiliche, nelle parrocchie e anche laddove la Chiesa è perseguitata -- si è unito con Papa Francesco per un'adorazione eucaristica planetaria. Un evento senza precedenti.
Questa adorazione eucaristica è stata indetta espressamente per tutti coloro che soffrono, perché «la preghiera della Chiesa e la sua attiva opera di vicinanza -- recita l'intenzione del Pontefice letta prima della celebrazione, al termine del rosario -- sia loro di conforto e di sostegno nella speranza, di forza e audacia nella difesa della dignità della persona». Ed è stata indetta anche per la Chiesa, perché sappia ascoltare il «silenzioso grido» di chi soffre e, «tenendo lo sguardo fisso su Cristo crocifisso, non dimentichi tanti fratelli e sorelle lasciati in balia della violenza». Per farlo la Chiesa -- recita ancora l'intenzione del Papa per l'adorazione -- deve essere «sempre obbediente all'ascolto della Parola per presentarsi dinanzi al mondo sempre più bella, senza macchia né ruga, ma santa e immacolata». E «attraverso il suo fedele annuncio, possa la Parola che salva risuonare ancora come apportatrice di misericordia e provocare un rinnovato impegno nell'amore per offrire senso pieno al dolore, alla sofferenza e restituire gioia e serenità». Oltre a queste intenzioni indicate dal Pontefice, «ogni Chiesa particolare, attenta alla propria realtà», è stata «invitata a discernere e proporre ulteriori intenzioni in consonanza con l'appello del Santo Padre».
La celebrazione si è aperta alle 17 in punto con l'inno Credo, Domine composto per l'Anno della fede. Il Papa ha preso posto alla cattedra, davanti al pilone di sant'Andrea. Quindi il diacono ha esposto il Santissimo Sacramento sull'altare della confessione, mentre il coro della Cappella Sistina, diretto dal maestro Massimo Palombella, ha intonato Adore te devote.
I silenzi per l'adorazione sono stati intervallati da brevi letture tratte dal capitolo 6 del vangelo di Giovanni, da preghiere composte dai Pontefici Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, dalle invocazioni e da tre canti: Tu, fonte viva, Ubi caritas est vera e Sei tu, Signore, il pane.
Poi il Tantum ergo ha preceduto l'orazione e la benedizione conclusiva del Papa, salito all'altare della confessione, con il Santissimo Sacramento. Sono state le uniche parole che ha pronunciato durante la celebrazione. Infine le acclamazioni e il canto del salmo 116 hanno accompagnato il diacono nel rito della reposizione del Santissimo Sacramento nel tabernacolo. L'ora di adorazione si è conclusa con il canto dell'antifona mariana Salve, Regina.
Ad accompagnare il Papa erano gli arcivescovi Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e Guido Pozzo, elemosiniere; i monsignori Alfred Xuereb e Fabián Pedacchio Leaniz; il medico Patrizio Polisca.
Tra i cardinali presenti, Angelo Sodano, decano del Collegio, e Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Numerosi gli arcivescovi, i vescovi e i prelati della Curia romana, tra i quali gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, e l'assessore monsignor Peter Bryan Wells.
Alla celebrazione, collegati in un'invisibile rete di preghiera, hanno aderito Conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, ordini e congregazioni religiose, specialmente i monasteri di clausura, movimenti e associazioni. E se «è impossibile stabilire il numero esatto dei partecipanti», secondo l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha organizzato l'iniziativa, «le adesioni sono state massicce in ogni parte del globo». Nonostante gli orari: le 17 di Roma, infatti, corrispondono ad esempio alle 4 del mattino nelle isole Samoa. «Abbiamo scelto l'espressione Un solo Signore, una sola fede -- aggiunge monsignor Fisichella -- per dare significato a questo evento e testimoniare il senso di profonda unità che lo ha caratterizzato, tanto che abbiamo motivo di definirlo storico». (giampaolo mattei)
(©L'Osservatore Romano 3-4 giugno 2013)
Nessun commento:
Posta un commento